Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Amore ed amistade, Napoli, a spese di Nicolò di Biase, 1742
 a cura di Luigi Caiazza
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 D. GIANCOLA, e poi ORTENZIO, e CAMILLO.
 
 D. GIANCOLA
 Doppo tanta desgrazie, allommacaro
 So state puntuale li Frostiere.
 Quanno so ghiuto ngoppa
 Aggio trovata Fravia,
485Che metteva la Tavola, e Laurella
 Che frejea cierto pesce,
 Che ll’anno regalato li milorde;
 Ora lassammo fà: se mme riesce
 Mme le boglio fà ammice
490Sulo pe bennecareme
 De chillo lazzarone, che mmò nnanze
 Mm’hà dditte tanta ngiurie. Sti Frostiere
 So guappe. Ma mo veneno,
 Te le bboglio abbottà de ceremoneje.
 ORTENZIO
495Addio, Signor Giancola.
 D. GIANCOLA
                                              O Signor mio
 Devoto devotissimo;
 E all’autro mi Signore,
 Che quì state umilissimo,
 Le faccio ciente chellete.
 CAMILLO
500(Stà assai di buono umor) servo obligato.
 D. GIANCOLA
 E ca uscia vò abborlà: cò mille ncrine
 Li dedico l’opprobrj
 De no crejato vuosto, che songh’io.
 (Fuorse faccio accossì lo fatto mio.)
 CAMILLO
505Ortensio, or che mi sembra
 Costui di buona tempra: il concertato
 Potrem mettere in opra. (piano frà loro.)
 ORTENZIO
                                                A tuo piacere
 Disponi pur. (che il prolongar non giova.)
 D. GIANCOLA
 (Songo restate amisse
510Da tanta ceremonie
 Le boglio cchiù confonnere.) si v’aggio
 Mo da servire à nniente, supprecateme,
 No ve pigliate scuorno.
 ORTENZIO
                                            I grandi eccessi
 Di vostra cortesia
515Or l’ardire ci danno
 Di poterla pregar: Due nostri amici,
 Che in Napoli dimorano,
 Brameriano l’onore
 D’apparentar con lei.
 D. GIANCOLA
                                         E comm’à dicere?
 ORTENZIO
520Delle vostre Sorelle,
 Che son già da marito
 Vivono innamorati; Onde desiano
 Con il vostro consenso
 Divenirne consorti.
 D. GIANCOLA
                                      (Aimme! che brutto
525Pinolo è cchisso!) Veda Patron mio
 Abbesogna sapere,
 Chi so ssì galantuommene?
 CAMILLO
                                                     Si chiama
 Ortensio l’un, l’altro Camillo.
 D. GIANCOLA
 Chiano; questi nommi politi
530Pe nuje autre non fanno; s’io mme chiammo
 Giancola, chi hà da essere
 Parente mio s’hà da chiammà Giampietro
 Giammatteo, ò a lò mmanco Peppo, ò Tonno
 E nn’anze se nce mette pò lo ddonno.
 ORTENZIO
535Eh queste circostanze
 Non sono essenziali
 D. GIANCOLA
                                       E che ve burlo!
 Songo essenzealisseme. Crediteme
 Ca li postere mieje
 Fujeno tutte accossì.
 CAMILLO
                                        Forse antenati
540Vuol dire?
 D. GIANCOLA
                       Sì Segnore
 Cajenate, e ppe stò fatto
 Nò ve pozzo servì.
 ORTENZIO
                                    Come non puoi?
 Sai con chi ti cimenti?
 D. GIANCOLA
 (Bonora! mo se nfada) volea dire
545C’abbesogna peglià lo benepraceto
 De le Fegliole mprimmo.
 ORTENZIO
                                                Si conceda
 Picciol tempo à pensar. Ma poi risolvi
 D’appagar la richiesta.
 D. GIANCOLA
 (Abbonammolo nnante che se mpesta)
 
550   Non nce vo autro,
 Io già considero,
 Ch’è necessareo,
 De fà co Ardenzio
 E cco chill’autro
555Lo Matremmonio;
 Ma nc’è no taccolo,
 Nce stà no vincolo
 Chiano lassateme
 Meglio pensà.
 
560   (Quanno scajenzano
 Quanno nnabbissano.)
 Tiempo à resorvere
 Si state commete
 N’avimmo à Napole
565Comme Ah... pepitola
 Se cchiù ve repreco.
 (Mo n’aggio propio
 Chiù che nce fà.)
 
 SCENA II
 
 ORTENZIO, e CAMILLO.
 
 CAMILLO
 Se non m’inganno, Amico,
570Parmi d’essere in Porto. È molto vile
 Lo spirito di costui. Onde potremo
 Facilmente ottenerne il nostro intento.
 ORTENZIO
 Ciò cche reca contento,
 Spesso il nostro pensiero
575Lo figura vicino. E spesso ancora
 Con un falso piacer s’inganna allora.
 CAMILLO
 Perché parli così?
 ORTENZIO
                                   Ma come puoi
 Fidarti al genio strano
 Di costui ch’è stravolto? E chi t’accerta
580Degli affetti di Flavia? Ai tu il possesso
 Forse dell’amor suo?
 CAMILLO
                                         Ella benigna
 Mi accolse. In qualche modo
 Mi lusingò co i sguardi: e ancorché il labro
 Non parlasse d’amore.
585Segno però non die del suo rigore.
 ORTENZIO
 Ma non basta ò Camillo. Ignaro affatto
 Sei nell’arte d’amar. Non ti fidare
 A un sguardo lusinghiero,
 Ad un labro, che tace.
 CAMILLO
590Di togliermi la pace
 Tu ti lusinghi invano, a te fidai
 Tutto il destino mio. Tu che possiedi
 Di Laura il cor, del Idol mio l’affetto
 Assicurar mi puoi.
 ORTENZIO
                                     Oh Dio! che dici?
595Come potrò
 CAMILLO
                         Non più: pensaci Amico:
 Sempre cara sarà qualunque sia,
 Se dipende da te la sorte mia.
 
    Ti fida quest’alma
 Gli affetti del core:
600D’Amico l’amore
 Ti parli per me:
 
    In mezzo alla calma
 Dirò, che tu fosti.
 Mia lucida Stella.
605Mercede sì bella
 Sol degna è di te.
 
 SCENA III
 
 ORTENZIO, e poi URZOLINA dal Giardino.
 
 ORTENZIO
 Barbaro Ciel vorresti
 Avvilirmi così: Ma ancor non hai
 Strali bastanti onde atterrirmi. Hò spirto
610Maggior de mali miei: alfin vedrai,
 Che ad onta de tuoi sdegni
 So vincere me stesso,
 E sprezzar l’ira tua.
 URZOLINA
                                      Songo storduta,
 A contrastà co chella Vecchia. Voglio
615Peglià no poco d’aria, e bedere
 De parla à Jennarone: Uh maramene!
 Ncè stà chillo Frostiero,
 E stace penseruso.
 ORTENZIO
                                     E pure io provo
 Di più contrarj affetti
620Un conflitto nel sen.
 URZOLINA
                                       Vorria no poco
 Spassarme. Mà chi sà fosse vregogna
 De parlare coll’Uommene
 Mo che stò sola! E pure
 Me nce voglio provà. Bello Segnore
625Pecchè state à cossì? ccà state à spasso
 Besogna stare alliegro: e sì v’avimmo
 Da servire à quaccosa
 Commannatece
 ORTENZIO
                                Molto
 Obligato tu sei, e al par dimostri
630Grazia, e beltà.
 URZOLINA
                               Besogna
 Esse de bona grazia: ca cierte
 Che co lo musso astrinto
 E coll’uocchie appannate
 Fanno le contegnose vasta, vasta
635non serve à passà nnante.
 ORTENZIO
                                                 E spiritosa
 Il tuo nome qual’è?
 
 SCENA IV
 
 JENNARONE, che và per uscire dall’osteria, e si ferma in disparte, e detti.
 
 URZOLINA
                                      Segnò mme chiammo
 Urzolina.
 JENNARONE
                    (Ched’è! che bene à dicere
 Sto trascurzo? sentimmo.)
 ORTENZIO
                                                   Ai tù amorosi?
 URZOLINA
 Azzoè nnammorate? Uh chi lo tiempo
640Vo perdere co mmico?
 ORTENZIO
                                            Ah tu vorresti
 Esser lodata forse?
 JENNARONE
                                     (Mme pejace,
 Se và spalesecanno.)
 ORTENZIO
                                        Or dimmi, e pensa
 A parlarmi sincero; avreste mai
 Desio d’averne?
 URZOLINA
                                 E bia
645Mo site troppo corejuso.
 ORTENZIO
                                               Io voglio
 Saper la verità.
 URZOLINA
                               Già che bolite,
 Mo ve lo ddico; chesso piace a tutte
 O grosse, ò peccerelle, ò belle, ò brutte.
 JENNARONE
 (E mme facea la nzembrece!)
 ORTENZIO
                                                        Va bene,
650Cotesta tua prontezza
 Mi alletta, e m’innamora.
 JENNARONE
 (Cancaro mo se stregne.)
 URZOLINA
                                                Uh che boscia!
 Vuje site nnammorate
 De la sia Laura.
 ORTENZIO
                                E donde il sai?
 URZOLINA
                                                             Lo ssaccio,
655Ca v’aggio visto nziemmo
 Ji trascorrenno.
 ORTENZIO
                                E pure
 T’inganni; il mio pensiero
 Stà fisso in altro oggetto.
 JENNARONE
 (Chisso me fà crepà na vena mpietto.)
 URZOLINA
660Deciteme à lo mmanco
 A cchi volite bene?
 ORTENZIO
 Ciò serveria ad aggravar mie pene.
 
    Porto per man d’Amore
 Scolpita in mezzo al core
665L’immagine adorata.
 Tenta la sorte ingrata
 Di cancellarla: oh Dio!
 No non temer ben mio
 Costante io morirò.
 
670   Può bene il Ciel crudele
 Dividerci per sempre:
 Ma l’anima fedele,
 Sempre ti serberò.
 
 SCENA V
 
 URZOLINA, e JENNARONE
 
 URZOLINA
 Comme songo restata fredda fredda!
 JENNARONE
675Fuoco, Cardillo, fuoco
 Scarfame stà fegliola.
 URZOLINA
 Co cchi ll’aje Jennarò.
 JENNARONE
                                           Ll’aggio co ttico:
 Te compatesco.
 URZOLINA
                               A mme ste repassate?
 Co ste sgheresse à mme? Ch’aje visto fuorze
680Quacche ccosa de male?
 JENNARONE
                                              Uh che sproposeto!
 Tu che ssi tanto nsembrece; e non saje
 Quanta bene nce stanno? Allommacaro
 Mo te vaje sprattechenno.
 T’era venuto nghienno: E mme despiace,
685Ca si rrestata à mmeza scola.
 URZOLINA
                                                       Schiatta:
 Non avimmo da dà cunto à nesciuno.
 JENNARONE
 Attienne Figlia mia, non sia pe dditto.
 URZOLINA
 (Comm’è benuto attiempo:
 Pare, che ll’hà portato lo mmarditto!)
 
690   Mm’aje fatto peglià collera,
 Co ffareme sto tuorto:
 Ma t’aggio da fà mpennere
 Schiavizzo facce stuorto.
 Mo voglio fà la birbia
695Co cchi mme vene nnante
 Porzì co D. Giancola
 Aggio da sgargeà.
 
    (Dico accossì, ma sento
 Mpietto no gran tormiento
700Pecché le voglio bene.
 E isso lo crudele
 Puro mme fà arragià.)
 
 SCENA VI
 
 JENNARONE, e poi FLAVIA.
 
 JENNARONE
 Auh! va te fida a femmene,
 E di ca so fegliole,
705E sso de primma taglia! Mo lo Munno
 ? de n’autra manera.
 FLAVIA
                                         Gennarone,
 Dimmi; vedesti forse
 Ortenzio quì?
 JENNARONE
                             Chi mo? chillo Frostiero?
 FLAVIA
 Appunto.
 JENNARONE
                     Sì Segnora;
710Mo nnante è stato ccà: meglio era assaje
 Si no l’avesse visto.
 FLAVIA
 E perché mai?
 JENNARONE
                              E nò nghiate sapenno;
 Ca mm’hà fatta peglià na brutta papera.
 FLAVIA
 Dimmi, che cosa avvenne?
 JENNARONE
                                                   A di lo vero
715La cosa fuje nnozente:
 Ma io, che stongo scuotto
 La fece cremmenale.
 FLAVIA
 Spiegati meglio.
 JENNARONE
                                 Mo ve lo dico: steva
 Urzolina ccà ffora:
720Isso la pasteggiava, e nc’avea sfizio
 Io llò ppegliaje nzavuorio,
 E ffacette co chella pò na bbaja.
 FLAVIA
 Ma senza ben riflettere,
 Perché montare in colera?
 JENNARONE
725È lo vero, aggio tuorto;
 Ma quanno pò la varca è già baratata,
 Che buoje tenè na Cufece salata.
 
    No core mme decea
 Và chiano Jennarone!
730Che d’è ss’apprenzejone!
 Ccà ppò la gelosia
 Che botte arrassosia
 Zuffete (Ma che dico!
 Mo vommeco lo ntrico)
735Gniernò... gnorsì... Che ffaccio,
 Ntenniteme vuje mò.
 
    So n’aseno è lo vero.
 Ma quanno no pensiero
 T’annuvola, e te mpesta
740Tu stisso chiù non saje.
 Si ncielo, o nterra staje.
 Nò ssì chiù ommo nò.
 
 SCENA VII
 
 FLAVIA, e poi ORTENZIO.
 
 FLAVIA
 Di coteste follie
 Forza è, ch’io rida: E se più lieto avessi
745Il cor, potrei ben’io
 Tovare ogni momento
 Nelle sciocchezze altrui il mio contento.
 Ma d’Ortenzio il pensiero
 Fà tutto il mio diletto:
750E sol piacere ei può recarmi in petto.
 
    Quell’idea, che mi ravviva;
 E mi rende più gioliva.
 È l’idea del caro ben.
 
    Perché oh Dio! A me non viene
 
 SCENA VIII
 
 ORTENZIO, e detta, e poi LAURA dalla loggia.
 
 ORTENZIO
755Se sapessi il tuo bene,
 Or te lo recheria:
 FLAVIA
 Giungi a tempo à bearmi Anima mia.
 LAURA
 (Ecco Flavia, ed Ortenzio: io forse giungo
 A sincerar mia mente.)
 ORTENZIO
                                             Ah non è tempo
760Di sognati piacer. Fu forza ò cara
 Chiederti à D. Giancola
 Per isposa à Camillo.
 FLAVIA
                                         Oimè! che dici?
 ORTENZIO
 A renderti infelici
 Si prepara la sorte. Il mio dovere
765In tal guisa adempii.
 LAURA
                                         (Ah fù presago
 Il mio pensier!)
 FLAVIA
                                E qual risposta mai
 Indi ne ritraeste?
 ORTENZIO
                                   Il tuo consenso
 Ei sol si riserbò:
 FLAVIA
                                 Questo è quel passo
 Difficile per lui.
 ORTENZIO
                                Sì ma frattanto
770Fida l amico à me sua sorte; e vuole
 Che degli affetti tuoi
 Mallevadore io sia; mentre impegnato
 Ei con Laura mi crede.
 LAURA
 (Misero! e non s’avvede
775De suoi torti, e de miei.)
 FLAVIA
 Troppo Ortenzio tu sei
 Sollecito, e geloso
 Di cotesta amicizia; In te credea
 Un più tenero amor.
 ORTENZIO
                                        Ah tu mi uccidi
780Nel ragionar così.
 LAURA
                                   (Viene il Germano
 Unito con Camillo: Io vo calare:
 E di sì folle orgoglio
 In qualche modo or vendicarmi io voglio.)
 FLAVIA
 Taci, non più; Vien D. Giancola, e seco
785Camillo ancor. Parti, ch’al grande impegno
 Io sola vo restar. E l’amor tuo
 Mostrami in questo almeno.
 ORTENZIO
 Parto, ben mio, ma con l’inferno in seno. (parte non veduto da Camillo.)
 
 SCENA IX
 
 D. GIANCOLA, CAMILLO, FLAVIA, e poi LAURA
 
 D. GIANCOLA
 O Fravia manco male: e Laura puro
790Io ccà borria
 LAURA
                          Eccomi pronta.
 D. GIANCOLA
                                                        Attiermpo;
 Ca no cierto negozio
 S’ave da consurtà.
 CAMILLO
                                    (Della mia sorte
 Ora si tratta; Ah tu mi assisti amore.)
 FLAVIA
 Dite, che mai vi occorre?
 D. GIANCOLA
                                                Ora sacciate
795Ca questi miei Patroni
 Vogliono fare certi matrimonii,
 Ch’io no le stimmo buoni.
 CAMILLO
                                                  Come! voi
 Buoni non li stimate?
 D. GIANCOLA
                                          Io volea dicere
 Veda uscia Patron mio...
800Ccà senza vim, e meto
 S’hà da spronà la volontà: Per questo
 No le boglio atterrì.
 FLAVIA
                                      Chi son costoro,
 Che voglion trattar di quest’affare?
 D. GIANCOLA
 No cierto D. Camillo,
805Che bole a ttè: Pò, n’autro che se chiamma
 Crescenzio vole a Laura.
 FLAVIA
                                               E noi dovremo
 A due persone ignote
 Porger le man di spose?
 CAMILLO
                                              (Oime! Costei
 Vuol rovinarmi.)
 LAURA
                                  Ah Flavia, e creder puoi,
810Che un Germano c’inganni? A lui ben noti
 Saran costoro, onde dobbiam senz’altro
 Accettarne il partito.
 D. GIANCOLA
                                        Io nò le ssaccio,
 Ne le canosco affatto.
 CAMILLO
                                         (In questo modo
 Osservi la promessa? o forse vuoi)
 D. GIANCOLA
815Gniernò: po esse puro,
 Che mme ll’aggia scordate.
 (Quanto và ca riesce a mazzejata!)
 FLAVIA
 Ma senza più raggiri,
 Per non più lusingarvi;
820Vi dico, per adesso,
 Che non voglio casarmi.
 D. GIANCOLA
                                              Oh puozze stare
 Cient’anne bona.
 CAMILLO
                                  E perché tanto sdegno
 Bella Flavia gentile
 Con chi fido ti adora?
 FLAVIA
825Di più spiegarmi non è tempo ancora.
 
    Non son sdegnata,
 Non son crudele:
 Ti sembro ingrata;
 Ma son fedele:
830Servi costante;
 Che forse amante
 M avrai un dì.
 
    Per or mi piace
 Libero il core;
835Lo stral d’amore
 Non mi ferì.
 
 SCENA X
 
 D. GIANCOLA, LAURA, e CAMILLO.
 
 D. GIANCOLA
 Io non aggio compriso,
 Che s’ave nciufrecato,
 Ma niente mme ne curo,
840Pocc’essa mm’ha levato
 Da sto mbruoglio de chisse.
 CAMILLO
                                                     E che sventura
 È questa mia! A mio favore a nulla
 Ortenzio s’adoprò?
 LAURA
                                      Come t’inganni
 Camillo sventurato!
845Ortenzio ti tradisce. Egli possiede
 Di Flavia il cor; siamo delusi entrambi.
 CAMILLO
 Che dici? Onde lo sai?
 LAURA
                                            Poc’anzi intesi
 Non osservata il tutto. Ecco l’amico,
 A cui tanto fidasti
850La tua speme; ed a cui
 Donai gli affetti miei.
 CAMILLO
 E mi tradisce Ortensio! Eterni Dei!
 D. GIANCOLA
 Chiste, che bervesejano. Io ccà stongo
 Comm’a no ciuccio nfrà le ssonagliere.
 CAMILLO
855Son sognate chimere,
 Dunque i nomi oggi al Mondo
 Di fede, e d’amistà?
 LAURA
                                        Vile è quell’alma,
 Che si perde in querele. Il doppio oltragio
 Tu devi vendicar; se a te si aspetta
860Contro il perfido amico aspra vendetta.
 
    Cominci quell’ingrato
 A sospirar d’affanno:
 Tremi d’un cor sdegnato,
 Che amante disprezzò.
 
865   Un sì crudele inganno
 Tant’hò nell’alma impresso,
 Che l’amor mio istesso
 In odio or cangerò.
 
 SCENA XI
 
 D. GIANCOLA, e CAMILLO.
 
 D. GIANCOLA
 Deciteme na cosa: A chesso lloco
870Io non ncè corpo a niente. Nfra de vuje
 Ve site mpeccecate. Ora pozz’io
 Cercarve no piacere?
 CAMILLO
                                         Eh vanne oh Dio!
 Lasciami al mio dolor.
 D. GIANCOLA
                                           Che ve sentite?
 Lo dolore addo’ stà?
 CAMILLO
                                       Tutto nel seno
875Delle furie spietati hò il rio veleno. (parte.)
 
 SCENA XII
 
 D. GIANCOLA; poi JENNARONE; indi URZOLINA.
 
 D. GIANCOLA
 Mantie, mantie: che l’è socciesso? Pare
 Justo no speretato.
 So proprio sgrazejato. A cchisto punto
 S’è mpestato accossì: Mo che bolea
880Fà fà na vertolina a Jennarone.
 JENNARONE
 Ma t’è resciuto curto lo jeppone.
 D. GIANCOLA
 Co cchi ll’aje? staje storduto!
 Io stea parlanno d’uno,
 Che l’è pegliato mo maleferuto.
 URZOLINA
885Che d’è sio D. Giancola?
 Co cchì ve mpeccecate? Io stò pe buje
 Co spata, e co pistole.
 JENNARONE
 Ecco ccà n’auta guappa.
 URZOLINA
                                              E che! Nn’avessemo
 Fuorze de te paura?
 D. GIANCOLA
890Chessa proprio è na bona congentura.
 
 A mmè mme pararria,
 Si vò la sciorte mia,
 Mo d’affuffaremella;
 E ghirme a barrejà.
 
 SCENA XIII
 
 URZOLINA, e JENNARONE.
 
 JENNARONE
895Che d’è tant’arbascìa?
 Sta leva addo’ te vene?
 URZOLINA
 Leva, arbascìa co ttico! Uh niscio tene!
 Và t’abbusca no spago.
 JENNARONE
 Ngnorsì mo lo ncerammo:
900E puro hà da scompì.
 URZOLINA
                                          Nce vò no piezzo.
 JENNARONE
 Quando mò? n’autro juorno?
 URZOLINA
 Cchiù assaje.
 JENNARONE
                           Fuorze n’anno?
 URZOLINA
 Nzi a tanto, che t’afferra no malanno.
 JENNARONE
 E n’avarrisse core?
 URZOLINA
905Jennarò, no la scumpe?
 O vuoje proprio addavero, che mme mpestà?
 JENNARONE
 Via fenimmola su. Scumpe tu puro:
 Levammo sta bajata.
 URZOLINA
 Staje frisco.
 JENNARONE
                         Ah cacciottella!
910Tu mme vuoje fa sperì.
 URZOLINA
                                             Va, va te trova
 Quacc’autra cchiù sencera
 De me.
 JENNARONE
                 Via mo, ch’è stato?
 URZOLINA
 Che già te si scordato?
 JENNARONE
 E ancora tiene ammente?
915Tanto creccosa sì?
 URZOLINA
                                    Comme, n’è nniente?
 JENNARONE
 Scusame, mme ncannaje:
 No lo ffece pe mmale:
 Mo te cerco perduono
 Si maje t’avesse affiso.
920Nenna mia no cchiù mmò.
 URZOLINA
 
 Che brutto mpiso!
 
 JENNARONE
 
 Damme ssà bella mano.
 
 URZOLINA
 
 Va presentuso và.
 
 JENNARONE
 
 Ah bella Piccioncella
925Pruoje.
 
 URZOLINA
 
                 (Io mme jetto già.)
 
 JENNARONE
 
 Via.
 
 URZOLINA
 
           Teccotella ccà,
 Ma strigne chiano chiano.
 No mme fà male sà.
 
 JENNARONE
 
 Ah trista saporita:
930Lassamela vasà.
 
 URZOLINA
 
 Gnernò, ca non nvò zia.
 
 JENNARONE
 
 Uh cianciosella mia
 Mo zia non nce stà.
 
 URZOLINA
 
 Sù lassamella stà.
 
 JENNARONE
 
935Fuje tanto lo dellietto,
 Che già mme sento mpietto
 Lo core grellejà.
 
 URZOLINA
 
 Io n’appe na vregogna,
 Che propio mo abbesogna,
940Che me ne vaa a nzerrà.
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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