Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Gl'amanti generosi, Napoli, A spese di Niccolò di Biaso, 1735
 a cura di Giovanna Peduto
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA I
 
 VESPINA, poi CIANFRONE da paglietta.
 
 VESPINA
 Cappita! va, ti fida
 Di certe gatte morte!
 CIANFRONE
                                         (N’ata vota
 Ce provo, e po me spoglio.
 Zitto zi’, teccotella.) (si va accostando pian piano.)
 VESPINA
1100(Torna Cianfrone, oh come in tempo! Voglio
 Di lui valermi per burlare il vecchio,
 E servir la Padrona;
 Ma temo, che sdegnato
 Non sia contro di me,
1105Per verità l’ò troppo strapazzato. (pensa.)
 CIANFRONE
 (No mm’arriseco!)
 VESPINA
                                     (Sì: così far deggio.) (finge avvedersi di Cianfrone.)
 Oh! temerario! e ancora
 Ardisci
 CIANFRONE
                 Non Signora.
 VESPINA
 Fuggi, vola, sparisci,
1110Via, ribaldone, via (con fretta.)
 Sbrigati, o ch’io
 CIANFRONE
                                Mo’ servo a Lossoria.
 (Aùh lengua cana.) (partendo.)
 VESPINA
                                       Dove vai bestione?
 Vieni qua, vieni qua. (Cianfrone s’accosta.) Se un’altra volta
 Non sai tenere a te quella linguaccia
 CIANFRONE
1115Sie’ scippamella da lo cannarone.
 Si la vedisse comme
 Stace cancareata,
 Me l’aggio ciento vote mozzecata.
 Te squatratella, te. (li mostra la lingua.)
 VESPINA
                                      Non più parole:
1120Fatti, fatti vogl’io. Senti: vi sono
 Nuovità grandi.
 CIANFRONE
                                Ne!
 VESPINA
                                          Quel gnagnerino,
 Che fa lo spasimato
 Colla Padrona mia
 CIANFRONE
                                     Lo si Celejo?
 VESPINA
 Che Celio. s’è scoperto,
1125Ch’egli si chiama Fabio,
 CIANFRONE
 E nn’ eje Nepote
 A lo Patrone mio?
 VESPINA
 Gl’è quel, che gli son io.
 CIANFRONE
 Che mme dice!
 VESPINA
                               Era un tempo innamorato
1130Di Lucinda, e giurato
 Aveva di sposarla.
 CIANFRONE
                                    E po?
 VESPINA
                                                 Saputa
 La sua disgrazia, al solito
 Di voi altri ominacci,
 Se ne scordò, e della mia Padrona
1135Divenne amante.
 CIANFRONE
                                   Oh razza bbella, e bbona.
 VESPINA
 Perciò finse col vecchio
 D’esser il suo Nipote.
 CIANFRONE
 Oh bella! s’hà jettato
 Lo tassejo tanta mise, e s’è spassato.
1140Lo ssanno sse ffegliole?
 VESPINA
 San tutto. La Padrona getta fuoco,
 La Signora Lucinda
 Dà nella furie. Il vecchio
 Pare uno spiritato,
1145Lo vuole in ogni conto carcerato.
 CIANFRONE
 Hà raggione.
 VESPINA
                           Ma io
 Non vorrei dar disgusto
 Alla Signora mia:
 Sta troppo innamorata la meschina
 CIANFRONE
1150Da chillo ceceniello?
 VESPINA
 More per quella mummia Alessandrina.
 Sai che potresti far?
 CIANFRONE
                                        Che cosa?
 VESPINA
                                                             Siegui
 A fingerti Scrivano Criminale,
 Per caso qui venuto,
1155O per curiosità: t’incontrerai
 Nel vecchio, e tu la causa prenderai.
 CIANFRONE
 Non dice male sa?
 VESPINA
 Diam tempo al tempo. Intanto
 Qualche cosa sarà, tieni gl’occhiali?
 CIANFRONE
1160Veccole cca: mo’ me le ttorno a mettere.
 VESPINA
 Sì, che con essi meglio
 Occultarti potrai.
 CIANFRONE
 Ma tu, co ttutto chesso,
 Dimme la veretà, m’haje canosciuto
1165Mo’ nnante.
 VESPINA
                         Ma perché?
 CIANFRONE
                                                 Pecché? rimmelo.
 VESPINA
 Mi vergogno.
 CIANFRONE
                           Via mo.’
 VESPINA
                                             Tu ben lo sai
 CIANFRONE
 Ah marejola cana:
 VESPINA
                                    Ah bricconcello.
 
   Basta ch’a me s’accosti
 Un che mi voglia bene
1170Il sangue nelle vene
 Non sa trovar ricetto,
 E tichhe ticche in petto
 Mi va facendo il cor.
   Qual cane all’adorato
1175Ravvisa il suo Padrone,
 Io ti conosco al fiato,
 Per simpatia d’amor.
 
 SCENA II
 
 CIANFRONE, poi ORTENSIO.
 
 CIANFRONE
 Vi’ quanta rrobbecelle
 Me venne chessa mo’! so’ propejo cane:
1180Pe ttenè n’ommo ’nfrisco,
 Ste mmalora de femmene Romane,
 De la frabottaria so’ le Mmaeste.
 Ora stammo a bbedè. Vene lo Viecchio:
 A nuje, le bbetrejate a le ffeneste. (si pone gl’occhiali.)
 ORTENSIO
1185A sta pedata a Nnapole
 Vogl’ì pe no Screvano. (vede Cianfrone.) Mi Patrone?
 CIANFRONE
 Addio. (con gravità.)
 ORTENSIO
                 Che commannate?
 CIANFRONE
 Nulla, nulla. Io trovò
 Apierto lo Casino,
1190So’ trasuto a bbedere il suo Giardino.
 ORTENSIO
 A ggusto vuosto. Uscia fosse Dottore?
 Me scusa.
 CIANFRONE
                     Non Signore.
 ORTENSIO
 E ppuro io ’nguaggiarria d’averve visto
 Cchiù, e cchiù de na vota ntribbonale.
 CIANFRONE
1195Che dubbejo! Son Scribano Crimmenale.
 ORTENSIO
 Uscia Screvano!
 CIANFRONE
                                Certo.
 ORTENSIO
                                              M’è ccaduto
 Propejo lo maccarone int’a lo ccaso.
 Faciteme faore.
 CIANFRONE
 (Comm’è ntontaro!) Dica.
 ORTENSIO
1200Tenco na causolella pe le mmano:
 Nce volite apprecare?
 CIANFRONE
 Questo anniamo trovanno,
 Ussia vva decenno:
 Cca stammove servenno.
 ORTENSIO
1205Aggiate da sapè ma no mmorria
 Ca sentesse quacc’uno. Arreterammonce
 Da dereto a chill’arvole.
 CIANFRONE
 Bellissemo.
 ORTENSIO
                        Facite grazeja.
 CIANFRONE
                                                     Ah!
 ORTENSIO
                                                               Oh!
 CIANFRONE
 Lei vada.
 ORTENSIO
                    Via.
 CIANFRONE
                              Ussia se faccia sotta.
 ORTENSIO
1210Vao, pe v’obbedì.
 CIANFRONE
                                   (Che bbella bbotta!) (entrano.)
 
 SCENA III
 
 FABIO, poi li stessi ORTENSIO, e CIANFRONE, che tornano.
 
 FABIO
 Giusto Cielo un sol momento
 Dal mio barbaro tormento
 Deh mi lascia respirar.
 Ah! che mi vedo ormai
1215Stanco di viver più, di più soffrire,
 Numi pietosi, o datemi costanza,
 O rendete men fiero il mio martire. (si getta a sedere.)
 ORTENSIO
 Ussia m’hà ntiso ne?
 CIANFRONE
                                         Signor mio sì.
 Facetevi no suonno, e già affunato.
 ORTENSIO
1220Cammaratone mio. Jammolo ashianno.
 Ma zitto, eccolo lloco, e sta assettato.
 Datele ncuollo.
 CIANFRONE
                              Mo’. (S’accosta in punta di piedi a Fabio, e senza che esso se n’avveda gli toglie la spada dal fianco.)
 Si’ carcerato. (gridando.)
 FABIO
                            Indietro anima vile. (s’alza con impeto, e cerca la spada.)
 ORTENSIO
 Tenitelo Signo’. (a Cianfrone con paura.)
 CIANFRONE
1225Non pipetà, o te faccio co no punejo
 Trasì, sta capozzella int’a lo stommaco.
 Zitto, ca so’ Cianfrone. (piano a Fabio.)
 
 SCENA IV
 
 DALISO dalla casa, e detti.
 
 DALISO
 Qual strepito!
 ORTENSIO
                             Briccone
 Faje lo guappo de cchiù!
 DALISO
                                               Signor Ortensio?
 CIANFRONE
1230No ve movite, o v’ardo
 De fuoco.
 FABIO
                     Ah! furbo. (a Cianfrone.)
 CIANFRONE
                                          Abbona, abbona diavolo,
 E no me scommogliare. (piano a Fabio.)
 ORTENSIO
                                               Sio Talliso
 Ussia non sape niente! sso mpostiero
 Me va facenno trapole
1235Eh! ma cca stammo a Nnapole.
 Saccia Ussia
 DALISO
                          Non occorre
 Si prenda una tal pena,
 So tutto.
 ORTENSIO
                   Manco male. Che te pare!
 DALISO
 Ma con tanto rigore
1240Dove mai si punì colpa d’amore!
 ORTENSIO
 Comme!
 DALISO
                    Non si vergogna! in casa sua
 Permetter che s’affronti
 Un Galantuom! le sacre leggi offendere
 Dell’ospitalità!
 FABIO
                              (Che ascolto!)
 ORTENSIO
                                                          Ussia
1245Me scusa mi Patrone.
 DALISO
                                          Eh! non si lasci
 Trasportar dallo sdegno.
 FABIO
                                               (Io son confuso.)
 ORTENSIO
 Oh chesta è da contare.
 Non te lassà pigliare
 De chiacchiare. (a Cianfrone.)
 CIANFRONE
                                Ente co!
 DALISO
                                                  Scostati, indegno. (si pone in mezzo a Fabio, e Cianfrone.)
 CIANFRONE
1250Sì Signo’, sì Signore.
 ORTENSIO
                                         Sio Screvano?
 Ccomme! accossì te lasse
 Levà lo carcerato da le mmano!
 CIANFRONE
 Ma chisso me le ssona,
 Vi’ comme sta ntrocchiato.
 DALISO
                                                   A me quel ferro.
 CIANFRONE
1255Eccolo cca. (gli dà la spada di Fabio.)
 DALISO
                        Permetti,
 Che di mia mano io te ’l riponga a lato. (rende la spada a Fabio.)
 ORTENSIO
 Va, ca si’ nn’anemale. (a Cianfrone.)
 FABIO
 (Si fa mio difensore il mio rivale!)
 ORTENSIO
 Ah, ca mo’ v’aggiust’io
1260Canaglia. (in atto di partire.)
 CIANFRONE
                      Li denare. (appresso ad Ortensio.)
 
 SCENA V
 
 LUCINDA, e ROSALBA da diverse parti, e detti.
 
 LUCINDA
                                           Signor Zio?
 ORTENSIO
 Lassame ì Lucinna.
 Sacce
 LUCINDA
              Tutto ascoltai,
 Ne meno generosa
 Vogl’esser di Daliso: Egli il suo amore
1265Svenar seppe al piacer del caro bene,
 Ò cor, che bast’anch’io
 A trionfar sopra gl’affetti miei,
 Per farne un sacrificio all’Idol mio.
 DALISO
 (Bella virtù!)
 ORTENSIO
                           Si’ ppazza mara tene.
1270Mo’ vao a la justizia.
 LUCINDA
                                        E che farai?
 Io, che l’offesa sono,
 Io di tutto mi scordo, e gli perdono.
 CIANFRONE
 Non ce puoje di’ no callo. (ad Ortensio.)
 ROSALBA
 (Oh sorte!)
 FABIO
                        (Oh mio rossor!)
 ORTENSIO
                                                         Me sbregognato! (entra.)
 CIANFRONE
1275L’acquavita, o a tte porto carcerato. (entra appresso ad Ortensio.)
 LUCINDA
 Sì, Fabio, voglio io stessa
 Render pago il tuo amor. Bella Rosalba
 No, più non ti contrasto
 L’acquisto di quel cor: La tua rivale
1280Più in me non vedi: ogni livor sia spento:
 Ecco t’abbraccio amica,
 E si fa mio piacere il tuo contento.
 
   Stringi l’illustre nodo,
 Godi del mio perdono, (a Fabio.)
1285Amami nel mio dono,
 Non ti scordar di me.
   Della costanza mia
 Doler non ti potrai,
 S’io l’imparai (a Daliso.)
1290Da te.
 
 SCENA VI
 
 FABIO, DALISO, e ROSALBA.
 
 FABIO
 (Ahi rimorso crudel!)
 ROSALBA
                                          (Ahi pena!)
 DALISO
                                                                  Amico? (a Fabio.)
 Che pensi? e qual t’affanna
 Importuno dolor! ecco il tuo bene,
 Seco t’unisci, e il danno
1295Ristora omai delle sofferte pene.
 ROSALBA
 (Che dirà!)
 DALISO
                        Non rispondi!
 FABIO
                                                    E in mezzo a tanti
 Esempi di costanza
 Insensibil mi credi! ah non dovevi
 La sopita virtù destarmi in seno,
1300Se di tanta viltà reo mi volevi.
 Rosalba, s’io t’amai,
 Se t’amo ancor, se di lasciarti ò core
 Sallo il Ciel, sallo Amore.
 Ma il Cielo, Amor non soffre,
1305Che ingrato a questo segno
 Io fia, con chi t’adora
 Infida ancor che odiar non sa chi tenta
 Fin d’usurpargli il tuo bel cor, che a costo
 Del suo crudel tormento
1310Altra cura non à che il tuo contento.
 Ah no, che troppo indegno
 Mi renderei di quel bel genio antico,
 Che un dì per me nutristi:
 Amante non sarei, ma tuo nemico.
 
1315  Io ti lascio, o volto amato,
 Non sdegnarti, cara, Addio. (a Rosalba.)
 Ah! perdona al labro mio,
 Se la chiama ancor così. (a Daliso.)
   Sol per uso à favellato,
1320Senza il voto del mio core,
 Che il trovò nel primo amore
 Tutto immerso, e lo tradì.
 
 SCENA VII
 
 DALISO, e ROSALBA.
 
 DALISO
 Rosalba? a me non resta
 Che più tentar per compiacerti all’ire
1325Dell’ingannato Ortensio
 Sottrassi il mio rival: ogni raggione
 Gli cedei su ’l tuo cor, non mi lagnai
 Dell’incostanza tua: del tuo desio
 Si fé legge il mio cor. Chi vide mai
1330Sofferenza maggior! la vita il sangue
 Pende da cenni tuoi,
 Tutto lo versarò, se così vuoi;
 Né cerco altra mercede,
 Che una lagrima sola
1335Quale ti bagni il volto,
 Che un tenero sospiro,
 Sparso dal dolce labro,
 Allor, ch’alle tue piante
 Esalar mi vedrai l’anima amante.
1340Che far posso di più?
 ROSALBA
                                          Daliso, oh Dio!
 Tu mi trafiggi il core.
 Godi del mio rossore,
 Del pentimento mio,
 Dimmi infida, crudel, lieve, incostante,
1345Gettami pur su ’l volto
 La mia perfidia, i miei trascorsi: Io sono
 Degna di mille morti: I torti tuoi
 Vendica pur, che mille vite insieme
 Non ponno meritar il tuo perdono.
 DALISO
1350Ah dolce anima mia, dunque poss’io
 Sperar, che nel tuo core
 Torni a destarsi al fine
 Una scintilla dell’antico ardore?
 ROSALBA
 Sì, caro, io m’abbandono
1355Tutta alla tua pietà: se basta il pianto
 A cancellar d’infedeltà sì nera
 L’indegna macchia, in lagrime disciolto
 Ecco, ch’io verso il cor: se brami il sangue
 Eccoti il seno: ignudo
1360Io l’offro al tuo furor: Vieni, mi svena.
 DALISO
 Ben mio, non più: Ti stringo al petto, e questa
 Sia la vendetta mia, sia la tua pena. (l’abbraccia.)
 ROSALBA
 
   Pensa, che rea son’io,
 Pensa, mio dolce amore,
1365Che ti mancai di fe’.
 
 DALISO
 
 Spargo d’eterno oblio
 Ogni passato errore,
 Cara, se torni a me.
 
 ROSALBA
 
 Son tua, pentita io sono.
 
 DALISO
 
1370T’abbraccio, ti perdono.
 
 ROSALBA
 
 Caro
 
 DALISO
 
             Bell’Idol mio
 
 A DUE
 
 Che dolce sospirar!
   Se così bella ottiene
 Amabile mercede
1375Dal sospirato bene,
 So, che n’andrà superbo
 L’acerbo
 Mio penar.
 
 SCENA VIII
 
 CIANFRONE, ORTENSIO, poi VESPINA.
 
 CIANFRONE
 Cca li deritte mieje, vi’ ca lo sango
1380Già se ncegna a scarfare,
 Vommeca na mascella,
 O Puortece te faccio revotare.
 ORTENSIO
 Oh! vi’ che tentazione!
 Che v’avimmo da dare?
1385Fornimmola.
 CIANFRONE
                           Ora via
 Ce volimmo tranfiggere?
 ORTENSIO
                                                Decite.
 Ussia lo bbo’ sapere?
 ORTENSIO
 E quando?
 CIANFRONE
                       So’ pagato,
 Si Ussia me da
 ORTENSIO
                               Che ccosa?
 CIANFRONE
1390Mo’: chella Romanella pe mmogliere.
 ORTENSIO
 Chi? Vespina?
 CIANFRONE
                              Gnorsine.
 ORTENSIO
 Besognante vedè, si te vo’ essa.
 CIANFRONE
 A cchesto nce penz’io.
 Ce sta lo gusto vuosto?
 ORTENSIO
                                            Gusto mio?
1395Che me mporta? (Vespina esce, e si ferma ad ascoltare.)
 CIANFRONE
                                   Via mo’: no mme facite
 Lo stommacato: saccio,
 Ch’ancora ce tenite
 No po’ de passejo.
 ORTENSIO
                                    Io!
 (Cossì non ce l’avesse) Ussia à sbagliato.
 CIANFRONE
1400No, no, si Artenzio mio
 Mo’ parle pe schiattiglia.
 ORTENSIO
 Schiattiglia a me! pecché?
 CIANFRONE
                                                  Ca t’ha scartato.
 VESPINA
 (Oh bona!)
 ORTENSIO
                        Ah gioja mio, vuoje pazzeare:
 Passejo pe cchella! A me! te pare cosa?
1405Che me nne voglio fare
 De chella vrenzolosa?
 VESPINA
 (Ci sputarebbe.)
 CIANFRONE
                                  Giù la mano a ddonna.
 ORTENSIO
 Si te vo’ pigliatella (non sia maje.)
 CIANFRONE
 Mo’ nne caccio lo ffraceto: (e che rrisa
1410M’aggio da fa.) Si Arte’ (additando Vespina che si fa avanti.)
 ORTENSIO
                                              (Benaggia craje!)
 VESPINA
 Serva, serva. Chi è questo Signore?
 CIANFRONE
 No crejatiello vuosto. (con espressione.)
 ORTENSIO
                                          Jammo ncoppa
 Ve volimmo pagare. (a Cianfrone con flati.)
 CIANFRONE
 Che buo’ paà, na zubba
1415N’ascimmo da li patte.
 VESPINA
                                            Non gridate,
 Vediam s’è cosa, che si può aggiustare
 Con le bone.
 CIANFRONE
                          Ussia saccia
 ORTENSIO
 Vole a te pe mmogliere: Eccote ditto
 Co ddi parole sole quanto nc’eje.
1420Di’ no Vespina, e pigliate
 Tutte le rrobe meje. (piano a Vespina.)
 VESPINA
 Vi servo. (piano ad Ortensio.)
 ORTENSIO
                     (Oh chesta sì, che ba’ no schiavo.)
 CIANFRONE
 Che ddice sia Vespina?
 VESPINA
                                             Mi dispiace,
 Che non posso goder d’un tanto onore. (Ortensio ride.)
 CIANFRONE
1425Vespi’! (piano a Vespina.)
 VESPINA
                  Fingi, e avrai gusto. (piano a Cianfrone.)
 CIANFRONE
                                                        E pecché ccaosa?
 VESPINA
 Perché sono applicata a un’altro amore.
 ORTENSIO
 (Parla de mene mo’.)
 CIANFRONE
                                          Se pò sapere
 Chi è st’affortonato?
 ORTENSIO
 Songh’io. Dillo Vespi’.
 CIANFRONE
                                           Tu si’ bbottato:
1430Lo bbuoje sentire ncoppa
 A la chitarra appenna?
 ORTENSIO
                                            Sio Screvano
 Mo’ me vaje ascenno da lo semmenato.
 CIANFRONE
 Se la sente. (piano a Vespina.)
 VESPINA
                         Volete
 Saper chi è? (fan segno di sì.) Cianfrone
1435Mostra d’averne pena. (piano a Cianfrone.)
 CIANFRONE
                                             Chi è cotello?
 ORTENSIO
 Uno, che stea a gguarzone
 Co mmico, no pacchiano.
 CIANFRONE
                                                Brutto genejo.
 ORTENSIO
 Vide pe chi me cagne,
 P’uno, che t’ha cantata
1440La vita: Co no lazzaro te jette,
 E faje tanto co mmico la schefosa!
 VESPINA
 Ma lei, che ne sperava
 Da quella brenzolosa?
 ORTENSIO
 (M’ha ntiso la cevettola.) M’abbasta
1445Ca jammo de pareglia. Sio Screvano?
 Ni mi, ni ti decette
 No cierto mi patrone.
 VESPINA
 Scopriti. (piano a Cianfrone.)
 CIANFRONE
                    Mo’. (piano a Vespina.) Si Artenzejo?
 Ti no, mi sì, dice mperrò Cianfrone (si scopre.)
 ORTENSIO
1450Ne ne? Cianfrone è chisso!
 VESPINA
                                                   Se vi pare.
 CIANFRONE
 Refunnenc’acqua si te pare forte.
 ORTENSIO
 Ah guitto, caperrone.
 VESPINA
                                         Olà? portate
 Un po’ più di rispetto al mio consorte.
 
   Guardate: non è bello,
1455Ma è giovane, gagliardo:
 Voi siete passatello,
 Chetatevi, chetatevi,
 No: non servite più.
 
 CIANFRONE
 
 (Se fragne, e ì faccio lardo)
1460Vo’ fa lo nammorato
 Lo vecchio sgavenato
 Veditelo, veditelo
 Cucurubbà cu cu.
 
 ORTENSIO
 
 M’havite nfracetato,
1465Co sto pparlare a ppognere,
 Ve vaano ciento cancare,
 Fornitela, fornitela,
 No mme frusciate cchiù.
 
 VESPINA
 
   Ma zitto: al primo figlio
1470Vi voglio per compare.
 
 ORTENSIO
 
 N’alice, e no sconciglio
 Che rrazza ponno fare!
 
 CIANFRONE
 
 Farimmo no mammuocciolo;
 Ma no lo ppuoje fa tu.
 
 SCENA IX ed ULTIMA
 
 LUCINDA, e FABIO dalla casa. ROSALBA, e DALISO dall’altra banda, tutti per mano, e detti, che, vedendoli venire tornano in scena.
 
 ORTENSIO
1475Chesto ched’è?
 VESPINA
                               Buon prode a lor Signori.
 ORTENSIO
 Co la bbona salute.
 LUCINDA
                                     Signor zio:
 L’esempio di Daliso
 Il generoso core
 Punse di Fabio, e fé tornarlo mio.
 ORTENSIO
1480Me n’allegro.
 ROSALBA
                           In amore
 Non meno generoso
 Fu di Fabio Daliso, ed è mio sposo.
 ORTENSIO
 Da cca a cient’anne.
 VESPINA
                                       Anch’io la generosa
 Vorrei far con Cianfrone.
 ROSALBA
1485Sia tuo.
 CIANFRONE
                  Fa priesto, afferra cca.
 DALISO
                                                            Va bene
 Sior Scrivano?
 CIANFRONE
                              Co ttico
 Io non c’aggio neozio.
 VESPINA
                                          Ecco facciamo
 La figuraccia nostra tutti quanti.
 CIANFRONE
 Viva!  ’Ammore
 VESPINA
                                E i GENEROSI AMANTI
 TUTTI
 
1490Che dolce cosa è Amore
 Se figlio è di virtù
 Rende gradita al core
 L’istessa schiavitù.
 
 
 Dentro la conversazione de’ Signori Ballarini vi sono ancora il Signor Francesco Buonocore parimenti ballerino di S.M. la Signora Gaetana Dependente, il Signor Antonio Parlante, ed il Signor Innocenzo Cuomo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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