Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 D. Marforio, Napoli, s,e., 1746
 a cura di Paologiovanni Maione
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO Apparato
 
 SCENA I
 
 D. MARFORIO vestito da Dottore senza pilucca in testa con carta di musica in mano, indi CARDELLINA.
 
 D. MARFORIO
 
 Porcelluzzo innamorato
 Ciufoleggia
 Verveseggia
 Col suo vago strillazzar.
 
5Che gran cosa è la musica virtù, (osservando la carta.)
 Poffar di Bacco! vide,
 Vide sotto di queste consonanzie
 Che basso immalorato
 Quell’acuto mio Mastro nc’ha piantato.
 CARDELLINA
10Segno’ s’è puosto n’ordene,
 È tardo, potite ire ntribonale.
 D. MARFORIO
 Bestia, ciuccia, somar, sciocca, animale.
 CARDELLINA
 E chesto mo’, che nc’entra?
 D. MARFORIO
 Io quoties, quoties
15T’hò detto, t’hò ridetto, ed arcidetto,
 Che quanno parli meco,
 Voglio, che toscaneggi, e sputi tonno?
 CARDELLINA
 È lo vero, ma
 D. MARFORIO
                           Che?
 CARDELLINA
                                       Io non sapeva
 Comme s’ave da dire ntosquanese
20S’è puosto n’ordene; io mo’ non ce corpo.
 D. MARFORIO
 Veramente cotesta
 È una ignoranza juris,
 Conforme disse Bartolo
 Nella legge quantopere, digestis
25Ad senatus consultum Trebbellianum
 Sicche ex nunc pro tuno, da adesso avanti
 Lei, quanno parla meco toscaneggi.
 CARDELLINA
 Io toscaneggio, dirò, farò,
 Riverito Signor la sirvirò.
 D. MARFORIO
30O bene, o ben: via prendemi il pilucco.
 CARDELLINA
 Ecco il pilucco. (va a prendere la pilucca.)
 D. MARFORIO
                               Ponilo
 Su di questo cocomero,
 Prendi la linea retta.
 CARDELLINA
 Adaggio, adaggio
35Dicea misser Biaggio. (l’accomoda la pilucca.)
 D. MARFORIO
 
 Porcelluzzo innamorato
 Ciufoleggia
 Verveseggia
 Col suo vago strillazzar.
 
 SCENA II
 
 D. PERICCO, e detti.
 
 D. PERICCO
40All’utriusque juris Dottor massimo,
 Istorico, Poeta, ed oratore,
 Filosofo, mecanico,
 Medico, Mattematico
 Alla vostra virtù quasi divina
45D. Pericco umilmente a lei s’inchina.
 D. MARFORIO
 O schiavo, schiavo (e biva la gran bestia).
 CARDELLINA
 (Se n’è benuto già sto chiacchiarone.)
 D. PERICCO
 (Ecco colei, ch’in sen mi frange, e macera
 Tutti i precordj, gl’intestini, e i muscoli.)
 D. MARFORIO
 
50Porcelluzzo innamorato
 Ciufoleggia
 Verveseggia (D. Pericco si pone a ridere fortemente.)
 
 Perché ridi? rispondi
 Tocco d’annecchia?
 D. PERICCO
                                      Sotto vostra emenda
55Parmi cosa indecente, e disdicevole
 Ad un Dottor par suo
 Cantar simili flottole.
 CARDELLINA
 (Comme nce l’hà cantato.)
 D. MARFORIO
 (Che tomo veramente!)
60Il Dottore odierno
 Deve essere erudito in ogni scienza,
 Se non si può menar la bentarola
 Non dico bene sora Cardellina?
 CARDELLINA
 Ottimissimamente il mio Magestro.
65Mo’ ti merti di smocche un bel canestro
 (Comme è abbonante sa.)
 D. PERICCO
 Ma la gran dottorizia gravità
 D. MARFORIO
 Che gravità mi state a predicare,
 Altri tempi, altre cure;
70La gravitate adesso abiit in aulam;
 Ora frattanto anderaggio Mmicaria,
 Lei si studeggi bene quell’articolo
 Per la causa, che vertesi
 Tra ’l Conte Tozzi, e ’l Duca Pennericolo.
 D. PERICCO
 
75Andate felicissimo,
 Che col mio acuto cerebro
 Baldo, Giasone, Bartolo,
 Testi, rubriche, e titoli
 Forensi, consulenti,
80Controvertenti, e prattici
 Tutti rivolgerò.
 
 SCENA III
 
 D. MARFORIO, e CARDELLINA.
 
 D. MARFORIO
 Che cosa affastellò cotell’alocco,
 Hà detto tante stroppile,
 Che nemmeno l’hò inteso
85Io, che songo Dottor sessagenario.
 CARDELLINA
 Accome veggo, quegli
 Mi sembra un Chiaraballo di Milano.
 D. MARFORIO
 Ora lasciamo star coteste bernie,
 Vorrei saper come li stono in gracia.
 CARDELLINA
90Voi abbiate con meco
 Il dominio diretto, utile, & plenum.
 In somma sete voi il mio Signore.
 D. MARFORIO
 Viva la Dottoressa! quanto face
 L’aver pe nnammorato no Dottore.
 CARDELLINA
95Eh qua, non stace il quatinus.
 D. MARFORIO
                                                        Bonora!
 Ti rintenni del quatinus.
 CARDELLINA
                                                Lassate
 Da parte un quanco le fraschetteriggie
 Discorremo sul serio.
 D. MARFORIO
                                          Dicete
 Mia cocitregna Dea; via su veniamo
100Alla cosa del quatinus.
 CARDELLINA
 Diceva
 D. MARFORIO
                Che cosa?
 CARDELLINA
                                     Che
 D. MARFORIO
 Che cosa?
 CARDELLINA
                      Che lei
 D. MARFORIO
                                      Che cosa?
 CARDELLINA
                                                           Che che voi
 D. MARFORIO
 Che cosa?
 CARDELLINA
                      Che voi mi coffeggiate,
 E nihil nihil bene mi portate.
 D. MARFORIO
105Mia adorata Prosperina;
 Avete preso un gran grancifellone,
 Tutto foco per lei è il suo Plutone.
 CARDELLINA
 Non vi creggio.
 D. MARFORIO
                               O Diable!
 Lei mi creggia una volta; anzi di botto
110Ch’avrò collocheggiata
 La mia figlia Flaminia
 Questa ciampa per voi sta destinata.
 CARDELLINA
 Uh spirituccio mio penetrantuccio;
 Scusa, se dubitai
115Ch’amor focoso m’affliggeva assai.
 
    Tant’è granne quell’affetto,
 Che pe boi mi sento in petto,
 Che penzannoci qua bota
 Mme ne squaglio, mme ne moro
120Mio dolcissimo trasoro,
 E mi sento assimpicà.
    E pi questo mio pupino
 Mio bellissimo amorino
 Hò paura, che da mano
125Tu non m’abbi da scappà.
 
 SCENA IV
 
 D. MARFORIO.
 
 D. MARFORIO
 E ben ser Don Marforio
 Parla un quanco con meco:
 Questa ragazza l’è troppo azziccosa
 Essa nne vole, tu nce vuoje dare,
130E ben, Signor Dottor, che s’hà da fare!
 
    Questa qua Diavol negro
 Mi ci vole carriggià.
 Via si lassi oibò, oibò,
 Io lassarla, come pozzo?
135Hic opus, hoc labor est
 Io ma si no già à che
 Uh mio povero cerbello,
 Tu non servi un chiallo più.
    Su la cappa di Fetonte
140Un’amante più cecato,
 Sconsolato,
 Mmalorato
 Di Marforio mai non fu.
 
 SCENA V
 
 FLAMINIA, ALESANDRO, ed OTTAVIO.
 
 FLAMINIA
 (Mio ben, bisogna fingere (sotto voce ad Alessandro.)
145Con cotesto importuno
 Destinatomi sposo da mio padre.)
 ALESSANDRO
 (Del tutto sto già inteso.)
 OTTAVIO
 E ben mia cara, dolce, amata sposa,
 Io per voi mi consumo,
150Ardo solo per voi, per voi mi moro.
 FLAMINIA
 (Quant’è seccante!)
 ALESSANDRO
                                       (O quanto egli è nojoso!)
 OTTAVIO
 Voi non mi rispondete?
 Ah cor di questo core,
 Anima di questo core,
155Spirto del spirto mio, mi fai languire
 Parla, rispondi, non mi far morire.
 ALESSANDRO
 (Possa giungerti il fistolo!)
 FLAMINIA
                                                   (Fingiamo.)
 Sposo, un estremo giubilo
 Suole recare ancor malinconia.
 ALESSANDRO
160E la troppo allegrezza,
 Che hà nel pensar, che lei fra poco tempo
 Sarà il suo caro sposo (ah non sia mai.)
 OTTAVIO
 È ver non ci badai.
 ALESSANDRO
                                     (Sarebbe bene
 Che un poco la lasciassivo (pian ad Ottavio.)
165In libertate degli affetti suoi.)
 OTTAVIO
 (Sì caro amico dici ben; ma intanto)
 FLAMINIA
 Cieli fatel partire.
 ALESSANDRO
 (Oh lei non dubiti
 Ch’essa v’ama di cor) che infracitante!
 OTTAVIO
170Sposa per pochi istanti
 Io ti chiedo licenza.
 FLAMINIA
                                      Va ben mio.
 (Bisogna lusingarlo.)
 OTTAVIO
 (Oh che parola!) Ora men vado: Addio.
 
    Conservati costante
175Caro mio bene, e pensa,
 Che questo core amante
 Attende da te solo
 Ristoro al suo martir.
    Da te che sola sei
180Luce degli occhi miei
 Cagion del suo gioir.
 
 SCENA VI
 
 FLAMINIA, ed ALESANDRO.
 
 FLAMINIA
 Alfin partì.
 ALESSANDRO
                        Mai possa più tornare.
 Ora dimmi mio bene
 Tu fra poco altro tempo
185Dovrai sposar Ottavio,
 Come farai
 FLAMINIA
                        Deh lascia a me la cura
 D’un tal’affare.
 ALESSANDRO
                               Ma pavento, o bella,
 Il tuo Padre
 FLAMINIA
                         Ma sai,
 Che degli affetti miei
190Esso non è Signor, voglia, o non voglia
 Per tutta questa sera
 A te dovrà congiungermi in isposa.
 ALESSANDRO
 Con questa bella speme io da te parto
 Tu già vedi il mio cor, tu sai qual fia,
195Tutta confida a te quest’alma mia.
 
 §   Agitato è quel nocchiero,
 Quando irato il Ciel s’oscura
 Si confonde il suo penziero
 Tra la speme, ed il timor.
200   Ma se speme al cor vi dura
 Per pietà legiadro giglio
 Non lasciarmi nel periglio
 Di vederti ad altro amor.
 
 SCENA VII
 
 FLAMINIA.
 
 FLAMINIA
 Vanne mio caro ben: Clementi stelle
205In questa dura impresa
 Consigliatemi voi.
 Ma che smanie son queste? Ah ch’il timore
 Di perder la mia vita
 Mille funesti eventi già m’addita;
210Dunque che far dovrò? lasciar degg’io
 Il caro ben? Ah che nol posso addio.
 
    Il misero mio core
 Si trova in ria procella
 Il vento irato freme,
215Il Ciel funesto appare,
 Ed egli nulla teme,
 Ma qall’impeto del mare
 Si pone a contrastar.
    Ai petti audaci solo
220Propizia è la fortuna;
 O giunge col suo bene
 Al sospirato porto,
 O tra perigli assorto
 Ei resta a naufragar.
 
 SCENA VIII
 
 CARDELLINA, indi D. PERICCO.
 
 CARDELLINA
225No, tant’aggio da fare,
 Ch’aggio da carriare lo patrone
 A farme nguadià ma vene chillo
 Uh che lotano sa; no mme nce voglio
 Spassà no po’ li frate.
 D. PERICCO
230Bella. Dea d’Amatunto, e di Citera
 Ecco qua D. Pericco viene a voi,
 Come tendit il foco alla sua sfera.
 CARDELLINA
 Diletto mio Narciso,
 Ecco qua Cardellina, che vi ama.
235Come Pontannecchino ama lo mpiso.
 D. PERICCO
 Ma questa parità, cotesto esemplo
 È troppo strampalato.
 CARDELLINA
 E il vostro paragone
 Pe Napoli ne va colle stanfelle.
 
 SCENA IX
 
 D. MARFORIO ch’osserva, e detti.
 
 D. MARFORIO
240(Hercle! che baja è questa?)
 D. PERICCO
 Or sia come si voglia
 Saper vorrei, se mi portate amore.
 CARDELLINA
 Come? lei non sappiate,
 Ch’è l’unico ristoro, del mio fecato?
 D. MARFORIO
245(O Diabo! quernuto! E che mai sento!)
 D. PERICCO
 Ahimè!
 CARDELLINA
                  Che vi sentete?
 D. MARFORIO
 (Forse si sente l’ovo!)
 CARDELLINA
 Ahi, ahi!
 D. PERICCO
                    Che cosa avete?
 D. MARFORIO
 (Si sentirà le ddoglie!)
 D. PERICCO
250Sento una cosa qua.
 CARDELLINA
 Sento una cosa qui.
 D. MARFORIO
 (Butto fiamme per tutti i miei canali.)
 D. PERICCO
 Vieni a veder che cosa tengo qua.
 D. MARFORIO
 (Ora non si può più) povero pupo,
255Che ti senti, che tieni?
 T’è afferrato il discenzo, il capogatto,
 Na simpica, na goccia, un mal di luna,
 Un mal firuto, un cancaro, un diavolo?
 Parla che t’afferro? Malnato, infame,
260Infamia juris, & infamia facti,
 Asino, Bertuccione,
 Bribbante, malciato, insolentone. (dandoli calci.)
 D. PERICCO
 Obligé, obligé, caro Padrone.
 
 SCENA X
 
 D. MARFORIO, e CARDELLINA.
 
 D. MARFORIO
 E tu che te ne vieni
265Col pupino, e amorino,
 A Don Marforio hai fatto questo trattu?
 CARDELLINA
 Donca vuje mo’ pi questo
 Or v’accoloreggiate
 D. MARFORIO
 Non mi serve, che più toscaneggiate
270Parlate com’è l’uso
 Del Lavinaro in dove siete nata.
 Pittegola, tristegola, sguajata.
 CARDELLINA
 Vuje decite addavero,
 Che d’è sta cosa mo’?... uh maramene!
 D. MARFORIO
275Sì fammi un poco gli occhi a pisciarello.
 CARDELLINA
 Via su signore bello
 No nne sia chiù
 D. MARFORIO
                                Mo’ proprio m’hà pigliato.
 CARDELLINA
 Uh negrecata me comm’aggio a fare
 D. MARFORIO
 (Auf, che foco!)
 CARDELLINA
                               E mme vulite donca
280Lassare tutto nziemmo
 D. MARFORIO
 (Auf che sciamma!)
 CARDELLINA
                                       E be’ n’avite core
 D. MARFORIO
 (Non pozzo più.)
 CARDELLINA
                                  E lo potite fare
 D. MARFORIO
 (S’è fatto il core un Etiope adusto.)
 CARDELLINA
 Già ch’è chesto accediteme
285Ch’io no mmoglio campà senza de vuje.
 D. MARFORIO
 (Ora piango io porzì.)
 CARDELLINA
                                           Via su ch’è stato
 No mme volite accidere facitelo
 Pe pietate a lo mmanco
 D. MARFORIO
                                             E che buo’ accidere
 Quacche mmallarda, o quacche sportigliona.
 CARDELLINA
290No, no, voglio morire
 D. MARFORIO
                                         E bia facciatevi
 Passà sta brutta quellita,
 Sta brutta fantasia,
 Che di nuovo vi pongo in grazia mia.
 CARDELLINA
 No, no ve credo cchiù.
 D. MARFORIO
                                           Sì sì crediatemi,
295E per segno, di nuovo incominciato
 A toscheggiar.
 CARDELLINA
                             Mo’ mme volite bene?
 D. MARFORIO
 Per voi mi sento il cor tra ree catene.
 CARDELLINA
 E datemi la mano.
 D. MARFORIO
                                     Mo’ propio?
 CARDELLINA
 Mo’ propio.
 D. MARFORIO
                         Piano, piano.
 D. MARFORIO
 
300Cardellina mia carina
 Questa branca sta per te.
 
 CARDELLINA
 
 Cardelluccio mio caruccio
 Questa branca porgi a mme.
 
 D. MARFORIO
 
 Ecco qua; ma dammi ancora
305La tua ciampa.
 
 CARDELLINA
 
                              Sì signore
 La mia ciampa eccola qua.
 
 D. MARFORIO
 
 Ciampa cara!
 
 CARDELLINA
 
                            Branca bella!
 
 A DUE
 
 Uh che cosa tennerella,
 Mi fa proprio squaquiglià.
 
 CARDELLINA
 
310Lascia lascia.
 
 D. MARFORIO
 
                           Asciogli, asciogli.
 
 A DUE
 
 Lascia mo’ no pocorillo
 Quisto core risciatà.
 
 SCENA XI
 
 ALESANDRO, FLAMINIA, ed OTTAVIO in disparte.
 
 ALESSANDRO
 Dolcissima mia vita
 Dunque sei risoluta
315Di palesare il nostro amore al Padre?
 FLAMINIA
 Altro scampo non v’è, voglia, o non voglia
 Al nostro casto amore
 Acconsentir dovrà; te solo amai,
 Non mai quell’importun, quell’indiscreto
320Quello sciocco d’Ottavio.
 OTTAVIO
 (Oh caspita!) spietata
 Questa dunque è la fé, quest’è l’amore
 Che questo core amante
 FLAMINIA
 Mai s’accese Flaminia d’un seccante. (via.)
 OTTAVIO
325E tu perfido amico
 Così tradisci a me? sai chi son io?
 ALESSANDRO
 (Fa bisogno d’ardire.)
 D’amar la mia Flaminia
 Guarda da oggi avante
330Indiscreto, incivil, sozzo, birbante.
 
    Come talor l’agnello
 Fugge il leon feroce
 Solo in sentir la voce.
    Di quel che rugge, e freme
335Del fosco,
 E tetro bosco
 Tra l’orrido sentier.
    Così fuggir dovrai
 Del mio tesor l’aspetto,
340E di sì vago oggetto
 L’amabile sembianza
 Sgombrar dal tuo pensier.
 
 OTTAVIO
 A me? a me indiscreto, ed incivile?
 A me? birbante, e sozzo?
345Io mi voglio buttar dentro d’un pozzo.
 
 SCENA XII
 
 D. MARFORIO con veste di camera, e pilucca, indi CARDELLINA.
 
 D. MARFORIO
 Olà scopate netto queste stanzie,
 E fate con prestezza,
 O vi pongo nel cranio una capezza.
 
 Mia lucida cipolla
350Io giusto come a colla
 Ch’azzecca sì tenace
 La stoppa, e la vammace
 Vorrei gnorsì gnerno.
 (Che cancaro aggio detto
355Io no lo saccio affé.)
 
 CARDELLINA
 E biva il mio pupazzo.
 D. MARFORIO
 Mia dolce paparella, il tuo scopazzo
 Oggi sta co na vena assai baccante
 Canto l’arme pietose, e l’Alifante.
 CARDELLINA
360E biva; ma veniamo un poco a noi,
 Fra pochi altri crepuscoli,
 O siano minutoli
 Deve sposare già la Signorina.
 D. MARFORIO
 E sposerà Marforio Cardellina.
 
 SCENA XIII
 
 FLAMINIA, ed ALESSANDRO, indi OTTAVIO con un spedo nelle mani trattenuto da D. PERICCO, e detti.
 
 FLAMINIA
365Padre, perdon.
 ALESSANDRO
                              Signor pietà.
 D. MARFORIO
 Na lemmosena a un povero stroppeato;
 Che cancaro v’è dato,
 O fosse l’allegiezza de le nozzole.
 FLAMINIA
 Padre, questo è il mio sposo, a lui giurai
370L’amor.
 ALESSANDRO
                  Quest’è la dolce mia consorte,
 Altro che il suo bel volto non amai.
 D. MARFORIO
 Oh che prodito in fronte, ahi, ahi, ahi, ahi.
 OTTAVIO
 Lasciami Don Pericco
 Io sbudellar lo voglio.
 D. PERICCO
375Oh per l’amor di Giove,
 E che volete fare un spiticidio?
 CARDELLINA
 Mara me, che d’è cchesto.
 D. MARFORIO
 Fremma, mmalora fremma
 D. PERICCO
                                                     Via acquetatevi
 Un poco colle buone,
380Rimettete l’affare al mio giudizio.
 D. MARFORIO
 Rimettete l’affare al precipizio
 (Io mo’ mi caco sotto di paura.)
 OTTAVIO
 E ben vi sembreria buona azzione
 Che questo mio Padrone
385Mi togliesse la sposa?
 E questa mia Signora
 Hospite insalutato
 M’avesse come un’asino piantato?
 D. PERICCO
 Via Monenatur partes.
 FLAMINIA
390L’arbitrio del mio core,
 È in mio poter, tu non ne sei signore.
 ALESSANDRO
 Ed io che hò ritrovata l’occasione
 Ve l’hò ficcata a lei caro Padrone.
 D. MARFORIO
 (E nfronte già mi nacque un cornicione.)
 D. PERICCO
395Ecco il decreto: Atteso, Res communes
 Primo occupanti conceduntur (regola.)
 Perciò detta magnifica Flaminia
 Formiter absolvatur
 Ab impetitis omnibus
400Pro parte D. Ottavii Ottaviani
 Hoc suum, & intimetur.
 D. MARFORIO
 Verum a detto Ottavio
 Un bel ventaglio d’Ischia nunc compretur.
 OTTAVIO
 O donne indiavolate
405Io vi voglio fuggir come la peste.
 ALESSANDRO
 Dilettissima sposa!
 FLAMINIA
                                      Amato bene!
 ALESSANDRO
 ,, Pur ti giunsi a goder doppo le pene.
 FLAMINIA
 ,, Se penammo fin ora, stanne lieto,
 ,, Che più dolci saranno i nostri affetti,
410,, E se il tuo cor nol crede
 ,, Prendi la destra in pegno di mia fede.
 
 §   Per godere il tuo splendore
 Qual farfalla questo core
 Fido ogn’ora a te sarà.
415   Per far pago il tuo desire,
 Se credessi ancor morire
 Volentieri ei morirà.
 
 D. MARFORIO
 E noi che mai facciam vaga Medusa?
 Via dammi la tua ciampa maniarella.
 D. PERICCO
420(Or me la ficca già la forfantella.)
 CARDELLINA
 Eccola qua. Ma voi state colerichi?
 Cacciate adesso la malinconia,
 Ora bisogna star in allegria.
 D. MARFORIO
 Signorsì a due a due
425Faremo un minuettino
 Spassandoci fratanto un pochettino. (Ballano.)
 D. MARFORIO
 Sufficit, atque bastat: Andamo adesso
 A preparar le festi nuzziarie,
 Intanto si bandisca da per tutto
430La mestizia, il singhiozzo,
 E lo roico nome di Marforio
 Alzate al Ciel con tanto un cannarozzo.
 TUTTI
 
 Dall’uno, e l’altro polo
 Dal Tarcenale al Molo
435Il Nome di MARFORIO
 Viva la notte, e ’l dì.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

Valid XHTML 1.0 Transitional