Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Fingere per godere, Napoli, A spese di Nicola di Biase, 1736
 a cura di Loredana Amico
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Gran Camera di studio, nella casa di Falcone, posta in riva al Tevere, con ben architettata Loggia in prospetto, dalla quale si vede parte del detto Fiume, e l’opposta riva.
 FALCONE, con PEPPINO, che viene ponendogli il ferrajolo, e varj clientoli, che stanno assettati attendendolo.
 
 FALCONE
 
    Presto forca (a Peppino.) Oh miei Padroni
 Stiano comodi, che adesso,
 Son con loro (a Clientoli.) Quel processo
 Dove sta? V’ài poste dentro
5Tutte quelle citazioni? (a Peppino.)
 
    La perucca, ed il cappello,
 L’orologio, il fazzoletto,
 Vedi flemma, ov’è l’anello?
 La mia scatola dov’è?
 
10Vedi s’è lesta la carrozza. Eh dammi
 Quel fascio di scritture. Il fatto suo
 Vegga da se. In decisis; (al primo clientolo mostrandogli una scrittura.)
 Per quanto tocca poi
 A quell’altra sua causa, la vedremo
15In grado, signor mio, d’appellazione.
 Non dubiti, non dubiti;
 Ma si lasci servir. Oh mio padrone (accompagnandolo.)
 Non s’è chiamata: è d’uopo pazientare. (al secondo.)
 Da cosa nasce cosa,
20E il tempo la governa. Va benissimo,
 Questa è la sua. Oh servo obligatissimo. (al terzo.)
 L’istanza non à luogo;
 Per non si sgomenti:
 Ella sta in buone mani:
25Servidor suo, vediamoci domani.
 Dilata. Al primo giorno (al quarto.)
 La vedrem dentro, o fuori. Al fin del corso
 S’ottiene il palio. O inteso
 Le son servo, non più, l’arco è già teso.
30Ecco qui: fiat depositum; (al quinto.)
 Ma che ci fa? è meglio finalmente
 Dolor di borsa che di cor: non tema,
 Anderà tutto bene, allegramente,
 Non gliel’l diss’io? finita è la questione. (al sesto.)
35Fra tre giorni averà tutto il contante.
 Servidor suo. Questo ti fa Falcone.
 
 SCENA II
 
 ORTENSIA che esce prima e si ferma ad osservare.
 
 ORTENSIA
 Gran mente, gran franchezza!
 FALCONE
 Oh mia signora Ortensia!
 Sedie qui: favorisca. (siedono.)
40In che debbo servirla?
 ORTENSIA
                                            È giunto il tempo,
 Di avvalermi del suo...
 FALCONE
                                            Olà? Peppino?
 
 SCENA III
 
 PEPPINO e detti.
 
 PEPPINO
 Che mi comanda?
 FALCONE
                                    Siegua, e compatisca. (ad Ortensia.)
 Ove sono i denari dell’accesso? (a Peppino.)
 PEPPINO
 Eccoli qui. (gli da un invoglio di monete.)
 FALCONE
                        La dica: (ad Ortensia.)
45Lei già sa il mio costume.
 Io negozio con cento a un tempo istesso .
 ORTENSIA
 So la sua abilità.
 FALCONE
 Un, due, tre... (conta i denari.)
 ORTENSIA
                             È giunto il tempo
 D’avvalermi del suo
50Valido patrocinio.
 FALCONE
 Sei, sette... (come sopra.)
                        Dica, dica, ch’io sento. (ad Ortensia.)
 ORTENSIA
 Un solo indizio
                               Mi manca a rinvenir,
 FALCONE
 Vi vuole un scudo.
                                    Che se n’è fatto? (a Peppino.)
 PEPPINO
 Io non lo so.
 FALCONE
                         Briccone,
55Tu me ne darai conto.
 PEPPINO
 Ma io...
 FALCONE
                 Non replicarmi,
 Levamiti d’avanti mascalzone. (in colera a Peppino che parte placido.)
 E così mia signora?
 Veda: ancor questo è mio
60Singolar pregio: A sdegno
 M’accendo ad un istante,
 E senza pena allora, per allora
 Torna a resserenarsi il mio sembiante.
 ORTENSIA
 Bella felicità!
 FALCONE
                           Dunque à risolto
65Dar moto all’acque, e porre
 In cammino alla fin quella sua causa,
 Di cui meco, già un tempo,
 Di passaggio parlò?
 ORTENSIA
                                       Sì, mio signore.
 FALCONE
 All’armi dunque.
 ORTENSIA
                                  Converrà che prima
70Mi proveda di stanza.
 FALCONE
                                          E la cagione?
 ORTENSIA
 Forz’è che mi divida
 Da i congiunti del mio fù buon marito;
 Con cui dovremo...
 FALCONE
                                     A sua disposizione
 Sta la mia casa.
 ORTENSIA
                               Accetto
75Di buon grado l’offerta generosa.
 Qui non dimora altr’uomo,
 Fuori di lei, la cui modestia è nota;
 Che mi terrà gelosa
 non men della sua figlia.
 FALCONE
                                               Certamente.
 ORTENSIA
80Ne lingua maldicente
 Potrà tacciarmi, per ragion di quello
 Sciocco...
 FALCONE
                    Che meco tengo
 A dozzina? eh! non dubiti,
 Non è di questo mondo il poverello,
85Ma...
 ORTENSIA
             Ma che? Veda, ch’io,
 Senza il minimo suo
 Interesse...
 FALCONE
                        Mi burla! Da Livorno
 Mi verne giorni sono
 Raccomandato un giovin cavaliero...
 ORTENSIA
90E seco alberga?
 FALCONE
                               Sì.
 ORTENSIA
                                       Le rendo grazie. (s’alzano.)
 FALCONE
 Senta, senta...
 ORTENSIA
 No, no, non fia mai vero.
 (Fia questi il traditor; finger mi giova)
 Non mancherà, ove possa
95Ricoverarmi.
 FALCONE
                           Io lo so ben; ma senta.
 ORTENSIA
 No, no.
 FALCONE
                 Senta, per grazia, e poi risolva
 A suo piacer.
 ORTENSIA
                           Favelli.
 FALCONE
                                           Può far conto,
 Ch’ei non vi sia.
 ORTENSIA
                                 Perché?
 FALCONE
 Fra l’altre cose,
                               Egl’è così nemico
100Di donne che, che le fugge
 Quel lupo il cane: Ella ben sa a quel segno
 Di Lindora mia figlia io son geloso;
 Onde, se ciò non fosse,
 Non l’avrei ammesso in casa.
 ORTENSIA
105Quando ciò sia, verrò, e il mio riposo,
 Se un pensier non m’inganna,
 Qui spero ritrovar.
 FALCONE
                                     Ne l’assicuro.
 ORTENSIA
 Mi dia dunque licenza;
 Che or or ne rivedremo.
 FALCONE
110E con più agio, allora,
 Che meco convivrà, descuteremo
 Le sue raggioni, ed io porrolle in carte.
 ORTENSIA
 Forse in quella mia causa,
 Ella farà, lo spero,
115Giudice insieme, ed avvocato, e parte.
 
   Al tuo valor s’affida
 Vedova tortorella,
 Cui fiera serpe infida
 Tolse la cara, e bella
120Dolce compagna amata,
 Tolse la pace al cor.
 
    Dal desolato nido
 Dolente a te sen vola,
 L’accogli, la consola
125Nell’aspro suo dolor.
 
 SCENA IV
 
 FALCONE poi ANNUCCIA.
 
 FALCONE
 Benché  in gergo costei
 Mi vada cinguettando,
 Si spiega molto bene, io giurerei,
 Ch’è di me innamorata;
130Ma semina nell’acqua,
 È vero che il marito l’à lasciata
 Erede universale
 D’un pingue capitale; ond’è ch’io deggio
 Con arte coltivarla, e a tempo, e loco
135Far che nel mare magnum
 S’ingolfi delle liti,
 Per andarla spolpando a poco, a poco.
 Annuccia dove sei? Annuccia, Annuccia?
 ANNUCCIA
 Eccome Si Patrone. Uh comme site
140Chino de porva! mara me, ch’è stato?
 Chi v’ha vestuto ne?
 FALCONE
                                        Peppino.
 ANNUCCIA
                                                           E comme
 È accossì sciaurato! (lo scopetta.)
 FALCONE
 È un birbante.
 ANNUCCIA
                              Ma ussia
 Pecché non chiamma a me,
145Quanno s’have da vestere?
 FALCONE
                                                   Perché
 V’eran molti clientoli
 Nello studio, non volli
 Chiamarti, dubitando,
 Che non ti dassi d’occhio con qualcuno.
150Sai che ti voglio bene.
 ANNUCCIA
 Pe bbona grazia vosta. E quanno maje
 Tengo mente a nisciuno!
 Lo volite sapè? justo pe cchesto
 Mo nnante non so’ asciuta,
155E faccio io, si mme la so’ ssentuta.
 FALCONE
 (Che ragazza obligante!) Annuccia mia,
 Sai perché ti chiamai?
 ANNUCCIA
                                            Pecché? Decite.
 FALCONE
 Perché voglio, che facci
 Alzare un altro letto
160Nel quarto di Lindora.
 ANNUCCIA
                                            E pe chi serve?
 FALCONE
 Per una ricca vedova,
 Che con i suoi parenti
 Dovendo litigare,
 Per suo comodo, e mio;
165M’accordai che qui venga ad abitare,
 ANNUCCIA
 Ne ne?  chella sia sninfeja,
 che stea mo nnante cca assettata?
 FALCONE
                                                               Appunto,
 ANNUCCIA
 V’havimmo ntiso: Chesta è ccosa vosta,
 Ve la volite arreterare in casa:
170Co salute.
 FALCONE
                     No Annuccia.
 ANNUCCIA
                                                Eh jatevenne.
 A me co ssi scioanne!
 Salute a Lossoria, da cca a cient’anne.
 FALCONE
 Annuccia, prendi abbaglio,
 Altro fine io non vo’, ch’il mio interesse.
 ANNUCCIA
175Pe nteresso, o p’ammore,
 Ve lo ssapite vuje;
 Io me nne chiammo fora, ca non voglio
 Pigliare quacche mala nommenata;
 Lassatem’i mperrò: m’havite ntesa?
180Ca si sferro, me meno addov’esce esce,
 E non me curo po, si ce so’ mpesa.
 FALCONE
 Annuccia mia...
 ANNUCCIA
                                E mmo sona.
 FALCONE
 Ti giuro...
 ANNUCCIA
                     Mo mme piglie.
 FALCONE
 Che tu sola...
 ANNUCCIA
                           Sidece.
 FALCONE
185Sei la gioia del mio core.
 ANNUCCIA
 Che ssusta!
 FALCONE
                        A me ti volgi,
 Ferma.
 ANNUCCIA
                 Cionca sse mmano, tradetore.
 FALCONE
 
   Occhi belli, voi volete
 Finger meco odio, e rigore;
190Ma nasconder non potete
 Tutto insieme il vostro amore.
 Eccolo eccolo il furbetto ,
 Che s’affaccia, e si ritira,
 Ih, ih, ih, mi fa l’occhietto,
195E poi ride. Che piacer!
 
   Ora caccia un braccio fuori,
 E col dito mi fa segno,
 Ch’io non creda a detti tuoi,
 Che con me spassar ti vuoi,
200Ch’il tuo sdegno
 È menzogner.
 
 SCENA V
 
 ANNUCCIA, poi CERRACCHIO.
 
 ANNUCCIA
 Nigrisso, e che papocchia, che nn’ha scesa!
 E come vo sta bello,
 Si crede a mme. Haggio fatto a cchiù, e cchiù d’uno
205Votà de sta manera, lo cerviello.
 Fegno la spasemata
 Cossì nnammoratielle,
 Nsi ca nc’è taglio de sceppà, ma po,
 Nche ll’haggio arrepolute
210Justo comm’a vacile de varviere,
 A llucca me te parze de vedere.
 CERRACCHIO
 Co la bona salute.
 ANNUCCIA
 Embe? ch’è stato!
 CERRACCHIO
 Mo sì, mme haje pe le ffeste conzolato.
 ANNUCCIA
215Pecché, sio punto, e bbirgola?
 CERRACCHIO
 E si tratte accossì chi te vo’ bene,
 Io che speranza pozzo havè?
 ANNUCCIA
                                                      Mantiene.
 Ma tu si’ nn’auta cosa,
 Simmo paesane, e po... vasta m’haje genejo.
 CERRACCHIO
220Veramente?
 ANNUCCIA
                          Mo mierete schiaffune.
 Famme faore: si non me piacisse,
 Pecché havarria da fegnere co ttico?
 Pe ssa facce de ciuccio? Tu si’ brutto,
 Tu non si’ guappo, tu non haje no callo.
 CERRACCHIO
225È bberetate.
 ANNUCCIA
                          E mente?
 Te n’adduone ca si’ no pappaallo!
 CERRACCHIO
 So’ no bestia.
 ANNUCCIA
                            Ora siente:
 Oje vene int’a sta casa ad abbetare
 Nzieme co nuje na vedola, stà ntuono,
230No la tenere mente,
 Ca te faccio zompà tutte li diente.
 Che ddice?
 CERRACCHIO
                        È de justizia.
 ANNUCCIA
                                                  Orsù vattenne
 Non venesse quacc’uno, e scommogliasse.
 Non sà, le ccose noste.
 CERRACCHIO
                                           Dice buono.
235Addio Petrosonella.
 ANNUCCIA
 Addio uorco mio caro. Quanno vaje?
 CERRACCHIO
 Mprimmo de me nne j, vorria...
 ANNUCCIA
                                                            Che ccosa?
 CERRACCHIO
 Vasà chella manella.
 ANNUCCIA
 Via scompimmola, vasala, e bbattene;
240Ma vene la Signora, scosta, e torna
 A ffegnere lo locco.
 CERRACCHIO
                                     Mo te servo. (cava fuori un ingegno di carta, e si pone a far de scoppj con esso.)
 
 SCENA VI
 
 LINDORA e ddetti.
 
 CERRACCHIO
 Bbona chesta (doppo lo scoppio.)
 ANNUCCIA
                             Vi lloco
 lo nennillo d’aguanno.
 LINDORA
 Annuccia? (Cerracchio nasconde l’ordigno, e s’assetta alla tavola dello studio mostrando leggere.)
 ANNUCCIA
                        Sia Patrona!
245Scusateme, ca stea tenenno mente
 A chillo peccerillo
 De zizza.
 CERRACCHIO
                    Bbona bona. (facendo di soppiatto scoppiare l’ordegno, poi nascondendolo subito, e fingendo leggere.)
 ANNUCCIA
 Ussia lo bbede!
 LINDORA
                               Eh che di sua follia
 Nulla a me cal. Dimmi: Vedesti ancora
250Quel forastier, nostr’ospite?
 ANNUCCIA
                                                     Chi? chillo,
 Che no ’mpò vedè femmene? Gnornò;
 Vuje sapite co cquanta
 Chelleta nc’ha lo Gnore proebbuto
 De no ghj pe nnante. Ah m’haje storduto. (a Cerracchio che fa, come sopra.)
 LINDORA
255Lascialo fare, Annuccia,
 E attendi a me.
 ANNUCCIA
                               Decite. oh n’ata nova:
 Oje farrimmo cchiù aggente.
 LINDORA
                                                       Com’a dire?
 ANNUCCIA
 Uh deavolo tu falla fornire. (a Cerracchio che come sopra.)
 LINDORA
 Spedisciti.
 ANNUCCIA
                       Na vedola porzine
260Vene a sta ccà co nuje. La casa nosta
 È addeventata Cammara e llocanna.
 LINDORA
 Questo poco m’affanna,
 Parliam del Forastiero.
 ANNUCCIA
                                             A ggusto vuosto.
 Chesto che d’è?
 LINDORA
                                La sua ritiratezza,
265Annuccia mia, m’à mosso
 Tal desio di vederlo, che non posso
 Più soffrirne il divieto. Ah tu provedi
 Al mio riposo.
 ANNUCCIA
                             E comme?
 LINDORA
                                                   Ahi lassa, oh Dio!
 ANNUCCIA
 Chiano chia’ mo vedimmo. (pensa.)
270Farrite tutto chello, che bogl’io?
 LINDORA
 Tutto farò.
 ANNUCCIA
                       Cerracchio?
 CERRACCHIO
                                               Oh.
 ANNUCCIA
                                                         Viene cca.
 CERRACCHIO
 Chi buo?
 ANNUCCIA
                    Vattenne
                                       A la Cammara mo
 De chillo Forastiero...
 CERRACCHIO
 De chill’ommo sarvateco?
 ANNUCCIA
                                                 Ah, e dille,
275Che bbenga mo, comme se trova, cca.
 CERRACCHIO
 Comme se trova!
 ANNUCCIA
                                  Sì.
 CERRACCHIO
                                          E si sta dormenno?
 ANNUCCIA
 Scetalo.
 CERRACCHIO
                  E cca lo porto a la ncammisa!
 ANNUCCIA
 Oh la bbestia, che si’.
 CERRACCHIO
                                          Comme se trova.
 ANNUCCIA
 Va, va.
 CERRACCHIO
                E si m’addimanna chi lo vo’?
 ANNUCCIA
280Dille lo si Farcone.
 CERRACCHIO
 Ll’aggio da dire addonca
 Che vaga ’ntribbonale.
 ANNUCCIA
                                            Anemalone.
 CERRACCHIO
 Ma si’...
 ANNUCCIA
                  Di, ch’è bboluto
 A lo studio da n’ommo.
285Chi è? no lo canosco.
 CERRACCHIO
                                        Haggio sentuto.
 (E roffeaniggio cierto.) (parte.)
 
 SCENA VII
 
 LINDORA, ed ANNUCCIA.
 
 LINDORA
                                              La sbagliamo.
 ANNUCCIA
 N’havè filo Signo’.
 LINDORA
                                    Ma, se costui
 Il ridicesse?
 ANNUCCIA
                          Non sarrà creduto,
 Già se sape ch’è llocco.
 LINDORA
                                            Io che far deggio?
 ANNUCCIA
290Assettateve lloco,
 E ffegnite de leggere: n’che bbene,
 Tenite mente sotta cappa, a tutte
 Li motive, che fa,
 E, sì non se nne va, facite nfenta
295De v’addormì, che tanno
 Lo speretillo a llengua venarrà,
 Cossì se scoprarrà si è ttela, o panno.
 LINDORA
 Ma tu meco starai?
 ANNUCCIA
                                      Signora no:
 Sconcecarria lo juoco. O chisso fegne,
300E si mme vede a mme se nn’ha da ire,
 O addavero no mpò vedere femmene,
 E puro ha da fuire:
 Io non lo pozzo tenere.
 LINDORA
                                            Però
 Non dilungarti.
 ANNUCCIA
                               Ajebbò.
305Me stongo ass’ata Cammara.
 LINDORA
                                                       Secondi
 Il Cielo i desir miei.
 ANNUCCIA
                                        Ma comm’è stato?
 LINDORA
 Io non so.
 ANNUCCIA
                     Veramente co nuje femmene
 Accossì s’ha da fare.
 Vol’essere stimato
310N’hommo da nuje? nc’ha nfacce da sputare.
 
   Chi spasema, e se struje,
 Pe nuje de notte, e juorno,
 Chi ce sta sempe attuorno
 Co lo vorzillo apierto,
315Che spenne spanne, e proje,
 Si non è oje, e craje,
 Nc’have da sfastedià.
 E brutto, non m’ha genejo.
 E biecchio, ajemmè che llotano,
320Non se pò padeà.
 
   Ma chillo, che ce schiaffa
 Tanto no vico nfacce,
 Ch’a ccauce, comm’a stracce,
 Ce piglia, e ce desprezza,
325Ce fa magnà la rezza,
 Cde face sosperà.
 
 SCENA VIII
 
 LINDORA, poi UBALDO, e CERRACCHIO.
 
 LINDORA
 Ardo a un tempo, ed agghiaccio,
 Sudo, tremo, che fia!
 Quanti contrarj affetti.
330Si van destando intorno all’alma mia! (siede.)
 UBALDO
 Dov’è il Signor Falcone?
 CERRACCHIO
 Mo nnante steva cca. Oh mi Patrone
 Vedi, vedite lloco: nc’è la figlia.
 UBALDO
 (Ahi vista, ahi volto! oh Dio! chi mi consiglia!)
 CERRACCHIO
335(No fuje lo barraccone
 Lloco nc’è mbroglia)
 LINDORA
                                        (Amabile sembiante!)
 CERRACCHIO
 Signo’? (è ghiuto lo scuro)
 UBALDO
 (Son fuor di me.)
 LINDORA
                                   (Già ne divenni amante.)
 CERRACCHIO
 Ussia fa canolicchie, la sia chella
340Se studea na mascella,
 Io che nce faccio cca? Io canneliero?
 Mene pozz’ì?
 UBALDO
                           Va, e taci.
 CERRACCHIO
                                               Sì Signore.
 Vuje ve trovate commeto
 Co la Figlia assaje cchiù, ca co lo Gnore.
 
345  Squatratevella: È bbona
 Quant’a lo bbuono juorno,
 Abballa canta, e ssona,
 Eh eh? Signo’? redite:
 Sape portà ncarrozza
350Meglio de no Cocchiero,
 Cchiù  llesta de Varviero,
 Te fa no contrapilo
 Ndoje bbotte taffe tà.
 
   E vertovosa, e bella,
355Sta sempre allegrolella,
 Te fa lo pizzo a rrifo,
 Porzì quanno na mola
 S’have da pecceja.
 
 SCENA IX
 
 LINDORA, ed UBALDO.
 
 LINDORA
 (Pur l’indiscreto al fine
360Ci si tolse d’intorno. A mio bell’agio,
 Senza, ch’ei se n’avveda,
 Osservarlo potrò. Mi guarda, e tace.)
 UBALDO
 (Oh Dio? che far dovrò?)
 LINDORA
                                                (Sospira. Oh quanto
 Si gode invagheggiare un bel, che piace.)
 UBALDO
365(Appressarmi vorrei.)
 LINDORA
                                           (Dubio s’aggira.)
 UBALDO
 (Ma il piè vacilla, e manca
 L’ardire al cor.)
 LINDORA
                                S’avanza e poi s’arrresta.)
 UBALDO
 (Parlo, taccio, che fo! Che pena è questa!)
 LINDORA
 (Or lo tolgo d’affanno, e i dubj miei
370M’accingo a sincerar.) (finge addormentarsi.)
 UBALDO
                                            (Pietosi Dei!
 Qual soccorso impensato
 Al mio timor da voi s’appresta! Chiude
 Le luci in dolce oblio
 Il bell’Idolo mio.) Luci vezzose,
375Ah, che se mai poteste
 Giunger col guardo a penetrarmi il core,
 Da quel, che v’accendeste,
 Incendio inestinguibile d’amore
 Quasi in cener ridotto
380Vi farebbe pietà. Voi lo destaste;
 E voi, se giuste siete,
 Refrigerio niegar non gli dovete.
 Son reo di troppo ardire, è ver; ma voi
 Me l’ispiraste al core:
385Per voi, del Genitore
 Deludendo la cura,
 Mentij Patria, mentij costumi, e volli
 Al vostro amabil fuoco
 Più da presso languire,
390Per andar indagando, e tempo, e loco
 Di svelar la mia pena, e poi morire.
 Pietoso Cielo arrise
 Ai voti del mio cor. Già la mia fede
 Udiste, e ’l fallo mio,
395Destinategli voi pena, o mercede.
 Infelice! vaneggio, e a chi raggiono,
 Se il caro bene in grave sonno avvolto
 Non ode i sensi miei!
 LINDORA
                                          Parla, t’ascolto. (fingendo sognare.)
 UBALDO
 Son pur desto! Alma mia,
400E sarà ver... folle ch’io son: La bella
 Sogna, ed io mi lusingo,
 E pure avvien, che sia
 D’alto piacer cagione
 All’alma amante la lusinga mia.
405Troppo larga mercede
 Compesarebbe i lunghi affanni miei,
 Se da quel labro amato
 Potessi udire un dì...
 LINDORA
                                         Caro mio sei. (come sopra.)
 UBALDO
 Oh sorte... ma sognando il disse ancora,
410E pur sognando in petto
 Mi fa l’alma brillar, pur mi ristora.
 Ahi qual sarà quel fortunato ogetto,
 Ch’ora ravvolge in mente,
 Cui dirigge gl’accenti?
 LINDORA
                                            È qui presente. (come sopra più forte del solito finge destarsi.)
 UBALDO
415Numi, Amore...
 LINDORA
                                Quai grida!
 Chi mi destò, chi sei?
 Chi t’introdusse a me? qual folle ardire!
 UBALDO
 (Misero! che dirò!)
 LINDORA
 Tu tremi! impallidisci!
420Spiegane la cagione. E taci ancora!
 UBALDO
 (Ah si parli una volta, e poi si mora.)
 LINDORA
 Narrami l’esser tuo.
 UBALDO
 (Soccorso, o Amore.)
 Del tuo buon Genitore
425L’ospite io son...
 LINDORA
                                 Colui,
 Cui tanto in odio è il nostro sesso?
 UBALDO
                                                                Ah senti...
 LINDORA
 Vanne lunge da ma, fuggimi. Io sono
 Del tremar, del pallore
 La cagion portentosa.
 UBALDO
                                          Ah no...
 LINDORA
                                                           T’invola
430Da sì orribile ogetto.
 Qual furor, qual consiglio
 T’induce da te stesso
 A porti in braccio al tuo fatal periglio?
 
   Và, fuggi l’aspetto
435D’un sesso tiranno,
 T’invola all’affanno,
 Che t’agita il cor.
 (La fiamma, che in petto
 Nasconder vogl’io,
440Non legga nel mio
 Loquace rossor.)
 
   Ti veggo con pena
 Languendo soffrire;
 E m’eccita all’ire
445Tuo folle dolor.
 (Ah temo che un guardo
 Per me non gli dica,
 Che il labro è bugiardo,
 Che son tutto amor.)
 
 SCENA X
 
 UBALDO.
 
 UBALDO
450Qual cangiamento, oh Dei! come in un punto
 Sparì ogni mio contento!
 Un ombra passaggiera,
 A lui diè vita, allora,
 Che, sognando il mio bene,
455Desto ne’ suoi deliri
 Al credulo pensier lo figurai;
 E anch’io la mia felicità sognai.
 
   Sogna così la sponda
 Lo stanco passaggiero;
460Quand’è più irata l’onda,
 E tempestoso il mar.
 
   Al fin si desta a un grido
 Del pallido nocchiero,
 E dal sognato lido
465Sen passa a naufragar.
 
 SCENA XI
 
 PEPPINO e DORINA.
 
 PEPPINO
 Questa è la stanza dello studio, e questa
 Si dee da me pulir...
 DORINA
                                        Di quando, in quando!
 PEPPINO
 Eh! una volta il giorno,
 E due, se d’uopo sia.
 DORINA
                                        Povero figlio!
 PEPPINO
470Parliamo d’altro.
 DORINA
                                  Io non vorrei , che avessi
 A passar col Padrone
 Qualche disturbo, e ciò per mia cagione.
 Và, và l’assisti.
 PEPPINO
                              Ei stesso m’ha mandato.
 Dal Tribunal quì apposta,
475Perché assistessi a voi.
 DORINA
                                            Molto garbato
 Me lo figuro.
 
 SCENA XII
 
 FALCONE in disparte, e detti.
 
 PEPPINO
                           Chi? il Padrone mio?
 FALCONE
 (Di me  si parla in tempo.)
 PEPPINO
 Egli è un uomo cortese al maggior segno;
 Colle Donne, intendiamoci.
480Per cui si venderebbe,
 Se non basta in Galera, in sulla forca.
 DORINA
 Mi sembra che l’intenda.
 FALCONE
                                                (Ah razza sporca.)
 PEPPINO
 MA co gl’Uomini poi
 Non è così galante;
485Anzi tanto meschino,
 Che si faria scannar per un quattrino.
 FALCONE
 (Che canaglia.)
 DORINA
                               Ma tu sempre c’avrai,
 Cio non ostante, il conto tuo.
 PEPPINO
                                                      In che forma?
 DORINA
 Regalato sarai
490Dalle sue favorite.
 PEPPINO
 Venga il morbo alla meglio: Potrebb’essere
 La maggior scialacquona
 Del mondo, una sol volta,
 Ch’ei le giunga a parlar, non è bugia.
495Divien la mamma della carestia.
 FALCONE
 (Gran birbante!)
 DORINA
                                  Pazienza:
 Che ci fai Figlio mio? Della Padrona
 Io pur potri dir... basta. Com’ai nome!
 PEPPINO
 Peppino, al tuo comando, e tu?
 DORINA
                                                          Dorina,
500Per servirti.
 FALCONE
                         (Ora entriamo in cirimonie.)
 DORINA
 Signor Peppino mio...
 FALCONE
                                           (Cappi!)
 DORINA
                                                              Lei scusi...
 PEPPINO
 Oh signora Dorina mi perdoni...
 FALCONE
 Ih Signor birbo, vada (ponendosi in mezzo.)
 A far i fatti suoi.
 DORINA
                                 (Meschina me!
505Quest’è il Padron, senz’altro.) (bagiando la mano a Falcone.)
 FALCONE
                                                         Oh vezzosetta,
 Tu sei la Serva...
 DORINA
                                 Son la Cameriera
 Della Signora Ortensia.
 FALCONE
 Ah sì sì. (non è brutta.)
 DORINA
 E vorrei supplicarla a perdonare
510A questo disgraziato. È un ragazzaccio
 Finalmente. Che dice?
 FALCONE
                                            Il voglio fare
 A tuo riguardo.
 DORINA
                               Mille grazie.
 FALCONE
                                                        Ma
 Adesso, per adesso
 Mi si levi d’avanti,
515Sinche sfumi la colera.
 PEPPINO
 Che ò fatto?
 FALCONE
                         Ah forfantello ò inteso
 Il taglio, che poc’anzi mi facevi,
 Allorche alla Signora
 Dorina, il tuo Padrone descrivevi.
 PEPPINO
520Io dir mal d’Usustrissima!
 Non ò quest’occasione,
 Prendeste abbaglio, caro il mio Padrone.
 
   Non parlavamo di lei,
 No, da povero Figliolo:
525Dia pur fede a detti miei
 Signorina dillo tu. (a Dorina.)
 
   Si parlava de’ passati
 Nostri stitici Padroni;
 Ma i presenti? oh son sì buoni
530Che a pagarli saria poco
 Tutto l’oro del Perù.
 
 SCENA XIII
 
 FALCONE e DORINA.
 
 FALCONE
 Quanto, sà il traforello!
 E ben? la tua Padrona
 È venuta?
 DORINA
                      È venuta.
 FALCONE
535Oimme non ò più testa,
 Io non ne posso più (si getta a sedere.) Annuccia, Annuccia?
 DORINA
 Chi chiamate Signor?
 FALCONE
 La Serva, volli dir la Cameriera
 Di mia Figlia, acciò venga
540A spogliarmi.
 DORINA
                            A spogliarvi? Ed io son storpia,
 Che non lo posso fare?
 FALCONE
 No, no, no, vuoi burlare.
 DORINA
 Eh si lasci servire. Poverino
 Come suda! (l’asciuga la fronte.)
 FALCONE
                          (Costei
545S’è attaccata all’informo di Peppino.)
 
 SCENA XIV
 
 ANNUCCIA, e detti.
 
 ANNUCCIA
 Che commannate?
 DORINA
                                     Attendi
 Pure alle tue facende, che di lui
 Io mi prendo la cura.
 ANNUCCIA
                                         Non Signore:
 Ussia faccia favore (gli leva la vesta di camera di Falcone.)
550Jate, accudite a la Patrona vosta;
 Ch’a lo Signore mio
 Nc’ haggio da penzà io.
 DORINA
 Creanza da tua pari, e veramente
 Degna d’una villana,
555Qual esser mostri all’abito, e all’aspetto.
 FALCONE
 Via finiamola.
 ANNUCCIA
                             Appila sia Romana,
 O te straccio ssa zella.
 DORINA
                                          Vieni, vieni,
 Mi c’ai da trovar me.
 FALCONE
                                         Finiamla dico.
 Porgi qua. (ad Annuccia.)
 ANNUCCIA
                       Ma si è bero,
560Me fa la miettenante
 La sia schefice: Io m’arrevento, e schiatto
 Da tant’anne pe ccoppa
 A ssì mautune, ed essa
 Mo è trasuta, e vo fà la Dottoressa.
 FALCONE
565Non se ne parli più.
 DORINA
                                       Mi fai la sgherra,
 Che v’è il Padron di mezzo!
 ANNUCCIA
                                                    Jamoncenne
 Addo vuoje tù sia guappa, e bbi si t’auzo
 Sse ppettole.
 FALCONE
                           Chetatevi, o ch’io prendo
 Un pezzo di bastone,
570E a tutte due rivedo il bardellone.
 ANNUCCIA
 Ma zitto: me nne pago. (si morde il dito.)
 DORINA
                                              Per dispetto,
 Vuo’ stargli sempre intorno,
 E vuo’ servirlo, senza un ti ringrazio.
 Fa pure la stizzata
575Quanto tu vuoi, vedremo
 S’ai stomaco di darmi una nasata.
 
   Non me la fò passare
 La mosca per il naso,
 E mi ci trovo a fare
580Una spellicciatina,
 Che son di buona schina;
 Sappilo, e bada a te.
 
   Provaci, e lo vedrai,
 Poi mi riparlerai,
585Più non ci torni affè.
 
 SCENA XV
 
 FALCONE ed ANNUCCIA.
 
 ANNUCCIA
 Lassatem’i mannaggia,
 Quant’accossì le mecco
 Na foca’ncanna.
 FALCONE
                                Adagio, che mi strozzi.
 Via leviamo le baja.
 ANNUCCIA
                                       Atta de mene.
 FALCONE
590Dammi quelle pianelle.
 ANNUCCIA
                                              A chi? Mo vene.
 FALCONE
 Ben: che risposta è questa!
 ANNUCCIA
                                                    Ussia se chiamma
 La Sia di buona schina.
 FALCONE
 Oh non la far più longa.
 ANNUCCIA
                                              Ussia l’abbreveja.
 FALCONE
 L’ai con me! Che t’ò fatto?
595Na cosella de nania.
 FALCONE
                                       Infine, infine
 L’offesa fu colei, tu l’oltraggiasti,
 Allora che la veste
 Con l’impeto di mano gli strappasti.
 ANNUCCIA
 Gnorsi haggio tuorto, e voglio
600Pagarenne la pena. Si volite
 Che me nne vaa, so’ llesta.
 FALCONE
                                                  E avresti core
 Di lasciarmi,  ingratissima Donzella?
 Questo, questo è l’amore,
 Che dici aver per me?
 ANNUCCIA
                                           Ba jatevenne
605Non ve credo cchiù, no.
 FALCONE
                                             Pecché tiranna,
 Perché mi dai così crudel tormento?
 ANNUCCIA
 Pecché site bannera d’ogne viento.
 FALCONE
 
 Ah! Non dir tai baronate,
 Ch’io son tuo, mia cara Annina.
 
 ANNUCCIA
 
610Leva le’, vuje la sgarrate,
 Ch’io non so’ de buona schina.
 
 FALCONE
 
 Credi a me...
 
 ANNUCCIA
 
                           No fauzo site.
 
 FALCONE
 
 Son fedel.
 
 ANNUCCIA
 
                      Vuje me tradite.
 
 FALCONE
 
 Pace, pace, volto bello.
 
 ANNUCCIA
 
615Sfortunato ncappatiello.
 
 FALCONE
 
 Mi deridi?
 
 ANNUCCIA
 
                       Non Signore.
 
 FALCONE
 
 Questa è troppo crudeltà.
 
 ANNUCCIA
 
 Vuje vulite pazzeà.
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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