Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Amor vuol sofferenza, Napoli, A spese di Nicola di Biase, 1739
 a cura di Paologiovanni Maione
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO II
 
 SCENA PRIMA
 
 MOSCA, dopo ALESSANDRO.
 
 MOSCA
685E ba’ te fida a ffemmene! Ah! Che ttratto
 Vastarella m’ha fatto!
 A mme ppo? Mannà craje! Ma che? mme voglio
 Dà fuoco comm’angrese Oh! justo justo
 Lo sio Alisantro te; voglio co cchisto
690Jettà no po’ de nigro.
 Schiavo de llorsegnure.
 ALESSANDRO
                                             O Mosca, in Portici
 Tu sei?
 MOSCA
                 Da stammatina: aggio portato
 No Segnore da Napole.
 ALESSANDRO
                                            Vuoi nulla
 Da me?
 MOSCA
                  Segno’
 ALESSANDRO
                                 Di’ pure.
 MOSCA
                                                    Io v’avarria
695D’avesare n’agguaeto.
 ALESSANDRO
 Come?
 MOSCA
                 No cierto mbruoglio.
 ALESSANDRO
                                                         Come a dire?
 MOSCA
 Lossoria ha da sapere qualemente
 Cca nc’è no moscheglione,
 Che ba attuorno a Nenetta, la Creata
700De Genorezio, la Fraschetana
 ALESSANDRO
                                                        Intendo.
 E chi è costui?
 MOSCA
                              L’ammico
 Sio Alisa’, non vorria
 Essere nnommenato; e ppo mm’avesse
 Da scornà co quarcuno.
 ALESSANDRO
                                             E pensi, ch’io
705Voglia il segreto palesar?
 MOSCA
                                                Non saje
 ALESSANDRO
 Parla, non dubitar.
 MOSCA
                                     L’ammico è cchillo, (mostra la casa di Ridolfo.)
 Che sta llà, lo Patrone de la Casa
 De Vastarella.
 ALESSANDRO
                             Ridolfo?
 MOSCA
                                               Redorfo,
 Mme pare, che se chiamma; e Vastarella
710Fa la jente venente,
 E pporta le mmasciate.
 ALESSANDRO
                                             Vastarella?
 MOSCA
 Chessa, chessa. Oscia saccia, ca ssa mpesa
 Pare, che no nce ioqua;
 Ma è ffina comm’uoglio: guardatenne.
 ALESSANDRO
715Bene: io saprò che far.
 MOSCA
                                            Che ba vennenno
 Sto sio Redorfo? Chella è na creata,
 Isso è no galantommo: è mbruoglio cierto.
 Non saccio, si
 ALESSANDRO
                            T’intendo.
 Ma sai tu, se a Ridolfo
720Ninetta corrisponde?
 MOSCA
                                          No, non saccio;
 Ma siente: si be’ chella stesse tosta,
 Vastarella è dda tanto
 De farla mmertecà.
 ALESSANDRO
                                      Cercar potresti
 Di saper qualche cosa?
 MOSCA
                                            Potarria
725Che ssaccio io mo’ Vedimmo.
 ALESSANDRO
                                                        Io te ne prego,
 Spia con diligenza; ed obligato
 Io ti farò, né sarò teco ingrato.
 MOSCA
 No nc’è de cche, vuoje pazzeà? Commanname
 A barda, e a ssella: cca sto pe ssevrirete.
 ALESSANDRO
730Viva Mosca cortese.
 MOSCA
                                       Uscia lo mmereta,
 Mo nce vo’
 ALESSANDRO
                       Ed io voglio
 Avvalermi di tanta cortesia:
 Sentimi un poco.
 MOSCA
                                  Dica llossoria.
 ALESSANDRO
 Sai tu Camilla?
 MOSCA
                               Sì, sta Giovenella,
735Che sta de casa cca.
 ALESSANDRO
                                      Son io di lei
 Fortemente invaghito.
 MOSCA
                                            E mmè? che buoje?
 ALESSANDRO
 Ella al contrario mi aborrisce, e m’odia.
 MOSCA
 Che buoje, voglio sapè.
 ALESSANDRO
                                             Vorrei, che pratiche
 Facessi tu per me; chi sa? Potessi
740Piegarla all’amor mio Ah ti farei
 Scorger chi è Alessandro: Mosca, vedi,
 Vedi, Mosca mio caro.
 MOSCA
                                           Io mo’ co cchessa
 No nce aggio ntrensechezza: la canosco
 Co benì spisso cca.
 ALESSANDRO
                                     Forse a te modo
745Non potrebbe mancar; tu astuto sei,
 E potresti far paghi i desir miei.
 MOSCA
 Ora io voglio vedè, voglio penzare;
 Vasta, farraggio quanto pozzo fare.
 
    Sto gniegno, sto cerviello
750Io mmota voglio mettere;
 E dinto cca nce sta
 No cierto mancaniello,
 Addove s’arravogliano
 Le ttrapole, le mmachene,
755Le mpostarie, le ntapeche;
 Vatte penzanno mo’
 Che ccosa n’ha d’ascì.
    Bellizze vedarraje,
 Derraje, chesto ched’è?
760Ora mo’ vasta, e zzuffece,
 Duorme, ca so’ li surece;
 E llassate sevrì.
 
 SCENA II
 
 ALESSANDRO.
 
 ALESSANDRO
 Ciò, che Mosca avvisommi
 Dell’amor di Ridolfo, io ben sapeva:
765So ancor però, che a un tale amor suo core
 Eugenia già non piega. Or per Camilla
 Qual fo speranza? Eh suole
 Cosa avvenir tal volta,
 Che non mai si pensò. Chi sa, se Mosca
770Opri per me? Forse sarà, che quegli
 All’afflitto mio cor consuolo appresti;
 E, dove io men credei, contento resti.
 
    Talora in su l’erbetta
 Langue la violetta:
775Quella, che già ’l desio
 Fu d’ogni Pastorella,
 Non par più quella, o Dio!
 Priva di sua beltà.
                                    Ma ecco inaspettato
 Il grato, e fresco umore;
780Ed ecco al suo vigore
 Ch’ella ritorna già.
 
 SCENA III
 
 EUGENIA, dopo VASTARELLA.
 
 EUGENIA
 Tempo egli è omai, ch’io mi risolva, e tenti
 Ogni mezzo, ogni strada,
 Che ravviso a pro mio;
785Non v’è più che sperar: già quel malvagio
 Ha in tutto il suo dover posto in oblio.
 VASTARELLA
 Ninetta, schiava.
 EUGENIA
                                  Addio.
 VASTARELLA
 Nzomma chi sciala? Ninetta. Chi stace
 Co le ggrannizze? Ninetta. Chi ave
790Li Nnammorate a ffuria? Ninetta.
 Eh! ma chesto te fa ll’essere bella.
 EUGENIA
 Vuoi tu darmi la burla, eh Vastarella?
 VASTARELLA
 Comme l’abburla? Io dico
 Chello, che ssaccio. Segnure, Segnure
795Veneno attuorno a tte: lo si Ridorfo,
 Lo si Fazio
 EUGENIA
                       Eh ragiona
 D’altro, se vuoi; né quegli,
 Né questi fa per me; e i sensi miei
 Già palesi a te fei.
 VASTARELLA
                                    Siente: si parle
800De lo si Fazio, io stessa te conzurto
 A non tenerce penziero; e, ssi Mosca
 Te venesse a ddì niente,
 Fa recchie de Mercante; va trovanno
 Chisso chi eje. (Levammola de pede:
805Chillo serve pe mmene).
 EUGENIA
                                                Io cotest’uomo
 Né so chi sia, né vidi; e non ho voglia
 Né di saper di lui, né di vederlo;
 Mosca ha bel tempo.
 VASTARELLA
                                        Sacce,
 Ca Mosca è no mbroglione pe la vita;
810Te porria fa vedè lo gghianco nigro.
 EUGENIA
 Eh no, che non m’inganna.
 VASTARELLA
                                                   Sta ncellevriello.
 
 SCENA IV
 
 RIDOLFO, che ascolta in disparte, e dette.
 
 RIDOLFO
 (È qui la mia tiranna.)
 VASTARELLA
 Nquanto a lo si Ridorfo, torno a ddirete
 Chello, che ciento vote t’aggio ditto.
 RIDOLFO
815(E di me si raggiona.)
 VASTARELLA
                                           A cchisto lloco
 Te lo mannaje lo Cielo; non te perdere
 L’accaseone; vi’, ca mo’ è lo tiempo
 De potè mutà stato. Decea Mamma:
 Quann’aje lo porciello,
820Figlia, e ttu curre co lo foneciello.
 EUGENIA
 Cento volte, egli è ver, tu ciò m’hai detto;
 Ed io, ciò più non dirmi
 Cento volte ho risposto;
 Tu intenderla non vuoi, e cerchi darmi
825Dispiacer, come veggo;
 Ma al fin
 RIDOLFO
                    Ma dispiacere
 Tu non avresti già, s’ella di Fazio
 Ti ragionasse; egli è palese omai
 Il caro oggetto, onde ti struggi; è nota
830La cagione, onde sei meco sì ingrata,
 Così disamorata: egli è pur vano
 Il nasconderti più.
 VASTARELLA
                                     Fegliola, aje ntiso
 Chillo c’ha ditto?
 EUGENIA
                                  Intesi.
 VASTARELLA
                                                 Mo’ la cosa
 La sa cchiù d’uno; e dubbeto
 EUGENIA
                                                       E chi meglio
835La può saper di te?
 VASTARELLA
                                      Sine, ma dubbeto,
 Che ttu na cosa nce vuoje dà a rentennere,
 E ppo n’autra nne machene:
 Ca nuje femmene ausammo ste malizie.
 EUGENIA
 Io ciò, che ho in bocca, ho in core; e ti so dire,
840Che Fazio, e ogni altro amante,
 Di cui degna io non sia, non curo, e aborro;
 Che me stessa conosco, e non mi alletta,
 O lusinga l’idea di cangiar forse
 Stato, e condizione;
845Questa è sol la cagione, onde il mio core (a Ridolfo.)
 Non piego a te, non qual tu pensi, o sogni.
 (Ah quanto finger debbo!)
 RIDOLFO
                                                   (O con qual arte
 Celar sa la fierezza
 Del suo cuore inumano!)
 VASTARELLA
850(No, chesta cca mme la farrà pe mmano.)
 EUGENIA
 
    Povera nacqui ignobil Villanella,
 E viver come nacqui ancor mi piace.
    Contenta della misera mia stella,
 Altro non bramo più, ti puoi da pace.
 
 SCENA V
 
 RIDOLFO, e VASTARELLA.
 
 RIDOLFO
855Credi a suoi detti tu?
 VASTARELLA
                                          Vuje nce credite?
 RIDOLFO
 Non son io folle già.
 VASTARELLA
                                       Manco io so’ llocca.
 Ma vuje che nne sapite,
 Ca chesta cca vo’ bene a lo si Fazio?
 RIDOLFO
 Fazio istesso mel disse. E tu che sai
860Intorno a ciò?
 VASTARELLA
                             Io? chello, ch’essa ha ditto
 Mo’ cca: ca lo si Fazio no le sona;
 Ma, pe decerevella, a mme non quatra
 Lo pparlà sujo; chesta è Fraschetana,
 Zoè malezeosa; lo si Fazeo
865Pare n’ommo abbonato,
 Po nce stace ntrecato a sta facenna
 Chillo mpiso de Mosca, potarriano
 Mbroglià le ccarte.
 RIDOLFO
                                     Anch’io
 Fo l’istesso pensier.
 VASTARELLA
                                       Vuje procorate
870Sta ncuollo a lo si Fazio; accomme sento
 Chillo, v’è amico; e accossì dic’io,
 Ca buono po venì lo fatto vuosto;
 (E mmeglio pò venì lo fatto mio.) (entra.)
 
 SCENA VI
 
 RIDOLFO, dopo FAZIO col suo Servidore.
 
 RIDOLFO
 Così farò, né credo, che difficile
875Svolger Fazio mi sia; ma, giacch’ei viene,
 Non perdiam tempo. Appunto, Signor mio,
 Sto pensando di lei.
 FAZIO
                                       Cioè anzi lui,
 Padron mio assoluto.
 RIDOLFO
 E ben? degli amor suoi che ha risoluto?
 FAZIO
880Io son risolutissimo cioè
 Sto ancor così così
 Cioè tra ’l sì, e ’l no, e ’l sì.
 RIDOLFO
 Dunque vuol dir, che ancora
 Risoluto non è.
 FAZIO
                              Cioè
 RIDOLFO
                                         Di grazia
885Tolga tanti cioè.
 FAZIO
                                Cioè?
 RIDOLFO
                                             Lei dice
 Più cioè, che parole; e poi disdice
 Spesso con un cioè quel, che pria disse.
 FAZIO
 Davvero? Ed io sinora
 Non me ne sono accorto. Or, se mi scappa (parlando col Servidore.)
890Tra ’l discorso il cioè,
 Tu me l’avvisa; e in segno
 Tirami la Giamberga. Attento ve’.
 RIDOLFO
 (Vedi che sorta d’uomo! E pur tal uomo
 Da pensare mi ha dato.)
 FAZIO
                                               Or discorrendo
895Senza il cioè (il Servidore li tira la giamberga.) Ma qui il tirar non entra:
 Ho detto senza; tu non senti. Adunque,
 Com’io dicea, la Fraschetana È stato
 Per scapparmi il cioè (il Servidore fa come sopra.) Qui né men entra
 Il tirar. Oh tu sei
900Cattivo correttor!
 RIDOLFO
                                   (Ella è da ridere.)
 FAZIO
 Seguitiamo il discorso:
 La Fraschetana veda:
 La Fraschetana, io dico,
 Cioè dicea (il Servidore come sopra.) O diavolo! hai raggione,
905Adesso è andato bene. Io son venuto
 Qua per casarmi, ed ora
 Non convien, pare a me cioè (il Servidore come sopra.) Oh canchero!
 Ho il torto: e andato bene adesso ancora.
 Scusi (a Ridolfo.)
 RIDOLFO
               Ma questa scena a questo modo
910Non si finirà mai. Or io compresi
 Già il punto dove sta: lei è venuto
 Qui per casarsi, e qui casarsi vuole.
 FAZIO
 Cioè (il Servidore come sopra.) oh che malabbia!
 RIDOLFO
                                                                                           Ma di grazia
 Lasci discorrer me, né m’interrompa.
 FAZIO
915Lei dica.
 RIDOLFO
                   Ei fa mestieri,
 Che della Fraschetana
 Si dimentichi affatto; il gran periglio,
 Che per lei vi sovrasta, io già vi dissi.
 FAZIO
 Ma qual periglio mai
 RIDOLFO
                                         Ma l’ho pregato,
920Che non m’interrompesse.
 FAZIO
                                                   È ver: discorra.
 RIDOLFO
 Io ho di già pensato.
 Come servirla: è quivi una Signora,
 Che Camilla si appella;
 Di maritarsi anch’ella
925Fa pensiero, io parlato
 L’ho di vostra persona, e contentissima
 Ella è d’avervi in sposo; anzi talmente
 Invaghita è di voi,
 Che spasima, e si strugge
 FAZIO
                                                 Io vorrei dire
930Una parola
 RIDOLFO
                        Dica.
 FAZIO
 Come senza vedermi
 La Signora Camilla
 RIDOLFO
                                      Vi conosce
 Ella in Napoli già.
 FAZIO
                                    O bene.
 RIDOLFO
                                                     E appunto
 A questa volta viene.
 FAZIO
                                         È quella?
 RIDOLFO
                                                             È quella.
 FAZIO
935Per dieci che l’è bella.
 RIDOLFO
                                          (Or potea peggio
 Avvenirmi? Sarà un incontro tale
 Di qualche intrigo.)
 
 SCENA VII
 
 CAMILLA, e i suddetti.
 
 CAMILLA
                                       (Ecco il mio dolce male!
 Ma chi sarà colui, con cui trattieni?
 Né men agio mi è dato
940Di poterli parlare!)
 FAZIO
                                      Or noi potremmo
 Cioè vorrei cioè (il Servidore come sopra.) Oh oh che tiri?
 Non è più tempo di tirar. Potremmo,
 Io dicea, farci avanti
 RIDOLFO
                                        Eh no: costei,
 So, che ha rossore di parlar con lei,
945Faccia così: licenziarsi finga
 Da me; però in disparte
 Si ponga ad ascoltare; e vedrà, ch’ella,
 Fingendo a me parlare,
 Scoprirà a lei le sue amorose pene.
 FAZIO
950Ho inteso, bene, bene. Padron mio, (facendosi sentir da Camilla.)
 Ne rivedremo poi, addio.
 RIDOLFO
                                                 Addio. (Fazio, salutandosi con Ridolfo, finge partirsi; ma si pone in disparte col suo Servidore ad ascoltare.)
 CAMILLA
 (S’è partito: la sorte
 Vuol favorirmi.)
 RIDOLFO
                                 (Seguiran più effetti
 Da questo ritrovato.)
 CAMILLA
                                         È forse spento (parlando con Ridolfo.)
955In te l’empio desire
 Di vedermi morire?
 FAZIO
                                        (Ella da senno (parlando col suo Servidore.)
 Per me si strugge; non è ver?)
 CAMILLA
                                                         Si accese
 In te qualche scintilla
 D’amorosa pietade a’ mali miei?
 FAZIO
960(Anz’io già tutto foco)
 CAMILLO
                       Al fine accorto
 Ti sei, che troppo a torto
 Offendi me, anzi te stesso offendi?
 FAZIO
 (Cioè)
 CAMILLA
                O cieco ancora
965Nel vile amor t’involvi
 Di questa Fraschetana?
 FAZIO
 (Oibò, che Fraschetana? È andata a monte
 La Fraschetana.)
 CAMILLA
                                  E ben? Non mi rispondi?
 RIDOLFO
 Io non ho che rispondere.
 FAZIO
                                                 (Ah potessi
970Risponder io.)
 CAMILLA
                              Sei tu convinto adunque?
 Non v’è per te raggione; una Villana,
 E serva non dovea
 Togliere a me gli affetti tuoi.
 FAZIO
                                                      Cioè
 Io non sapea
 CAMILLA
                           Non è così? Rispondi:
975Parla.
 FAZIO
              Parla, diavolo!
 RIDOLFO
                                          (Oh costei
 E quanto mi è molesta!)
 Parlo, rispondo, e mia raggione è questa.
 
    Quel gran torrente, che impetuoso
 Cala dal monte, fermar chi può?
980Urta, e fracassa ripari, e sponde:
 Sassi, ed arene mesce, e confonde:
 E seco ancora tragge talora
 Mandre, e Capanne, Greggi, e Pastor.
    Con maggior forza
985Sforza il mio core
 Il crudo amore;
 Ed io non posso, né so, né oso
 Riparar l’impeto del suo furor.
 
 SCENA VIII
 
 CAMILLA, e FAZIO col suo Servidore; dopo VASTARELLA, e dopo MOSCA in disparte.
 
 FAZIO
 Io non so che raggione di torrente
990Ha portato colui!
 CAMILLA
                                  Crudel, t’intendo,
 T’intendo sì: vuoi dirmi, che spogliata
 Di speme affatto io son. Me sconsolata! (entra.)
 FAZIO
 O capperi! Madama Va tu, corri (al Servidore.)
 Cioè non ti partir. Signora, questo
995È un sbaglio, un equinozio cioè veda
 Ah Signora Camilla,
 Senta, ascolti, cioè
 VASTARELLA
                                    Ne? Che ffacenne
 Nce avite vuje co la sia Camilla?
 FAZIO
 Basta: faccende matrimoniali.
 MOSCA
1000(Chisto che ddice?)
 VASTARELLA
                                       Comme co’?
 FAZIO
                                                                Mi caso
 Già con quella Signora.
 MOSCA
                                             (Chesta è mmeglio.)
 VASTARELLA
 V’accasate?
 FAZIO
                        Si ben; ma io non posso
 Fermarmi qui: vo’ ritrovar Ridolfo.
 VASTARELLA
 E mmo’ jate; deciteme
1005Comm’è gghiuta sta cosa.
 FAZIO
                                                 Detta fatta
 La cosa andò cioè da un pezzo m’ama
 La Signora Camilla cioè in Napoli
 Mi conosceva basta.
 MOSCA
                                       (Vi’, che mbruoglio
 Sarrà cchisto.)
 FAZIO
                              Orsù addio.
 VASTARELLA
                                                      E mme?
 FAZIO
                                                                        Cioè?
 VASTARELLA
1010Comme?... Accossì?... Va jate.
 FAZIO
                                                        Ah meschinella!
 Io già t’intendo, ma nol vuol la stella.
 
    Tu dir vorrai,
 Che già il mio core
 Per te cioè
1015Cioè già amore
 Lo pizzicò.
    Ma, se la stella
 Non vuol così,
 Lei sol di quella
1020Si lagnerà. (via.)
 
 SCENA IX
 
 VASTARELLA, e MOSCA.
 
 MOSCA
 
 Ah che piatà!
 Fredda, e gghielata
 Leje è rrestata;
 Comme farrà?
1025Ah che piatà!
 
 VASTARELLA
 (Sto mmarditto cca steva? Ah no nce fosse
 Maje schiusa.)
 MOSCA
                              Ma pacienzea: dì se sole,
 Chi cagna la via vecchia pe la nova
 Vace trovanno chello, che non vole.
 VASTARELLA
1030(Ha raggione, che bo’? Ha avuto gusto:
 Mo’ mm’ha da carfettare: perzò è mmeglio,
 Che mme ne vaa da cca)
 MOSCA
                                               Chiano no poco,
 Sia chella
 VASTARELLA
                     Uh uh ca aggio
 Da fa llà ddinto.
 MOSCA
                                E io
1035Aggio da fa cca ffora.
 VASTARELLA
                                         Aggio nfornato
 Lo ppane, e sse pò ardere.
 MOSCA
                                                  Mannaggia
 Ll’ora, che non s’è arza
 Porzì la casa.
 VASTARELLA
                           Tu che buoje?
 MOSCA
                                                       Te voglio
 Dire no munno de male parole.
 VASTARELLA
1040A mme? Perché? Che t’aggio fatto? (Armammonce
 D’astuzie mo’ ch’è ttiempo.)
 MOSCA
                                                      Ih bella cosa!
 Faje la locca? Co mmico nce lo ppierde:
 Ca io so’ mmarevolo cchiù dde tene
 Dimme no poco a mmene: comme fuje?
1045Attaccaste, e asciogliste nfra ne n’attemo
 Co lo si Fazio?
 VASTARELLA
                             Ch’attaccà, ch’asciogliere?
 Non saccio che buoje dì.
 MOSCA
                                               Te ll’ave fatta
 Pe mmano po la sia Camilla.
 VASTARELLA
                                                      E ttridece!
 Che sia Cammilla?
 MOSCA
                                      Avive già aocchiato
1050Ll’ommo cevile, t’jere posta ntruoccolo.
 Malan, che die te dia,
 E ppuro che te coglia.
 VASTARELLA
                                          Arrasso sia!
 Tu che ddice, se sa? Credive fuorze,
 Che io co lo sio Fazio Ah leva leva!
1055E ppò lassare a Mosca, a Mosca mio?
 Cchiù ppriesto terra agliutteme
 MOSCA
                                                            Mmalora
 Dice, ca uno po scresta na femmena:
 E ttu chesto mme nieghe?
 VASTARELLA
                                                  Io te dico,
 Ca tu te si’ ngannato.
 MOSCA
                                         Oh facce mia!
1060Na cosa, ch’aggio vista, e cch’aggio ntesa?
 VASTARELLA
 Ch’aje ntiso, e bisto? È stata na pazzia.
 MOSCA
 Pazzia?
 VASTARELLA
                 Mme guarde a ttene.
 MOSCA
 Perché non jure a tte, che gghiure a mmene?
 VASTARELLA
 Mme guarde a mme, e a tte.
 MOSCA
1065E ssempe a mme nce mmische.
 VASTARELLA
                                                            E bavattenne,
 Ca si’ mmale penzante. Siente ccane:
 (Abbesogna abbonarelo,
 La sciorte n’ha boluto.)
 Tu fusse chillo, che
 MOSCA
                                     Arrassa, arrassate,
1070Ca n’avimmo abbesuogno cchiù de gnuoccole:
 Ssi gnuoccole va falle a lo sio Fazio.
 VASTARELLA
 Che Fazio? Fuss’acciso isso, e cchi eje.
 MOSCA
 Già: mo’ che t’ha cchiaruta.
 VASTARELLA
                                                     Mosca mio
 Schitto è lo cuccopinto de sto core.
 MOSCA
1075Ahù che ppaccariglio
 M’è stato asciuto e buono!
 Mo’ so’ lo cuccopinto, e stammatina
 Era lo ranonchione.
 VASTARELLA
                                       E bia
 MOSCA
                                                    Si è llesto,
 Mo’ lo piglie. Tu puoje morì de subbeto.
 VASTARELLA
1080Che? tu davero t’aje pegliato collera?
 Parla.
 MOSCA
              Va vide, ca s’arde lo ppane.
 VASTARELLA
 E cche nne voglio fa? mme mporta cchiune
 De stare accanto a tte.
 MOSCA
                                           Lotene muorte!
 VASTARELLA
 Via mo’, fatillo mio
 MOSCA
1085Oh mo’ è ssopierchio!
 Mme vuoje lassà i a ccancaro, o mo’ schierchio?
 VASTARELLA
 
    Non ta non tanta collera,
 No poco cchiù dde chelleta;
 Non te nfomà accossì;
1090Lo ssa lo ssaccio già,
 Ca faje pe ppazzeà.
 Tu bene mme volisse,
 Pe mme pe mme sperisse:
 Si’, cacciottiello, si’.
1095   E ccomme si’ ttrafano!
 Tu mme vuoje fa arraggià;
 Vattenne, ca io po
 Voglio fa arraggià a tte.
 (Ncocciato è ggià lo cano,
1100Né sse ne vo’ venì.)
 
 SCENA X
 
 MOSCA, dopo ALESSANDRO.
 
 MOSCA
 E ba, ca mo’ mme sposto. A cchi? Le voglio
 Fa vommecà lo fele.
 ALESSANDRO
                                       Ha forse Mosca
 Buone per me novelle?
 MOSCA
 Nove de veveraggio; se mmarita
1105La sia Cammilla toja.
 ALESSANDRO
                                          Burli?
 MOSCA
                                                        Si abburlo.
 Se piglia lo si Fazio.
 ALESSANDRO
 Come? oimè! chi è costui?
 MOSCA
                                                   È no Locchese,
 Che stace ccane.
 ALESSANDRO
                                 Tu il conosci?
 MOSCA
                                                            Io ll’aggio
 Da Napole portato stammatina.
 ALESSANDRO
1110O Dio! ma come fu? donde uscì un colpo
 Improvviso così, per atterrarmi?
 MOSCA
 Che ssaccio? perrò dice lo si Fazio,
 Ca da no piezzo a Napole
 Co cchella se canosceno.
 ALESSANDRO
1115E ttutti gli accidenti
 Conbinano a mio mal? Ma come viene
 Or Camilla a tai nozze? Ella già ardea
 Per Ridolfo, a me ingrata
 Fu già per lui
 MOSCA
                            De chesto
1120Non te fa maraveglia: ca le ffemmene
 Quant’ore so’ lo juorno
 Tanta penziere cagnano. (Sapisse
 Tu li guaje mieje.)
 ALESSANDRO
                                     Ma viene
 Camilla appunto qui. Lasciami solo,
1125E rivediamci poi.
 MOSCA
 Comme volite,
 Facite ll’ore voste.
 
 SCENA XI
 
 CAMILLA, ed ALESSANDRO, dopo EUGENIA, e dopo RIDOLFO in disparte.
 
 CAMILLA
 Udissi mai più ria,
 E più strana sventura
1130Della sventura mia?
 ALESSANDRO
                                        Par, che di doglia
 Camilla il volto asperga, e pur è tempo
 Che accolga nel suo sen letizia, e gioja.
 CAMILLA
 Che favella è cotesta? E qual pensiero
 Ti venne di burlarmi?
 ALESSANDRO
1135Burlarti? Non si burla
 Or, ch’è tempo di nozze.
 EUGENIA
 (Di nozze qui si parla?)
 CAMILLA
                                              Di quai nozze
 Discorri tu?
 ALESSANDRO
                         Sì: fingi; or toglier vuoi
 Anche a me la cagion di rallegrarmi.
 EUGENIA
1140(Misera! che sarà?)
 CAMILLA
                                       Se non si spiega
 Alessandro, risposta
 Non può aver confacente.
 ALESSANDRO
                                                 Or ben, mi spiego,
 Come vuoi. Ebbe al fin Fazio la sorte
 (Ah sorte troppo cara!)
1145D’averti in sua Consorte.
 RIDOLFO
 (Come sa ciò costui?)
 EUGENIA
                                          (Fia mai ciò vero?)
 CAMILLA
 (Questi, o sogna, o vaneggia; e chi conobbe
 Mai questo Fazio?)
 ALESSANDRO
                                      Ecco recisa, e tronca
 Ogni speme è per me; già del mio duolo
1150Tua ferita trionfa.
 EUGENIA
                                    (Ah faccia il Cielo,
 Che sia così.)
 RIDOLFO
                            (L’avesse Fazio detto?)
 CAMILLA
 (Qualche inganno è qui ascoso; or, perché affatto
 Costui più non m’annoi,
 Vo secondar l’inganno.)
 ALESSANDRO
1155Or dimmi, o barbara,
 Onde ti nacque al core
 Sì fier odio per me? Forse
 CAMILLA
                                                  Alessandro,
 È omai follia la tua; giacché tu sai,
 Com’egli è ver, ch’io son di Fazio sposa,
1160A che più tormentarmi?
 Che t’acqueti or conviene
 Per tuo, e per mio bene.
 RIDOLFO
 (Come fatta mi vien!) Conviene ancora,
 Che tu affatto non chieda,
1165Se sposa a Fazio sei,
 Mai più gli affetti miei.
 CAMILLA
 (Lassa! in che intrigo io da me stessa caddi!)
 Ah Ridolfo
 RIDOLFO
                       Il mio nome
 Più non ridire, o ingannatrice donna.
1170Come? a crederti davi
 Spasimante per me, quando tua destra
 Era già ad altri destinata?
 CAMILLA
                                                  O Dio!
 Tu non sai
 RIDOLFO
                       Lodo Amore,
 Che non accese mai per te mio core. (via.)
 
 SCENA XII
 
 ALESSANDRO, e CAMILLA, ed EUGENIA in disparte.
 
 ALESSANDRO
1175Dunque Camilla
 CAMILLA
                                 E tu non muovi ancora
 Da me lontano il piede? Ah non ti venga
 Più fatta di parlarmi. Io maledico
 Ah! te vedendo, la mia morte vedo!
 (Per lui fatta son io di rie sventure
1180Miserevole esempio.)
 EUGENIA
 (Si scuoterà così forse quest’empio.)
 CAMILLA
 
    O che piangi, o che sospiri,
 O che smanj, o che deliri,
 Per te è morta la speranza;
1185Solo aspetta, e sol ti avanza
 Odio, sdegno, e crudeltà.
    Ch’ostinata io sarò sempre,
 Né saprò cangiar mai tempre
 Finché spirto in me sarà.
 
 SCENA XIII
 
 EUGENIA, ed ALESSANDRO.
 
 ALESSANDRO
1190Cieli, fia costei donna,
 O pur furia per me?
 EUGENIA
                                        Maggiori ingiurie
 Aspettar puoi, e villanie più gravi?
 Tutto ciò pur non basta
 A richiamar tuo core
1195Da un cieco, folle, abbominoso errore?
 ALESSANDRO
 E ancor Eugenia cerca
 Inasprir la mia pena? Ahi! perché morte
 Non recide mia vita egra, e languente,
 Perch’io finisca d’esser sì dolente?
 EUGENIA
1200Perché aspettar da morte
 Sollievo a’ mali tuoi,
 Quando tu stesso a te recar lo puoi?
 ALESSANDRO
 Che posso io far, se quel desio fervente,
 Che fatto è già dell’alma mia tiranno,
1205Con invincibil forza,
 E mi sprona, e mi sforza
 EUGENIA
                                               E a che? Camilla
 Esser tua più non puote: ammorza adunque
 Il malnato desio,
 E riedi in tua ragion.
 ALESSANDRO
                                         Non posso, o Dio!
 EUGENIA
1210Eh no: di’, che non vuoi; qual miglior tempo
 Di ripigliar l’antico, e dolce amore,
 Che già fu la delizia
 Del mio, e del tuo core? Ah riedi, o caro,
 (Ogni vano desio da te rimosso)
1215Ah riedi in tua raggione.
 ALESSANDRO
                                                O Dio! non posso.
 EUGENIA
 
 Mio bene adorato,
 Pietà del mio male.
 
 ALESSANDRO
 
 Pietà del mio male
 Vo anch’io sventurato.
 
 EUGENIA
 
1220L’ingiusta catena,
 Cagion del tuo danno,
 Deh sciogli.
 
 ALESSANDRO
 
                         Che pena!
 
 EUGENIA
 
 Deh torna ad amarmi.
 
 ALESSANDRO
 
 Così non parlarmi.
 
 EUGENIA
 
1225Che affanno! E perché?
 
 A DUE
 
 Ahi barbara sorte!
 La morte dov’è?
 
 EUGENIA
 
 Deh pensa, o cor mio
 
 ALESSANDRO
 
 Deh lasciami, o Dio!
 
 EUGENIA
 
1230Ah senti
 
 ALESSANDRO
 
                   Non sento.
 
 A DUE
 
 Che fiero tormento
 È questo per me!
 
 SCENA XIV
 
 FAZIO col servidore, dopo CAMILLA, e dopo EUGENIA sulle loro loggette.
 
 FAZIO
 Or che ti par di me? Son fortunato
 In amor? Tre bellissime donzelle
1235Tutte languir per me! Senti l’amore
 Cioè: voglio spiegarti
 Cos’è mai quest’amore. Ascolta: amore (si accorge di Camilla.)
 O la mia sposa è là. Bella, lo sbaglio
 Di poc’anzi cioè, com’io diceva,
1240Quel torrente Non so se m’intendete
 CAMILLA
 Con chi parlate voi, e chi mai siete?
 FAZIO
 Con chi parlo? Chi sono? Io con chi parlo?
 E chi son io? Cioè: non è colei (al servidore.)
 La Signora Camilla, io non son Fazio?
1245O ben.
 EUGENIA
                (Fazio è costui? Fia ben, ch’ascolti.)
 FAZIO
 Sicché
 CAMILLA
                Voi siete Fazio?
 FAZIO
                                               Io sono, e sono
 Suo prossimo Consorte,
 Cioè
 CAMILLA
            Da quando in qua voi siete matto?
 FAZIO
 Cioè?
 CAMILLA
              Quai nozze meco
1250Vantate voi?
 FAZIO
                          Cioè?
 Parla tu, perch’io già (al servidore.)
 CAMILLA
                                          Mi maraviglio
 Delle vostre follie; ma, se pensiero
 Non cangiate, e favella,
 Mal per voi. M’intendete? (entra.)
 FAZIO
                                                  O questa è bella!
 EUGENIA
1255(Ch’è quel che intesi? E perché mai Camilla
 Testé affermò tai nozze?)
 FAZIO
                                                 Or che ne dici? (al servidore.)
 EUGENIA
 (Qual novello sospetto
 Or quest’alma contrista?)
 FAZIO
 Eh non sai che ti dir Ma chi è colei?
1260Fosse la Fraschetana? (accorgendosi d’Eugenia.)
 Agli abiti mi par dico cioè (parlando con Eugenia.)
 EUGENIA
 Che chiedete da me?
 FAZIO
                                         Lacchè, dimanda
 S’ella è la Frascatana.
 EUGENIA
                                          Io quella sono,
 Che chiedete, vi dissi.
 FAZIO
                                           Ah quel periglio,
1265Quei cimenti, quei intrighi, e quei garbugli
 Maledetti garbugli!
 EUGENIA
                                      Che garbugli?
 Spiegatevi.
 FAZIO
                        Cioè Voi già mi amate,
 Io lo so bene.
 EUGENIA
                           Io v’amo?
 FAZIO
                                                Sì mi amate,
 Ed ha un secolo già, che spiritate;
1270Ma io cioè il periglio
 EUGENIA
                                        Or veramente
 Veggo, che siete matto.
 FAZIO
 Cioè?
 EUGENIA
              Eh andate via;
 E, se questa pazzia
 Vi va più per la testa,
1275Ven pentirete.
 FAZIO
                              È bella ancora questa.
 O caso dispietato!
 Lacchè mirami ben foss’io cangiato!
 
 SCENA XV
 
 VASTARELLA, e detto.
 
 VASTARELLA
 (Vecco lo galantuomo.)
 FAZIO
                                            Io quell’istesso
 Son qual era, e così dunque le matte
1280Son esse e non son io.
 VASTARELLA
                                          Comme può essere
 Sto matrimonio co’ la sia Camilla
 Non arrivo a capì.
 FAZIO
                                    Qui Vastarella
 Vediam se questo ancor... cos’è, mi guardi?
 VASTARELLA
 Ve guardo, c’aggio l’uocchie.
 FAZIO
1285Vien qua, vien qua ti dico.
 VASTARELLA
                                                   Che bolite?
 Vuje mo’ siete nzorato.
 FAZIO
 Cioè... Ah tu non sai... vien qua...
 VASTARELLA
                                                              Venimmo.
 FAZIO
 Io sempre te, cioè...
 VASTARELLA
                                       Cioè, m’avite
 Fatto no tratto ch’io sto
1290Pe ghittareme dinto a no puzzo.
 FAZIO
                                                            Oibò
 Tu non ti butterai, perché senti...
 VASTARELLA
 Cioè, vuje me volite
 Darme a ntenne papocchie; jatevenne
 Ca site bello fauzo. Uh marammene!
1295Va miettece speranza. Uh ca pensannoce
 Mme veneno le lacreme.
 FAZIO
 Cioè?
 VASTARELLA
              Cioè... cioè?
 FAZIO
                                      Cioè non piangere
 Vastarella.
 VASTARELLA
                       Non chiagnere.
 È chiattiglia chesta che io,
1300Cioè, oh sorte!
 FAZIO
                              Ma tu
 Vuoi farmi liquefare il core
 Non piangere, è per te tutto il mio amore.
 VASTARELLA
 Come?
 FAZIO
                 Io già più non mi caso,
 La fraschetana non vo’ più sentirla.
1305Dunque tu...
 VASTARELLA
                          Come? È bera mo sta cosa.
 FAZIO
 È vera, e tu sarai la mia morosa.
 FAZIO
 
    Quegli occhietti piagnolenti
 Fa ch’io veda un po’ ridenti
 Più non farmi intenerir.
1310   Tu già ridi zingaretta
 Lo conosco sì furbetta
 Che sei piena di malizia
 Io ti voglio castigar.
    Ma tu torni alla mestizia?
1315Ho burlato vieni qua;
 Sentimi, sai tu che io
 Come quel cieco dio
 Cioè a dir... Cioè m’ascolta
 Ma tu ridi un’altra volta
1320E m’hai fatto già imbrogliar.
 
 SCENA XVI
 
 VASTARELLA, e MOSCA.
 
 VASTARELLA
 Oh mo’ è n’autro
 Pur la vorria venire mo’
 Chillo lazzarone de Mosca
 P’ammaccarle la superbia
1325Se n’aveva pigliato!
 Uh te’ ca vene, e co lo calascione
 E vienetenne ca te voglio aggiustà.
 MOSCA
 Oh manco male ca te ncascio:
 Te voglio fa na museca
1330Pe t’allegrià lo core
 Saccio ca staje colereca.
 VASTARELLA
 Me facite favore!
 Uh te scasato!
 E tu non saje
1335che te sta stipato.
 MOSCA
 
    M’amaje na mpesa e bà
 E ntintirintì, e ntintirintà
 Che me gabbaje e bà
 E pigliatella diavolà.
1340   Po essa fuje gabbata
 E a me tornaje la sgrata
 Io le decetta abbia
 No te conosco cria.
    Schefienzia, facce tosta,
1345Mm’aje fatta già la posta;
 Tu si’ na traitora,
 Vavattenne a mmalora.
    E a mmalora, e aniello:
 Che te sia data botta de cortiello.
 
 VASTARELLA
1350Birbante, birbantone! E ttu a mme biene
 Co canzune a ddespietto?
 Che te cride, ca io
 Non te la saccio rennere? Mo’: aspetta. (entra, ed esce di nuovo col tamburrello.)
 MOSCA
 Se l’ha sentuta sa. Schiatta; io te ll’aggio
1355Da redducere a ssigno,
 Che comm’a ppazza ave da ì strellanno.
 VASTARELLA
 Stamm’a ssentì, sio museco d’aguanno.
 
    M’amaje no mpiso, e ddo,
 E ntintirintì, e ntintirintò.
1360   Io lo gabbaje, e ddo
 E ttuorcemillo diavolò.
    Lo locco se credeva
 Ch’io bene le voleva;
 E non se n’addonava,
1365Ca io lo coffeava;
 Mo sta co no sfarzetto,
 Ammarcia, razza sporca,
 Vavattenne a la forca.
    E a la forca, e ata:
1370Che nfronta piozze avè na scoppettata.
 
 MOSCA
 Siente a mme: tu si’ ffemmena, e tt’è leceto
 Di’ nzò che buoje.
 VASTARELLA
                                    E ttu si’ no frostato,
 E n’è gran caso se si’ screanzato.
 MOSCA
 Chi è ffrostato?
 VASTARELLA
                               Tu.
 MOSCA
                                        Vuoje, che te faccia
1375Na scuffia ncapo co sto calascione?
 VASTARELLA
 Vuoje, che te sfonna sto tammurro nfaccia?
 MOSCA
 E ffallo, fallo.
 VASTARELLA
                           E mmuovete.
 MOSCA
                                                      Ih che ffemmena!
 VASTARELLA
 Ih che ommo! Davero se credeva,
 Ch’era morta pe isso; a cchi? È boscioccola.
 MOSCA
1380Io te tengo a li bene.
 VASTARELLA
 Va a ffa guerra, banchiero.
 MOSCA
 Va a lo ponte, guaguina.
 VASTARELLA
 Bonavoglia.
 MOSCA
                         Zantraglia.
 VASTARELLA
 Fuss’acciso.
 MOSCA
                         Scannata.
 VASTARELLA
1385Faccia de voje marino.
 MOSCA
 Facce de coccovaja.
 VASTARELLA
 Mala pasca te vatta.
 MOSCA
 Crepa.
 VASTARELLA
                Sbotta.
 MOSCA
                                Arreventa.
 A DUE
                 Schiatta, schiatta. (Mosca suona il colascione, e Vastarella il tamburrello.)
 VASTARELLA
 
1390E lo mare che batte ll’onna:
 La scajenza che te sprefonna.
 
 MOSCA
 
 E lo mare, e a la marina:
 Che nce campe nzi’ a ccraje matina.
 
 VASTARELLA
 
 E lo mare, e la marenella:
1395Che te venga la rogna, e la zella.
 
 MOSCA
 
 E lo mare, e dda lo mare:
 Che lo piello te pozza afferrare.
 
 A DUE
 
 Sciò, sciò, sciò, una, doje, e ttre:
 Pozza ì tutto appriesso a tte.
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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