Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Il marchese Sgrana, Napoli, a spese di Nicola Di Biase, 1738
 a cura di Loredana Amico
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO II
 
 SCENA PRIMA
 
 SGRANA solo.
 
 SGRANA
 Sio Frammineo, fa chesto, (dentro.)
660Ca io te servo cca! Gianperzio è ghiuto
 Già pe trovare lo Covernatore,
 Ed io ll’aggio mannato
 Frammineo appriesso, pe bedè, che face.
 Cierto ch’è ghiuto a farme na quarera.
665Ora io nfratanto voglio
 Trasì dinto a sta casa, e dire a Celia, (addita la casa di Gianpersio.)
 Ca Frammineo è fedele. Anemo Sgrana;
 Accossì songo: È bero
 Ca io so’ no mbroglione, e truffajuolo;
670Ma pe servì a n’ammico,
 Mme metto ad ogne mpigno, ad ogne ntrico. (entra in casa di Gianpersio.)
 
 SCENA II
 
 GIANPERSIO, e CHECCHINA.
 
 GIANPERSIO
 Oh, Sia Checchina.
 CHECCHINA
                                      Ser Gianpersio  serva
 Sua.
 GIANPERSIO
            Buona nuova; Io mo ne aggio parlato
 A lo Covernatore,
675Ed ha già dato ll’ordene,
 De ncasà lo forfante
 De Sgrana.
 CHECCHINA
                        Buono.
 GIANPERSIO
                                        E creo,
 Ca non porrà tricà lo Capitanio
 A benì co la Corte
680Da ccà.
 CHECCHINA
                 Chi Capitano?
 GIANPERSIO
                                              No lo saccio,
 Mme diceno, ch’è chillo,
 Che benne l’autro juorno.
 CHECCHINA
 Vi raccomando dunque i miei interessi.
 GIANPERSIO
 Lassa fa mme.
 CHECCHINA
                              Mi dia
685Licenza.
 GIANPERSIO
                   Addo’ vuo’ ire?
 CHECCHINA
                                                 Devo entrare
 In mia bottega, per urgenti affari.
 GIANPERSIO
 E de l’ammore nuosto, che facimmo?
 CHECCHINA
 Che amore? eh vergognatevi.
 GIANPERSIO
 De che?
 CHECCHINA
                  Di che? Se saper lo volete,
690Miratevi allo specchio:
 Io son giovine assai, voi troppo vecchio.
 
    Non posso amarlo,
 Signor mio nò;
 Per più cagioni,
695Ch’or li dirò:
 Lei non è giovine;
 Lei non è bello,
 Non hà cervello,
 Grazia non hà.
 
                              Signor perdoni,
700Se parlo chiaro.
 Io non hò a caro
 Di far l’amore
 Con chi il calore
 Perduto ha già.
 
 GIANPERSIO
705Aimmè! che scoppettata è stata chesta!
 O misero Gianpersio,
 A qual passo ti guida
 Un’amoroso incanto?
 Uh ca non pozzo trattenè lo chianto! (via Gianpersio.)
 
 SCENA III
 
 CELIA, e SGRANA.
 
 CELIA
710Già persuasa son. Se sei fedele,
 (Come dimostri) a te mi fido, e tutta
 Amor, torno a Flaminio;
 Per lui contenta sono
 Abbandonare il Padre.
 SGRANA
                                            Vedrà lei
715Coll’effetto, e coll’opra
 Ch’io dico il ver: Flaminio
 Sempre fido vi fu.
 CELIA
                                    Mia gelosia,
 Effetto fu d’amor.
 SGRANA
                                    Tutto dirogli,
 Or per effettuare
720Il resto, egli è mestieri,
 Che adesso a ritrovar vada Flaminio.
 CELIA
 Va pure.
 SGRANA
                   Or verrà quì,
 Per conchiudere il tutto.
 CELIA
 Và ch’io l’attendo.
 SGRANA
                                    Io vi son schiavo. (parte.)
 CELIA
                                                                     Addio.
725Già felice son’io,
 Non ho che più sperare; Quel Flaminio,
 Ch’io tanto amai, ad onta
 Di perversa fortuna è reso mio.
 Ecco, che pure al fine
730Dopo sì duri affanni,
 Dopo tanti timor, che d’ogn’intorno
 Hanno finora assediata, e scossa
 La mia fida costanza,
 Sorge nel sen, più bella la speranza.
 
                                                                   Fà la speranza
735Come il ruscello;
 Allor che avanza
 La pioggia irata,
 Gonfio, e superbo
 Nel mar sen và.
 
740   Ma s’è cessata
 Poi la tempesta,
 Placido, e bello
 Di nuovo resta,
 E ’l caro margine
745Passar non sà.
 
 SCENA IV
 
 FLAMINIO, e SGRANA.
 
 FLAMINIO
 E viva, Sgrana, oh quanto
 Io tenuto ti sono.
 SGRANA
                                  È ppoco chesso
 All’obbreco, che v’aggio.
 FLAMINIO
                                              Or saper dei,
 Che vi son guai per te.
 SGRANA
                                            Comme?
 FLAMINIO
                                                               Gianpersio
750Ha ottenuto dal Governadore,
 Di carcerarti.
 SGRANA
                            Ojemmè!
 FLAMINIO
                                                Di te và in traccia
 Quel Capitano forestier, che ha pochi
 Giorni, che serve in questa Corte.
 SGRANA
                                                               Buono
 Ca no mme sape, e de cchiù è poco pratteco
755De lo paese. E ppocca
 Aggio sto ppo’ de tiempo,
 Mme la voglio felà.
 FLAMINIO
                                     Ferma.
 SGRANA
                                                     Tu propreo
 Aje golio de vederme
 Dinto a na cacamagna?
 FLAMINIO
760Non dubitar di questo: credi forse,
 Ch’io voglio abbandonarti? Adesso vengo
 Per parlare a Gianpersio, e accomodare
 Col buono tal facenda.
 SGRANA
 Che buono? Chillo vo’ le gioje, ed io
765De nce le ddà non aggio sto golìo,
 Aje da sapè, ca si mbè ncappo, manco
 Ll’avarrà: tè, fegurate,
 Ca già sto ncrimmenale carcerato;
 Da lo Jodece già so’ esaminato.
 
770   Mme dirrà lo Commissario:
 Tu sei ladro, e sei falzario,
 Io ti voglio castigar.
 Le responno: io so’ nnorato,
 Na mpostura è cchesta ccà.
775E le truffe a questo, e a quella?
 Come và? Cofessa mò.
 Ed io tuosto: Signor nò.
 Nzomma, dopo che mm’ha dato
 Corda, butte, e funecella;
780Pur in forma libèretur
 Ha da dire, ò vole, ò nò.
 
    E si be’ chillo dicesse,
 Frustigetur, releghetur;
 No mme mporta manco sale,
785Non sarrà pe mme gran male;
 Pocca cose peo de chesse,
 Rose, e sciure pe mme so’.
 
 SCENA V
 
 LELIO, e FLAMINIO.
 
 LELIO
 Signor Flaminio.
 FLAMINIO
                                  Oh signor Lelio, come
 In Capua?
 LELIO
                       Quì da Napoli
790Venuto adesso io son, per favellarvi.
 FLAMINIO
 Dica pure.
 LELIO
                       Mio Padre a me da Roma,
 Molte volte m’ha scritto,
 Ed in particolare
 Due settimane fa, di lei lagnandosi,
795Per non avere la promessa fede
 Osservata a Rosalba mia sorella.
 FLAMINIO
 Amico, gravi affari
 Quì m’hanno trattenuto, a miglior tempo...
 LELIO
 A miglior tempo? Un anno
800Compiuto è già, da che con meco in Roma
 Lei venne, ed a Rosalba
 Giurò...
 FLAMINIO
                  Fede nol niego...
 LELIO
                                                  E far ritorno
 Fra quattro mesi in Roma...
 FLAMINIO
                                                     Per sposarla;
 È ver.
 LELIO
               Or come dopo un anno, dici
805Osservar la promessa
 A tempo più opportun?
 FLAMINIO
                                              Veda, son anche
 Giovine, il Padre, i miei parenti...
 LELIO
                                                                Il Padre,
 I tuoi parenti, tutti
 Consentiscono a ciò; per quel che vedo
810Pentito sei; ma senti,
 Pria parlerò a tuo padre, e poi non credere
 Mancar, come ti pensi.
 So ben quel che mi spetta,
 Intendi? e da te voglio,
815O la fede osservata, ò la vendetta.
 
    Se amico tu mi vuoi,
 Il tuo dover già sai;
 Ma se sdegnar mi fai,
 Non sò quel che sarà.
 
820   Ti avverto, che non puoi
 Farmi soffrir quest’onte;
 Né con tal macchia in fronte
 Alcuno mi vedrà.
 
 SCENA VI
 
 FLAMINIO, indi ROSALBA.
 
 FLAMINIO
 Oh Ciel mancava questi
825Ad annojarmi... Ma chi è colei,
 Ch’esce di là?
 ROSALBA
                            Tu perdi (dentro.)
 Il tempo, e le parole,
 Buona donna, ch’io fuggo,
 Per non udirti più.
 FLAMINIO
830Oimè, Rosalba! è d’essa,
 Dubio non v’è; ma come
 Qui!
 ROSALBA
            Oddio! Colui
 Non è Flaminio mio?
 FLAMINIO
 (Vo’ partire.) (in atto di partire, si ferma essendo chiamato da Rosalba.)
 ROSALBA
                             Ti arresta;
835Flaminio, e non ravvisi
 Colei, che amaste un tempo,
 E che tanto t’amò?
 FLAMINIO
                                     Rosalba! E come
 Tu in Capua?
 ROSALBA
                            Venni in traccia
 Di te, mio fier tiranno,
840Che dopo avermi in Roma
 Tolta la pace al core, e a te soggetta
 Resami, l’amor mio, la fé promessa
 Tutto in oblìo ponesti.
 FLAMINIO
 Che sento! E una donzella
845Oprar tanto potè? lasso! Rosalba
 Veggo il tuo amor, conosco
 La tua sì bella fedeltà, ma (misero)
 Per dirti il ver, mi spiace
 Non poter dar compenso,
850Qual richiedono lor, qual io vorrei;
 Perchè d’altra già son gli affetti miei.
 
    Quel che per te risplende
 Astro maligno, e nero,
 L’istesso empio, e severo,
855Contro di me s’accende
 Di pallido splendor.
 
    Di te pietade io sento,
 Sò, che tra pena sei;
 Sentir tu ancora dei
860Pietà del mio dolor.
 
 SCENA VII
 
 ROSALBA.
 
 ROSALBA
 O speranze perdute! o duro core!
 O sentenza crudel, chi divide
 Da colui, per cui vivo, e ch’or m’uccide!
 
    Qual trema il pastore
865In folta foresta,
 Esposto al furore
 Di fiera tempesta,
 Che gli alberi sfronda,
 Di pioggia, che abbonda,
870De’ fulmini irati,
 Che sente tuonar.
 
    Trà mille tormenti,
 Che in seno mi stanno,
 Trà mille spaventi,
875Che intorno mi vanno,
 Così questo core
 Mi sento gelar.
 
 SCENA VIII
 
 Marchese SGRANA, GIANPERSIO, indi Capitano con Birri.
 
 SGRANA
 Aggio visto la Corte
 Venire a cchesta via. Vecco Gianperzio
880Parlare nce vorria,
 E bedè d’agghiustare la facenna,
 Comme meglio se pò.
 GIANPERSIO
                                          (Lo Sio Marchese
 Stà ccà, e li Sbirre addo’ mmalora so’!
 Già s’accosta l’ammico, voglio fegnere,
885Azzò non se nne jesse.)
 SGRANA
 Signor, la riverisco.
 GIANPERSIO
                                      Patron mio.
 (E quanno!)
 SGRANA
                          Ser Gianpersio,
 Non stia scandalizato
 Del tratto di stamane; Io mi credea,
890Che m’avesse seguito. Or’io son pronto,
 D’aggiustare quel conto.
 GIANPERSIO
                                               Uscia è Patrone.
 (A Frabutto!)
 SGRANA
                            Domani
 Sodisfarovvi il tutto.
 GIANPERSIO
 Bene, bene. (Lo latro piglia tiempo,
895Ma ll’hà sgarrata, e becco
 Lo Capitanio a ttiempo.) (viene il Capitano con birri.)
 SGRANA
 (La Corte ajemmè! Fatt’anemo Giacchimmo)
 Addio Signor: Chiedete
 Voi del Marchese Sgrana? Eccolo quì. (Capitan saluta i due, e poi domanda se conoscono il Marchese Sgrana, e Sgrana subito risponde, ed addita Gianpersio, e li Birri subito lo prendono.)
 GIANPERSIO
900Chiano, Sio Capitanio, oh potta d’oje!
 È isso lo Marchese, io so’ l’arefece .
 SGRANA
 Ah ah bel ritrovato! Signor Sgrana, (a Gianpersio.)
 Non accade più a fingere, ci siete
 Dato una volta. Il gastigo vi è giunto
905De vostri latrocinj; apprenderete
 Ora di più rubar, ladro, assassino.
 GIANPERSIO
 Vì co che faccia tosta
 Lo ddice lo frabbutto. Signor mio, (il Capitan li dice con ira, che non parli più, che lui è Sgrana.)
 Cà chisso te nfenocchia.
910Uscia se nforma, faccia bella mia,
 Sto Sio Marchese parla forastiero,
 Ed io parlo chiantuto
 Napolitano.
 SGRANA
                         Oh bella
 Difficultà! come non si sapesse,
915Che tu non sei Marchese, mà un misero
 Ciabattino di Napoli, cresciuto
 Dentro la Conceria, che quì ti spacci
 Questo Marchese, e vai truffando il mondo.
 GIANPERSIO
 Và, susete, Gianpersio, da stò nietto!
920Come decite nè Sio Capitanio! (Capitano conferma essere stato detto a lui così.)
 E chisso te par’ ommo
 Norato? e assaje stà cosa, che ossoria
 Vò credere a no latro, a no forfante,
 E à n’ommo comm’a mme?... (Capitano si adira, e dice che non parli più.)
925Non è pe ffà lo masto core mio... (Capitano ordina, che sia legato.)
 Chia’, chia’, ca cchiù non parlo.
 E non vonno passare
 Sette, ò otto deavole de ccane,
 Pe ffà levà stà joja.
 SGRANA
930Questo è quel che mi spiace, che non veggo
 Venire alcuno per smentirti, birbo
 Briccon. (a Gianpersio.) Sior Capitano (al Capitano.)
 Costui è fatto imprigionare a istanza
 D’un’orefice, al quale egli hà truffato
935Molte gioje portatelo
 In segreta, che avrete da Gianpersio
 Meglio di cinque doppie, addio.
 GIANPERSIO
                                                            Bonora!
 No nne lo fà partì, cà isso è isso,
 Chisso è lo latro, io songo
940Gianperzio...
 SGRANA
                           Odi il Briccone!
 Ringrazia il Ciel, che semo
 Presenti al Capitano, che altrimenti
 Portaresti la pena
 Di tal menzogna, ribaldaccio, infame.
945Addio Signore. (al Capitano.) Mariuolo. (a Gianpersio parte Sgrana.)
 GIANPERSIO
                                                                           Siente!
 Lo latro è boja, e l’arrobbato è mpiso!
 O gioje meje perdute! Chiano, chiano...
 No po’ de caretà. (Capitano ordina, che sia portato.)
 
 SCENA IX
 
 CHECCHINA, FLAMINIO, e GIANPERSIO tra birri.
 
 CHECCHINA
                                   Signor Gianpersio,
 Voi tra birri?
 FLAMINIO
                            In tal modo,
950Voi Signore, e perché?
 GIANPERSIO
 O Checca, ò sio Flaminio
 Decite vuje chi so’: Lo Capitanio
 Mm’hà pegliato pe scagno.
 FLAMINIO
 Siete il signor Gianperzio.
 CHECCHINA
                                                  Ed ancor io
955L’attesto.
 GIANPERSIO
                    E lo frabutto
 De lo Marchese Sgrana;
 Che a istanza mia doveva
 Andare carcerato,
 Mm’ave, come vedete, mposturato.
 FLAMINIO
960Che sento!
 CHECCHINA
                       Oh il sollennissimo briccone.
 FLAMINIO
 Capitano io ti accerto,
 Ch’altri è il Marchese Sgrana.
 GIANPERSIO
                                                        E chillo appunto,
 Che se nn’è ghiuto, io no vell’aggio ditto?
 Jate da llà gnorsine,
965Ca io co buje purzine
 Mo mme ne vengo a carcerà stò guitto. (Capitano s’avvia con birri da quella parte, che partì Sgrana.)
 FLAMINIO
 Signor, si fermi: io del Marchese Sgrana
 Entro mallevadore, e d’ogni danno,
 Ch’egli v’hà fatto, io sodisfarvi intendo.
 GIANPERSIO
970Quando è così, io non farraggio niente;
 Benché co ssò frabutto
 Nce ll’aggio.
 CHECCHINA
                         Sior Flaminio,
 Vi raccomando ancor le robbe mie.
 FLAMINIO
 Mi permettano alquanto,
975Che a lui favelli, e pronto
 Il tutto pagarò.
 GIANPERSIO
                              Basta, che buje
 L’avite ditto, la parola vosta
 Và pettuto; sta sera
 Nce vedarrimmo.
 FLAMINIO
                                   Appunto.
 GIANPERSIO
980Io ve rengrazeo assaje. (a Flaminio.)
 (E tu bella co mmico comme staje?) (piano a Checchina.)
 CHECCHINA
 (Di grazia Ser Gianpersio,
 Non mi annojate più.)
 GIANPERSIO
                                            (Comme si’ ccana!
 Siente faccia de gioja
985Si piglie a mmene, è la fortura toja.)
 
    (Che gran fortuna
 Se ti pigliassi
 Un bel vecchietto,
 Graziosetto
990Comme songo io.) (Piano a Checchina.)
 Eh, Padron mio,
 Restiam così. (a Flaminio.)
 
    Se tu m’amassi,
 Io ti amerei, (qui sempre a Checchina.)
995E in tal maniera
 Ti parlerei,
 Anima mia,
 Bellezza mia,
 Nennella mia
1000Per questa sera...
 Signor mio sì. (a Flaminio.)
 
 SCENA X
 
 CHECCHINA, e FLAMINIO.
 
 CHECCHINA
 Sicché posso fidarmi
 Nella vostra parola,
 Che mi sia reso il mio?
 FLAMINIO
1005Ciò che prometto,
 Io nol prometto indarno:
 Mà come dal Marchese
 Rubar voi vi faceste?
 CHECCHINA
                                         Il traditore
 Con belle paroline m’incantò,
1010Dandomi ancor promessa
 D’amarmi, e in questo modo mi rubbò.
 FLAMINIO
 Non dubitare, il tutto
 Avrai; anzi fra poco
 Quivi tel manderò, per far la pace,
1015Ch’io sò che l’ami ancora. Addio. (parte.)
 CHECCHINA
                                                               Sua serva. (via in bottega.)
 
 SCENA XI
 
 CAMILLO, e ROSALBA.
 
 CAMILLO
 Se accaso in te non m’avvenia, sì cruda
 Stata saresti, che lasciar volevi
 Me in preda al rio dolore,
 Lungi da me fuggendo?
 ROSALBA
                                              Qual diritto
1020Hai sù di me, che vuoi
 A mio dispetto, possedere il core,
 Che a Flaminio donai,
 E che esser d’altri, non potrà giamai?
 CAMILLO
 E non t’accorgi tù, che peregrina,
1025E sola ora sei quì? ch’in mio potere
 Ti ritrovi, ed è sol mia cortesia
 Il chieder ciò, ch’io posso
 Prendermi a voglia mia?
 ROSALBA
 Erri crudel, che l’alma
1030Sempre libera avrò.
 CAMILLO
 Giacchè sazia tu sei
 De i puri affanni miei, e solo brami,
 Il mio sangue, spietata, ecco, son pronto
 A contentarti. Prima
1035Però dovrà cader Flaminio essangue,
 Né berrà questo ferro,
 Del suo Signor l’invendicato sangue.
 
    Vado sì, perché a te piace,
 Ma non credere aver pace
1040Alma cruda, ingrato core,
 Poiché meco ogn’or verrà
 Ira, Amor, dispetto, e duol.
 
    Ove io vada, il mio furore
 Sempre appresso ti sarà,
1045Benché ascosa a i rai del Sol.
 
 SCENA XII
 
 ROSALBA.
 
 ROSALBA
 Misera! in qual periglio è il mio Flaminio!
 Oimè! sapessi almeno
 Ove trovarlo! vado,
 Sì. Ma in qual parte! ahi lassa!
1050Il cor, la  mente, il piè, l’anima oppressa
 Trema, vacilla, langue. Già dispero
 Aita, non ritrovo
 Consiglio. Altro non veggio,
 Che imminenti ruine; altro non sento
1055Che moti di dolore, e di spavento.
 
                                                                Aure lievi, che spirate
 Sempre intorno al caro bene,
 Per pietà, quì lo portate
 O pur ditemi dov’è.
 
    Come vuol mi sia spietato.
1060Mi sia barbaro, ed ingrato:
 Forse sia, ch’un dì si penti
 Di fuggir sempre da me.
 
 SCENA XIII
 
 FLAMINIO, poi CELIA, indi CAMILLO, che osserva, finalmente ROSALBA.
 
 FLAMINIO
 Sapessi ove il Marchese
 Trovar... ma Celia.
 CELIA
                                     Dal Veron ti vidi
1065Venire a questa via,
 E son discesa.
 CAMILLO
                             (È quì Flaminio, e parla
 Con mia sorella.)
 FLAMINIO
                                  Sei
 Pronta mia Celia?
 CELIA
                                    In tuo poter mi dono,
 Farò quel che a te piace, e sarò tua
1070E serva, e sposa.
 CAMILLO
                                 (Oimè,
 Che sento!)
 ROSALBA
                         (Ecco Flaminio.) (uscendo.)
 CAMILLO
                                                          Ah traditore,
 Cadi.
 ROSALBA
              Ti arresta.
 CELIA
                                   (Oimè il Germano!)
 FLAMINIO
                                                                          (Oddio,
 Camillo contro me!) che feci?
 CAMILLO
                                                        Indegno,
 Tu ligato con quella
1075Osi parlar d’amore a mia sorella?
 Pago non sarò mai, se colla spada
 Non mi darai le pene.
 Fuori Capua ti attendo in brieve istante,
 Dove vendicar voglio
1080L’offese dell’onore, e dell’Amante. (parte.)
 FLAMINIO
 (Qual funesto accidente!)
 CELIA
                                                 (Io son perduta!)
 ROSALBA
 Flaminio...
 FLAMINIO
                       Odi crudele, (a Rosalba.)
 Le mie nozze, e l’amor poni in oblio,
 Venuta quì, sol per tormento mio.
 ROSALBA
1085Ah crudel mio nemico,
 Io scordarmi di tè? Faranno prima
 Gli augei nell’onde nido,
 E prima i pesci lo faran ne’ boschi,
 Che possa il pensier mio,
1090Le tue nozze, e l’amor porre in oblio. (parte.)
 CELIA
 Senza dubio è costei
 La mia rival, suoi detti,
 I tuoi rossor l’hanno scoverto appieno;
 Per suo amore t’insidia
1095La vita il mio Germano;
 Perfido, iniquo.
 FLAMINIO
                                Celia,
 Deh pietà; l’alma mia
 Rimorso di delitto alcun non sente;
 Credimi!
 CELIA
                     Sei infedel.
 FLAMINIO
                                            Sono innocente.
 
 SCENA XIV
 
 CELIA.
 
 CELIA
1100Sen vada pur: de’ miei brevi deliri
 Picciol vanto sia il suo;
 Egli cangiò desio
 E l’hò cangiato anch’io.
 Ma come posso, ahi misera,
1105Colui lasciar, per cui perdo me stessa!
 Dall’idea di quel volto
 Divellere il mio cor, mi sforzo invano;
 Tal che (lassa!) m’avveggio,
 Che trà l’odio, e l’amor quasi vaneggio.
 
1110   Contro l’empio Ingannatore
 Tento armarmi alla vendetta,
 Giusto sdegno il cor m’affretta;
 Ma mi placa, poi l’Amore:
 Mi trattiene la pietà.
 
1115   È giustizia usar dispetto
 A un indegno, ad un ingrato;
 Ma sdegnar l’amato oggetto,
 Il mio cor forza non hà.
 
 SCENA ULTIMA
 
 Marchese SGRANA, CHECCHINA nella sua Bottega, e poi GIANPERSIO con berretta pippando a sedere avanti la sua porta.
 
 SGRANA
 Mm’ave ditto Framminio
1120Ch’io venga da Checchina à ffà la pace,
 Ca isso nc’hà parlato, io veramente
 Nc’aggio tutto lo gusto,
 Ca chesta Scuffiara mm’hà gran genio;
 Ma veccola, assettammonce ccà nnante.
1125Eilà ragazzo, portami (esce dal Bigliare un ragazzo con sedia.)
 Quì una sedia; recami un cafè. (parte il ragazzo.)
 CHECCHINA
 Vo’ veder di finire questa scuffia
 Della Signora Nfinfera,
 Ch’è assai fastidiosa. Oh, il Marchese
1130Vé’, con che faccia siede
 Colà, e mi guarda! ma fingiamo noi
 Di non vederlo, e stiamoci in contegno. (viene il ragazzo con il cafè, e lo dà al al Marchese.)
 GIANPERSIO
 Miette sta seggia ccane, e filatella (al suo Garzone, il quale porta la sedia, e parte.)
 E Checchina stà abbascio alla poteca.
1135Già ll’aggio annevenata, songo sciso
 Apposta. (Oh ppotta d’oje! lo Marchese
 Stà llà... Gianperzio attiento
 Pe la seconna, stammo sù la nosta.)
 SGRANA
 (L’Arefece porzì, donc’è lo vero
1140Chello, che mm’anno ditto,
 Ca sto viecchio le fà lo spantecato;
 Parlammo nn’aria, e dammole na botta.)
 In somma dice ben quella canzone:
 O quanto è buono l’ammore vicino,
1145Si no lo vide, lo siente parlare;
 Siente parlare, e bà
 Lo viecchio a ffà l’ammore
 È la cchiù bella smorfea.
 GIANPERSIO
 (Sta botta vene a me, sentimmo a essa.)
  CHECCHINA
1150(La cifra intendo già, ma per dispetto
 Risponderò.) Meglio dice quell’altra:
 A me diletta assai il mio amorino,
 Chi non li piace, che possi crepare;
 Possi crepare, e bà,
1155Più padrone del mio core
 Un briccone non sarà.
 GIANPERSIO
 (Oh bravo, benedetta quella vocca.)
 SGRANA
 Prendi, e và via. (a la Casa.)
 Con chì parlate voi? (verso Checchina.)
 CHECCHINA
                                        Devo dar conto
1160A lei di me?
 GIANPERSIO
                          (Ora sentite lloco
 Ch’è impertinente! è apprettativo proprio
 SGRANA
 Sò l’applicazione, che tenete,
 Sò ancora a chì dovete
 Dar conto, Siora Squinzia.
 CHECCHINA
1165Questo a voi non importa.
 GIANPERSIO
                                                  (Buono, buono.)
 SGRANA
 Eh, voi burlar volete.
 CHECCHINA
                                         Io favello
 Davver.
 SGRANA
                  Ed io rispondo,
 Che se tu ad altro Amante
 Corrispondi, e sarai a me sdegnosa,
1170Puoi sgombrare da Capua, anzi dal Mondo.
 GIANPERSIO
 (Bù co la palla.)
 CHECCHINA
                                Oh sì, com’io facessi
 Gran conto delle tue pappolate.
 SGRANA
 Vuoi vederlo?
 CHECCHINA
                             Che puoi
 Mai farmi tu?
 GIANPERSIO
                             (Sto Marchese sputazza
1175Sarrà demmoneo.)
 SGRANA
                                      Adesso,
 Se non muti favella,
 Ti metterò sossopra, e scuffie; e panche,
 E sedie, e tutto
 CHECCHINA
                               Ah ah.
 SGRANA
                                              Mi burli? Oh cancaro!
 Or affè lo vedrai. (s’alza con impeto dalla sedia, va nella Bottega di Checchina, e butta ogni cosa fuori, nel medesimo tempo s’alza il vecchio, e lo trattiene.)
 CHECCHINA
                                   Questa è insolenza.
 GIANPERSIO
1180No cchiù, no cchiù, mò è troppo,
 Ma Patron mio quest’è una impertinenza.
 SGRANA
 Ella è il suo guappo?
 GIANPERSIO
                                        Io non so’ guappo, pure
 So’ buono.
 SGRANA
                       A che sei buono? Parla.
 GIANPERSIO
                                                                   Uh cancaro!
 Si sbotto.
 SGRANA
                     E quanno sbutte?
1185Via sbotta sù; non sì sbottato ancora?
 GIANPERSIO
 Sto Marchese pe mme sarrà mmalora!
 CHECCHINA
 Sior Gianpersio, lasciatelo
 Andar, voi non vedete, che costui
 Vuol far questioni a forza, dunque è meglio
1190Partir.
 SGRANA
                Ti ferma, io son venuto quì,
 Bella, per far la pace.
 CHECCHINA
                                         Ed io non voglio
 Più vederti.
 SGRANA
                         E perché?
 GIANPERSIO
 No ll’aje sentuto? perché bole a mmè.
 CHECCHINA
 Voi ancor la sbagliate; (a Gianpersio.)
1195Ad ambi io non vi voglio,
 Eccovi detto il tutto.
 Tu mariolo sei. (a Sgrana.) Tu vecchio, e brutto. (a Gianpersio.)
 SGRANA
 Talché?
 CHECCHINA
                  Puoi darti pace. (a Sgrana.)
 GIANPERSIO
 Dunque?
 CHECCHINA
                     Lei non mi piace. (a Gianpersio.)
 SGRANA
1200Ma voi m’amaste?
 CHECCHINA
                                     Ora non t’amo più. (a Sgrana.)
 GIANPERSIO
 Pensa solo ch’io fui...
 CHECCHINA
 Io bramo quel ch’è mò, non quel che fù. (a Gianpersio.)
 SGRANA
 (Mme carfetta la cana, ed ha ragione.)
 GIANPERSIO
 (Mannaggia quanno vinne a sto paese.)
 CHECCHINA
1205(Pur mi sento infiammar per il Marchese.)
 SGRANA
 
 Un incudine è il mio core
 Posto in mezzo a due martelli,
 Ch’è battuto, e ribattuto
 Tuppe ttappe ccà, e llà.
 
 GIANPERSIO
 
1210Una porta è questo core,
 Che continuo s’apre, e serra
 A picchiarla viene Amore
 Tic, toc, e mai si stà.
 
 CHECCHINA
 
 All’orecchio del mio core
1215Sento (oimè!) due Campanelli,
 Che li sona Sdegno, e Amore
 Ndin, ndin, ndin di là, e di quà.
 
 SGRANA
 
 Eh sentite alquanto. (a Checchina.)
 
 CHECCHINA
 
                                         Taci.
 
 GIANPERSIO
 
 Ascoltate un poco. (a Checchina.)
 
 CHECCHINA
                                     Zitto.
 
 SGRANA
 
1220Deh non tanto martellate,
 Un tantino di pietà.
 
 GIANPERSIO
 
 Deh non tanto tozzolate,
 Ca la porta è aperta già.
 
 CHECCHINA
 
 Deh non serve, che sonate,
1225Fatta è già la carità.
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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