Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Amor vuol sofferenza, Napoli, A spese di Nicola di Biase, 1739
 a cura di Paologiovanni Maione
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA I
 
 EUGENIA.
 
 EUGENIA
1400Quanto più vo nel mio pensier volgendo
 Ciò, che poc’anzi da Camilla udj,
 Vie più in confusion l’alma s’intriga.
 Qual arte è questa mai? Ella or confessa
 Esser a Fazio sposa,
1405Or Fazio, disdegnosa
 Rimprovera, e discaccia.
 
 SCENA II
 
 RIDOLFO, e la sudetta, indi ALESSANDRO, che sta in disparte ad ascoltare.
 
 RIDOLFO
 Ninetta, sai, che Fazio
 È già sposo a Camilla?
 EUGENIA
                                            A me non cale
 Punto saperlo.
 RIDOLFO
                             Come,
1410Come no? Forse
 EUGENIA
                                 Ma, se in qualche modo
 Pur mi calesse, ti direi, che Fazio
 Non è a Camilla sposo.
 ALESSANDRO
                                            (Ah ciel! volesse
 Consolarmi la sorte?)
 RIDOLFO
                                          O qual lusinga!
 Già Fazio a me fidollo,
1415E da Camilla istessa
 Qui poco fa l’intesi.
 EUGENIA
                                      O qual inganno!
 RIDOLFO
 L’intese anche Alessandro:
 Puoi dimandarne a lui.
 EUGENIA
                                             L’intesi anch’io
 Si ben; ma di là a poco assai diverso
1420Fu di Camilla il ragionar con Fazio:
 A lui puoi dimandarne.
 RIDOLFO
 Come diverso?
 EUGENIA
                               Egli potrà ridirti
 Come la Sposa il caro Sposo accolse.
 RIDOLFO
 Ma pur
 EUGENIA
                 Da lei trattato
1425Fu qual matto il meschin: sappilo.
 RIDOLFO
                                                                Avea
 Ciò ad avvenir senz’altro.)
 ALESSANDRO
                                                  (O Dio! la speme
 Sento in me ravvivarsi.)
 RIDOLFO
                                               Io non so come
 Esser ciò possa mai.
 EUGENIA
 Ciò fu pure, e ’l so io, che l’ascoltai.
 RIDOLFO
1430Ma Camilla
 EUGENIA
                         Eh si scorge apertamente
 Esser questa una trama, ed io ma punto
 Ciò saper, come dissi, a me non cale.
 (Lassa! pur debbo simular mio male.)
 ALESSANDRO
 (Ma qual trama esser puote?)
 RIDOLFO
                                                         Or siasi pure
1435Comunque egli si vuol, negar non puossi,
 Che l’amor tuo per Fazio
 Quella mercé, che meritò, non ebbe.
 ALESSANDRO
 (Oimè che intendo!)
 RIDOLFO
                                         Un infedel tu amasti,
 Che ti cambiò per altra.
 ALESSANDRO
                                              (E fia pur vero?)
 RIDOLFO
1440Ciò forse, e senza forse,
 Non sarebbe accaduto, se a me fossi
 Tu stata men crudele. Omai, Ninetta,
 Scorgi il tuo error
 EUGENIA
                                   Scorgi, Ridolfo, omai
 Tua pertinacia: a un gentiluom disdice
1445Il rendersi nojoso; e, quel, ch’è peggio,
 Inventarsi menzogne.
 RIDOLFO
 Come menzogne
 EUGENIA
                                  Qual amor, che Fazio,
 Che merto, qual mercé? Tu non intendi,
 O non intender vuoi ciò, ch’altra volta
1450Ti dissi a chiare note.
 RIDOLFO
                                          Eh le tue scuse
 Non ammette il mio amore,
 Sì a torto mal gradito.
 EUGENIA
 Ma tu par
 RIDOLFO
                      Deh ti scorda
 Di quell’ingrato, o bella; e volgi al fine
1455Volgi pietosi a me tuoi vaghi rai.
 EUGENIA
 Or questa è per me morte!
 ALESSANDRO
                                                   (Or di costei
 Tutto ciò posso io sospettar giammai?)
 RIDOLFO
 
    Amar un infedele,
 Che l’amor tuo non cura,
1460Follia è del tuo cor:
 Odiar chi poi fedele
 Più amarti ognor procura,
 È barbaro rigor.
    Deh per qual legge mai
1465Rendere tu potrai
 Amore a un vil disprezzo,
 Disprezzo a un fido amor?
 
 SCENA III
 
 EUGENIA, ed ALESSANDRO.
 
 ALESSANDRO
 Per ciò, che intesi adunque, ancor mi resta
 Da sperar per Camilla, e contra Eugenia
1470(O il falso, o il ver di lei Ridolfo dica)
 Vo acquistando ragione: ond’io rinfranco
 Il mio cor già avvilito.
 EUGENIA
                                           E quante sorti
 Di affanni dispettosi
 Ha per me riserbate il ciel crudele!
1475Deh finiscano omai
 ALESSANDRO
                                       Sì: finiranno,
 Non attristarti, Eugenia; il tuo desio
 Sarà al fin pago.
 EUGENIA
                                 Ah dici il ver, ben mio?
 Tornerai dunque a me?
 ALESSANDRO
                                              A te il tuo Fazio
 Ritornerà: quel Fazio, che in te seppe
1480Svegliar fiamma amorosa;
 Rincorati: son finte
 Sue nozze con Camilla.
 EUGENIA
 Tu ancor con Fazio? E credi
 ALESSANDRO
                                                     Io non credea,
 Ch’Eugenia sì malvagia esser potea.
 EUGENIA
1485Io malvagia?...
 ALESSANDRO
                              Tu sei quella, che vanti
 Per me fida costanza?
 EUGENIA
 Forse che no?...
 ALESSANDRO
                               Tu spasimi, tu piangi,
 Tu sospiri per me?
 EUGENIA
                                      Non te ne sei
 Tu chiaramente accorto?
 ALESSANDRO
                                                E poi per altri
1490Nascosto amor nudrisci.
 EUGENIA
                                               Io non mai seppi
 ALESSANDRO
 O costanza mentita! O pianti, o spasimi,
 O sospiri fallaci!
 EUGENIA
 Eh mi ascolta
 ALESSANDRO
                            Ascoltarti?
 Pria mi fulmini il ciel, ch’io mai più ascolti
1495I tuoi detti mendaci.
 EUGENIA
 Empio, t’intendo: i tradimenti tuoi
 Così scusar tu vuoi.
 ALESSANDRO
 Io ti tradii, sì il dico, e a i tradimenti
 Scuse non cerco; anzi, poicché sì finta,
1500Sì maligna tu sei,
 Mille volte a tradirti io tornerei. (via.)
 
 SCENA IV
 
 EUGENIA, dopo FAZIO col suo Servidore, dopo VASTARELLA.
 
 EUGENIA
 Va, scelerato: il Cielo (ah sì lo spero)
 Per me ti pagherà. (e piange col fazzoletto avanti agli occhi.)
 FAZIO
                                      Lacchè, tu vedi
 Meglio di me: non piange
1505La Fraschetana? Piange? E perché piange?
 Vagliel dimanda
 VASTARELLA
                                 E a buje che v’appretene?
 FAZIO
 Cioè
 VASTARELLA
            Ah mo’ accommenza
 Co li cioè!
 FAZIO
                      Cioè tu dici bene;
 Ma la curiosità
 VASTARELLA
                              Ah curiuso mio!
 FAZIO
1510E insieme la pietà
 VASTARELLA
                                    Meglio! Decite,
 Ch’ancora nc’è lo chiuovo.
 EUGENIA
                                                  Oimè! il dolore
 Mi stringe sì, che fa mancarmi il core.
 Ah misera! (e siede sopra un poggiuolo avanti alla sua Casa.)
 FAZIO
                         Ah poter di Dio baccone!
 Quella già muore Avessi un ristorante? (al Servidore.)
1515Almen va tu Ma questa è crudeltà. (a Vastarella.)
 VASTARELLA
 Mo’ vao; perrò vuje jate a starve llà. (accenna un luogo lontano da Eugenia.)
 FAZIO
 Là mi staro.
 VASTARELLA
                         Oje sa? No ve facissevo
 A bedere da chella?
 FAZIO
 Oibò.
 VASTARELLA
              No v’accostassevo
1520Llà rrente po?
 FAZIO
                             Oibò ma quando vai?
 Pria quella morirà, che tu anderai. (si ritira nel luogo accennato.)
 VASTARELLA
 (Chisto mme fa tremmà: pare che ssempe
 Mme scappa da le mmano.) (e s’accosta ad Eugenia.)
 EUGENIA
 Ahi lassa!
 VASTARELLA
                     Che ccos’è? Ched’aje, Ninetta?
 EUGENIA
1525O Vastarella!
 VASTARELLA
                           Che te siente?
 EUGENIA
                                                       O Dio!
 Una mortale ambascia
 VASTARELLA
                                            Tu già aje fatta
 Na facce, che mo’ muore.
 EUGENIA
                                                Ah che sarebbe
 Mio consuolo il morire.
 FAZIO
                                             Io piano piano
 Vo là accostarmi. (e s’accosta non veduto verso Eugenia.)
 VASTARELLA
                                   Ma puro ch’è stato?
1530Aje avuta qua collera? Di’, dillo:
 Confidate co mmico;
 Spapura.
 EUGENIA
                    Ah Fazio, ah Fazio! (e s’alza, ed all’alzarsi Fazio fugge, e si ritira.)
 Tu sei cagion d’ogni mio affanno.
 FAZIO
                                                               (Canchero!
 L’ha con me.)
 VASTARELLA
1535Comme Fazio? Che nce passe?
 (Qua mbruoglio è cchisto.)
 EUGENIA
                                                   Basta dir, ch’ei venne
 Qui in mal punto per me. Sorte!
 VASTARELLA
                                                             Ma io
 Non te decette: a cchisso
 No nce mette penziero?
 EUGENIA
1540Si bene, ed io ma il tutto
 Non posso palesarti.
 VASTARELLA
                                        (Io t’aggio ntesa
 Senza che te palise: chesta è ccotta.)
 EUGENIA
 Vuol, ch’io soffrisca, e taccia
 Il mio crudel destino.
 FAZIO
1545(Torniamci ad accostar pianin pianino.) (Fazio va per accostarsi ad Eugenia, se n’accorge Vastarella ed egli si ritira; e farà ciò fino a tanto, che non accorgendosi Vastarella, egli si mette di nascosto ad ascoltare vicino ad Eugenia.)
 EUGENIA
 
    Se parlar potessi, o Dio!
 Si farebbe men tiranna
 Quella pena, che mi affanna,
 Darei sfogo al mio dolor.
1550   Ma ’l mio fato acerbo, e rio,
 Per negarmi ogni consuolo,
 Vuol, che solo
 Ne ragioni col mio cor.
 
 SCENA V
 
 VASTARELLA, e FAZIO col suo Servidore.
 
 VASTARELLA
 Chesta mme vo’ gabbà co parlà nzifera,
1555Ma no mme gabba cierto; e non vo’ dicere,
 Ca è ncappata già co lo si Fazio.
 Se piglia scuorno: perché stammatina
 Ave fatta co mmico la schefosa.
 FAZIO
 Io non potei capirne nulla, hai forse (al servidore.)
1560Tu capito qualcosa?
 VASTARELLA
                                       Abbesognante,
 Ch’io mo’ stia ncellevriello
 Co cchisto cca: è no locco, e s’abbarruca
 Mo’ cca, e mmo’ llà e mmo’ ddo’ è gghiuto? (guarda nel luogo dove stava ritirato Fazio, e non trovandocelo si volge all’altra parte.)
 FAZIO
                                                                                 Io credo (al servidore.)
 Cioè
 VASTARELLA
            Vuje lloco state?
 FAZIO
1565Cioè
 VASTARELLA
            Ah bene mio!
 Vi’ si è comme dich’io.
 FAZIO
 Appunto, ed io l’ho detto a questa bestia. (mostrando il servidore.)
 VASTARELLA
 Che nc’entra chisso? è ppropeo, ca ve tira
 Lo Masto Tonno lloco.
 FAZIO
                                          L’hai tu inteso? (al servidore.)
 VASTARELLA
1570Ll’aggio visto, ch’avivevo la tranola
 Mo’ nnanze p’accostareve.
 FAZIO
 Lo senti? Io non dovea star qua, dovea
 Star là, là sì, imbriaco: andiamo là. (e s’avvia per andare dove stava prima ritirato.)
 VASTARELLA
 Ma chisto è mmuodo de mme coffeà.
 FAZIO
1575Io no cioè
 
 SCENA VI
 
 MOSCA, e i suddetti.
 
 MOSCA
                     Ah Sio cioè, Osseria
 Veneze cc ape coffeà le ffemmene?
 FAZIO
 Cioè
 MOSCA
            Tu c occhi pesta
 T’aje da nzorà?
 FAZIO
                               Cioè
 MOSCA
                                          La Fraschetana,
 Non saccio che
 FAZIO
                              Cioè
 MOSCA
                                         Dapò attaccaste
1580Co cchesta cca
 FAZIO
                             Cioè
 MOSCA
                                        Po te pegliave
 La sia Cammilla llà
 FAZIO
                                      Cioè
 MOSCA
                                                 Po lasse
 A cchella, e ttuorne a cchesta
 FAZIO
 Cioè
 MOSCA
            Mo’ chesta cca vuoje coffeare
 FAZIO
 Cioè
 MOSCA
            E nzomma
 FAZIO
                                  E lasciami parlare. (alterandosi.)
 MOSCA
1585Che buoje parlà? Lo ssaje, ca tutta Puortece
 Tu aje puosto sottasopra?
 Lo ssaje, o no lo ssaje? (gridando forte.)
 VASTARELLA
                                            Ah Mosca, Mosca,
 Che baje trovanno ne?
 MOSCA
                                            Vago trovanno
 De fa a ppunea.
 FAZIO
                                (Lacchè, non ti partire.)
 VASTARELLA
1590E non porrisse ire
 A Napole, a ffa a ppunia
 Llà con Pontannecchino?
 Vi’ che scapizzacuollo, malantrino!
 MOSCA
 Oje forcelluta
 FAZIO
                            Dico (con bravura.)
 MOSCA
                                       Che ddice, facciammo. (gridando.)
 FAZIO
1595Bassa la voce.
 MOSCA
                            Vascia tu le mmano.
 VASTARELLA
 Vedi’, vedite!
 FAZIO
                            Io sono Fazio Tonti.
 MOSCA
 E io so’ Mosca.
 FAZIO
                              Io sono galantuomo.
 MOSCA
 E io so’ ffiglio all’azzejune meje.
 VASTARELLA
 Ah si Fa’, co no lazzaro te miette!
 MOSCA
1600Chi è lazzaro?
 FAZIO
                             Se tu non hai creanza.
 Io ti rompo la capo
 Cioè la testa: intendi?
 MOSCA
                                           Io te schiaffeo,
 Cioè te nnaccareo,
 Lo ssaje?
 FAZIO
                    Dammi la spada.
 MOSCA
                                                     E tu nne vuoje. (Fazio vuol prender la spada dal servidore, questi non gliela dà, ma la cava egli fuora contra Mosca; Mosca intanto va a prendere uno scanno, che sta avanti la Bottega di Vastarella.)
 VASTARELLA
1605Ah mara me!
 FAZIO
                            Dammi la spada: voglio
 Ammazzarl’io.
 MOSCA
                              Palata stroppeata, (al servidore.)
 Tira, ti’, se si’ ommo.
 VASTARELLA
                                         Curre ccane,
 Sia Cammilla.
 
 SCENA VII
 
 CAMILLA, ed i suddetti.
 
 CAMILLA
                             Fermate,
 Fermate pur: via su.
 MOSCA
                                        Venette chesta (al servidore.)
1610Attiempo.
 FAZIO
                      Metti dentro quella spada.
 CAMILLA
 Cosa ebber mai?
 VASTARELLA
                                  Aje da sapè
 MOSCA
                                                          Uscia saccia
 FAZIO
 Cioè
 MOSCA
            Pe ccaosa vosta tutto è stato.
 CAMILLA
 Come per mia cagion?
 MOSCA
                                            Chillo, co ttutto,
 Ca v’è marito già, puro co cchesta
1615Fa li gatte felippe; e sta schefienzea,
 Senza portà respetto a llosseria,
 Nce connescenne a ffa la guittaria.
 VASTARELLA
 A mme?
 CAMILLA
                   (Viene Alessandro a questa volta;
 Viene attempo.) Partite (accorgendosi che vien di lontano Alessandro.)
1620Voi di qua; vo’ con Fazio
 Tagionar di tal fatto
 Da solo a solo.
 MOSCA
                             Comme oscia commanna.
 (E cche so ppazzo, che mme ne vogl’ire?
 Sento da cca dereto.) (si nasconde dietro un vicolo.)
 VASTARELLA
                                          (A cchi? da dinto
1625A la Poteca voglio sta a sentire.) (si nasconde dentro la sua Bottega.)
 
 SCENA VIII
 
 CAMILLA, e FAZIO col servidore, dopo ALESSANDRO in disparte.
 
 FAZIO
 (al servidore.) (Che vorrà dirmi? Rpigliar volesse
 I trattati nuziali? non puot’essere?
 E perché no?)
 CAMILLA
                             Io vo’, che in sua credenza
 Si mantenga Alessandro
1630Delle mie nozze con costui. Non sempre
 Verrà attempo Ridolfo.
 ALESSANDRO
                                             È qui Camilla.
 E colui chi mai fia?
 CAMILLA
                                      Dunque sì poco
 Prezza Fazio il mio amore?
 FAZIO
                                                    (Che t’ho dett’io?) (al servidore.)
 ALESSANDRO
 (Il mio Rivale è questo.)
 CAMILLA
1635Un, che deve impalmarmi, ha spirto, ha core
 Di tradirmi così? Barbaro, ingrato!
 FAZIO
 (Che t’ho dett’io, visaccio d’impiccato?) (al servidore.)
 ALESSANDRO
 (Che favellare è questo? Il ver non disse
 Dunque Eugenia poc’anzi.)
 FAZIO
1640Signora, come che cioè: lei, quando
 Dal balcon voglio dir
 CAMILLA
                                        Già ti confondi,
 E che dirti non sai;
 Né scuse addur potrai. Come, inumano,
 Una vil donnicciuola
1645Fa scordarti di me?
 ALESSANDRO
                                       (D’Eugenia intende,)
 FAZIO
 Veda: la donnicciuola
 Cioè: ei non è vero: io sola lei
 Cioè lei sola
 CAMILLA
                         Eh si vuoi tu ingannarmi;
 Ma questo inganno, sappi
1650(Se così per te amor mi accese il seno.)
 Quest’inganno sarà la morte mia.
 ALESSANDRO
 (Ah che mi rode il cor la gelosia.)
 CAMILLA
 
    Pensa, ch’io t’amo, o caro,
 Che tu sei il mio diletto;
1655Non essermi sì avaro
 D’amore, e di pietà.
 (Quei smania per dispetto,
 Io godo, ed ho piacer.) (guardando Alessandro, il quale sta smaniando.)
    Inganno, e tradimento
1660Non merto io già da te;
 Saresti un rio tiranno,
 Sarebbe crudeltà.
 (Io credo, che tormento
 Più crudo ei non può aver.) (guardando Alessandro come sopra.)
 
 SCENA IX
 
 FAZIO col servidore, ed ALESSANDRO.
 
 ALESSANDRO
1665(Dunque tornar io debbo
 Alle mie pene antiche. Appena nato
 Per me un raggio di speme, e di conforto,
 O mia sventura! è morto.)
 FAZIO
 Or che ti par, Lacchè? Non dissi io bene
1670Quest’oggi, che costoro eran le matte,
 E non già io? Sentisti? Questa muore:
 E quell’altra, cioè la Fraschetana,
 Se poco fa moriva,
 Moriva anche per me. Certo. È da ridere.
1675Ridi per vita tua Ma chi è costui? (si accorge di Alessandro, che con ciera torva lo guarda.)
 Mi guarda! che vorrà?
 ALESSANDRO
                                           (Cieli! quest’uomo
 A me contender debbe il mio contento?)
 FAZIO
 Lacchè vedi cioè (pauroso.)
 ALESSANDRO
                                  (Questo è tormento!) (e disperato parte.)
 
 SCENA X
 
 FAZIO col servidore, dopo VASTARELLA, e MOSCA.
 
 FAZIO
 Questo che mai vuol dir? Forse colui
1680Cioè Ah? come? (parla col suo servidore.)
 VASTARELLA
                                  (Non abburla cierto
 La sia Camilla; mo’ lo torno a pperdere
 A cchisto cca senz’autro.
 MOSCA
                                              Or io ti dico,
 Che qui per me vi è qualche brutto intrico.
 VASTARELLA
 (Io voglio scanaglià Ma chillo mpiso (si avvede di Mosca.)
1685Sta llà: n’è ccosa mo’) (si ritira di nuovo.)
 MOSCA
                                           Volea l’amica
 Parlà a cchillo, m’ha bisto, e ss’è tenuta;
 Mme nce voglio spassare. (e si ritira anch’egli.)
 FAZIO
                                                  Il mio sospetto
 Non è vano: cioè, puot’esser questo,
 Puot’esser quello ancora, ed esser ponno
1690E cento, e mille cose
 Tutte pericolose. Mi ha guardato
 Infuriato poi si è disperato
 Poi se n’è andato io sono qui restato
 La cosa non mi va. (Vastarella torna ad uscire, e torna ad uscire in tempo anche Mosca.)
 VASTARELLA
                                      (Vedimmo mone
1695E mmanco se n’è gghiuto: (si accorge do Mosca.)
 Che te nne puozze ì co le stanfelle.) (si ritira di nuovo.)
 MOSCA
 (Che ggusto bene mio!
 Nuje farrimmo tutt’oje ste gguattarelle.) (si ritira.)
 FAZIO
 Io poi discorro, e dico: e l’argomento (parla col servidore.)
1700È chiaro. Il gran periglio,
 Che per la Fraschetana
 L’amico mi dicea capisci? Forse
 Qualch’altro Cicisbeo
 Da Camilla chiarito
1705Capisci? Io ho capito; un butto scoglio
 È per me questo! Il cor sta titubante,
 Cioè mi vedo in mezzo a un brutto imbroglio.
 
    Sono appunto un Pastorello
 Dentro a un orrida boscaglia;
1710La gramaglia, e l’ombre nere
 Gli orsi, i lupi, e le Pantere
 Il timor, cioè la paura
 Pastorello miserello!
 Palpitando il cor mi sta.
1715   Chi mi aita, e m’assicura?
 Vado resto torno giro
 Guardo miro
 Miserello Pastorello!
 Che far debbo, e che sarà? (mentre Fazio dirà la sudetta aria, Vastarella uscirà più d’una volta per parlarli, e più d’una volta in tempo uscirà Mosca, come sopra; e poi l’una, e l’altro, come sopra, si ritireranno.)
 
 SCENA XI
 
 VASTARELLA, e MOSCA.
 
 VASTARELLA
1720Oh! chillo se nn’è gghiuto. (vedendo, che non vi è Fazio.)
 MOSCA
                                                   Oh! se l’ha coveta.
 Nzomma jette, e benette,
 E lo tiempo perdette.
 VASTARELLA
                                          Chest’è quanno
 Co no malajenimma s’ha da fare.
 MOSCA
 T’aggio da peglià proprio a cconzomare.
 VASTARELLA
1725Eh pò esse che nno.
 MOSCA
                                       Eh po esse che ssì.
 VASTARELLA
 E ba ca mo’ mme schianto.
 A DUE
 Da cca a bello vedere no nc’è ttanto. (entrano.)
 
 SCENA XII
 
 CAMILLA, ed EUGENIA.
 
 CAMILLA
 Io non so qual più debba
 Mezzo tener, perché Alessandro affatto
1730Si distragga da me. Posso far altro?
 Fingo (e lo fido a te) che impalmar devo
 Già quel folle di Fazio: in tempo, ch’io
 Né men sognai tai nozze.
 EUGENIA
                                                Io ben accorta
 Mi son di tal inganno.
 CAMILLA
                                           Ed ojemè quanto
1735Tal inganno mi costa!
 Ridolfo
 EUGENIA
                 Il tutto io so; ma non mancai
 Io di farlo ricredere.
 CAMILLA
                                        Ed il tempo
 Perdesti: non è ver? Ei va trovando
 Scuse a sua crudeltà, perché ostinato
1740È nel tuo amore.
 EUGENIA
                                 Ei semina,
 Quanto a me, in su l’arena; e può sicura
 Esser di ciò Camilla; ah di Camilla
 Sicura così fosse
 Quella dolente, che martirj acerbi
1745Soffre per Alessandro.
 CAMILLA
                                           O che favella!
 Io lo prometto a te: puoi tu a costei
 In mio nome giurarlo.
 EUGENIA
                                           Or, se volete
 Stringer quell’importuno: allor, ch’ei viene
 Di nuovo ad annojarvi,
1750Eugenia nominate:
 La fé li rinfacciate,
 Che in Roma a quella ei diede:
 Rinfacciategli ancor, ch’ella, da lui
 Abandonata, venne,
1755Per seguirlo, fin qua: gli obblighi suoi,
 L’onor di quella misera
 CAMILLA
                                             E che ascolto!
 Alessandro può dunque
 EUGENIA
                                              Egli già viene:
 Uopo è, ch’io mi ritiri. (A mali estremi
 Usar rimedj estremi ancor conviene.) (entra.)
 
 SCENA XIII
 
 CAMILLA, ed ALESSANDRO, dopo EUGENIA, che ritorna.
 
 CAMILLA
1760Tanto oprò quel malvagio! e tanto asconde
 In suo maligno core!
 ALESSANDRO
                                        Io non credea,
 Ch’uomo così malfatto,
 Qual egli appunto è Fazio: un scimunito,
 Un oggetto di riso,
1765Di Camilla poteva
 Farsi oggetto gradito; e fu possibile,
 Che per tal uom negasti
 Tu ad Alessandro amore?
 CAMILLA
                                                 Io non credeva,
 Che un uom così perverso,
1770Qual’è Alessandro appunto, ardito avesse
 Da me chiedere amor. Che? tu non sai
 Di qual fallo sei reo?
 ALESSANDRO
                                        E in che mancai?
 Bella, io sempre per te
 CAMILLA
                                            Di me tu intendi,
 Ma io d’altra ti parlo.
 ALESSANDRO
1775E di chi parli? (o Dio!)
 CAMILLA
                                            Parlo di quella,
 Che tu sì ingiustamente
 Dal tuo cor discacciasti;
 Empio, di quella parlo,
 A cui fede giurasti.
 ALESSANDRO
1780Ma di chi mai
 CAMILLA
                             Ti parlo
 D’Eugenia, sì d’Eugenia, a cui convenne
 Fin di Roma seguirti.
 ALESSANDRO
 Come
 CAMILLA
               Dimmi, inumano,
 Tal inganno si fa? Così in non cale
1785L’onor da te si mette? E così poco
 Stimi tu le promesse, e i giuramenti?
 Poi da me chiedi amore?
 Con tal faccia, e tal fronte? E vanne: ch’io
 Amar non so un spergiuro, un traditore. (via.)
 ALESSANDRO
1790Misero! e che mi accadde? E da chi mai
 Tanto seppe costei?
 EUGENIA
                                       Da Eugenia il seppe:
 Da Eugenia sì, che stanca
 È omai più di soffrire;
 E da Eugenia ancor altri
1795Il risapranno; se finora io tacqui,
 A tutto il mondo or voglio
 Palesare i miei torti,
 Tua perfidia far chiara;
 Vedrem se impallidisci,
1800O se almeno arrossisci; e, se la sorte
 Non farà pur così, che tu ti scuota,
 Mi darò al fin colle mie man la morte. (via.)
 
 SCENA XIV
 
 ALESSANDRO.
 
 ALESSANDRO
 Lasso, che sento in me! qual freddo gelo
 Per le vene mi scorre al sangue misto!
1805E qual foco crudele, a un tempo istesso,
 Mi avvampa, e mi divora! Ah che in tumulto
 Sono i pensier sconvolti, in guerra fiera
 È quest’alma agitata.
 Che udj, chi mi parlò? Quai voci amare
1810Mi risuonano al cor per mio tormento,
 E mi colman d’orrore, e di spavento?
 
    Il rimorso, ed il dispetto,
 Ahi che scempio fan di me!
 Sento, oimè!
1815Chi ’l mio fallo mi rinfaccia;
 Veggo, o Dio!
 Chi mi fugge, e mi discaccia;
 Ed affanno ogn’un mi da.
    Fatto son pietoso oggetto:
1820Ma pietà se poi chied’io,
 A me niega ogn’un pietà.
 
 SCENA XV
 
 MOSCA, dopo VASTARELLA.
 
 MOSCA
 Io creo, ca Vastarella
 Ancora esce, e ttrase,
 Pe gghì a pparlare a Fazio. E cche corrivo
1825Che le facette!
 VASTARELLA
                             E ancora ronneanno
 Jate da ccane?
 MOSCA
                              E ttu che buo’? che ffusse
 Patrona de la chiazza.
 VASTARELLA
                                          Vi’ che ffreoma
 Che nce vo’!
 MOSCA
                          Ch’aje da fare.
 VASTARELLA
                                                       Ora abbesogna, (trase.)
 Ch’io penza a ccase mieje;
1830So’ gguaje gruosse pe mmene: io sto a ppericolo
 De restà senza ll’uno, e senza ll’autro.
 MOSCA
 Ched’è? Se fa lo cunto co le gghiejeta.
 Malaria a Baja!
 VASTARELLA
                               Che speranza io pozzo
 Cchiù avè pe Fazio? Chisto arrasso sia!
1835Stace co mmico, che mm’accedarria:
 Torno a ddi’: so gguaje gruosse.
 MOSCA
 E cquanto vervesea!
 VASTARELLA
                                        Venga la peste
 A lo si Fazio, e cquanno maje nce venne;
 Steva soperchia bona comme steva.
 MOSCA
1840Comme sta ntossecata! L’è ssocciesso
 Comme soccesse a lo cano d’Asuopo.
 VASTARELLA
 Io mo’ che ffaccio?
 MOSCA
                                     Io voglio sta a bedere
 A cche s’ha da resorvere.
 VASTARELLA
 Ora cca no nc’è autro;
1845È nnecessario, che mme cocciolea
 Co cchisto n’autra vota.
 MOSCA
                                             Chesta lloco
 S’ha da tornà senz’autro
 A rremescà co mmico.
 VASTARELLA
                                           Ma io dubbeto,
 Ca sarrà tiempo perzo.
 MOSCA
                                            Ma po’ essere,
1850Che mmanco se nce metta.
 VASTARELLA
                                                    È assaje stezzato
 Chillo co ffatte mieje.
 MOSCA
                                          Essa già sape
 Chello, che mm’ave fatto.
 VASTARELLA
 Perrò e ffacele puro, che non sia
 Tanto, quanto io mme penzo.
 MOSCA
1855È ffacele perrò, che se ne venga
 Comme maje tale cosa fosse stata.
 VASTARELLA
 Si mm’ha portato affetto, n’ha potuto
 Passarle accossì priesto.
 MOSCA
 Sta cancara lo ffa: c’ha avuto facce
1860De farl’oje n’autra vota.
 VASTARELLA
 Nce ne sarrà no poco; e na sghezzella
 Che nce stace, lo puorco è lo mio.
 MOSCA
 Ora vi’ che ddich’io: s’essa ha sso stommaco,
 Io la perdono, e ttorno ad attaccarece.
 VASTARELLA
1865Via su anemo, e ccore. (s’accosta verso Mosca.)
 MOSCA
 Mmalora! già s’accosta! Io ch’aggio ditto?
 VASTARELLA
 Ahù Mosca, ahù Mosca ne?
 MOSCA
                                                    (Che ttrasetora!)
 VASTARELLA
 Veramente nuje femmene
 Simmo troppo coll’uommene!
 MOSCA
1870(Statt’a ssentire.)
 VASTARELLA
                                   Quanta nne facimmo,
 Quanta ne machenammo, nzanetate!
 Mmeretarriamo sempe
 D’essere mazzeate.
 MOSCA
 (Vide si la vuoje meglio.)
 VASTARELLA
                                                 Io po nfra ll’autre,
1875Che sso’ la cchiù marvasa, e la cchiù ttrista.
 MOSCA
 (N’autra cchiù mareola addo’ s’è bista?)
 VASTARELLA
 Veccote mo’ sto poverommo
 MOSCA
                                                      (Ah ah.)
 VASTARELLA
 Mme volea tanto bene
 MOSCA
 (Se se.)
 VASTARELLA
                  E mme ne vole,
1880Sì: mme ne vole a cconfoseone mia;
 Già lo beo.
 MOSCA
                       (Chesto mo’ se credarria?)
 VASTARELLA
 Ed io briccona, facce senza scuorno,
 Lo cagno, lo tradesco
 Pe cchi? Pe no taluorno! Io mo’ che mmereto?
1885Na rotta d’ossa; e ppuro sarria poco.
 MOSCA
 (Che rrettoneca ne? Ora mo’ chessa
 Non sarria bona a ffa la dottoressa?)
 VASTARELLA
 S’io mo’ vago addo chillo,
 E le dico: perdoname, perdoname
1890Mosca mio caro; no lo ffaccio cchiune;
 Chillo llà pe rresposta
 Mme dà no caucio mpietto; io mme lo tengo,
 E le vaso lo pede.
 Ma accossì ba: mme faccio (parlando con Mosca.)
1895Io stessa la connanna; io so’ mmancata.
 MOSCA
 Tu si’ mmalora negra!
 Vattenne va, ca t’aggio perdonata.
 VASTARELLA
 Da vero? o Mosca mio, Mosca mio bello!
 MOSCA
 Saie cchiù ttu, che non sape farfariello.
 VASTARELLA
 
1900Io vorria, che mme decisse
 Mpietto a tte mo’ chi nce sta.
 
 MOSCA
 
 Che ddecisse io mo’ vorria
 Chi nce sta mo’ mpietto a tte.
 
 VASTARELLA
 
 Mareonciello
 
 MOSCA
 
                           Mareoncella
 
 A DUE
 
1905Nce staje tu, chi nce vo’ sta?
 
 VASTARELLA
 
 E llà ddinto io che nce faccio?
 
 MOSCA
 
 Che nce faccio io mo’ llà ddinto?
 
 VASTARELLA
 
 Lazzariello
 
 MOSCA
 
                       Lazzarella
 
 A DUE
 
 Staje lo core a mmartellà.
 
 MOSCA
 
1910Ah feglio’
 
 VASTARELLA
 
                     Ah fegliu’
 
 A DUE
 
 No cchiù, no cchiù:
 Ca mme faje addebbolì.
 Uh sta cosa mo’ ched’è?
 
 MOSCA
 
 Sento cca ccomme nce stesse
1915Na caudara, che bollesse. (si tocca in petto.)
 
 VASTARELLA
 
 E io puro, mara me!
 
 MOSCA
 
 Siente, siente lo remmore
 De lo vullo, nzanetà!
 
 VASTARELLA
 
 Non di’ niente: sto remmore
1920Se nce sente puro cca.
 
 A DUE
 
 Nn’è cca ddinto no gran fuoco,
 Chesso lloco vene a ddi’.
 
 SCENA XVI
 
 EUGENIA.
 
 EUGENIA
 Che ne dici, o mio cor? Tornerà a noi La bella antica calma,
 O a tempesta implacabile
1925Il destin ne condanna?
 Se ’l desio non m’inganna,
 Parmi, che ’l cor risponda:
 Non affliggerti più, ch’è già vicina
 La calma, che sospiri;
1930e la speranza
 Par, che ’l confermi. Ah forse ebber potere
 I detti di Camilla, e i detti miei
 Su quell’alma rubella.
 Deh non mi lusingar, speranza bella.
 
 SCENA XVII
 
 RIDOLFO, MOSCA, ed EUGENIA in disparte.
 
 RIDOLFO
1935Come negar mi vuoi ciò, ch’io stamane
 Con quest’orecchi intesi?
 MOSCA
                                                 Uscia sentette
 Na boscia bella e bona.
 RIDOLFO
                                            Adunque a Fazio
 Bugia narrasti tu.
 MOSCA
                                   Gnorsì, ma primmo
 De me nce l’avea ditto Vastarella,
1940Zoè co ntesa mia;
 Fu mmenzeone nosta pe scroccare
 Quaccosa a cchillo locco.
 RIDOLFO
                                              E Vastarella
 Non mi avvisò di questo.
 MOSCA
                                                Io mo’ non saccio;
 Saccio, ch’accossì ba: la Fraschetana
1945Non s’ha sonnato maje
 De volè bene a cchillo nzemprecone.
 
 SCENA XVIII
 
 ALESSANDRO, e CAMILLA, e poi VASTARELLA, che stanno ad ascoltare, EUGENIA che si fa avanti, RIDOLFO, e MOSCA.
 
 EUGENIA
 Che si dice di me?
 RIDOLFO
                                     Si dice appunto,
 Che a te l’amor di Fazio
 A torto io rinfacciai; sì che menzogna
1950Io ti dicea; ma detta
 Anche a me fu menzogna; or, che del vero
 Io sono inteso, o quanto,
 Quanto m’incresce, che cagion ti fui
 Di colera, e disgusto!
1955Quindi
 ALESSANDRO
                 No, non poteva
 A tal fiamma dar loco: Ella in suo core
 Un altra ne ascondeva,
 E più bella, e più cara; anch’io motivo
 Da tuoi detti oggi presi
1960Di sospettar di lei; ma ben avvisto
 Mi son, ch’ogni sospetto è più, che vano.
 Bella, troppo soffristi
 Tu per me, troppo ingrato
 Io per te fui: a un troppo
1965Desir cieco il condona or, che già ogni altro
 Amor sparso d’oblio,
 All’antico amor tuo torna il cor mio.
 EUGENIA
 O Dio! e qual contento
 Inaspettato è questo?
 RIDOLFO
                                          Oimè! deh come
 CAMILLA
1970Forse Eugenia è costei: quella, che in Roma
 ALESSANDRO
 Sì quella appunto, ch’io già in Roma amai,
 Quella, che ingiustamente abandonai:
 Donna di civil grado, e non già serva,
 E Villana qual sembra.
 VASTARELLA
                                            Ora vedite!
1975Tutto chesso nce steva?
 MOSCA
                                             E io fuje astroleco
 Quanno deze a rrentenne a lo si Fazio,
 Ca chesta lloco steva accossì ncogneta.
 CAMILLA
 Or che fa più Ridolfo? A che non volge
 Suo cuore a me?
 VASTARELLA
                                 Ma comme? e lo si Fazio?
 RIDOLFO
1980Che Fazio? fu un inganno. (a Vastarella.) Hai tu sofferto
 Anche troppo per me; io già mio core
 Ecco a te volgo. (a Camilla.)
 CAMILLA
                                Ah consolommi amore.
 
 SCENA XIX, Ed Ultima.
 
 FAZIO col Servidore, e tutti i suddetti.
 
 FAZIO
 Cioè io vo’ vedere
 MOSCA
                                    Attiempo attiempo
 Sto Mateleco, te.
 VASTARELLA
                                 Sio Fa’, aje perdute
1985Le nnammorate toje.
 FAZIO
                                         Cioè
 VASTARELLA
                                                    Non vide?
 Co sti Segnure già se so’ sposate.
 FAZIO
 Buon pro li faccia; ed io
 MOSCA
                                              E ttu può ire
 A ccarreà ossa a lo Ponte.
 FAZIO
                                                Io voglio
 Vastarella.
 MOSCA
                       Cioè
1990Chella non vole a tte, ca vole a mmene.
 FAZIO
 È ver?
 VASTARELLA
                Cioè gnorsine.
 FAZIO
                                             Adunque io posso
 Ritornarmene a Napoli?
 Va ben, va metti all’ordine il Calesse.
 MOSCA
 Te nne può ire a ppede quanno vuoje,
1995Ca io mo’ no stongo accommeto.
 FAZIO
                                                             Ma come?
 RIDOLFO
 No, no: per qualche giorno
 Si tratterrà con noi.
 ALESSANDRO
                                       Sì sì: de’ nostri
 Contenti a parte sia.
 FAZIO
                                        Oh mille grazie!
 ALESSANDRO
 Bella, contenta sei? (ad Eugenia.)
 RIDOLFO
                                       Cara, sei paga? (a Camilla.)
 EUGENIA
2000Non ho più, che bramare.
 CAMILLA
 Più desiar non so.
 EUGENIA
                                    Soffersi molto,
 È vero sì.
 CAMILLA
                     Molto soffersi, è vero.
 EUGENIA - CAMILLA
 Ma grata Amor mi diè poi ricombenza.
 ALESSANDRO - EUGENIA - RIDOLFO - CAMILLA
 E veramente Amor Vuol Sofferenza.
 VASTARELLA - MOSCA
 
2005Ha da zoffrire
 Lo Nnammorato,
 Si vo’ gaudè.
 
 TUTTI GLI ALTRI
 
 Sì: che al soffrire
 Amor poi grato
2010Rende mercé.
 
 
 
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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