Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Amor vuol sofferenza, Napoli, A spese di Nicola di Biase, 1739
 a cura di Paologiovanni Maione
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 VASTARELLA avanti alla sua Bottega da vender pane, ivi accanto RIDOLFO seduto, EUGENIA su un poggiuolo avanti alla porta del suo Giardino, CAMILLA sulla loggetta di sua Casa.
 
 VASTARELLA
 
 Negrecato è cchillo core,
 Che se fa schiavo d’Ammore;
 Quanta sciorte de trommiente,
 Quanta stiente, e quanta pene
5Lo scurisso ha da provà!
 
 EUGENIA
 
 Il mio cor, ch’è fra catene,
 Ben l’intende, e ben lo sa.
 
 VASTARELLA
 
 Sarria poco chello ffuoco,
 Che te leva l’arrecietto:
10Lo sperì pe n’arma ngrata,
 Che non ha de te piatà,
 È n’arraggia, è no despietto,
 Che pò farete crepà.
 
 CAMILLA - RIDOLFO
 
 Ahi! per me la sorte irata
15Tanto vuole, e tanto fa. (ciascheduno tra sé.)
 
 EUGENIA
 (Quanto ben colei dice,
 E quanto i detti suoi ben si confanno
 Al miserevol mio stato infelice!)
 VASTARELLA
 Io creo, ca sta canzona
20Fa pe tte, sio Ridorfo.
 RIDOLFO
                                          Ah! per mio male.
 VASTARELLA
 (Ma no la vi’ la Fraschetana toja, (additando Eugenia.)
 Comme sta sgregnosella.)
 RIDOLFO
                                                 (Or tu con lei
 Entra in discorsi, e del mio amor le parla.)
 VASTARELLA
 (Mo te servo.) Ched è? ched aje, Ninetta?
25Mme staje non saccio comme;
 Statt’allegra, ca nn’aje ll’accaseone.
 CAMILLA
 (Così fosse per me.)
 VASTARELLA
                                        Non dico buono,
 Sio Rido’?
 RIDOLFO
                      Meglio dir tu già non puoi.
 EUGENIA
 Vastarella, scherzar meco tu vuoi.
 VASTARELLA
30Che scherzà, ca io parlo a buonesinno.
 L’avess’io, Sore mia,
 Chella sciorte, ch’aje tu.)
 CAMILLA
                                                (Sorte, che accende
 Invidia nel mio cor.)
 EUGENIA
                                         La sorte mia
 È a Vastarella ignota,
35Perciò così ragiona.
 VASTARELLA
 Comme? Ll’essere ammata
 Da no Segnore non è sciorte bona?
 Ll’avess’io torno a ddire.
 EUGENIA
                                               E a me non giova
 Ciò, che a te gioverebbe.
 VASTARELLA
40E perché?
 EUGENIA
                      Perché... O Dio!
 Oltre non posso dir; ma m’intend’io.
 RIDOLFO
 Ed ancor io t’intendo, (s’alza, e va verso Eugenia.)
 Barbara dispietata.
 VASTARELLA
 (S’è ddato fuoco sa.)
 RIDOLFO
                                        Tu a chiari segni
45Avveduta ti sei di mia fiacchezza
 (Ah sì vuole il destin!) perciò superba
 Tal fai strazio di me: pensando forse,
 Che così vanto a tua beltà s’accresca;
 Ma pur vivi ingannata:
50Beltà, ch’è più cortese, è più pregiata.
 EUGENIA
 Né vanto di beltà pregio, o desio; (s’alza.)
 Né superba son io. (Sì non diresti,
 Se sapessi chi son.) Però, se strazio
 Da me ricevi, a che non cangi voglie?
55Speri forse, che debba io cangiar core?
 Egli è van: tempo perdi, opre, e parole:
 Che pria cangiar potrà suo corso il Sole. (entra.)
 
 SCENA II
 
 RIDOLFO, CAMILLA, e VASTARELLA.
 
 VASTARELLA
 Ll’ave parlato chiaro,
 Sia benedetta.
 RIDOLFO
                              Ed una serva vile
60Sprezza così Ridolfo? Ah Cieli... (e, volendo partirsi disperatamente, s’avvede di Camilla, e si ferma.)
 CAMILLA
                                                             È pena
 Un tal disprezzo del disprezzo ingiusto,
 Che fai di me, tiranno.
 RIDOLFO
 (Costei mancava a raddoppiarmi affanno.)
 VASTARELLA
 (Uh chessa steva cca.)
 CAMILLA
                                           Possibil sia,
65Che non ti scuoti a tanti
 Miei caldi prieghi, a tanti...
 RIDOLFO
                                                    E sia possibile,
 Che a tanti miei rifiuti
 Ostinata non smorzi
 Quella, che per me serbi, accesa face?
 CAMILLA
70O Dio! come potrei...
 RIDOLFO
                                         Ma simil tedio
 Soffrir non posso io più: lasciami in pace. (via.)
 
 SCENA III
 
 ALESSANDRO, ch’è stato già ad ascoltare, CAMILLA, e VASTARELLA.
 
 VASTARELLA
 Bravo! Chill’autro manco ha pazzeato,
 Puro chiaro ha parlato.
 CAMILLA
 Dunque a tedio si prende
75Un amor strabocchevole, e costante?
 Fierezza così strana
 In chi mai si trovò?
 ALESSANDRO
                                       Solo in Camilla
 La ritrovò Alessandro:
 Alessandro, che vanta
80Anche amor strabocchevole,
 Anche ferma costanza; e in premio poi
 Scorge in te tedj, anzi ha disprezzi, ed onte.
 VASTARELLA
 (E ppe ttierzo nce venne Rotamonte.)
 CAMILLA
 Sono le tue querele, e i tuoi lamenti
85Per me dispersi a’ venti. Io ben conosco,
 Che tu m’ami, qual dici; e pur mio core,
 Te non curando, ad altro amore ho volto;
 Come parlar ti debbo? I desir tuoi
 Ad altro oggetto ancor volger tu puoi. (entra.)
 
 SCENA IV
 
 ALESSANDRO, e VASTARELLA.
 
 VASTARELLA
90E biva: chesto puro
 Manco ha parlato scuro. Mme pejace
 Quanno n’ommo a na femmena,
 O na femmena a n’ommo,
 Le dice pane pane, vivo vino.
 ALESSANDRO
95Che ne di’ tu del mio crudel destino?
 VASTARELLA
 Che boglio dire! Chisti guaje passammo
 Si pe ddesgrazia maje nce nnammorammo.
 
    Negrecato è cchillo core,
 Che se fa schiavo d’ammore:
100Quanta sciorte de trommiente,
 Quanta stiente, e quanta pene
 Lo scurisso ha da provà! (entra.)
 
 ALESSANDRO
 
    Io li provo, e senza spene
 Di mercede, o di pietà.
 
 SCENA V
 
 EUGENIA, ed ALESSANDRO.
 
 EUGENIA
105Assai turbato in viso
 Sei tu, Alessandro! Che ti accadde?
 ALESSANDRO
                                                                  Nulla.
 EUGENIA
 No: come nulla? Io vedo...
 ALESSANDRO
                                                  Oh che mai vedi?
 O t’inganni, o travvedi. (sdegnandosi.)
 EUGENIA
 Di più? Là dentro ascosa (mostra la sua Casa.)
110Quanto ti avvenne con Camilla, e vidi,
 Ed udj, né m’inganno, e non travvedo;
 E ti dico...
 ALESSANDRO
                      Si ben, saremo a i soliti
 Importuni richiami
 E nojose querele.
115Di’: che dir vuoi?
 EUGENIA
                                   Crudele! Io mirar debbo
 I torti miei, né richiamar mi posso,
 Né querelarmi lice?
 ALESSANDRO
                                       Omai dovresti
 Cangiar, Eugenia, l’ostinata voglia,
 E toglier me d’affanno, e te di doglia.
 EUGENIA
120Volger tuo core al primo antico affetto
 Tu dovresti, o tiranno,
 E toglier me di doglia, e te d’affanno.
 ALESSANDRO
 Oh che pensi! Ed o quanto
 Son vani i tuoi pensieri!
 EUGENIA
                                               E non ti scuote
125Il rimembrar, che a me fede giurasti
 Di sposo in Roma, e poi
 Così barbaramente abandonasti?
 ALESSANDRO
 Egli è ver...
 EUGENIA
                        Non ti scuote,
 Ch’io, per seguirti, ah Cieli!
130Di nascosto fugii
 Da mia Padria, e da miei, e qua ne venni?
 ALESSANDRO
 Ma, se tu...
 EUGENIA
                       Non ti scuote,
 Ch’io abiti mentendo,
 Nome, e condizione,
135Di Frascati mi finsi,
 E in casa di tuo Zio
 M’accomodai qual serva? O Dio! si puote
 Far di più? Tutto ciò pur non ti scuote?
 ALESSANDRO
 Che pena è questa! E sempre
140All’istesso si torna! Or quell’istesso,
 Ch’altra volta risposi, a te rispondo.
 In Roma, è ver, t’amai,
 Fede, è ver ti giurai;
 È ver che di Camilla,
145Obliando il tuo amor, poi qui mi accesi;
 Ma ciò avvenne, che intesi esser tu d’altri
 Già fatta sposa: come ho a dirlo?
 EUGENIA
                                                              È questo
 Un tuo vano pretesto, una menzogna,
 Per coprir tue mancanze:
150Ciò mai vero non fu.
 ALESSANDRO
                                        Tu d’altercare
 Hai meco voglia, e tempo
 Non è più d’altercare. (Io non so come
 Più scusare i miei falli.)
 EUGENIA
 Dimmi...
 ALESSANDRO
                    Eugenia, se saggia esser tu vuoi,
155Alla tua Padria fa ritorno, e a i tuoi.
 EUGENIA
 Ch’io torni senza te?
 ALESSANDRO
                                        Da me, ti dissi,
 Nulla sperar ti lice!
 EUGENIA
 Adunque...
 ALESSANDRO
                        Io da Camilla,
 Non distacco il mio core;
160L’intendi?
 EUGENIA
                       O disleale, o traditore!
 ALESSANDRO
 
    I tuoi sdegni, e i tuoi lamenti
 Io non curo, e non ascolto;
 Altro laccio ho al core avvolto,
 Non v’è speme più per te.
165   Se dar fine a i tuoi tormenti,
 Se temprar vuoi le tue doglie,
 Puoi cangiar pensieri, e voglie,
 Puoi scordarti al fin di me.
 
 SCENA VI
 
 EUGENIA.
 
 EUGENIA
 Infelice, che spero?
170Dolente a che mi appiglio? Or sì che affatto
 Restar delusa io temo,
 Se quel mostro spietato
 Di sue malvagità giunt’è all’estremo.
 
    Mi vuol già misera
175Il Ciel crudele;
 Lassa! non giovami
 Formar querele;
 È vano il piangere,
 E ’l sospirar.
180   Alme, che gite
 Sciolte da amore,
 L’empio fuggite:
 In tante angustie
 Or è il mio core
185Sol per amar.
 
 SCENA VII
 
 MOSCA parlando con uno, che fingesi dentro, dopo VASTARELLA dalla Bottega.
 
 MOSCA
 Cca mme trovate a mme: sedece: mmocca
 A la Poteca de sta Panettera.
 Che mm’ha dato, vedimmo.
 VASTARELLA
                                                      Bemmenuto,
 Mosca.
 MOSCA
                Vasta’, Bonnì.
 VASTARELLA
                                            Che ttiene mmano?
 MOSCA
190No Passaggiero pe la bonannata
 M’ha mollato no munno.
 VASTARELLA
                                               Comme munno?
 MOSCA
 Vintise’arffasse.
 VASTARELLA
                                 Tu parle trocchisco.
 Lassa vedere.
 MOSCA
                            Magna.
 VASTARELLA
 E ddi’ vintise’ rana. Iste nchino.
 MOSCA
195Campammo.
 VASTARELLA
                           Ma tu spisso, e bolentiere
 Te nne viene da cca.
 MOSCA
                                        Nce stanno a Puortece
 Li crocche, che mme tirano.
 VASTARELLA
                                                     Che crocche?
 MOSCA
 Sì sì famme la rrobba, bancarella!
 Li crocche, ch’ave all’uocchie Vastarella.
 VASTARELLA
200Ah maramene! io tengo crocche all’uocchie!
 MOSCA
 Crocche, ancine, vorpare,
 Che stanno pe tterare
 Arme, core, premmune, fecatelle...
 VASTARELLA
 Ventrecelle, stentine... Ah Mosca, Mosca,
205Si’ benuto de vena.
 MOSCA
 E dde vena proveteca. Da’ damme
 Na freselluccia.
 VASTARELLA
 Ch’aje no po’ de sghessa?
 MOSCA
 Voglio asciuttà le freme. Oh? che ssia sfrittola.
 VASTARELLA
210Te ccane.
 MOSCA
                    Azzezza, azzezzate,
 Ca t’aggio da parlà.
 VASTARELLA
                                      Che mm’aje da dicere? (siedono avanti la Bottega.)
 MOSCA
 Chillo, ch’aggio portato mo’ da Napole,
 È no Lucchese, no cierto sio Fazio,
 Lo quale sta de casa
215Fraccefronte a la stalla, addo’ stongh’io.
 VASTARELLA
 E mme?
 MOSCA
                   Chisto ha mognole nzina fina;
 Io ll’aggio accamoffato, e mme lo voglio
 Cotteà.
 VASTARELLA
                 Ma che Mosca!
 Veramente de chianca.
 MOSCA
                                             Ora l’ammico
220Se vo’ nzorare, e io
 Ll’aggio dato a dentennere, ca voglio
 Farlo nzorare cca.
 VASTARELLA
 Ne? e cchi le vuojo dà?
 MOSCA
 Le voglio dare a ttene.
 VASTARELLA
                                           A mme?
 MOSCA
                                                             Lo vuoje?
 VASTARELLA
225Che ssaccio io mo’? Si è ccosa, pe la quale.
 Chisso che ommo è?
 MOSCA
                                        Ommo cevile.
 VASTARELLA
 Ommo cevile? Eh si mme vo’, lo voglio.
 (Sarria buono pe mme.)
 MOSCA
                                               (Atta de crapa
 Comme se jetta!) E Mosca?
 VASTARELLA
                                                     Comme Mosca?
 MOSCA
230Puozze morì de subbeto;
 E cchessa è l’affecchienzia, che mme puorte?
 VASTARELLA
 Puozz’essere scannato;
 E ttu che baie vennenno
 Co sso nzorà de chisso?
 MOSCA
                                             È na nfentimma
235Chessa cca, pe le fa caccià lo vagno.
 VASTARELLA
 E io ll’aggio da fare ssa nfentimma?
 MOSCA
 Che ttune? Aosolea. Aggio penzato
 A sta Fraschetanella.
 VASTARELLA
 A Ninetta?
 MOSCA
                       E ggià aggio fatto credere
240A lo si Fazio, pe tterarencillo,
 Ca chessa cca è na femmena
 De qualetà, che stace accossì ncogneta.
 VASTARELLA
 E cchillo se l’ha ccriso?
 MOSCA
                                            Se l’ha ccriso;
 Ca sa, che cannamele!
 VASTARELLA
                                           Ne?
 MOSCA
                                                      S’agliotte
245Nzo che le dice.
 VASTARELLA
                               Uh poveriello! è nzemprece
 Comme songh’io.
 MOSCA
                                   Uh poverella! justo.
 VASTARELLA
 Comme no?
 MOSCA
                          Asciuoglie, asciuo’. Ora abbesogna,
 Che parle a chessa tu, azzocché ttenga
 Ncampana a cchillo locco;
250Ca po magnammo tutte. Otra pò essere,
 Che lo carrèa a ffa lo papariello.
 VASTARELLA
 Chesto lo ppuoie fa tu, Mosca mio bello.
 MOSCA
 Io no nce aggio mestanzea.
 VASTARELLA
                                                   Ma io
 Ll’aggio parlato pe lo sio Ridorfo,
255Che ttu saje, lo Patrone
 De sta Poteca; e cchillo mm’ha prommiso
 Regalarme na terza de pesone.
 MOSCA
 E dda chisto nne puoje
 Scorcogliare n’annata:
260Va mo’ a cchesta pedata...
 VASTARELLA
                                                 Uh Mo’, chi è cchillo,
 Che bene mmiero cca?
 MOSCA
                                             Chillo è l’ammico.
 Va mo’, potta de nnico.
 VASTARELLA
                                             È curejuso.
 MOSCA
 A ssentirlo parlare è lo passetto:
 Poco concrude, e a ogne ttre parole
265Nce schiaffa no cioè.
 VASTARELLA
                                        Vorria sentirelo.
 MOSCA
 E cche te manca? Va... vi’ si s’abbia!
 Vasta’, mmalora! (e spinge Vastarella verso la Casa di Eugenia.)
 VASTARELLA
                                   Ah torce, palla mia. (entra in casa di Eugenia.)
 
 SCENA VIII
 
 FAZIO discorrendo con un suo Servidore, e MOSCA in disparte.
 
 FAZIO
 
 Così voglio, via non più...
 Oh! vuoi farmi il mastro tu.
270Io qua venni... io venni qua,
 Perché il core... cioè amore...
 La mia bella... cioè quella...
 Voglio dir... Ma in sostanza
 Tu non hai con me creanza,
275Ed in testa io ti darò. (minaccia voler battere il suo Servidore.)
 
 MOSCA
 Nnevina che le dicembre Chillo Settepanelle. Lo volesse
 Levà de pede? E cche bo’, che lo scresto?)
 FAZIO
 Tu lavi il capo all’asino (parlando col suo Servidore.)
 Con queste tue parole,
280E vi perdi il sapon: dice il Proverbio.
 Perché, senti: quest’asino...
 Voglio dir... Cioè tu sei l’asinaccio,
 Cioè l’insolentaccio,
 Che vuoi rompere il laccio...
285Cioè l’amor, cioè... Tu cosa vuoi?
 Questa incognita Ninfa amar io vo’,
 E, se non l’ho veduta, la vedrò.
 MOSCA
 (Non te lo ddico io?) Cca stammo nuje.
 FAZIO
 Oh Mosca attempo. E ben? la bella mia?
 MOSCA
290Mo’ mmo’ è cca. Che bo’ chisso da Osseria?
 FAZIO
 Che so? dice, e disdice,
 Che io, che tu... cioè... Tarderà molto
 A venir?
 MOSCA
                   Signornò. Tu comme nc’intre
 A mmettere l’assisa a lo Patrone? (al Servidore.)
 FAZIO
295Dici bene. Ella sa, ch’io son venuto?
 MOSCA
 Signorsì. Lo Segnore (al Servidore.)
 Vo’ fa chello, che bole.
 FAZIO
                                           Così è:
 Io son uomo da me. Or l’Idol mio...
 MOSCA
 Tu statte a lluoco tujo.
 FAZIO
                                           Certo. Il mio bene... (il Servidore guarda torvo Mosca.)
 MOSCA
300Ched’è sso ttenimente?
 FAZIO
 Il mio tesoro...
 MOSCA
                              Avimmo da fa niente? (si avventa sopra il Servidore.)
 FAZIO
 Piano, cioè fermate,
 Cioè non vi azzuffate... Oh non va bene:
 Vi son io qui cioè... oh ve’ chi viene. (e divide Mosca, e ’l Servidore, che voleano attaccarsi.)
 
 SCENA IX
 
 VASTARELLA dalla Casa di Eugenia, ed i suddetti.
 
 VASTARELLA
305Mosca, Mosca, ched’è?
 MOSCA
                                            E cche bo’ essere? (qui Fazio parla segreto col suo Servidore.)
 Volea jettà doie llellere a sto scorza.
 VASTARELLA
 Che nce aje avuto?
 MOSCA
                                     Po lo ssaje. Parlaste
 A cchesta?
 VASTARELLA
                       Sì, ma non nne vo’ fa niente.
 MOSCA
 O mmalosca! Abbattimmo
310Co cchisto, fa.
 VASTARELLA
                            Ch’è ss’abbattimmo?
 MOSCA
                                                                     Siente. (e si mettono a parlar segreto tra loro.)
 FAZIO
 Io ti dico, che tu sei un bell’asino,
 Cioè una bella bestia. Il Curatore (parlando col suo Servidore.)
 Non è mai servidore
 Cioè tutto il contrario Orsù via rompiti
315Da qua il collo cioè vattene via
 Cioè trattienti là nell’osteria. (il Servidore parte, e mentre va via minaccia Mosca.)
 Mirate!
 MOSCA
                  Sì, ammenaccia. Siente: avimmo
 Cchiù gghiuorne, che saucicce: nce vedimmo. (al Servidore.)
 FAZIO
 Lascialo andar. Or dimmi un po’: Costei (additando Vastarella.)
 MOSCA
320Chesta ll’aggio mannata
 Ad avesà l’Amica.
 FAZIO
                                   E ben: L’Amica
 Che dice? Vien? Non vien? Ah quando, ah quando
 I begli occhi i bei lumi
 Le pupille io m’imbroglio.
 MOSCA
                                                  E arremmedea
325Co no cioè.
 FAZIO
                       Si bene:
 Cioè Io saper vo’, viene, o non viene?
 VASTARELLA
 (È da ridere sa.)
 MOSCA
                                 Ne, Vastarella,
 Che t’ha ditto Ninetta?
 VASTARELLA
                                             Ha ditto, ch’essa
 Volite sapè propeo comm’ha ditto?
 MOSCA
330Nte co’.
 FAZIO
                 Di pur.
 VASTARELLA
                                 (Decimmo sta pastocchia.)
 Mm’ave ditto: dicete al mio Nennillo
 FAZIO
 Cioè a me?
 VASTARELLA
                        Cioè a buje.
 MOSCA
                                                (Vi’ che nnennillo!)
 VASTARELLA
 Dicete, che mi scusi un quanco lei,
 Ca mpedita io starrei,
335Perciò non calerrei; ma, se al più tardi,
 Verro l’ore avvruscianti tornarebbe,
 Io lo vagheggirebbe.
 MOSCA
                                        Ah? Bella cosa!
 FAZIO
 O cara!
 VASTARELLA
                 (O locco!)
 MOSCA
                                     Ma sa’ quant’aruta
 Aje da caccià?
 FAZIO
                             Si bene; però, Mosca,
340Senti: questa Ragazza mi par bella. (parlando in disparte con Mosca.)
 MOSCA
 Ah chesta? le! Volisse vedè chella.
 FAZIO
 Ma questa non mi spiace.
 MOSCA
                                                 Eh sta moccosa!
 Chella llà è n’autra cosa;
 (Chisto che bace ascianno?)
 VASTARELLA
                                                     (Mm’ave puosto
345Ll’uocchie ncuollo l’ammico, e io vorria
 Dar a Mosca no po’ de gelosia.) (e s’accosta graziosamente accanto a Fazio.)
 E accossì?
 FAZIO
                      Cioè (ridendo.)
 VASTARELLA
                                 Cioè
 MOSCA
                                            Cioè
 Te nne puo’ ire mo’.
 VASTARELLA
                                        (Già se la sente.)
 MOSCA
 Cca no nce sierve cchiù Vuoje lo regalo?
350Va, ca po te lo dà.
 FAZIO
                                   Glielo do adesso.
 VASTARELLA
 Non serve
 FAZIO
                      Eh prendi.
 MOSCA
                                            (Cancaro! No ruspo.)
 (Guè, tiene cunto.) (segretamente a Vastarella.)
 VASTARELLA
                                       A cca cient’anne. Voglio
 Vasareve la mano.
 FAZIO
                                    Mosca, Mosca! (e stringe la mano a Vastarella.)
 VASTARELLA
 Ah chiano, n’astregnite.
 MOSCA
                                              Uh lo sio Fazio
355Va peglianno de caudo.
 FAZIO
 Cioè
 MOSCA
            Cioè lossia è saporito.
 (E io mme sonno, ca mme faccio acito.)
 VASTARELLA
 
    Tu si’ no forfantiello,
 Già all’uocchie ll’aggio visto. (Fazio fa cenno con gli occhi.)
360Te mo’, sso zennariello
 Che bole gnefecà?
 Va, vavattenne, tristo,
 Mme vuo’ ammalezeà. (Mosca da parte va in colera.)
 (Uh Mosca, arrasso sia! E ccomme abbotta!) (Fazio porge di nuovo la mano a Vastarella perché glie la baci.)
365   No, no la vaso cchiù,
 Ca tu mme la vuo’ fa. (s’accosta a baciar la mano, e Fazio stringe la mano a Vastarella.)
 Ah fuss’acciso mo’,
 Mm’aje avuto a stroppeare:
 Io pe mme vennecare
370Te voglio pezzecà. (E Mosca ngotta.)
 
 SCENA X
 
 FAZIO, e MOSCA; dopo RIDOLFO, che in disparte sta ad ascoltare.
 
 FAZIO
 Mosca, che te ne par?
 MOSCA
                                          Gno’? che decite?
 FAZIO
 Quella Ragazza
 MOSCA
                               Ah: ve derria boscia.
 FAZIO
 Ed io ti dico il ver, che già colei
 MOSCA
 Colei che?
 FAZIO
                      Certe volte
 MOSCA
                                            Certe bote
375Che ccosa?
 FAZIO
                       Il caso la fortuna il fato
 Cioè Già me ne sono innamorato.
 MOSCA
 (Vide chi mme cecaje
 A pportà chisto cca!) Chisse so’ llotene,
 Chiacchiareammo de la Fraschetana.
 RIDOLFO
380(Si parla del mio ben.)
 FAZIO
                                            Sì, m’ha Ninetta
 Mandato a dir, che verso il tardi io torni,
 Io tornerò.
 RIDOLFO
                       (Che farà mai?)
 MOSCA
                                                       Bellissemo.
 Perrò no sta de bene
 Irete nnammoranno d’autre ffemmene,
385Quanno già saje, ca chella pe tte spireta.
 RIDOLFO
 (Che ascolto!)
 FAZIO
                             Come spirita?
 MOSCA
 Pe tte se nne va nziecolo.
 FAZIO
                                                Qual secolo?
 MOSCA
 Te vole bene assaje. (Mmalora ntiennelo.)
 RIDOLFO
 (Per costui dunque la crudel mi sprezza.)
 FAZIO
390Pur è un gran che! senza vedermi!
 MOSCA
                                                                 E cchesto
 Ha saputo fa Mosca.
 FAZIO
                                        Or che farà
 Quando poi mi vedrà?
 MOSCA
                                            Resta attassata
 Senz’autro.
 FAZIO
                        Senza dubio.
 Ma Vastarella
 MOSCA
                            E ttridece.
395A cchesta cca non voglio, che l’annuommene.
 FAZIO
 Perché?
 MOSCA
                  (Vuoje sapè troppo!) Io stongo mmiezo
 A st’abballo, e non voglio
 Restà ncontrato co la Fraschetana.
 FAZIO
 Hai tu ragion. Ma Vastarella
 MOSCA
                                                      O cancaro!
400E ttornammo a primera!
 FAZIO
 Cioè
 MOSCA
            Cioè ste brache; mme lo ssonno,
 Ca vene fruscio appriesso (e ffruscio a mmazze.)
 FAZIO
 Cioè
 MOSCA
            E cche cioè? A lo ddereto
 Cioè, e ccioè, e la cosa vene nfieto.
 
405   Se lloscia no stace a ppasto
 Scordarrà cchiù de no tasto;
 Ca, si Mosca po se nfosca,
 Terratienete, e cche schiasso,
 Truono, e llampo fatt’arrasso,
410Che rrevuoto nce sarrà!
    E, quann’io mme so’ nfoscato,
 No mme frena l’averzerea;
 So’ cavallo scapolato,
 Che correnno a precipizeo
415No lo pò nullo aparà.
 
 SCENA XI
 
 FAZIO, e RIDOLFO.
 
 RIDOLFO
 Adunque, come intesi,
 Opra fu di quel birbo, che Ninetta
 Ad amar questi s’inducesse. È questi,
 A quel, che sembra, un uomo
420Di poca levatura; or qui fa duopo
 Usar l’ingegno, e l’arte.
 FAZIO
                                             Si è partito
 Mosca da me non poco incolerito:
 O diamine! Ma questa Fraschetana
 Cioè
 RIDOLFO
            (Finger mi voglio
425Suo conoscente, e amico.)
 FAZIO
 Ma quella Vastarella
 RIDOLFO
                                        Riverito
 Mio Padrone.
 FAZIO
                            Cioè Padron mio caro,
 Che mi comanda?
 RIDOLFO
                                    Lei non mi conosce?
 FAZIO
 Io no.
 RIDOLFO
              Com’è possibile? Pur io
430Vi conosco da un pezzo.
 FAZIO
                                             E dove?
 RIDOLFO
                                                              Dove?
 Lei non è di
 FAZIO
                         Di Lucca.
 RIDOLFO
                                             Ed è arrivato
 Poco fa
 FAZIO
                 No, ha più anni, che sto in Napoli.
 RIDOLFO
 Si ben, questo lo so; diceva in Portici.
 FAZIO
 Oh in Portici avrà
 RIDOLFO
                                    Un ora.
 FAZIO
435In circa.
 RIDOLFO
                   E chiamasi
 Il Signor
 FAZIO
                    Fazio Tonti.
 RIDOLFO
                                            Ah: Fazio Tonti.
 Se vi conosco.
 FAZIO
                            E bene, a quel che vedo.
 RIDOLFO
 (Più scempio egli è, ch’io non credea.)
 FAZIO
                                                                       Ma in grazia
 Chi è lei?
 RIDOLFO
                     Ridolfo Arnieri il Genovese
 FAZIO
440Signor Ridolfo Arnieri,
 Può compatir cioè mi scusi: ch’io
 RIDOLFO
 Forse non si ricorda?
 FAZIO
                                         Oibò.
 RIDOLFO
                                                      In Napoli
 Tante volte
 FAZIO
                        Sarà com’ella dice.
 RIDOLFO
 Così è.
 FAZIO
                Così è certo.
 RIDOLFO
                                         (Ed inghiottita
445Già se l’ha.) Or l’offrisco
 Mia servitù; qui presso è un mio Casino,
 E potrà
 FAZIO
                 Mille grazie: io di passaggio
 Sto qui, cioè qua venni; perché
 RIDOLFO
                                                           Il tutto
 Mi è noto: so gli amori
450Con questa Fraschetana, so i trattati
 Di Mosca il Vetturino.
 FAZIO
                                           Or veda! Lei
 Le minuzie già sa de’ fatti miei.
 RIDOLFO
 So le minuzie, e basta; però, Amico,
 Stia su la sua; mi spiaceria pur troppo,
455Del suo mal.
 FAZIO
                          Come a dir?
 RIDOLFO
                                                   Quel Vetturino
 È un furfante, e v’inganna.
 FAZIO
                                                   Ed è possibile?
 M’ha detto ch’ella spirita nel Secolo
 Cioè che m’ama.
 RIDOLFO
                                  Eh favole! L’impresa,
 Amico, lasci; lei non sa gl’intrighi,
460I garbugli, gl’impegni,
 I cimenti, i perigli,
 Che per costei uh via!
 FAZIO
                                           O me meschino!
 RIDOLFO
 Non posso il tutto io dir, ma glielo avviso;
 Dell’avviso profitti.
 FAZIO
                                      O me dolente!
 RIDOLFO
465Sappia, che rovinato
 Esser potrebbe.
 FAZIO
                                O me malarrivato!
 RIDOLFO
 
    Vede, che l’onda freme,
 Vede, che ’l Ciel s’imbruna,
 Ed il nocchier, ch’è accorto,
470Teme della Fortuna;
 E la sua nave in porto
 Cerca di ritirar.
    Che, se s’inoltra ardito
 Nel procelloso mare,
475Del folle ardir pentito
 Dovrà poi sospirare,
 Costretto a naufragar.
 
 SCENA XII
 
 FAZIO.
 
 FAZIO
 Capperi m’ha costui dentro le vene
 Fatto il sangue agghiacciar. Ma questo Amico
480Il Ciel me l’inviò. Ve’ qual intrico!
 Ma come quel furfante,
 Quel Mosca Io già cioè. Parliam tra noi.
 La Fraschetana si perché, quand’io
 Se mai conciosiache spesso sovvente
485Amor Ah son stordito!
 Io parlo, e dico, e non concludo niente.
 
    Io non so dove mi sto:
 Il pensier va giù, e su;
 Si direi, farei cioè
490Ah che il cor fatt’è un pallone,
 Ch’è balzato, e ribalzato
 Ed in moto sempre sta.
    Sembro giusto un venticello
 Anzi no: son come augello
495Manco: sono in conclusione
 Quel, che sono non si sa.
 
 SCENA XIII
 
 CAMILLA.
 
 CAMILLA
 Di qual laccio fatale Amore avvolse
 In mal punto il mio cor! Chi crederia,
 Ch’una Serva dovesse
500Essere a me cagion di gelosia!
 Ma Alessandro qui vien. Troppo importuno
 Per me è costui; per togliermi di noja
 Forz’è ch’io di qui parta (s’avvia, ma è trattenuta da Alessandro.)
 
 SCENA XIV
 
 ALESSANDRO da strada, EUGENIA da Casa, e la detta.
 
 ALESSANDRO
 Ah ferma, o cara,
505E non essermi avara
 Della tua vista almen (giacché sì cruda
 Puoi negarmi il tuo amor) di questa vista,
 Ond’io traggo dolcezza,
 E dolcezza infinita;
510Di quella vista amata,
 Che sola basterebbe
 A mantenermi in vita.
 EUGENIA
                                            Anzi dovrebbe
 La vista di chi v’odia
 Sol recarvi amarezza; e voi dovreste
515Così fuggirla (e saria vostra sorte)
 Come si fugge la cagion di morte.
 ALESSANDRO
 Ninetta, sta al tuo loco; io non desio
 EUGENIA
 Scusi, Signor: che questo è il parer mio.
 CAMILLA
 Saggio parer.
 EUGENIA
                            Né credo, che Camilla
520Offender se ne può.
 CAMILLA
                                       Non me ne offendo,
 Anzi il consiglio approvo. E tu, se vuoi (ad Alessandro.)
 La tua pace, e ’l tuo ben, seguir lo puoi.
 ALESSANDRO
 La tua pace, e ’l tuo bene?
 Tu la mia pace sei,
525Il mio bene sei tu; senza te, o bella,
 Sono in continua guerra, e son tra mille
 E mille mali avvolto.
 CAMILLA
                                        Oimè! se vero
 Fia ciò, ch’or tu mi dici, i mali tuoi
 Disperati saranno, e alla tua guerra
530Mai fine non avrai:
 Che tua (sentimi ben) non sarò mai.
 ALESSANDRO
 Dunque senza pietade
 EUGENIA
                                            E percé, o Dio!
 Affannarsi così per chi non prende
 Cura del vostro affanno? E pur sapete,
535Che v’è donzella, che per voi si stempra
 In pianti, ed in sospiri,
 E voi pur l’aborrite. Ah no: si aborra
 Piuttosto una crudele,
 E si pensi ad amar chi v’è fedele.
 ALESSANDRO
540Ma, Ninetta, al tuo loco; o credi, ch’io.
 EUGENIA
 Scusi, Signor: che questo è il parer mio.
 ALESSANDRO
 Mia dolce vita
 CAMILLA
                             No, Alessandro, abbraccia
 Di Ninetta il parer; stolto è quel core,
 Che serba amor per chi non sente amore.
 
545   Si fa soave
 D’amor la pena,
 Se il desiato
 Oggetto amato,
 Grato, e fedele
550D’un cor, che pena,
 Sente pietà.
    Ma, se crudele
 Pietà non cura,
 O quanto è dura!
555O quanto grave
 Più ognor si fa!
 
 SCENA XV
 
 ALESSANDRO, ed EUGENIA.
 
 ALESSANDRO
 Va ben? Sei paga, Eugenia?
 Ti piace disturbar gli amori miei?
 Da ciò che mai tu speri? E pur dovresti
560Intenderla una volta. Or io so dirti,
 Che, se non cessi dal tuo folle impegno,
 Tu provi il mio furor, provi il mio sdegno.
 EUGENIA
 
 Mi parli tu di sdegno,
 Mi parli di furore?
565Indegno, traditore,
 Tu sgomentar mi vuoi;
 Non mi sgomento no
 Se tu ostinato sei
 S’io son già disperata
570Vedrai che far saprò.
    Che se de’ falli tuoi
 L’emenda non si aspetta
 Non fia dei torti miei
 Ch’io resti invendicata
575Al mondo la vendetta
 Al cielo io chiederò.
 
 SCENA XVI
 
 ALESSANDRO.
 
 ALESSANDRO
 Misero! in qual viluppo
 Io ritrovo il mio cor, ragion lo stringe
 Per Eugenia tradita; amor lo fiede
580Per Camilla spietata;
 Il rimorso lo punge,
 Lo stimola il desio;
 O qual confusione, o qual tormento!
 Ahi chi pace mi dà per un momento?
 
585   La mia pace e ’l mio consolo
 Io richiedo a’ miei pensieri,
 E i pensier son miei tiranni,
 Che più fieri a darmi affanni
 Congiurati son per me.
590   Resta solo ch’el mio fato
 Per me vibri il colpo estremo,
 Se spietato come io temo,
 Se pur sordo egli non è.
 
 SCENA XVII
 
 VASTARELLA, e poi FAZIO.
 
 VASTARELLA
 Mme smaceno ca Mosca
595Nce l’avarrà co mmico; ma che bole?
 Me vò bene gnorsì: ma lo si Fazio
 Mo sta de se jettà. Eh lo Tentillo
 Lo cecasse: pe chisto io lasso chillo.
 FAZIO
 Che pulce ho nell’orecchio? ah quell’amico
600Potessi riveder.
 VASTARELLA
                                Site tornato
 Secunno l’appuntato co Ninetta
 Non è lo ve’, sio Fazio?
 FAZIO
 Oh sì: tornato... appunto... Ninetta.
 VASTARELLA
 Comm’a di’ (che sarrà).
 FAZIO
                                              Io ho giudizio:
605Onde il mio precipizio.
 VASTARELLA
 Precepizio?
 FAZIO
                         Precipizio e ruina.
 Tu non sai che intrighi, che garbugli
 Che impegni, che cimenti.
 VASTARELLA
 Ah nera me carosa
610Che sarrà maje sta cosa? spapurate.
 FAZIO
 Non fa per me Ninetta.
 VASTARELLA
 Perché?
 FAZIO
                  Perché quel Mosca... Oh Mosca, Mosca!
 VASTARELLA
 Ma che v’ha fatto Mosca?
 FAZIO
 Volea ingannarmi Mosca, ed un mio amico
615Che sta là, un genovese...
 Basta.
 VASTARELLA
               Fosse chisto lo sio Ridolfo?
 FAZIO
 Ah questi.
 VASTARELLA
                      Come site amico co chillo?
 FAZIO
 Amici antichi, egli avvisommi
 Il tutto, è quanto passa!
 VASTARELLA
620T’aggio ntiso; (è mbrogliata la matassa).
 FAZIO
 Ti par ben fatto? A me? A Fazio Tonti?
 Senti giuro, che io cioè il mio ferro
 Cioè...
 VASTARELLA
               Pe chesso ve pigliate collera?
 Che ve mancano femmene?
625Nce n’hanno tanta cca!
 FAZIO
                                            Per tutto il mondo
 Vi son donne.
 VASTARELLA
                            Securo:  e quanno proprio
 Fosse perzo lo munno nce songh’io!
 FAZIO
 Cioè, eh Vastarella.
 VASTARELLA
                                      Aù sio Fazio.
 
 SCENA XVIII
 
 MOSCA, e detti.
 
 MOSCA
 Oh te! Che fanno cca Marco, e Sciorella?
 VASTARELLA
630T’allecuorde mo’ nnanze
 Ca m’aje strenta forte forte la mano
 E mm’aje fatta la bua?
 FAZIO
 La bua?... Eh Vastarella!
 VASTARELLA
                                               Ahù sio Fazio!
 MOSCA
 (Si mme garbezza: la scena è rericola.)
 FAZIO
635E tu quei pizzicotti
 VASTARELLA
                                      E cche borrisse?
 Nne vorrisse quatt’autre?
 Sì?
 FAZIO
          Sì quattr’altri
 VASTARELLA
                                     Vi’, ca po Vattenne.
 FAZIO
 Battenne Eh Vastarella!
 VASTARELLA
                                              Ahù sio Fazio!
 MOSCA
 Ahù sio cuorno. Uscia no la vo’ ntennere? (a Fazio.)
 VASTARELLA
640(Comm’è benuto attiempo!)
 FAZIO
 C’ho da intendere?
 MOSCA
                                      E ttu
 VASTARELLA
                                                  E io che?
 FAZIO
 Che ho da intendere dico. (con bravura.)
 MOSCA
 Che ccos’è sso sbaratto?
 FAZIO
                                              Credi forse,
 Ch’io non sappia so il tutto
 MOSCA
                                                   Uscia che ddice?
 FAZIO
645So il tutto sì; l’inganno, le malizie
 Con questa Fraschetana
 Non vo’ più Fraschetana.
 MOSCA
                                                Tu che ccosa
 Ll’aje ditto a chisto?
 VASTARELLA
                                        A mme? Tu staje mbreaco!
 MOSCA
 Mmalo’ Lloscia che ssa?
 FAZIO
                                              Parla con lei.
 VASTARELLA
650A mme? parla co isso. Chesta è bella!
 MOSCA
 Joquammo a Comma’ damme la setella.
 Parlate cca.
 FAZIO
                        Mi maraviglio!
 MOSCA
                                                      Tune
 Che ccancaro ll’aje ditto?
 VASTARELLA
 Te venga nfacce: chi l’ha ditto niente?
 MOSCA
655No, io te pesco: tu aje mo’ abbestato
 Lo Fasano accautte, e buoje ncapparelo;
 Perzò mme faje ste mmachene.
 VASTARELLA
 Sì; e, ssi fosse cchesto, tu che buoje?
 MOSCA
 Comme che boglio
 FAZIO
                                     Sei tu suo Tutore?
 MOSCA
660Chesta cca
 VASTARELLA
                       Voglio fa nzo che mme piace.
 MOSCA
 E cco ssa facce
 FAZIO
                             Tu pretendi troppo.
 VASTARELLA
 Mo’ si fastedejuso.
 MOSCA
                                     E ccomme? Io aggio
 Da vedere lo stuorto
 FAZIO
                                        Eh taci.
 VASTARELLA
                                                         Eh zitto.
 FAZIO
 Che torto, che diritto?
 VASTARELLA
665Che dderitto, che stuorto?
 MOSCA
 Vuje avite raggione, io aggio tuorto.
 
 Io sto danno, sto malanno
 Da me stisso mm’aggio fatto
 Crepo, e schiatto, e nce lo bo’. (tra sé.)
 
 VASTARELLA
 
670Si mme resce sto penziero,
 Lassà chisto, e peglià chillo,
 Chi parlare po mme vo’! (tra sé.)
 
 FAZIO
 
 Già mi va per il pensiero
 Lasciar quella, e prender questa,
675E piegando mi ci vo. (tra sé.)
 
 MOSCA
 
 Ma sentite: vedarrite
 Chisto fusto che ssa fa.
 
 VASTARELLA
 
 Comme co’?
 
 FAZIO
 
                          Cioè cioè?
 
 MOSCA
 
 S’io so’ Mosca, o moscheglione,
680Ve lo boglio fa vedè.
 
 VASTARELLA
 
 Siente sie’ lo Ranonchione
 Comme canta, e ffa crè, crè.
 
 FAZIO
 
 Odi, odi il pecorone
 Come grida, e fa be be!
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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