Il Nerone detronato o sia Il trionfo di Sergio Galba

Il Nerone detronato o sia Il trionfo di Sergio Galba, Napoli, s.e., 1743

a cura di Paologiovanni Maione

paratesto ATTO PRIMO Apparato

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

NERONE, POPPEA, PAGGIO, e Guardie:

Nerone va a sedere sul Trono laterale, e dice.

NERONE

Olà Guardie, ste indrio,

E quando ve chiamo

Ste pur leste,

Che vojo in sta zornada

Far conoscer a tutti,

Che Neron, lu sa far salai persutti:

E vui viscere care

Vegni pur suso de sta scalinada,

E lasse pur che diga ogni stival,

O mandria gazarada.

POPPEA

Rubiconda grandezza,

Per esequire il tuo real comando

Mi sento al soglio;

E per parer più bella

Alzo la gonna, e mostro la pianella.

NERONE

Ah che non posso più,

Vago de trotto,

Mio ben, lasseme star, son mezzo cotto.

PAGGIO

Signor, ond’è che miro

Crinzado il volto tuo,

Sporche le gramole;

Forse t’opprime i sensi

Il liquor che gustasti in questa mme

In casa di Colei, già tu m’intendi

Se questo ti da pena

Vanne a dormir, che avanzerai la cena.

NERONE

Ah ti t’hà indovinada,

Tanto ancor se l’era un bel confetto

Tel cavavi de boca: muoro muoro

Per quel bel muso,

Per quelle musinete veneziane,

Che cento caravane faria per elle,

E per goderle in pase

Ho fatto el contrabando

Che Otton sia manda’ subito in bando.

PAGGIO

Oh che baron Nerone

Voler incornisar, povero Ottone.

Al delicato suono

Di questa mia trombetta

Ottone per staffetta

Da Roma partirà.

Vado, volo, precipito,

E i sporchi tuoi comandi

Esequirò fedele

Con gran puntualità.

SCENA II

NERONE, e POPPEA.

POPPEA

Sarei contenta a pieno

Se finto non credessi l’amor tuo;

Se Ottavia la Consorte

Per dar pace al mio cor forse di Morte.

NERONE

Mi ella za son stuffo;

E per questo el mio cor te dago in pegno

Tu sarà mia Regina

E tiò el mio Regno.

POPPEA

Queste dolci parole

Mi fanno dir oimè, che per te moro.

Moro per quel visetto

Più bello delle Zampe d’un capretto.

Ma Ottavia a te ne viene

Non mirarla mio ben, se mi vuoi bene.

SCENA III

OTTAVIA, e detti.

OTTAVIA

Dove, dove ti sprona

Il giovanil desio,

Neron cor mio

Lascia, deh lascia la mia rivale

Ama la tua Ottavia

Che in ciascun che mi mira

Amore insieme, e riverenza inspira.

POPPEA

O qual contrasto fanno

Nel agitato petto

Amor, gelosia, rabbia, e dispetto.

OTTAVIA

Mio nume anima mia,

Poi che il tuo cuore in dono

Con sì prodiga mano oggi mi dai

Non mi tradir, non mi lasciar già mai.

E tu perfidissima Donna sappi,

Che Neron è mio Consorte

Non mi tradir, o proverai la morte.

POPPEA

Eh che si se vengo giù dal Trono

Temeraria insolente,

Con un pugno real ti cavo un dente.

NERONE

Fermeve vita mia

Che vu’ se el mio cuor la mia speranza

E vù meno ardir meno aroganza

E ve convien aver flemma, e pacienza

E del vostro penar

Me ne rincresce in coscienza.

OTTAVIA

Se sai dunque ch’io peno

Perché turbi con questa

Inutile querela la tua pace e la mia?

Sequi chi t’ama contro il voler del fato

Sarò sempre infelice, tu sempre ingrato.

POPPEA

Tiranna gelosia lasciami in pace:

O di soave pianta amaro frutto,

Furia ingiusta, e crudele

Che di velen ti pasci,

E dal foco d’amor gelida nasci.

Torna, torna a cocito

Parti, parti da me per tormentarmi

Basta l’ardor dell’amorosa face,

Tiranna gelosia lasciami in pace.

100

Tu canta quanto vuoi

Che a tuo dispetto

La sua Agnella son io,

Egli è il capretto:

Come al mar sen corre il rio,

105

Tale al dolce idolo mio

Torna sempre amante il cor.

So che a te nemica spiace

Il veder questo mio seno

Già languir per l’alta face

110

Che promette un fido amor.

SCENA IV

NERONE, e OTTAVIA

NERONE

Fenimo a una volta

Siora Ottavia Parona

Save che zà de vù son desfamao.

OTTAVIA

In così bella fiamma,

115

Se Poppea convince

Ottavia persuade

Una i pensieri, l’altra i sensi incatena,

Una la mente, l’altra seduce il core

Quella imprime dispetto, ed io amore.

120

Amabile dal volto

Veggo apparirti il cor,

Ma non ti posso amar,

Se contro il traditor

Son tutta sdegno.

125

E quasi ti direi

Che l’idol mio tu sei

Se non fosse

Il voler di quella indegna.

SCENA V

OTTONE, e NERONE.

OTTONE

Gran Monarca del Lazzio.

NERONE

130

Deme el naso dedrio che ve ringrazio

Sier ancroja in do piè

De qua ande via;

E de vegnir da mi, no abbie più ardir,

Se no mi ve farò presto sbasir.

OTTONE

135

L’Asino, gran Signore,

Che condur me dovea,

Un piede si è sferrato

Onde riposa in Letto, ed è ammalato.

NERONE

Sier bestia, sier infame

140

L’Asino ve voi dar, che ande cercando,

Partite presto,

E non far più ritorno

Se no ve mando col zirarte atorno.

OTTONE

Andateci pur voi occhi tiranni,

145

Vecchio senza giudizio,

Che io per me già ti tengo in quel servizio.

NERONE

Ah fio d’una gran gobba

Sier asino, sier bestia, sier infame

Con sto pugnal te sbuserò el corbame

150

Parti fuggi mamera munzua:

Così ti poco ti rispetti un par mio.

Ah balordo arrogante,

Se ti non sa el to dover

Mi tel farò conoscer,

155

E se son sta da ti vilipeso

Basta el dirte son Neron, e son offeso.

Talor di sdegno ardente

Voglio punir l’audace

Vorrei sgridarlo, e sento:

160

Ahi troppo il labro, e lento

Gli sdegni a secondar.

Ah che vuol quest’ira

Che nasce appena, e muore,

Ah che vuol dirmi il core

165

Con tanto palpitar.

SCENA VI

TIRIDATE, e OTTONE.

TIRIDATE

Ottone amico

Oh quanto compatisco il tuo male,

Mentre la tua diletta, e vaga sposa

Serrata in Camerino con Neron paregino

L’alma, e il core s’annoda.

OTTONE

170

Queste Pipole son fatte alla moda;

Ma temerario sei

A biasmar di Poppea le caste voglie:

Suo marito son io, ella è mia moglie.

TIRIDATE

Saresti forse il primo,

175

Che in tal disgrazia cade;

Credimi che oggi giorno sotto il ciel della Luna

L’esser becco si ascrive a gran fortuna.

OTTONE

A che soffrir nol posso

E dal furor quasi mi sporco adosso.

TIRIDATE

180

Olà pari buffon con più creanza,

O quatro piedi, o quatro piedi

Ti darò in la panza.

OTTONE

Con questo ferro vuo’ passarti il core.

TIRIDATE

Con questo pugno vuo’ cavarti un ochio.

OTTONE

185

Ed osi ancor sentarmi

Indolente frascon, sporca camise,

Lascia di stuzzicarmi,

E volgi la tua rabbia con diletto

A morder con i denti un Pan zaletto.

TIRIDATE

190

Se trovar ne potessi un caldo, e fresco

Vedresti traditor, prenderlo in fretta,

E trangugiarlo intier per mia vendetta.

Il Nochier, che non seconda

Il furor d’istabil onda

195

Va sì tosto a naufragar.

Così tu se in questo giorno

Non ascendi in capricorno

Tua fortuna è per cangiar.

SCENA VII

OTTONE solo.

OTTONE

Ah che pur troppo è chiara

200

Di Neron la baldanza,

Di Poppea la lascivia

E d’Otton la vergogna

Onde a placar lo sdegno che hò nel petto

Farò per mia vendetta

205

Dell’indegno suo cor una polpeta.

Non ho bezzi, io ve la digo

Questo sì che è un gran intrigo

Pulcinella Poverino

Chi l’ajuta in carità.

210

O che freddo, o che gran fame

O che brutta cantilena,

Questa sera non si cena,

E doman che mai sarà.

SCENA VIII

NERONE solo.

NERONE

Chriè pur tutti quanto ce piase

215

Che no ve bado gnanca un bagatin

Seneca è za sbasio, anca mia mare,

E solo vojo goder tutto sto mondo

A dispetto de tutti, che non vuol;

E perché sia da tutti cognosuo

220

Voi stravacarme sovra del mio Trono,

E dar una dormia insin a zorno,

Mentre del ziogo della Meneghella,

Son deventà de botto mezzo storno. (Va sul trono, e si adormenta.)

SCENA IX

OMBRA, e detto.

OMBRA

Non ti doler se un dì ti pentirai

225

Non aver ubbidito a miei precetti

E credimi Signor che il proverai

Che il precipizio tuo son tuoi diletti. (via. Nerone si sveglia.)

NERONE

Ahimè, chi me dismisia,

Oimè chi mai si ardio

230

Impedisce el riposo?

Dormo, o pur son svejao,

Dove son, cos’è stao,

Hò inteso in sogno

L’anema de mia mare

235

Dirme, che son gran mato,

E subito in un tratto

El Spirito de Seneca svenao,

Che me criava come un can rabiao,

E levandome el Scetro, e la Corona

240

Senza creanza, el me spojava nuo,

Ah deme per pietà un pan in bruo.

SCENA X

POPPEA, e detto.

POPPEA

Ah Sire, fuggi, fuggi,

Se non voi che si brugi la fritata

Sergio sen vien con poderosa armata.

NERONE

245

Via presto chiamé Otton

Che vegna a sbudellar sto mascalzon.

POPPEA

Anch’egli, o Sire, anch’egli

Tuo nemico si vanta,

E a Sergio unito

250

Desidera tua morte

Cerca, se vuoi, altrove la tua sorte

Fuggi se vuoi, o incontrerai la morte.

Del fallo m’avvedo

Conosco qual sono

255

Non chiedo

Perdono

Non spero

Pietà.

Un fiero rimorso

260

Mi lacera il core

Ma il vano soccorso

D’un tardo dolore

A farmi innocente

Più forza non hà.

SCENA XI

OTTAVIA, e detti.

OTTAVIA

265

Deponi il fasto

Che a te mal sì conviene

Causa d’ogni mio mal tu sola sei.

Sì, sì tu sei cagione,

Che in tormentoso agone

270

L’anima combattuta ognor si strugga

E giusto ben, ch’io ti detesti, e fugga.

Se l’orgoglioso

Trovar bramate

Dov’è riposo

275

Non lo cercate

Né dove alberga

La fedeltà.

In qualche petto

Nido d’inganni

280

In qualche core

Pieno d’affanni

Quel traditore s’asconderà.

SCENA ULTIMA

Carro trionfalle con SERGIO Galba, e Tutti, e Soldati.

SERGIO

Cinto il crin di Verze e porri

Vengo iniquo a trionfar.

285

E di broccoli gl’allori

Le mie tempia a incoronar.

OTTONE

Temerario, ancor osi

Di vagheggiar Poppea

Quella, che già in consorte

290

Fu dal Ciel destinata

Al gran Ottone;

Fuggi, vola, sparisci empio Nerone.

NERONE

E chi se vù, che ghavé tanto ardir

De voler contrastar el mio diletto;

295

Mo’ andé via scartozetto,

Che zà a dispetto delle vostre

Gran arme,

In quel babio mi vojo sbavazarme.

SERGIO

Ah villano insolente

300

Ancor tanto presumi

E tanto ardisci,

Parti dal mio cospetto,

Cospettin, cospetton, cospettonaccio.

Fio de donna Betta, e de sier Piero,

305

Che Cesare son io, e in Roma Impero.

NERONE

Sporchi cagadonati per sodisfarve tutti

Me strapazze l’Imperiai persutti.

OTTONE

Presto fuggi sparisci,

Con traditor

310

Nemico del Pan fresco,

Che se tu fossi un gnocco, o un macherone

Vorrei mangiarti vivo in un boccone.

NERONE

Se non parti, varé in tanta malora

Co sto penin ve rompo la farsora.

OTTONE

315

L’è una cocagna sì

Ma questa è bella

Una crazia, un quatrin

Non hò in scarsella.

SERGIO

Mi ralegro ancor io.

TIRIDATE

320

Quanto ne godo.

NERONE

No ve partì, ste saldo, e sodo,

Me diga in cortesia

Me daresi una presa de tabacco.

SERGIO

Sia ringraziato il Ciel,

325

Eccola prendi, e a tua disposizione

Il Tabacco, la scatola, e il padrone.

NERONE

De Spagna Sior.

SERGIO

De Spagna.

OTTONE

E ben che maraviglia.

NERONE

Susana, aseo,

Non posso più star saldo

330

Un ventolo dov’ella

Oimè, che caldo.

Ah l’aria d’intorno

Lampeggia, e sfavilla

Ondeggia, vacilla

335

L’infido terren.

Qual notte profonda

D’orror mi circonda

Che larve funeste

Che smanie son queste

340

Che fiero spavento

Mi sento nel sen.

OTTONE

E viva dunque, e viva

Trombe, tamburi, Pifari, Cornetti

Violette, Chitaroni, Oboè,

345

Violini, Fagotti,

Violoncelli, Arpe, Flautini

Con strepitoso son tutti sonate

Il trionfo di Galba ora cantate.

NERONE

Vojo star allegramente,

350

E no vojo più che niente

Al mio cuor pena me daga.

TUTTI

Donca tutti in allegria

A sti sposi femo onor

E cantemo pur de cuor

355

Via che la vaga.

NERONE

Voi ch’el bagolo, e ch’el spasso

Che la gionda, el gioco, el chiasso

In tel cor sempre me staga.

TUTTI

Donca tutti in Allegria.

360

A sti Sposi femo onor,

E cantemo pur de cor

Via che la vaga. (E qui calando la Tenda termina il presente divertimento, e coll’andar ogn’uno a suo vantaggio si dice: Addio.)