Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 L'amore in maschera, Napoli, Per Domenico Langiano, 1748
 a cura di Paologiovanni Maione
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO II
 
 SCENA I
 
 ROSAURA, e FIORLINDO.
 
 ROSAURA
 Vanno del pari uniti,
645(Eh Fiorlindo ti accheta a detti miei)
 Il volere di Barbera, ed il mio.
 FIORLINDO
 Forse un astro benigno in Cielo appare
 Che fatto al mio bel Sol lucida scorta
 Il bel giorno di pace all’alma apporta?
 ROSAURA
650Anzi mi sia permesso
 Dir, ch’è per voi spuntato il giorno istesso:
 Barbera è vostra: altro però non manca
 Per sodisfare della figlia al genio
 Che dal suo Genitor trarne l’assenso.
 FIORLINDO
655E s’ei ricalcitrasse?
 ROSAURA
                                      O non ci penso.
 Non avrà questo ardire
 Chi comanda son io;
 Per mera convenienza a lui v’invio.
 FIORLINDO
 Se repugna?
 ROSAURA
                          Direte
660Rosaura è che l’impone,
 E che quanto a lei piace ella dispone.
 FIORLINDO
 Or che mi fa sostegno
 La gagliarda colonna
 Dell’ampia autorità, che in voi risiede,
665Per più pronto eseguir s’impenna il piede. (parte.)
 
 SCENA II
 
 PEPPINO, ROSAURA, indi SCIPIONE.
 
 PEPPINO
 Lostrissema, si state
 Accometa, nce stace no mercante
 Che v’ave da parlare.
 ROSAURA
 Ha forse qualche mostra
670Di drappo a nuova usanza?
 PEPPINO
 Chesto non saccio, ca non m’ave ditto
 De che v’ha da parlà.
 ROSAURA
                                         Digli, che passi.
 PEPPINO
 Oscia faccia favore
 (Mo’ sta Don Scipio, ma non ce vattere
675Co lo jodio.) (entra.)
 SCIPIONE
                           (Ah birbantello! poi
 Me la pagarai sì: Corpo) Signora
 Vusignoria lustrissima mi scusi.
 ROSAURA
 Buongiorno Calantuomo: che ti occorre?
 SCIPIONE
 Vengo a pregare usignoria lustrissima
680D’un favore a mio pro
 Corpo (Uh diavolo
 Già mi scappava.)
 ROSAURA
                                    Quando
 Io possa colla mia protezzione
 Farvi vantaggio alcuno
685Di buon genio mi adatto.
 SCIPIONE
 Lustrissima mi scusi
 Atteso Stante corpo d’un Giudio
 ROSAURA
 Fuora olà le seccagini,
 Esponetemi i vostri sentimenti.
 SCIPIONE
690Signora io son Mercante
 Corpo d’un Giudio
 Son Livornese Corpo d’un Giudio
 Morto mio Padre Corpo d’un Giudio
 Io son l’erede Corpo d’un Giudio
695Ussignoria llostrissima però
 Di tutto quanto il mio
 Disponer puote, corpo d’un Giudio.
 ROSAURA
 (Dal parlar si conosce quanto è vile.)
 SCIPIONE
 Ma che pensa Illustrissima?
 ROSAURA
700Grazie; me ne consolo: or che vi occorre.
 SCIPIONE
 Lustrissima vorrei
 L’Illustrissima sua
 Germana per consorte.
 ROSAURA
 Come? che dite? eh via:
705Ditemi un po’ buon uomo
 Vi fu mai nota la persona mia?
 SCIPIONE
 Sì Illustrissima corpo d’un Giudio.
 ROSAURA
 Conta la mia Prosapia
 D’antica incanutita nobiltà
710De quarti in quantità.
 SCIPIONE
 A dozine, lo so.
 ROSAURA
 Avete tal notizia
 E a tanto vi avanzate,
 Che mia Sorella in moglie ricercate?
 SCIPIONE
715Illustrissima sì.
 ROSAURA
                                Oh bene udite
 La risposta in succinto:
 Quando, che mia Sorella
 Voglia accasarsi in questo, o in altro suolo
 E bramiate l’onor d’esserle servo,
720Venite pur: vi metteremo al ruolo,
 Vi darò la livrea.
 SCIPIONE
 Mi meraviglio se
 ROSAURA
                                  Se non vi piace
 Qui non ci è pan per voi: abbiate pace.
 SCIPIONE
 Scusi la confidenza, io me ne vo.
 ROSAURA
725Più l’ardir di costui soffrir non so.
 
 Palpita per lo sdegno
 In mezzo al petto il cor
 Olà vattene indegno
 O tutto il mio rigor
730Io ti farò provar.
 
 SCENA III
 
 SCIPIONE, poi GIANGRAZIO, indi FIORINDO.
 
 SCIPIONE
 A me livrea! corpo d’un Giudio!
 GIANGRAZIO
 Mme pare d’avè ntiso
 Don Scipione cca, commesechiamma.
 FIORLINDO
 Riverito Signore:
735Qua c’è un suo servitore
 Al suo merto umilissimo
 Divoto, ossequiosissimo,
 Che al suo trono prostrato
 GIANGRAZIO
                                                  Uh quanta rrobba!
 Schiavo Patrone mio. Pigliate sciato
740Commesechiamma.
 FIORLINDO
                                        Io mi chiamo Fiorlindo,
 E sono di lei servo,
 Servo, che più si pregia
 D’un umil vassallaggio,
 Che se tutta la Terra
745Timida a piedi suoi rendesse omaggio.
 GIANGRAZIO
 (Chisso mme pare justo zerre zerre
 Commesechiamma.)
 SCIPIONE
                                         (Corpo d’un Giudio!
 Chi è colui, che parla con Giangrazio!)
 GIANGRAZIO
 Oscia che bo’?
 FIORLINDO
                             Vorrei
750Se non fusse l’ardir troppo eccedente,
 Unir la di lei casa oggi a la mia.
 GIANGRAZIO
 Oscia se pò accordà co lo Patrone,
 Ca io p emme nne pago lo pesone.
 FIORLINDO
 Ella prende un abbaglio.
 GIANGRAZIO
                                               E oscia se spiega
755Commesechiamma.
 SCIPIONE
                                        (Corpo d’un Giudio.
 Costui mi dà sospetto.)
 FIORLINDO
 Sospiro ardentemente.
 GIANGRAZIO
 Che cosa?
 FIORLINDO
                      Di sposar
 GIANGRAZIO
                                          Chi?
 FIORLINDO
                                                      La sua figlia.
 SCIPIONE
 (Oh corpo d’un Giudio!
760Già mel pensai.)
 GIANGRAZIO
                                  Chest’è commesechiamma?
 E te nne si’ benuto
 Co ttanta ville valle.
 Ora ossoria vorria mo’ la resposta?
 FIORLINDO
 Ansioso l’attendo.
 SCIPIONE
765Eccola qua: or ve la darò io:
 Non può essere vosta
 Chi è già mia sposa: corpo d’un Giudio.
 FIORLINDO
 Olà, comme lei c’entra?
 Non so perché trattenga
770Or la giusta ira mia,
 Che d’un disprezzo tal vindice or sia.
 SCIPIONE
 Io son pronto a provarti,
 Che sei un poltronaccio
 Corpo d’uno Giudio.
 FIORLINDO
                                        Ah ribaldaccio. (voglion ponere mano alle spade, e Giangrazio si frapone.)
 GIANGRAZIO
775Eilà commesechiamma
 Dinto a la casa mia
 Se fa chisso scamazzo?
 FIORLINDO
 Per voi mi astengo a gastigar l’infame.
 SCIPIONE
 Per voi mi fermo: corpo d’un Giudio.
 GIANGRAZIO
780Nzomma commesechiamma
 Se pò sapere vuje, che pretennite?
 SCIPIONE
 Io bramo vostra figlia.
 GIANGRAZIO
                                           Già lo saccio.
 FIORLINDO
 La desidero anch’io.
 GIANGRAZIO
                                        Mo’ mme l’aje ditto.
 (Oh che concurzo ch’ave sta fegliola!
785Ma giacch’è chesto, io voglio
 Vederece de fa lo fatto mio.)
 FIORLINDO
 Si spieghi.
 SCIPIONE
                       Parli, corpo d’un Giudio
 GIANGRAZIO
 Ma sapite, ca figliema
 Non ha dote.
 SCIPIONE
                           Oh che dite.
790Voi sete ricco: corpo d’un Giudio.
 FIORLINDO
 Io so che siete voi
 Dovizioso.
 GIANGRAZIO
                      Comme veziuso?
 FIORLINDO
 Dico che avete fama
 D’Uom denaroso.
 GIANGRAZIO
                                   Oscia vo’ pazziare.
795Ma sse ccose non serveno.
 Commesechiamma. Oscia
 Voì bene a la fegliola?
 SCIPIONE
 Ma quanto!
 GIANGRAZIO
                         E oscia?
 FIORLINDO
                                           Per lei son tutto foco.
 GIANGRAZIO
 Giacch’è chesto mettimmola a lo ncanto.
 SCIPIONE
800Come?
 FIORLINDO
                 Che dite?
 GIANGRAZIO
                                     Io voglio, che se libera
 A stinto de cannela
 A chi vo’ manco dota.
 SCIPIONE
 Son pronto.
 FIORLINDO
                         Ed ancor io.
 SCIPIONE
 Io mi contento corpo d’un Giudio
805Sposarla con la dote
 Di diecimila scudi.
 GIANGRAZIO
                                      Aje fatto assaie!
 FIORLINDO
 Io con nove.
 GIANGRAZIO
                         Va stirate lo vraccio.
 Avasciate, avasciate.
 Vi’ ca s’allumma mo’ a ttutta passata.
 SCIPIONE
810Io con otto.
 FIORLINDO
                        Io con sette.
 GIANGRAZIO
 S’ha da vascià nzi’ a craje.
 Priesto a chi cchiù s’ajuta.
 SCIPIONE
 Io con quattro.
 FIORLINDO
                              Io con tre.
 GIANGRAZIO
 Non arrevammo: a buje ca mo’ s’astuta.
815Facite da valiente.
 SCIPIONE
 Io con due.
 FIORLINDO
                        Io con uno.
 SCIPIONE
                                               Ed io con niente.
 GIANGRAZIO
 A chisto la cannela s’è stutata.
 SCIPIONE
 O me felice.
 FIORLINDO
                         Io la voglio dotare.
 GIANGRAZIO
 È benuta la decema:
820S’allumma n’autra vota.
 FIORLINDO
 La doterò di cinque mila scudi.
 GIANGRAZIO
 E oscia commesechiamma?
 SCIPIONE
 Non posso farlo, corpo d’un Giudio.
 GIANGRAZIO
 E mme’ va t’arrecetta.
 SCIPIONE
825Oh corpo d’un Giudio
 Ed io devo restare a denti asciutti.
 Io la voglio dotare
 Di diecimila scudi, e per cautela
 Darò un Arrendamento.
 GIANGRAZIO
830È benuta la festa Patron mio.
 Nce vuo’ mette nient’autro;
 Ma tu non parle: già te si’ abbeluto,
 Ed aje tutta la faccia jancheata.
 Bommespre a osseria:
835A chisto la cannela s’è stutata.
 SCIPIONE
 O qual contento.
 FIORLINDO
                                 (O pena
 Ma saprò io, che far.) (parte.)
 GIANGRAZIO
 Io voglio ire a direlo
 A Barbarella: oscia
840Torna nfra n’autro poco ca volimmo
 Fare mo’ li capitole.
 SCIPIONE
 Starò sicuro.
 GIANGRAZIO
                          Cierto.
 Mo’ nce vo’ tu tell’aje guadagnata:
 Barbarella è la toja.
 SCIPIONE
845Prezzo non v’è per così bella gioja.
 
    Qual porcello innamorato
 Che ’l tartuffo sotterrato
 Col musin cercando va.
 Il tartufo è il ben diletto,
850Ed io sono il porcelletto,
 Che sospiro notte e giorno,
 E cercando vo’ d’intorno
 L’adorata mia beltà.
    Ma se corpo d’un Giudio
855Non vedrò l’Idolo mio
 Errerò di qua, e di là.
 O sarò quel pecorello
 Che lontano dal suo bene
 Cheto cheto, bello bello
860A un canton belando sta.
 
 SCENA IV
 
 GIANGRAZIO.
 
 GIANGRAZIO
 Buono negozio affé: faccio doje cose
 Bone: marito figliema
 Senza denare: e mme levo da tuorno
 No mpiedeco; Rosaura
865Po la mmarito appriesso, ed io po all’utemo
 Mme voglio puro arrecettà. Avarria
 Commesechiamma io mone
 Pensiero de pegliareme
 Sta Cammarera mia, ch’è bona propio
870Quanto a lo buono juorno:
 Non ce vol’autro, accossì ha da essere,
 Voglio fa buone juorne a la vecchiezza.
 Carlotta è mia: aggio da fa fracasso
 Co chillo mascolone,
875Mme nce voglio pigliare sfizeo, e spasso.
 
    Giangrazio, e che gusto!
 Na fata ntrocchiata
 Na quaglia d’Agusto
 Stipata è pe tte.
880Via sciala, via zompa
 Commenza a gaudè.
    Tieme’, che rommore
 Fa mpietto lo core:
 E pe lo contiento
885Fa tteppete tte’.
 
 SCENA V
 
 ROSAURA, e poi ORTENSIO.
 
 ROSAURA
 Rendimi quella pace
 Che m’involasti Amore.
 Infelice Rosaura, iniqua sorte,
 Che violenti il mio genio, e opprimi il core
890E ad onta di me stessa
 Amar mi fai chi non mi cura, e sprezza
 La mia negletta, e povera bellezza!
 ORTENSIO
 (Scorgo mesta Rosaura, il Ciel non voglia
 Ch’ella per me non provi
895Qualche affetto nel seno; a molti segni
 Lo veggo.)
 ROSAURA
                      (Ecco il Tiranno
 Di questo sen.) Ortensio.
 ORTENSIO
                                                Mia Signora,
 Me l’inchino, la veggo
 Mesta, che fia?
 ROSAURA
                               Ah Ortensio.
 ORTENSIO
900(Ben mi apposi.)
 ROSAURA
                                  Tutta la pace mia
 Da te solo dipende.
 ORTENSIO
                                      Da me solo?
 ROSAURA
 (Ah m’intendesse!) Dimmi
 Ortensio mio, se mai
 Donna di merto, e di natali  a tuoi
905Di gran lunga maggiori
 La sua destra ti offrisse,
 E ti scoprisse del suo sen gli ardori,
 Che mai risolveresti?
 ORTENSIO
                                          Io le direi
 Che ad altra già donai gli affetti miei.
 ROSAURA
910Ad altra? (indegno, egli m’intese, e finge,
 Vendicarmi saprò, ma non è tempo
 Ancora di scoprir la fiamma mia.)
 Godo Ortensio, che sia
 D’altra il tuo core: intanto
915Bramo per opra tua, che il Genitore
 Dii Barbara in consorte
 A Fiorlindo.
 ORTENSIO
                         E volete
 Dar in Consorte alla vostra Germana
 Un corteggian ridicolo, e affettato?
920Non si permetta mai.
 ROSAURA
 Lascia questi riflessi, e rendi pago
 Il desiderio mio.
 ORTENSIO
                                  Ma perché mai?
 ROSAURA
 Giusto motivo a ciò tentar mi ha mosso.
 ORTENSIO
 Perdonami Rosaura io far nol posso.
 ROSAURA
925Nol puoi? l’odio, e lo sdegno
 Da me dunque paventa.
 ORTENSIO
 Sempre, che reo non sono
 L’odio, e lo sdegno tuo non mi sgomenta.
 ROSAURA
 Temerario, vedrai
930Qual vendetta
 
 SCENA VI
 
 GIANGRAZIO, e detti.
 
 GIANGRAZIO
                             Rosaura co cchi ll’aje?
 ROSAURA
 Ah Genitore, udite,
 Ortensio, che da voi
 Amato è come un figlio,
 Nulla vi prezza, e vuole il dico?
 GIANGRAZIO
                                                          Parla,
935C’ha fatto chisto?
 ORTENSIO
                                   (Che dirà!)
 ROSAURA
                                                          In consorte
 Mi brama, e arditamente
 S’è spiegato con me!
 GIANGRAZIO
                                        Potta dennico!
 ROSAURA
 E mi minaccia, s’io non ci consenta.
 ORTENSIO
 A me?
 ROSAURA
                Taci.
 GIANGRAZIO
                            Briccone.
 ROSAURA
940(Or di’, che l’odio mio non ti spaventa.)
 GIANGRAZIO
 Accossì sconoscente
 Correspunne all’ammore,
 Che comm’a figlio mio t’aggio portato?
 ORTENSIO
 Ma io.
 ROSAURA
               Che vorrai dir?
 GIANGRAZIO
                                             Vattenne, sgrato;
945Mo’ sfratta da sta casa
 E chiù non ce accostà. (parte.)
 ORTENSIO
                                           Signore almeno
 ROSAURA
 Parti.
 ORTENSIO
              Avvilito son io!
 ROSAURA
 Vedi se l’odio mio sa spaventarti.
 
    Il Pastorello ancora
950Sprezza così talora
 Picciola nuvoletta,
 Che in Ciel sereno appare:
 E presso al gregge amato
 Alle sonore avene
955Il dolce canto usato
 Prosiegue ad accordar.
    Ma poiché in un momento
 Vede con suo spavento
 Mutarsi in rea tempesta
960Il debole vapore,
 Si pente dell’errore,
 Ed il disperso gregge
 Di mezzo alla foresta
 Si sforza ricovrar.
 
 SCENA VII
 
 ORTENSIO solo.
 
 ORTENSIO
965Ah Barbara, mio cor, Idolo mio,
 L’ira, e l’ingiusto sdegno di costei,
 Anzi il suo folle amore
 Minacciano a quest’alma
 Tempesta d’amarezze, e di dolore.
970Faranno oimè, che il Genitore irato
 Non mi permetta, il più venirti appresso,
 Né più vederti. Se farò i suoi cenni
 Manco a te quella fé, che ti giurai.
 Ah! di me più infelice,
975Più misero amator chi vidde mai!
 
    A penar se mi condanna
 La tiranna sorte mia,
 Per soffrirlo io son costante.
 È assai bella al core amante
980La cagion del suo penar.
    Ma che poi l’invido fato
 Vuol ch’io perda il bene amato,
 È l’affanno più penoso,
 Che mi toglie ogni riposo,
985Che m’induce a disperar.
 
 SCENA VIII
 
 Don SCIPIONE, e PEPPINO da una parte, e poi CARLOTTA, e BARBARA dall’altra.
 
 SCIPIONE
 Orsù Peppino, corpo d’un Giudio
 Più creanza m’intendi; adesso sono
 Già consorte di Barbera
 Ch’è quanto a dire sono il tuo Padrone.
 PEPPINO
990Buono: ma lo Jodio
 Oscia l’ha da lassà.
 SCIPIONE
                                     Lo lascio certo.
 PEPPINO
 E po co Barbarella
 Abbesogna parlà no po’ cchiù bascio,
 Ca si no la mbrogliate
995Co ttanta lince, e squince.
 SCIPIONE
                                                 Dici bene.
 Suggeriscimi pure, qualche termine
 Del paese, poiché io per compiacerla
 Volentier mi ci adatto.
 PEPPINO
                                            Quann’è chesso
 Ve lo mmezz’io.
 SCIPIONE
                                Sì sì. Ma viene.
 PEPPINO
                                                              A buje.
 SCIPIONE
1000Come vuoi, che le dico?
 PEPPINO
 Lassamence penzà.
 BARBARA
                                      Ajebò Carlotta
 Aje tu ntiso a Gnopatre? Lo si Artenzio
 Jeva attuorno a Rosaura
 E coffeava a mme chiù no lo voglio
1005Voglio a quill’autre, che mme vo’ dà Tata
 Dico: il Signore Gnore.
 CARLOTTA
 Fate come volete.
 (Purché di lei non sia Fiorlindo, sposi
 Chi vuole.)
 BARBARA
                        (E beccotillo.
1010Carlo’ ajutame tu: lo parlà ntosco
 Te sia raccommannato.)
 CARLOTTA
 Io vel rammentarò (che bella coppia
 Di scimuniti.)
 SCIPIONE
                             Or via Peppino soffia.
 PEPPINO
 Vuo’ di’, songo creato de vostri gene.
 SCIPIONE
1015Che vuol dir quel vostrigine?
 PEPPINO
 Termene lazzaruolo,
 Vance mo’.
 SCIPIONE
                        Qua sta un servo di vostrigine. (a Barbara,)
 Va bene. (a Peppino.)
 PEPPINO
                     Guappo.
 SCIPIONE
                                       Corpo d’un Giudio
 Barbara ride.
 PEPPINO
                            È signo ca le piace.
 BARBARA
1020Votta Carlo’.
 CARLOTTA
                          Direte.
 M’inchino al merto suo Don Scipione.
 BARBARA
 M’incrino al merco sujo
 Don Scipio’ (va buono?)
 CARLOTTA
 Merto, e non merco io dissi.
 SCIPIONE
1025Cara Signora Barbera
 BARBARA
 Segnorè giullamano
 Colla Segnora Barbera.
 Sì Donno Scipione ave lo ddonno,
 Gnopatre mio è stato
1030Cuonzolo cinco vorde all’arte soja:
 E nuje purzì ll’avimmo.
 SCIPIONE
 Oh corpo d’un Giudio
 S’è gravata. (a Peppino.)
 PEPPINO
                          Ma oscia
 Ha boluto parlà senza lo mantece
1035E ha fatto no sgorrone.
 SCIPIONE
 Ben: come le dirò.
 PEPPINO
                                    Si Dogna Barbara.
 SCIPIONE
 Signora Dogna Barbera.
 PEPPINO
 Si, non Signora, A Napole se parla
 Coll’abbreviatura.
 SCIPIONE
                                    Appresso, appresso.
 PEPPINO
1040Quanno sarrai sposa de miotena.
 SCIPIONE
 Che vuol dir quel miotena?
 PEPPINO
 Vo’ dire uh che parola te deceva
 Di’ accossì tu
 SCIPIONE
                           Oh corpo d’un Giudio
 Tu m’imbrogli.
 BARBARA
                               Carlotta,
1045Si’ ammotuta?
 CARLOTTA
                              Ma voi
 Vi sete incollerita, e non è tempo
 Di corrucciarvi coll’Innamorato.
 BARBARA
 Ma lo Donno io lo voglio.
 CARLOTTA
                                               E l’averete
 Quando sposa sarete.
 SCIPIONE
                                          Mia Signora
1050Col suo Consorte, e servo
 Domandi ciocché brami.
 BARBARA
 C’ha ditto?
 CARLOTTA
                        Che vi vuole
 Fare un regalo, domandate voi.
 BARBARA
 Signore sponzo io vi ringrazio assaje,
1055Ma non pirrò, si Ossia mmi favoresse
 Chillo Andrié, e chillo Guardanfante
 Mi piacirrebbe mordo
 Ma non pirrò si piace a boi sapete.
 SCIPIONE
 Tutto averete corpo d’un Giudio.
 BARBARA
1060Lo bolite pegliare a la Jodeca?
 Aiebò è brigogna: n’aggio maje portato
 Robba della Jodeca.
 SCIPIONE
 Che Giudeca, che dice.
 PEPPINO
                                            E si vuje sempe
 La state a nfracetà co sto Jodieo
1065E perzò siente lloco.
 SCIPIONE
                                       Anima mia
 Per servirvi or rivolgo
 Tutt’i mercanti, e drappi d’ogni sorte
 Oro, argento, diamanti,
 Qua porterovvi.
 BARBARA
                                Oscia
1070Nci farrebbe favore: e chisse strazie
 Che oscia mi face songo comme a rose
 Che co forze ammorose
 Addorano, e stroppeano co le spine
 Voglio dire ca scetano a sto core
1075La sciamma, l’affecchienzia, e l’ammore.
 
    Leje faccia, ca io,
 Pe buje, pe leje
 (Ajuta Carlo’)
 Farrebi, vorreje
1080(Mbrogliata me so’.)
 Sì, sì, mo’ mme spiego,
 Te, te, mo’ lo ddico,
 Lei siate pir me
 Un ammo che ncrocca,
1085Cannuccia che pesca.
 Ed io cannaruta
 Al doce dell’esca
 Mme faccio acchiappà.
    È bello il concietto
1090Ma meglio vo’ ì
 Carlotta tu ride
 Faje buono accossì?
 Mbrogliata me vide,
 E tu pe ddespietto
1095Mme staje a burlà.
 
 SCENA IX
 
 PEPPINO, Don SCIPIONE, e CARLOTTA.
 
 SCIPIONE
 Orsù non ci vol altro
 Vo’ andare dall’Orefice, e portare
 Un regalo alla sposa. (parte.)
 PEPPINO
 Jate connio.
 CARLOTTA
                         Il tutto
1100Va bene incaminato
 Più non speri Fiorlindo di ottenere
 Barbara per Consorte.
 PEPPINO
                                           Sia Carlotta,
 A che pensate?
 CARLOTTA
                               Penso,
 Che ti darai bel tempo
1105In queste nozze.
 PEPPINO
                                 Oh quanto
 Starria cchiù allegramente io poveriello
 Si’
 CARLOTTA
         Che cosa?
 PEPPINO
                              Potesse
 Esse’ marito a te.
 CARLOTTA
                                   Senti quest’altro!
 Non sei ancora uscito dalla buccia
1110E sai tanto?
 PEPPINO
                         Che fuorze
 So’ cecato, e non bedo, ch’ha ragione
 Chi pe cchessa bellezza
 Se struje, vace mpazzia,
 E ca tu co ssa grazia, e gentilezza
1115Appasse a piede chiuppe ogne bellezza.
 
    So’ troppo peccerillo,
 Non so’ cresciuto ancora;
 Ma s’io fosse cchiù gruosso
 A te mme pegliarria.
1120Ca si be’ so’ tantillo
 Pure pe tte no fuosso
 M’ha fatto futo futo
 Ammore proprio cca.
    Pe tte, fatella mia,
1125Nce sto tanto speruto,
 Ch’ogne momento, ogn’ora
 Pensanno a ssi bell’uocchie
 Io stongo a sosperà.
 
 SCENA X
 
 CARLOTTA, e poi ROSAURA, e GIANGRAZIO, indi Don SCIPIONE, ed ORTENSIO, che osservano, e BARBARA.
 
 CARLOTTA
 Quanto sa questo furbo! la malizia
1130In lui vince l’età. Ma vien Rosaura
 Contrastando col Padre, e ci è Fiorlindo.
 ROSAURA
 Non vi vuol altro: Io voglio
 Che Fiorlindo sia sposo
 A Barbara, o che adesso
1135Prendo le poste, e men ritorno in Roma.
 GIANGRAZIO
 Figlia, fatte capace
 Commesechiamma; Donno Scipione
 L’addota.
 ROSAURA
                     Anche Fiorlindo
 La doterà.
 FIORLINDO
                      Son pronto
1140Per amore di Barbara
 Farle donazion di tutti i beni,
 Ch’io possiedo.
 ROSAURA
                               Il sentite?
 BARBARA
                                                    (Ajemmè!)
 CARLOTTA
                                                                           (Dolente
 Me!)
 ORTENSIO
             (Ai lasso!)
 SCIPIONE
                                  (Oh corpo d’un Giudio?)
 ROSAURA
 Che dite? Risolvete?
 GIANGRAZIO
1145E la parola mia commesechiamma?
 ROSAURA
 E vi par bene a voi, che per attendere
 Altrui vostra parola
 Volete disgustar la vostra figlia
 In cosa poi di tanta conseguenza?
 GIANGRAZIO
1150E non te desgustammo.
 Fa chello, che buoje tu, commesechiamma,
 E feniscela.
 FIORLINDO
                        O me felice! Dunque
 Barbara è mia?
 ROSAURA
                                È vostra.
 BARBARA
 (Co lo figlio de nufrio.)
 ROSAURA
                                             E adesso adesso
1155Preparatevi a prenderne il possesso.
 SCIPIONE
 Che cose sento! Corpo d’un Giudio!
 Signor Giangrazio è questa
 La promessa a me data?
 GIANGRAZIO
 Addo’ t’aggio mprommiso?
 SCIPIONE
1160In questo luogo corpo d’un Giudio.
 GIANGRAZIO
 E cca te lo sprommetto
 Commesechiamma, schiavo Patrommio. (entra.)
 SCIPIONE
 Ma Signora
 ROSAURA
                         Signore, in casa mia
 Io la Padrona son, lei vada via. (entra.)
 SCIPIONE
1165Ma lei Signor Fiorlindo
 FIORLINDO
 Ma lei Don Scipione, ora che sento
 Che Barbara è mia Sposa,
 O lasci il folle impegno,
 O a sostener si adatti
1170Tutto il rigor del mio fervente sdegno. (entra.)
 ORTENSIO
 Ah, prima che Fiorlindo
 Barbara impalmi, caderà svenato
 Vittima del mio amor! Perfido Fato! (entra.)
 
 SCENA XI
 
 CARLOTTA, BARBERA, e Don SCIPIONE.
 
 CARLOTTA
 Che colpo è questo oimè! che dite voi
1175Signor Don Scipione?
 SCIPIONE
 Dico, che se non fosse
 Il rispetto dovuto alla mia Barbara
 Vorrei far vorrei dire
 Oh corpo d’un Giudio
 BARBARA
                                           Ussignoria
1180Faccia, ussignoria dica,
 Ca io p emme non voglio
 Chillo perucca, e posema, si avesso
 Da jettareme dinto
 A no puzzo.
 SCIPIONE
                        Se voi
1185Vi contentate: mi dà il cuor di tessere
 Una machina bella, onde sarete
 Mia sposa ad onta di qualunque vuole
 Opporsi a questo, corpo d’un Giudio.
 CARLOTTA
 E che pensate far?
 BARBARA
                                     Jate decenno.
 SCIPIONE
1190Io conobbi in Parigi un Mercatante
 Fratello di Giangrazio
 Che si chiama Pancrazio.
 BARBARA
 Sì, Gnorezio; e stace, ancora llane.
 SCIPIONE
 Se voi vi fidareste
1195Avere una sua lettera,
 E a me la portarete
 Fra un altr’ora vedrete la più vaga
 Invenzion, ch’immaginar si possa.
 BARBARA
 Mo’ vao. Oscia m’aspetta
1200Darete a lo giardino: pe lo muro
 Mo’ ve la menar raggio, ne piglio una
 Qua vene vene da la scrivania. (entra.)
 SCIPIONE
 Andate anima mia.
 CARLOTTA
 Ma che pensate fare?
 SCIPIONE
1205Imitarò il carattere
 Al vivo di Pancrazio: un’altra lettera
 Fingerò, colla quale
 Darò principio al già pensato inganno.
 Vado. (parte.)
 CARLOTTA
               Arrida all’impresa
1210La Fortuna, ed Amor: Ma qui ritorna
 L’ingrato mio nemico. Tempo è adesso
 Rimproverargli la mancata fede.
 
 SCENA XII
 
 FIORLINDO, e CARLOTTA.
 
 FIORLINDO
 Or sì che son felice. Questa sera
 Sarà sposa di me Barbara bella.
 CARLOTTA
1215Addio Signor Fiorlindo.
 FIORLINDO
                                              Addio Carlotta.
 Conto di grave offesa.
 FIORLINDO
 Chi mai.
 CARLOTTA
                    Chi tu tradisti
 In Firenze spietato.
 FIORLINDO
 Io mai fui traditor.
 CARLOTTA
                                      Così non dice
1220L’abbannonata Elisa
 Allor, che promettendo
 Esserle Sposo, avviluppasti, ingrato
 Mensogne, e giuramenti,
 Che sen portaro al fin per l’aria i venti.
 FIORLINDO
1225(Oimè, che sento! Questa
 Come sa tanto! Oddio, se non m’inganno
 Parmi l’istessa Elisa.)
 CARLOTTA
 (L’ingrato impallidisce, io creder voglio
 Che forse mi ravvisa.)
 FIORLINDO
1230Dove tu conoscesti
 Colei, di chi favelli?
 CARLOTTA
 Ove tu l’ingannasti,
 Ove l’abbandonasti,
 Crudel
 FIORLINDO
                Taci, non più: qualunque io fia
1235O perfido, o innocente
 Ad Elisa ritorna, e le dirai,
 Che tante or l’odio, quanto pria l’amai.
 
    È sì tenace e fiero
 Il mio novel desio,
1240Che degli affetti miei
 Arbitro non son io
 Geme tra lacci il core
 Privo di libertà.
    So ben, ch’io sono ingrato
1245Al primo antico amore;
 Ma vuol il crudo fato
 Che dell’ardor primiero
 Non senta nel mio petto
 Rimorso, né pietà.
 
 SCENA XIII
 
 CARLOTTA.
 
 CARLOTTA
1250Oddio, così l’ingrato
 Mi lascia, e mi deride!
 Ed il duol non mi uccide?
 Tanto è fiero il cordoglio,
 Che l’alma mi trafigge in questo punto
1255Ch’altro non vedo, e sento,
 Che imagini d’orrore, e di spavento.
 
    Ah, si sveni l’empio amante!
 Cada sì l’ingrato core:
 Ed estingua il folle amore
1260Odio, sdegno, e crudeltà.
 Ma che dico! Oimè l’affanno
 Mi trasporta a delirar.
    Che battaglia in sen mi fanno
 Gli agitati miei pensieri!
1265Per sdegnar quell’incostante
 Mi rinfaccian di viltà!
 Fra tormenti così fieri
 Son costretta a sospirar.
 
 SCENA XIV
 
 GIANGRAZIO, e PEPPINO, che li consegna una lettera.
 
 GIANGRAZIO
 Chi t’ha dato sta lettera?
 PEPPINO
1270No lacchejo.
 GIANGRAZIO
                         E ch’ha ditto.
 PEPPINO
 Ca a buje manna lo Patrone sujo
 No cierto Cavaliero Parigino,
 Che bene appriesso dinto a na lettica.
 GIANGRAZIO
 Uh potta d’oje! va avisa
1275A tutte quante le femmene meje
 Che se nchiudano.
 PEPPINO
                                     Comme?
 Pecché?
 GIANGRAZIO
                  Chest’è na lettera
 Commesechiamma, che mme scrive Fratemo
 Da Franza, e avisa, ca chisto è no cierto
1280Galantommo Franzese
 E bole ch’io le dia doje bone cammere,
 E magnare, e mme dace
 Trenta doppie lo mese.
 PEPPINO
 Bravo.
 GIANGRAZIO
                Ma vo’ no quarto
1285Separato da femmene
 Ca no le pò sentire, né bedere
 Va priesto avisa Barbara, e Carlotta
 Rosaura, e tutte quante le Bajasse,
 Porzì le gatte femmene,
1290Che se vaano a nchiudere.
 Commesechiamma.
 PEPPINO
                                        Vago
 Chest’autra cosa
 Pure è bella a sentì. (entra.)
 GIANGRAZIO
                                        Chest’è fortura!
 Trenta doppie lo mese anticipate!
1295E non fa che nce stia no miezo secolo.
 Ma vecco la lettica
 E bene accompagnata
 Da tanta gente, che le fanno gala
 È segnorone proprio, a comme vego
1300Commesechiamma: e biva lo fratiello.
 
 SCENA XV
 
 Lettiga coverta dalle sue bandoliere dentro la quale viene Don SCIPIONE vestito alla Parigina, con baffi, arrivato in mezzo al Cortile, s’alzano le bandoliere della Lettiga, e Don Scipione caccia il capo, e guarda intorno, e detto.
 
 SCIPIONE
 Monsù, vi sonc fame?
 GIANGRAZIO
 Ch’ha ditto, ch’ave famma (ad una comparsa.)
 Ah si nce songo femmene?
 Aiebò, vost’accellenzia
1305Scenna ca de sta razza
 Nuje nne simmo de senza. (Don Scipione discende e via la lettiga.)
 SCIPIONE
 Cher Monsiù, se vu plé
 Fet mue le grase
 De m’ansegner Giangrase
1310Fratelle de Pangrase.
 GIANGRAZIO
 Eccellenzia, song’io commesechiamma.
 Giangrazio, e so’ fratiello de Pancrazio.
 SCIPIONE
 Marscian de Parì.
 GIANGRAZIO
                                   Ajebò
 Non è merciaro, è mercante.
 SCIPIONE
                                                      Vì
1315Marcanto Parisin.
 GIANGRAZIO
                                    Sì segnore.
 SCIPIONE
 O bien truvé Don Monsiù Giangrase
 Tresumble servitor, tres obissant
 Tres affection. (fa molte riverenze.)
 GIANGRAZIO
                              Patrone devotissimo.
 (Oh potta d’oje, e quanta reverenze.) (anch’egli fa riverenze.)
 SCIPIONE
1320Sge son, Monsiù Gian Pantasicon
 Coman n’averé avisé votre Frere
 Por le letre, che sie
 V’ha portate se mattein
 De bon or mon Lacchajo.
 GIANGRAZIO
1325Mon Lacchajo gnorsì.
 (Abbesogna capirlo
 Commesechiamma pe ddescrezzeone.)
 Ccellenzia è llesto tutto.
 SCIPIONE
 Oh mon metre, obligé. (fa nuove profondissime riverenze, e Giangrazio corrisponde.)
1330(Mo’ mme fanno venire na vertecene.)
 SCIPIONE
 E averé antendiù
 Che sge ve doneré
 Trente Luì le mes
 Por mangé, buer, a cuscé.
 GIANGRAZIO
1335Chi ha da cosciare? spiegammoce buono.
 SCIPIONE
 Cuscé, cuscé: dormir.
 GIANGRAZIO
 Ntenno: commesechiamma voccellenzia
 Avvarrite doje cammare.
 SCIPIONE
 Ma dan votre mason
1340Vù n’avé poin de fame ni è vré?
 GIANGRAZIO
 Io n’argio famme ajebò: si voscellenzia
 Se sentesse no poco appetetuso
 Mo’ allestimmo nnenattemo.
 SCIPIONE
 Sge voglie dir, che voi non avete
1345In case votre. (fiuta intorno al cortile.)
 GIANGRAZIO
                             Che ghiate addoranno?
 SCIPIONE
 Se sge sentive el male odor.
 GIANGRAZIO
                                                     Ah fieto.
 Commesechiamma?
 SCIPIONE
                                         Vì.
 GIANGRAZIO
 E che fieto?
 SCIPIONE
                         De fame
 De donne (cava uno dorino di balzamo, e se lo pone al naso mostrando molta nausea in nominar le donne.)
 GIANGRAZIO
                      Ah ah le femmene
1350Voscellenzia le chiamma
 Famma, e addora lo bauzamo,
 Pe non ghiettare: ed avite ragione,
 Poccà addo’ chesse traseno
 Metteno fieto, famma, peste, e guerra.
1355Ma n’accorre addorare,
 Ca cca non ce ne songo.
 SCIPIONE
 Trebien, trebbie. Pur se là
 Scè non demoré dans
 Un cambatet, dans un Ostellerie
1360Purché se sge vede, o sen une, une (fiuta il balsamo.)
 Subit mi vien les accidant de la mort.
 GIANGRAZIO
 Cossì m’ha scritto fratemo
 Commesechiamma. Ma comme facite
 Si pe bia le scontrate.
 SCIPIONE
1365Subitaman an ferme
 Les jù, e les oreglie.
 GIANGRAZIO
                                       N’aggio ntiso.
 SCIPIONE
 Coman vu le ciamate queste, e queste. (le caccia le dita negli occhi, e nell’orecchie.)
 GIANGRAZIO
 Chiano, chiano aggio ntiso: uocchie, ed aurecchie
 Serrate.
 SCIPIONE
                  Vì, vì.
 GIANGRAZIO
                                E manco le potite
1370Sentire nnommenare.
 SCIPIONE
 Me fe une petit languidesse
 De stomache, e una certe volontà
 De
 GIANGRAZIO
          De che.
 SCIPIONE
                          De de de
 GIANGRAZIO
 De jettà
 SCIPIONE
                  Vì, e adesse
 GIANGRAZIO
1375E mo’ jettate? arrasso
 SCIPIONE
 Nepà, nepà, nepà.
 GIANGRAZIO
                                    Oh mancomale.
 SCIPIONE
 Ma non parlon de queste
 Sciose cattive.
 GIANGRAZIO
                             Sì parlammo d’autro
 Vostra accellenzia trasa: da sta vanna
1380Se va a lo quarto vuosto.
 SCIPIONE
 Vù andé, che sgè vi sieguo.
 GIANGRAZIO
 Comme volite. Io voglio
 Ì nnante, e fa nascondere
 Tutte quante lle ffemmene. (entra.)
 SCIPIONE
1385Ah corpo d’un Giudio
 Il tutto è andato bene, ah ah lo sciocco
 Se l’ha bevuta, ed il migliore è stato
 Che non mi ha conosciuto.
 
 SCENA ULTIMA
 
 BARBARA, Don SCIPIONE, PEPPINO che osserva, indi GIANGRAZIO che torna.
 
 BARBARA
 Chist’è Don Scipione
1390Vestuto Forastiero;
 Cossì m’ha ditto, quanno
 Ll’aggio da lo Giardino
 La lettera menata
 Ca se volea travestire: mo’ voglio
1395Spassarmece tantillo.
 SCIPIONE
                                          Ed ecco Barbara.
 PEPPINO
 È chillo lo monsù
 Che mo’ è benuto
 E non pò vedè femmene.
 SCIPIONE
 Anima mia, vedete
1400Quello ch’io per voi fo.
 BARBARA
                                            Sì, facce fare.
 PEPPINO
 Te, te, parla co Barbara.
 BARBARA
 Don Scipione mio.
 PEPPINO
                                     (Don Scepione!
 Marriamao, e che mbroglia!)
 BARBARA
                                                       Cossì potimmo
 Avè lo ntiento nuosto. (Tanto avisse
1405Sciato.)
 SCIPIONE
                  Per questa sera
 T’impalmarò a dispetto
 Di Rosaura, e del tuo
 Zotico Genitor.
 PEPPINO
                               (Potta, e che sento.
 Ma mo’ te l’acchiust’io.) Patro’, Patrone.
 SCIPIONE
1410Uh diavolo il paggio!
 BARBARA
 Io me nne fujo. (fugge Barbara per la scala.)
 GIANGRAZIO
                                Che buoje
 Peppi’? Ma Barbara
 Fuje da llà, uh diavolo
 Aje visto lo Forastiero?
 PEPPINO
1415Eccolo llà.
 SCIPIONE
                     Oimè, oimè. (finge cadere svenuto.)
 GIANGRAZIO
                                              Mo’ cade
 Assettateve cca. Figlia mmardetta. (lo fa sedere sopra una sedia affacciandosi da una portiera della camera superiore.)
 PEPPINO
 (Comm’abbatte! ah frabutto!)
 BARBARA
                                                         (Comme fegne
 Mo’ crepo de lo riso.)
 GIANGRAZIO
 Monsù, monsù. È muorto. Figlia cara.
1420È friddo friddo te allo mmacaro
 Avesse avuto primmo na mesate!
 SCIPIONE
 Ah!
 GIANGRAZIO
           Zi’ zi’, ca sospira.
 SCIPIONE
 Gran tradimant.
 GIANGRAZIO
                                 N’è niente
 Addorate, addorate.
 SCIPIONE
1425Sgè svi mort.
 GIANGRAZIO
                           (Auh femmene mmardetta!)
 Via faciteve core,
 E decite ch’è stato?
 SCIPIONE
 È venute un di chelle
 Che sge ne vudré nominar.
 PEPPINO
                                                    Na femmena
 SCIPIONE
1430Vì, ai lass, sge mor
 GIANGRAZIO
                                     Zitto a cancaro:
 Chiste non pò sentì commesechiamma,
 E isso mo’ è benuto
 A nnommenare na commesechiamma.
 Ma faciteve core
1435Ca mo’ la faccio zoffonnà. Tu statte
 Cca, e non fa venì nulla
 Commesechiamma: aje ntiso? (parte Giangrazio.)
 PEPPINO
                                                           Sì, aggio ntiso.
 Orsù Don Scipione quanto mme daje
 O scommoglio ogne cosa?
 SCIPIONE
1440Ojemmè. Taci ragazzo.
 PEPPINO
                                            O li denare,
 O mo’ dico ogne cosa a lo Patrone.
 SCIPIONE
 To un Zecchino, e taci.
 PEPPINO
 Che Zecchino! vonn’essere
 Ciento doppie. Patro’
 SCIPIONE
                                          Taci diavolo.
1445To questi due.
 PEPPINO
                             Che duje
 Patro’
 BARBARA
               (Te te Peppino
 Comme ll’avrà saputo.)
 SCIPIONE
 Son tre.
 PEPPINO
                  Che tre? Patrone.
 BARBARA
 E mo’ te lo compone.
 PEPPINO
1450Patro’.
 GIANGRAZIO
                Che? n’autra vota? (torna.)
 SCIPIONE
                                                    Ai lass! ai lass! (fugge per sopra la scala.)
 GIANGRAZIO
 Ch’è stato.
 PEPPINO
                       E io che saccio!
 BARBARA
                                                     Ah ah! che spasso!
 GIANGRAZIO
 
 Comme fuie lo negregato
 Nn’aggio proprio na pietà.
 
 PEPPINO
 
 (Comme abbatte lo briccone
1455Ma commico avrà da fa.) (Giangrazio siegue Don Scipione per la scala, e Peppino resta nel Cortile, nel mentre Don Scipione uscendo al piano delle logge s’incontra con Barbara.)
 
 SCIPIONE
 
 Da te aspetta questo core
 Refrigerio al suo dolore
 Bella causa di mia pene
 Sospirata mia beltà.
 
 BARBARA
 
1460Io pe tte so’ tutta fuoco
 N’aggio abbiento, n’aggio luoco!
 (Se lo crede l’animale!
 Starraje bello mmeretà.)
 
 PEPPINO
 
 Oje Patrone curre llà. (Viene Giangrazio sul piano delle logge, del che accorgendosi Don Scipione, fugge l’altra scalea nel Cortile.)
 
 GIANGRAZIO
 
1465Ah briccona n’autra vota.
 
 BARBARA - PEPPINO
 
 Vide comme vanno mmota
 È commedia mmeretà!
 
 SCIPIONE
 
 Sge son mort! (disceso nel piano.)
 
 PEPPINO
 
                             Don Scipione
 Li denare o te scommoglio.
 
 SCIPIONE
 
1470Quattro doppie: prendi.
 
 PEPPINO
 
                                               Aibò.
 Si Patro’.
 
 SCIPIONE
 
                    Son cinque doppie.
 
 PEPPINO
 
 Si patro’.
 
 GIANGRAZIO
 
                    Eccome cca.
 
 SCIPIONE
 
 Sge son mort sge son mort.
 Ah Monsiù, ne pà ne pà!
 
 GIANGRAZIO
 
1475Fatte core si monsiù
 Armo via: ne pà, ne pà.
 
 BARBARA - PEPPINO
 
 Che spassetto mmeretà.
 
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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