Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Il baron della Trocciola, Napoli, A spese di Nicola di Biase, 1736
 a cura di Giovanna Peduto
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 OLIMPIA, REMIGIO, BARONE, e PAOLINA, poi DULCINDO.
 
 OLIMPIA
 No, no: Vuo’ che d’entrambi alla presenza
 Si chiarisca l’affare.
 REMIGIO
600Eh! vuo’ tu corbellare,
 Pimpa mia: son chiarito
 Abbastanza. I Lacchè
 Glielo niegò su i volto, e un altro poco
 Gli scuoteva la polvere di dosso,
605Con un tocco di legno. I Signor Conte
 À detto, che né pur se l’è sognato:
 Eghi, eghi i furfante
 I tutto s’è inventato.
 PAOLINA
 Oh mondo infame!
 BARONE
                                      Che mmentare? è bbero.
 REMIGIO
610E pur li?
 DULCINDO
                    Chi ’l sostiene è un menzognero.
 REMIGIO
 La ci calza.
 DULCINDO
                       Perdoni, mia Signora,
 S’io mi prendo cotanta confidenza
 Alla sua venerabile presenza.
 È ella la Consorte
615Di cotestui?
 OLIMPIA
                         Per mia sventura.
 DULCINDO
                                                            Ed ella
 Forse gli disse, ch’io,
 Farfalletta amorosa
 Intorno al suo bel lume
 Arder tentai le Verginelle piume?
 OLIMPIA
620Io!
 PAOLINA
         Che belle parole!
 OLIMPIA
                                          Ci si provi,
 Che forse non andranno
 Gl’effetti suoi senza la lor mercede;
 Ma impiegati saranno
 Meglio ch’ella non pensa, e che non crede.
 PAOLINA
625Volete indovinarla?
 Prendete il mio consiglio
 Signor Conte, scrivetele
 Un biglietto amoroso,
 Pieno di coratelle, e d’animelle,
630Passate, e ripassate,
 Fermatevi al cantone,
 Ch’io, se non v’è il Padrone,
 Raschio, e vi fo salir, non dubitate.
 BARONE
 Lo siente? (a Remigio.)
 REMIGIO
                       Ben vi sta. (al Barone.)
 DULCINDO
                                             Non ò bisogno,
635Madamoisella mia,
 D’esser tanao istruito,
 Né sono così ardito
 Di molestar, senza del suo permesso,
 Questa gentil Signora:
640So il rispetto, che devo
 All’onestà d’una sua pari, al sesso,
 E al grado, che sostien meritamente,
 Il di lei Genitore.
 L’amo, no ’l so niegar, che al primo sguardo
645Ella, fra lacci suoi mi strinse il core;
 Ma le giuro, che degno
 Di me, degno di lei sarà il mio amore.
 PAOLINA
 Buon Cavalier!
 BARONE
                               So’ chiacchiere.
 REMIGIO
                                                              Che dici?
 BARONE
 Dico, ca lo sio Conte
650Mo’ nnante have mannata
 A la mogliera mi no a la Signora
 DULCINDO
 Che mai?
 PAOLINA
                     State a sentire.
 BARONE
                                                   Na mmasciata.
 DULCINDO
 (ride.) Risponda lei per me, Signora mia.
 OLIMPIA
 L’infelice delira. Paolina?
 PAOLINA
655Questa è una sollennissima bugia.
 BARONE
 Appila fraschettella, io saccio tutto,
 E tu haje fatta la guida a lo Corriero.
 PAOLINA
 Meschina me! Lei mente, non è vero.
 BARONE
 Ah scirpia, mo’ te mollo no scennente.
 REMIGIO
660Ohi ohi finiamla.
 OLIMPIA
                                   Adagio.
 BARONE
 Eh, eh, eh, tu non si’ de sango nobbele.
 PAOLINA
 Signora lo sentite,
 Come insulta una povera innocente.
 OLIMPIA
 Ed io di che son rea, se non d’averlo
665Contro il merito suo, troppo stimato?
 Povero cor! nascesti sventurato.
 
    Giusto Cielo, e in che t’offesi,
 Che mi fai penar così?
 Di’, crudel, tiranno di’ (al Barone.)
670Quale oh Dio vorrei lagnarmi;
 Ma lo vieta il mio dolor.
 Sommi Dei, che la scorgete,
 Voi palese altrui rendete
 L’innocenza del mio cor.
 
 SCENA II
 
 REMIGIO, DULCINDO, BARONE, e PAOLINA.
 
 REMIGIO
675Vete come la piange! E i traditore
 Ve’ se si muove punto! Pimpa mia
 (piange.) Oh oh oh ohi. Sento scoppiarmi i cuore.
 PAOLINA
 È pazza la Signora,
 Parlando con creanza. Esser vorria
680Ne’ piedi suoi, Paolina: In fede mia,
 Gli farei dire il vero.
 BARONE
                                        Ente che facce!
 PAOLINA
 Ma, s’ei lo va cercando,
 Com’i Medici il male. Signor Conte?
 Ora è tempo, coraggio. Lei si metta
685A corteggiare la Padrona mia,
 Ch’io le prometto tutta l’assistenza,
 Non gli facciamo dire la bugia. (fugge seguitata dal Barone.)
 
 SCENA III
 
 REMIGIO, BARONE, e DULCINDO.
 
 REMIGIO
 E ben? che pretendete vo’ di fare? (trattenendo il Barone.)
 BARONE
 Lassame, ca le voglio
690Chella lengua mmardetta
 Da la canna scippare.
 Mo’ saglio, aspetta, aspetta.
 REMIGIO
 Finiamola olà?
 BARONE
                              Ma Gnore bello mio,
 Te pare cosa chesta
695Da sopportà da na
 REMIGIO
                                    Vel meritate.
 DULCINDO
 Quest’è il frutto de’ vostri
 Mal fondati sospetti.
 BARONE
 (Sospetto lo malanno, che te scorna,
 Oh cca si justo justo
700L’approverbejo nce va de mazze, e ccorna.)
 DULCINDO
 Signor mio? lei già vede, (a Remigio.)
 Com’io resti aggravato ingiustamente:
 L’impostura è patente,
 Non v’à bisogno, ch’io le suggerisca
705Ciò, che, in simili casi,
 Punto d’onor richiede.
 REMIGIO
                                            Dove siete?
 Presto, conviene dar sodisfazione
 A codesto Signore.
 BARONE
 Comme? Io ll’haggio da dare sfazejone!
 REMIGIO
710Certo. Così si prattica,
 Fra le persone nobili: Imparate,
 E un’altra volta, prima
 D’intaccar nella stima un Galant’uomo,
 Considerate ben quello, che fate.
715Su via. Come!
 BARONE
                             Gnornò,
 No mpozzo fa sta cosa.
 DULCINDO
 Dunque me ne dia conto,
 Colla spada alla mano.
 Ecco denudo il brando.
 BARONE
                                             Chia’, chia’, chiano,
720Nfodera Conte mio.
 REMIGIO
                                       Inginocchiatevi.
 BARONE
 Eccome cca. Va bbuono? (a Remigio.)
 REMIGIO
 Cavatevi i cappello.
 BARONE
 Gnorsì, core mio bello.
 REMIGIO
 Fate or le vostre scuse
725Con codesto onorato Cavaliero
 Del sinistro pensiero,
 Che d’esso avete fatto.
 BARONE
 Nient’autro?
 REMIGIO
                           E addimandategli perdono.
 BARONE
 Mo’,mo’. Nuje nce scusammo
730Co bbuje sio Caaliero
 De lo male penziero,
 Che de vuje havimmo fatto,
 Perdona ussia lustrissemo,
 E ve songo criato colennissemo,
 REMIGIO
735(Che bestia) soggiungete,
 Che, da ora in avanti,
 Suo buon Amico, e servo gli sarete.
 BARONE
 Scusame, Gnore mio,
 De chesto ntanto ne puoje fa de manco.
740Criato le sarraggio;
 Ma l’ammecizeja soja, non sia pe dditto,
 No la voglio.
 REMIGIO
                          Perché?
 BARONE
                                           No nc’haggio genejo
 Propejo co cchisso.
 DULCINDO
                                     Adunque
 A un par mio ricusate esser amico?
745Ah vile
 BARONE
                 No, sio Conte, mo’ lo ddico.
 DULCINDO
 Basta così.
 REMIGIO
                       Alzzatevi.
 DULCINDO
                                           E rendete
 Al vostro Signor Suocero
 Grazie per lo favore,
 Che, a suo riguardo, or or vi dispensai,
750Allorché, come avreste meritato,
 Vittima al mio furor non vi svenai.
 
    Di me non vi fidate,
 Se per altrui conforto,
 Quale nel nome il porto,
755Sul dolce labro ò il miele,
 Che v’ò l’aculeo ancora,
 No, non mi stuzzicate,
 Perché vi pungerò.
    Se voi, qual can rabbioso,
760Di mordermi più ardite,
 Sanar le mie ferite
 Col vostro pel saprò.
 
 SCENA IV
 
 REMIGIO, e BARONE.
 
 REMIGIO
 Me Genero? vedete a qual impegno
 Vi siate posto. S’io
765Costì non mi trovava,
 Chi sa, come l’andava.
 Pensateci, pensateci: Saldata
 Io ve n’ò una: All’altra
 C’ate da pensar voi. Pacificateci
770Colla Pimpa, ntendete?
 La v’ama, sì, la v’ama
 La povera ragazza
 Più assai di quel, che vo’ non vi credete.
 
    A renderla placata
775Basta una parolina,
 Ch’ella è una Colombina,
 Fiele per voi non à.
    Farà un po’ la stizzata,
 Io lo so ben; ma poi,
780Pensando a casi suoi,
 La vi perdonerà.
 
 SCENA V
 
 BARONE.
 
 BARONE
 Ch’aggio da fa’? lo tuorto
 Sempe sarrà lo mio.
 Fegnimmola, chi sa! Fuorze no juorno,
785Co lo delitto gneneto la ncappo
 A ffa le gguattarelle co lo Conte,
 E tanno po facimmo tutt’a mmonte.
 
    Cossì a lo tagliero
 La gatta va attuorno,
790Pe nfi ca no juorno
 De musso nce dà.
    Che sserve: nce ncappa,
 La faccio sta zappa,
 Si pote tricate
795No mpote mancà.
 
 SCENA VI
 
 DULCINDO, e MEUCCIO.
 
 DULCINDO
 Qui non si vede alcuno. Or prendi questo
 De’ sensi del mio core (gli da un biglietto.)
 Interprete fedel, e alla mia bella
 Fa, che per mezzo ei giunga
800Della sua fida messaggiera Ancella.
 Intendesti il mio cenno?
 MEUCCIO
                                               Sì Padrone.
 (Intenderlo convien per discrezione.)
 DULCINDO
 Ma non far delle solite.
 MEUCCIO
                                            Ho mancato
 Una sol volta per inavvertenza,
805Ed il rimedio pronto v’ò trovato.
 Oltre di che il mio sbaglio
 È stato di suo utile.
 DULCINDO
                                      Perché?
 MEUCCIO
 Con quella Signorina
 Ella non s’è abboccata,
810Per cagion dell’errore?
 DULCINDO
                                            Veramente
 Tutti, con bella gara,
 Spronati da due stimoli possenti
 Di bellezza, e virtude,
 A mio favor s’uniscono i viventi.
815Dimmi: Come si parla
 Di me per la Città?
 MEUCCIO
                                      Può Llusustrissima
 Imaginarlo: Al solito. Incantata
 È rimasta Pistoja. Non si parla
 D’altro per i caffè,
820Che della sua persona, del suo garbo,
 Di sua bellezza,
 DULCINDO
                               È dono
 Tutto d’Amico Ciel. (si pavoneggia.)
 MEUCCIO
                                       Ogn’Arteggiano
 Corre, quand’essa passa, a rimirarla
 Sulla bottega col lavoro in mano
825Le femine si chiamano,
 L’una coll’altra alle fenestre, e dicono
 Bel Cavalier! Che taglio
 Di vita! che bel volto!
 Che gentil portamento!
830Felice lei, cui toccar deve in sorte
 D’un sì vago marito esser consorte.
 DULCINDO
 Tutta loro bontà. Prendi Meuccio (gli dà una moneta.)
 Vanne a far collazione;
 Dopo però, che avrai ricapitato
835Quel foglio, sai?
 MEUCCIO
                                Benissimo. Obligato
 Alla sua cortesia.
 Basta, a tempo miglior mi serbo il resto,
 Che, per dir tutto un anno vi vorria.
 
    I maestri son costretti,
840S’ella passa per le scuole,
 A dar feria alli scolari
 Tutti chiudono i Notari
 Le lor curie, ed i bambini
 Dalle poppe delle madri
845Con grand’impeto si staccano,
 Più del latte non si curano,
 Pe mirar la sua beltà.
    L’altro giorno, in arrivare,
 Sa che avvenne ad un facchino?
850Non curossi di turare,
 Per la fretta di vederla,
 Una botte di buon vino,
 Tutto tutto il fé versare,
 Che fu proprio una pietà. (In tempo, che canta l’aria, di mano in mano, che lo loda Dulcindo gli rigala una moneta, finché finiti i denari nel terminar della replica, gli dona la borsa.)
 
 SCENA VII
 
 DULCINDO.
 
 DULCINDO
855Per non esser cagion d’un tanto danno,
 Saria d’uopo, ch’ io stassi
 Confinato in un Eremo; ma poi
 Penso, che i pregi miei, la mia bellezza
 Denno a gloria del Cielo,
860Starsi palesi al mondo;
 Ma, a stringermi d’assedio
 Torna la bella sconsolata. Un sasso
 Pur sente amor per me non v’è rimedio.
 
 SCENA VIII
 
 LAVINIA cantando, e detti.
 
 LAVINIA
 
 Dolci aurette, che d’intorno
865Del mio ben al viso adorno
 Vezzosette v’aggirate;
 Per pietà deh gli narrate
 La mia pena, il mio dolor.
 
 DULCINDO
 Viva, per eccellenza, in sommo grado.
870Che si diletta eh?
 LAVINIA
 Così così, per mio divertimento.
 DULCINDO
 Buona voce, buon gusto, ottima grazia.
 LAVINIA
 Non mi burli, Signor.
 DULCINDO
                                          Ella è un portento.
 Godesse per metà
875Della sua abilità, una di quelle
 Poverine, che attendono a cantare,
 Per poter poi in Teatro recitare,
 Saria la meraviglia delle scene,
 La rovina de’ cuori,
880Il terror de’ cantanti,
 La calamita delli spettatori.
 LAVINIA
 Non tanto no, non tanto.
 DULCINDO
 Pe verità la musica
 È d’amore il richiamo,
885Tutto dì la vediamo
 Partorir stravaganze,
 LAVINIA
                                         Com’a dire?
 DULCINDO
 Mi spiego. V’è tal’una
 Di volto sì deforme, che fa orrore,
 S’applica al canto, e appena sa intuonare
890Quattro note si pone a recitare:
 Avrà un po’ po’ di grazia, basta questa,
 A far che resti avvolto
 Fra lacci suoi, chi prima
 Non la guardava in volto.
895Lei poi, che accoppia di beltade il vanto
 Alla virtù del canto,
 Farebbe, a creder mio con un’Arietta,
 Strage maggior di cuori,
 Che non fece de’ mori,
900Col senno, e colla mano,
 Il gran Scipion, che si nomò Africano
 LAVINIA
 Mi schernisce, lo so.
 DULCINDO
                                       Schernirla! in pronto
 Ecco la prova: Io, già gliel dissi, ò un core
 D’altro amore incapace, ed in udirla
905Cantar, di predatore
 Preda divenni; ond’è, che son costretto
 Ad implorar mercede
 A un nato appena, e ingigantito affetto,
 Sì, già per lei mi struggo,
910Già mi sento morir.
 LAVINIA
                                       Piano, Signore,
 Non tanta confidenza.
 DULCINDO
 Ah, ah lei mi vuo’ render la pariglia.
 Ma, se al pari del volto à bello il core,
 Avrà di me pietade.
 LAVINIA
                                       Mi dispiace,
915Ch’ella è giunta allo scorto,
 Son presi i posti. Il primo,
 Che vacherà, sia suo, non gli fo torto.
 DULCINDO
 Ma questa è crudeltade.
 LAVINIA
                                              Ecco gl’imprimo,
 Con questo dolce sguardo,
920L’onorato carattere
 Di nostro Cicisbeo;
 In qualità però
 Di sopranumerario,
 DULCINDO
 Ella scherza, ed io moro
925Da senno.
 LAVINIA
                      (Ma s’appressa il traditore,
 Torno a finger amore.)
 DULCINDO
 Se, qual per gioco, anch’io,
 Lei finge crudeltà
 
 SCENA IX
 
 FABRIZIO in disparte, e detti.
 
 LAVINIA
                                   Sì Conte mio,
 Son tutta amor per te.
 FABRIZIO
                                           (Crudeli accenti!
930Voi mi passate il cor.)
 DULCINDO
                                           Dunque sicuro
 N’andrò del grande acquisto?
 FABRIZIO
 Se fedel mi sarai,
 DULCINDO
                                   Per questa destra,
 Che stringo, e bacio umel, bella, tel giuro.
 FABRIZIO
 (Ahi smanie, ahi pene!)
 LAVINIA
                                               Oh giorno,
935Giorno per me sereno!
 Or son felice, or son contenta appieno.
 
    Volgimi un dolce sguardo,
 Caro bel idol mio,
 La bella fiamma, ond’ardo
940Per te fedele anch’io,
 Leggi negl’occhj miei,
 Nel mio sembiante.
    In un sospir disciolta,
 Cinta di tue catene,
945Vedi, ch’a te sen viene,
 Conforto ad implorar
 Quest’alma amante.
 
 SCENA X
 
 DULCINDO, e FABRIZIO.
 
 DULCINDO
 Bello Olimpia perdona,
 S’amoroso desio
950Per altra bella ancora
 FABRIZIO
                                         Padron mio,
 Snudi quel ferro.
 DULCINDO
                                  E la cagion?
 FABRIZIO
                                                          Allora,
 Ch’ella in pronto sarà,
 Per meco duellar, l’intenderà.
 DULCINDO
 Mi scusi: In questa forma,
955Non vengono a cimento i pari miei;
 Denno, ed ella il saprà,
 Precedere al duello
 Molte formalità.
 Mandi prima il cartello
960Della diffida, destiniamo il campo,
 Eleggiamo i Padrini
 Scambievolmente, e poi
 Si vedrà qual di noi
 Prevaglia nella pugna, ma mi dica:
965Pe qual querela, meco
 Batter si vuol!
 FABRIZIO
                             Per amorosa inchiesta.
 DULCINDO
 Si spieghi.
 FABRIZIO
                       Mio rivale
 Ella ardisce involarmi
 Il caro ben: La mia querela è questa.
 DULCINDO
970Intanto. Vive amante
 Di quella Signorina,
 Cui poc’anzi parlai.
 FABRIZIO
 Appunto. Essa giuronni, io le giurai
 Inviolabil fede.
 DULCINDO
                               In conclusione
975Goder, senza contrasto,
 Lei vvole dal suo amor?
 FABRIZIO
                                              Sicuramente.
 DULCINDO
 Gliela cedo; Finita è la questione.
 FABRIZIO
 Ciò non mi basta: Voglio,
 Ch’ella si prenda volontario esiglio
980Da queste mura.
 DULCINDO
                                  (Amor! e qual consiglio!)
 FABRIZIO
 Che dice?
 DULCINDO
                      Or senta: Usarle
 Deggio una confidenza,
 Ma mi terrà segreto?
 FABRIZIO
 So il mio dover.
 DULCINDO
                                Di molta conseguenza
985È l’affare.
 FABRIZIO
                     Favelli.
 DULCINDO
                                     Amato amante
 Io son della Signora Baronessa,
 E furtivo le piante
 Qui rivolgo, a cagion del suo Consorte,
 La di cui nota, a strana gelosia
990Serve d’intoppo alla fortuna mia.
 Finsi perciò di secondar le brame
 Della sua bella; ma costante il core
 Io serbo all’Idol mio.
 FABRIZIO
                                         Sei mentitore.
 DULCINDO
 Al campo, al campo.
 FABRIZIO
                                       Io sosterrò coll’armi,
995Che indegnamente aspiri
 All’amor di Lavinia,
 Che ingiustamente oltraggi
 D’Olimpia l’onestà. Suo Cavaliere
 La garantisco. Di mia spada al lampo,
1000Sarai, con tuo rossore,
 Costretto a risarcirla.
 DULCINDO
                                         Al campo, al campo.
 FABRIZIO
 Fia la pubblica Piazza: Ivi t’attendo,
 Ove al valor cedendo
 Di questa invitta mano,
1005Confessar per viltà dovrai, che sei
 Indegno Amante, e Cavalier villano.
 
    Pallido, e smorto in volto.
 A piè del Vincitore,
 Cadrai, per tuo rossore,
1010Di questa spada ultrice
 Al primo balenar.
    E in atto umil rivolto
 Alla mia fronte il ciglio,
 Pietà, nel tuo periglio,
1015Io ti vedrò cercar.
 
 SCENA XI
 
 DULCINDO.
 
 DULCINDO
 Meritamente io soffro
 D’un labro insultatore
 Gl’oltraggi, e l’onte. È tua giustizia Amore.
 Tu lo permetti, in pena
1020Dell’incostanza mia,
 Di mia loquacitade. I passi miei
 Sommo Giove tu reggi,
 E, nel fatal periglio,
 La più bell’opra di tua man proteggi.
 
1025   In voto offrite,
 Donne pietose
 Le vostre vite,
 Per mia salvezza
 Della bellezza
1030Il più bel fiore,
 Voi lo vedete,
 Donne piangete,
 Sta per languir.
    Di crudo verno
1035Dall’ire atroci
 Voi lo serbate,
 Deh non lo fate
 Inaridir.
 
 SCENA XII
 
 OLIMPIA leggendo un biglietto, e PAOLINA.
 
 OLIMPIA
 ,,Bella non men, che fortunata Olimpia.
1040,,Giacché di tante, e tante
 ,,Che ambiscono l’onore
 ,,Del mio pudico amore.
 PAOLINA
 ,,Povera pudicizia.
 OLIMPIA
 ,,Voi sola riportaste
1045,,L’alto, ed invidiabile vantaggio
 ,,Di possederlo;
 PAOLINA
                                ,,Odi che bestia?
 OLIMPIA
                                                                 ,,Ond’io
 ,,Mi compiacqui di tutti i pensier miei
 ,,Alla vostra beltà render l’omaggio,
 ,,E farvi del cuor mio
1050,,Un generoso incomparabil dono.
 PAOLINA
 ,,Ah, ah, ah, ah. (ride.)
 OLIMPIA
                                ,,Con questi versi, sono
 ,,La grazia a confermarvene, e v’esorto
 ,,Farne buon uso.
 PAOLINA
                                   ,,Possa cader morto.
 OLIMPIA
 ,,Il tutto di persona
1055,,Sarò a ratificarvi,
 ,,Se me lo permettete;
 ,,E, se timore avete
 ,,Dal rozzo, ed incivil vostro Consorte,
 ,,Verrà sotto mentite spoglie ascoso
1060,,Dulcindo, il vostro ben, la vostra sorte.
 Che pazzo glorioso!
 PAOLINA
                                      In verità
 Il compagno a trovar si stenterà.
 OLIMPIA
 No, no, ve n’anno molti.
 PAOLINA
                                              È vero, ed io
 Ne conosco più d’uno;
1065Ma questo è singolare.
 Gl’altri o friggono, o cercano
 Di portar sempre a casa, né cavare
 Gli puoi di mano un bagattino. Questo
 Getta, senza ritegno,
1070Tanto, in un giorno sol, quant’altri spende
 In un anno, che tiene de contanti.
 Sia benedetto: Almeno se ne vede
 Bene. Così vonn’essere gl’Amanti.
 
    Ma di questi, a tempi nostri
1075Se n’è persa la semenza,
 Tutti vogliono in credenza
 Colle Donne amoreggiar.
    Chi passar per bello intende,
 Chi per bravo, e v’è tal’uno
1080Così ardito, che pretende
 Sin di farsi rigalar.
 
 SCENA XIII
 
 OLIMPIA, poi BARONE.
 
 OLIMPIA
 Non mi sazio di leggerlo.
 BARONE
                                                Signora?
 Ch’è chello, che leggite?
 Qua biglietto ammoroso?
 OLIMPIA
1085Siete pur sospettoso.
 (Vuo’ lusingarlo) questo
 BARONE
 Che d’è? decite.
 OLIMPIA
                                Il conto dal Sartore.
 BARONE
 Me puoje dare a rentennere
 Porzì, ch’è na rezetta de speziale,
1090(Auh mo’ sapesse leggere,
 Patremo è stato proprio n’anemale.)
 OLIMPIA
 So ben, che poca fede a detti miei
 Voi prestate, pazienza,
 Sì vuole il Fato, e la sventura mia.
 BARONE
1095No ’nzerve, te conosco,
 Co ttutto, che me faje la Percopia.
 
 SCENA XIV
 
 DULCINDO in disparte, e detti.
 
 DULCINDO
 (Ecco il mio ben; ma il suo Consorte è seco.)
 OLIMPIA
 Oh quanto v’ingannate?
 BARONE
 Me nganno? Oh non facimmo cchiù pparole,
1100Chello, ch’è stato è stato;
 Da mo’ nnante mperò,
 Si no mme vuoje vedè peo de demmonejo,
 Haje da portà no poco cchiù respetto
 OLIMPIA
 A chi?
 BARONE
               A me, che te songo matremmonejo. (Olimpia e Dulcindo si salutano.)
1105Chesto che bbene a ddicere?
 Che sso’ st’alleverenzie? me repasse?
 OLIMPIA
 Guardimi il Ciel.
 BARONE
                                  Parlammo ntuono: Io saccio (fanno lo stesso.)
 Torna da capo, oh mo’ sì che me mpesto.
 OLIMPIA
 Oh me infelice!
 BARONE
                                Io saccio,
1110Te dico n’ata vota,
 Ca tu, pecché si nobbele,
 De me non ne faje cunto va? na jota. (si fanno de cenni.)
 Non nzerve auzà le spalle,
 E revotà la facce
1115Da chesta, a chella via.
 Statte a bbedè, dicesse qua boscia.
 OLIMPIA
 Io non mi muovo punto,
 Avete equivocato.
 BARONE
 Non songo qua cecato,
1120Vedo tutti li vierze, che tu faje. (Olimpia fa segno a Paolina colla testa.)
 Lo bi’? mo’ co la capo m’ammenacce.
 OLIMPIA
 Io! ne pur me ’l sognai.
 BARONE
                                             Ente che facce!
 E me lo bbo’ negare,
 Ora non ne sia cchiune, jammoncenne
1125No poco a passeare.
 OLIMPIA
 Come volete, andiamo. (si prendono per mano.)
 DULCINDO
                                              Con licenza,
 A me tocca servir questa Signora. (La leva di mano al Barone e ne la porta a passeggiare.)
 BARONE
 Patrone, a ggusto vuosto. Oh! uscia m’annora.
 
 SCENA XV
 
 BARONE poi PAVOLINA.
 
 BARONE
 A che simmo arrevate! videtille,
1130E co che disinfado! oh sia schefice,
 Tenite mente lloco: che ve pare?
 PAOLINA
 Io che ne voglio fare?
 BARONE
 Ne, ne? cchiù de na vota
 Aggio ditto, ca voglio
1135Che stia ’nchiusa la porta
 De lo ciardino.
 PAOLINA
                              E a me lo raccontate?
 BARONE
 Già saccio, non te ’mporta.
 PAOLINA
 Non entro a questo. Io son la Cameriera,
 Da quant’in qua o da far la Giardiniera? (entra.)
 
 SCENA XVI
 
 BARONE, poi MEUCCIO.
 
 BARONE
1140A chi aggio da sta sotta!
 MEUCCIO
                                              (Dove mai
 Ei si sarà ficcato?
 Ò già quasi girato
 Tutto, da capo a piè questo Giardino.)
 BARONE
 (Vecco lo tirannante.)
 MEUCCIO
1145(Oh! ò qui l’amico Cesare,
 Voltiam strada.)
 BARONE
                                 Zi, zi, bello figliulo?
 MEUCCIO
 Che volete da me?
 BARONE
                                     Mo’, ca so’ sulo,
 Puoje di’ la veritate
 MEUCCIO
                                       Di che cosa?
 BARONE
 De chella mmasciatella
1150MUCCIO
 Io, per me, non so quel, che vi dici.
 BARONE
 Atta de nnico!
 MEUCCIO
                             Andate a porvi in letto.
 Che avete preso l’orso, poveretto. (entra.)
 
 SCENA XVII
 
 BARONE; poi REMIGIO.
 
 BARONE
 Oh chesto sì, ch’è troppo, mannag’io.
1155Uno me chiamma pazzo,
 N’autro male criato,
 E porzì da mbreaco so trattato,
 Potta d’oje? da chi po?
 Da no sette panelle.
1160Si non ce fosse pena de la vita,
 M’accedarria mo’ propio.
 REMIGIO
                                                 Adagio un poco.
 BARONE
 Gnopà? mo’ si che no nne pozzo cchiune.
 REMIGIO
 Che! vi fosse montato
 Qualch’altro ramo di pazzia?
 BARONE
                                                       Lo ssiente?
1165Embe’, si songo pazzo,
 Lassatem’j.
 REMIGIO
                        Non ve ne siete andato?
 BARONE
 Famme piacere, aspetta no tantillo. (entra in casa.)
 
 SCENA XVIII
 
 REMIGIO, ed OLIMPIA, DULCINDO, e PAOLINA in disparte.
 
 OLIMPIA
 Meschine noi! Il Genitor.
 PAOLINA
                                                 Sapete
 Cosa possiamo far? per il Tinello
1170Entrarne, e chete, chete
 Salire in casa.
 OLIMPIA
                             Ma dov’è la chiave?
 PAOLINA
 Eccola qui, l’ò io.
 OLIMPIA
 Apri non perdiam tempo, Signor Conte.
 Poi ci vedremo.
 DULCINDO
                                A suo piacere
 OLIMPIA - DULCINDO
1175Addio. (entrano Olimpia e Paolina da una parte Dulcindo dall’altra.)
 
 SCENA XIX
 
 REMIGIO, e BARONE.
 
 REMIGIO
 Costui mi farà perdere i cervello
 Ancora a me.
 BARONE
                           (Mo’ si, ca bello, bello
 Nce lo ffaccio abbedè.
 REMIGIO
                                          Dove siet’ ito?
 BARONE
 A mettere la varra
1180All’autra porta de la casa mia,
 Pe no la fa trasì da chella via.
 REMIGIO
 Si può saper che avvenne?
 BARONE
 Mo’ mo’ lo bbedarraje. Chillo sio Conte
 Mo’ nnante m’ha levata
1185Da ste mmano vi cca.
 REMIGIO
                                          Chi?
 BARONE
                                                      La Signora,
 E pe lo uraccio po se ll’ha portata
 A passeà pe lo ciardino, mo’
 No lo porrà negare.
 REMIGIO
 AH,ah, sarà codesta
1190La seconda di cambio
 Dell’ambasciata.
 BARONE
                                 Siente: Si toccare
 Non te lo ffaccio co sse mmano, tanno
 No mme credere cchiù, damme di schiaffe
 Ca te perdono. Poco
1195Potarranno tricare.
 
 SCENA XX
 
 OLIMPIA al balcone, e detti.
 
 OLIMPIA
                                      Signor Padre?
 Che fa ella costì?
 BARONE
                                  (Mmalora.)
 REMIGIO
                                                          Figlia?
 Sei Barone?
 BARONE
                          (Sta squinzea, è fattocchiara,
 Non pò esse de manco.)
 OLIMPIA
                                              Venga sopra.
 REMIGIO
 Or, ora sci vedremo.
 BARONE
                                        (È na janara.)
 OLIMPIA
1200L’attendo. Le son serva.
 REMIGIO
                                              Addio, addio.
 E ben? non ve ’l diss’io
 Che sarian delle solite?
 BARONE
                                             Haje raggione.
 REMIGIO
 Siete vo’ pazzo, o no?
 BARONE
                                         So’ no pazzone.
 REMIGIO
 
 Ma questa infame vita
1205La non si può durare,
 Facciamola finita,
 Non se ne parli più
 
 BARONE
 
 Pe fforza, core mio
 Me nc’aggio da acconciare,
1210Lassammole spontare,
 Non ne parlammo cchiù.
 
 REMIGIO
 
 Vo’ siete fermo ancora
 N’i vostro sentimento?
 
 BARONE
 
 Ma si me sento pognere
1215Proprio da cca, e da cca.
 
 REMIGIO
 
 Io non l’arrivo a intendere,
 Questa è bestialità.
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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