Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Il marchese Sgrana, Napoli, a spese di Nicola Di Biase, 1738
 a cura di Loredana Amico
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO III
 
 SCENA PRIMA
 
 FLAMINIO, e SGRANA.
 
 SGRANA
 Procura, sio Flaminio
 De pracà la sia Celia;
 Ed appontà cò essa, cà sta sera
 Ta la viene a pigliare pe sposarela
1230Nascuso da lo Viecchio.
 FLAMINIO
 Ma come si farà, perchè Gianpersio
 Non sia stà sera in casa, e n’impedisca
 Tutto il nostro disegno?
 SGRANA
 Chesso è penziero mio. Tu và nfratanto,
1235Io resto ccane apposta
 Pe ssò negozio.
 FLAMINIO
                              In te mi fido, e parto. (via Flaminio.)
 
 SCENA II
 
 SGRANA, e CHECCHINA.
 
 SGRANA
 Orsù mò procurammo
 Capacetà chest’auta, senza essa
 Non porraggio fà niente.
1240E ppone stà fegliola,
 Pe ddì lo vero, mme fà cannavola.
 CHECCHINA
 Ecco il Marchese Sgrana
 Da qui di nuovo, e parmi, che mi guarda
 Con occhio appassionato.
1245Piacesse al Cielo, ed egli
 A parlar mi tornasse,
 Ch’io non direi di nò; ma già si accosta.
 SGRANA
 Qual buona sorte fammi
 Incontrarla quì in mezzo, or ch’io venia
1250Per riverirla, o mia
 Riverita Signora.
 CHECCHINA
                                  Il troppo giubilo,
 Ch’hò nel petto in veggendovi,
 M’impedisce il prorompere
 In quell’espressioni, che sarebbero
1255Dovute al suo gran merto imparegiabile.
 SGRANA
 Signora, lei mi rende affatto inabile
 Co le sue cortesie, di corrispondere
 A tante grazie, essendosi
 Con me placata subito.
 CHECCHINA
1260Basta quì; del passato
 Più non se ne discorra.
 SGRANA
                                            Quanto siete
 Gentile, ed amorosa:
 E ch’aspettà cchiù boglio?
 Non ce vol’autro, già sei mia: mi vuoi?
 CHECCHINA
1265Contentissima sono,
 Ma quando?
 SGRANA
                          In breve tempo, se farai
 Quel ch’io dico.
 CHECCHINA
                               Son pronta
 A far quanto mi dici.
 SGRANA
                                         Saper dei
 Che (a te tutto vo’ dir.) Flaminio vuole
1270Sposare questa sera
 Celia nascostamente da suo Padre,
 E portarsela seco.
 CHECCHINA
 Che mi narri!
 SGRANA
                             Tu ancora verrai meco
 Dove ti sposarò; ma per volere,
1275Ciò eseguire, è mestieri,
 Che si allontani da sua casa il vecchio
 Questa sera; e tu puoi
 Ciò fare.
 CHECCHINA
                   E in che maniera?
 SGRANA
                                                       Dei con quello
 Fingere amore, e dirli
1280Che per timor d’un tuo Fratello, il quale,
 Dirai, che sia quell’Oste francese,
 Da lui non conosciuto,
 Che stà dentro il Castello, ai fin’adesso
 Finto di non amarlo;
1285E di più li dirai, che se con teco
 Vuol far l’amor, che si travesta, e venga
 Quì da Magnano, dove
 Tu attendendo lo stai da Contadino,
 Che sì parlar potrete
1290Sicuramente.
 CHECCHINA
                            E poi?
 SGRANA
                                           Io verrò a ttempo
 Travestito dall’Oste, che ti hò detto,
 Fingerò seco sdegno: dal mio servo
 Chiudere lo farò nella tua casa,
 E così andrem sicuramente via.
 CHECCHINA
1295Questo buono saria, ma io prevedo
 Gran rumori del vecchio.
 SGRANA
                                                E che m’importa?
 Dopo successo il fatto,
 Gracchi a sua posta. Orsù
 Animo, se vuoi farlo, in casa mia
1300Ti attendo, ove trovar ti farò gli abiti.
 E quanto fa bisogno.
 CHECCHINA
                                        Adesso vado
 Verso bottega di Gianpersio, e in opra
 Porrò quanto mi ai detto: certamente
 Per l’amor che mi porta
1305A farlo s’indurrà: poi me ne vengo
 Da tè.
 SGRANA
               Vadi , Signora.
 CHECCHINA
                                            Vadi prima
 Pur lei.
 SGRANA
                 Nol farò mai,
 Se non la vegga incaminata prima.
 CHECCHINA
 Io lasciar qui nol vo’.
 SGRANA
1310Ed io fino a domani qui starò.
 CHECCHINA
 Quanto obligante sete.
 SGRANA
 Quanto il mio core innamorar sapete. (via Sgrana.)
 CHECCHINA
 Giacché costui dimostra
 Amarmi tanto, e vuole
1315Sposarmi, che più aspetto? Egli è mio eguale,
 E di mio genio ancora: Io stò soletta,
 Non hò alcuno per me; bramo ancor io
 Chi mi accompagna: e giusto a me succede,
 Come dice quell’Arìa
1320Sopra d’un’augellin tutto amoroso
 Composta in Venezia stile curioso.
 
    Quell’ausellin desmestigo,
 Che l’assarin gha nome,
 Oh  se vedessi come
1325L’ama la Passarella;
 Sempre el si vede a quella
 D’intorno a svolazzar.
 
    Così anca mi desidero,
 Passara abbandonada,
1330D’esser accompagnada
 Da un Passarin, che sappia
 Cosa vol dire amar.
 
 SCENA III
 
 FLAMINIO, e CAMILLO.
 
 FLAMINIO
 Io non soglio mentir: gli affetti miei
 Sono tutti per Celia tua sorella.
 CAMILLO
1335E la fé, che giurasti
 A Rosalba?
 FLAMINIO
                        Forzato
 Dal Genitor, la diedi: e creder voglio,
 Che tenuto io non sono
 Ad osservar promessa, ove l’arbitrio
1340Mio non vi fù: la cedo
 Dunque a te, giacché l’ami,
 Come m’hai detto.
 CAMILLO
                                     Dunque,
 Se ami Celia, perchè nascostamente
 La vagheggi, ed al Padre
1345Chiedere non la fai?
 FLAMINIO
                                        Son figlio, e sono
 Soggetto a un Genitor troppo severo:
 Che sollecito vuol, ch’io di Rosalba
 Sposo divenga; or tu procura, Amico,
 Di farla tua, e allora
1350Dovrà mio Padre acconsentirvi.
 CAMILLO
                                                            Intendo
  FLAMINIO
 (Non sà quel che si ordisce.)
 CAMILLO
                                                      Amico io sono
 Molto tenuto a te; ma spero in breve
 Esserti grato: se a tuoi detti il core
 Prende lieto presagio, e in sen mi dice,
1355Ch’essere non potrò, se non felice.
 
    Da te nel cor mi viene
 Aura di dolce spene,
 Che rende il cor felice
 E consolar lo fà.
 
1360   Non parmi, che più irato
 Mi sdegni il bene amato,
 Amor così mi dice
 E così ancor sarà. (via Camillo.)
 
 SCENA IV
 
 FLAMINIO, e poi CELIA.
 
 FLAMINIO
 Mi giovi così aver assicurata
1365La sorte di Rosalba: ed ecco Celia.
 CELIA
 Indegno, ed anco ardisci
 Di comparirmi avante: Io quì son scesa
 Per dirti, che non pensi
 Più a me.
 FLAMINIO
                     Anima mia,
1370Non tanto sdegno. Il Cielo
 Può rendermi infelice,
 Ma infedele non già.
 CELIA
                                        Di fedeltade
 Osi parlarmi ancor? Di nuovo tenti
 Favellarmi d’Amor?
 FLAMINIO
                                        Sempre d’Amore
1375Si sente favellar, chi è sempre amante.
 CELIA
 Ami colei, cui daste
 Fede, già il sò.
 FLAMINIO
                             T’inganni. Il Genitore
 Già un anno fa, forzommi
 All’odiose Nozze. E di lei Amante
1380Il tuo Camillo, che come mi hà detto,
 Per suo Amore hà lasciato
 Lo studio, e seco in Capua fe’ ritorno.
 CELIA
 Crederti io debbo ciò?
 FLAMINIO
                                            Credimi, o cara,
 Egli è così: anzi di più, Camillo,
1385È già contento, ch’io
 Tuo Consorte divenga.
 CELIA
                                            E ben, che aspetti,
 Che non mi chiedi?
 FLAMINIO
                                       Il mio rigido Padre
 M’impedisce; pur io nascostamente
 Ti sposarò, se vuoi.
 CELIA
                                      Ma il Genitore
1390Non lo permetterà.
 FLAMINIO
                                      Se questa sera
 Meco verrai, in parte
 Ti portarò, dove a dispetto loro
 Sarai mia sposa.
 CELIA
                                 Il Mondo che dirà?
 FLAMINIO
 Il Mondo approverà i giusti voti
1395Di due Anime amanti. Idolo mio
 Questa sera verrò. Tuo Padre fuori
 Di casa sia per opra mia. Al primo
 Segno, t’attendo.
 CELIA
                                  In tua mano mi fido;
 Il ciel ne ajuterà; sol ti ricordo
1400Di non abbandonarmi, e pensa intanto,
 Ch’io sono a te costante,
 Fida, leale, e sviscerata Amante.
 
    Non freme sempre irato
 Trà le tempeste il Mare,
1405Mà qualche volta appare
 Placido, e lieto ancor.
 
    Non sempre avverso il fato
 Si mostra contro un’alma;
 Suol esser vento, e calma
1410Anco nel Mar d’Amor. (via in casa.)
 
 SCENA V
 
 FLAMINIO, e poi ROSALBA.
 
 FLAMINIO
 Io ti ringrazio Amore; e certamente
 Più non hò che bramar. Mi resta solo
 Qualche rimorso per Rosalba; s’io
 Disgombrarle potessi
1415Del mal concerto ardor l’anima accesa,
 Volentieri il farei. Ma quì ne viene
 A guisa di Baccante,
 Osservarla mi giovi.
 
 SCENA VI
 
 ROSALBA, e FLAMINIO.
 
 ROSALBA
                                        Eccovi alfine
 Miei disperati affetti,
1420Eccovi in libertà, Giacché son priva
 Del caro Amante, me della mia vita
 È tempo di privar. (cava un stilo, e vuole ammazzarsi Flaminio la trattiene, e le toglie lo stilo.)
 FLAMINIO
                                      Fermati.
 ROSALBA
                                                         Oddio!
 FLAMINIO
 Qual’ingiusto furor?
 ROSALBA
                                        Tu mi trattieni?
 Tu che coll’empietà pari alla fere
1425M’uccidi, or mi vuoi viva?
 FLAMINIO
                                                  Nò Rosalba,
 Non voler sì spietata
 Esser contro te stesso: e s’io non t’amo
 Non la mia volontà, ma il Fato incolpa.
 ROSALBA
 Che barbara pietà! viva mi  vuoi,
1430E poi cogli empi detti
 Mi trafiggi, e m’uccidi! Egli  è ben giusto,
 Che se mi passi l’alma ancora il meno
 Or fai anco, snuda quel ferro
 Trafigimi crudel, passami il seno.
 FLAMINIO
1435Saria la morte tua rimorso eterno
 Del misero mio cor.
 ROSALBA
                                       Barbaro ingrato
 Per vieppiù tormentarmi,
 Mi nieghi morte ancor? Da me medesima
 Saprò versar fuori del petto il sangue. (s’incamina disperata.)
 FLAMINIO
1440Senti Rosalba, oddio!
 ROSALBA
                                          Che dir mi vuoi?
 FLAMINIO
 Ah nol sò!
 ROSALBA
                      Egli è mai
 Qualche moto d’Amore
 Quel ch’ora fa del mio destin lagnarti?
 FLAMINIO
 E pietà non amor. Deh vivi, e parti.
 ROSALBA
 
1445Vuoi ch’io viva? E come (oddio!)
 Senza te viver poss’io!
 Parto sì, ma vò a morir.
 
 FLAMINIO
 
 Ah! ti basta il rio tormento,
 Che per te nel petto io sento
1450Deh non farmi (oddio!) morir.
 
 ROSALBA
 
 Sei crudel.
 
 FLAMINIO
 
                       Ben lo ravviso.
 
 ROSALBA
 
 Sei spietato.
 
 FLAMINIO
 
                          Io non lo niego.
 
 ROSALBA
 
 Ma perché... (prorompa in pianto.)
 
 FLAMINIO
 
                           Deh frena il pianto
 Ti consola per pietà.
 
 ROSALBA
 
1455Io frenar non posso il pianto
 Più per me non v’è pietà.
 
 ROSALBA - FLAMINIO
 
 Se in sì fiero, e crudo affanno
 Il mio cor non è conquiso
 Usa a quello Amor tiranno
1460La più fina crudeltà.
 
 SCENA VII
 
 CHECCHINA travestita da Contadino, GIANPERSIO da Magnano Fiorentino, e SGRANA da oste Raguetto Francese.
 
 CHECCHINA
 
 Chi vuol de’ gobi, e sellari
 Chi vuol carote, e cavoli,
 E dolce, e tenerella
 Polita, fresca, e bella
1465Hò la lattuga ancor.
 
 GIANPERSIO
 
 Hò chiavi, e chiavistei
 Sodi, puliti, e bei.
 Chi gnene fa mestieri
 Chiami, che volentieri
1470Io glieli vendo or or.
 
 SGRANA
 
 Sce ho une spidate
 De grasce figatelle
 Une pollanche belle
 Coman une sgiuncate
1475Sce ho vin per le Monsieur.
 
 CHECCHINA
 (Gianpersio è quello certo
 È stato puntuale all’appuntato;
 E quello è Sgrana ancora
 Oh che belle figure!
1480Ora è il goder.)
 GIANPERSIO
                               (Checchina
 E chella si addavero: vace bona
 Pe mmò la mmenzeone: Io mo m’accosto.)
 SGRANA
 Già stanno ccane, dammole no poco
 De luoco, e quanno è tiempo
1485Mme faccio sotta.)
 GIANPERSIO
                                     Checca mia si tu?
 CHECCHINA
 Oddio! tacete
 Non fussimo osservati, e conosciuti.
 GIANPERSIO
 Vuoi venire co mmico?
 CHECCHINA
                                             Andiam.
 SGRANA
                                                                Monsieur,
 Sce soi votre valè.
 CHECCHINA
1490(Son morta: il mio Germano!)
 GIANPERSIO
 Quell’Oste, io li son servo (anemo Checca
 Non te canosce.)
 SGRANA
                                 Avè vù une sciave masculine!
 GIANPERSIO
 Eccola quì.
 CHECCHINA
                       (Io me ne vò.) (piano à Gianpersio in atto di partire.)
 SGRANA
                                                   Attendé.
 Monsieur le contadin (a Checchina.)
1495Sce hasge di bisogno
 De set gobi, e sellari  .
 CHECCHINA
 S’ella ne vuol crompare
 Io gne ne do a buon prezzo.
 GIANPERSIO
 (Vi si poteva fa peo lo Diaschange.)
 SGRANA
1500Chesche vù dit Monsieur?
 GIANPERSIO
                                                  Ch’io gliela dono.
 Addio. (vuol partire.)
 SGRANA
                 Obligè, obligè
 Oh le gran sciortesia!
 Volì pranser in le man frusteria?
 GIANPERSIO
 Non ascade. Partire
1505Io debbo per Firenze adesso adesso.
 SGRANA
 Venì, venì monsieur, (a Gianpersio.)
 Venì venì anche vù (a Checchina.)
 A far scolazione
 Sce volie dar un pesse
1510De budelle de tripe de fascine
 Che  putria mansciar une Principesse.
 GIANPERSIO
 (Uh pesta!) Eh via.
 CHECCHINA
 (Gianpersio è già imbrogliato)
 SGRANA
 Care le mon vecchietro
1515Sce volie anche fer
 Sasgiare une bracchiere
 De mon vine rassente
 Morbide, dulsce, pisciante, e mordente.
 GIANPERSIO
 Ma se io non ne vò.
 SGRANA
1520Eh venì via... Oh sciarnneblò che scè
 Regardo! vù se un frippon. (a Gianpersio.) E vù (a Checchina. Sgrana tira seco Gianpersio, e mentre lo vole accarezzare li toglie la barba, e si adira.)
 CHECCHINA
 (Oimè.) (finge tremare.)
 SGRANA
                    Sette è man sor  !
 Sciarne, diablè, diablon.
 GIANPERSIO
 (Uh nigro me!)
 SGRANA
                               Sce vò sodisfasion
1525A lò Barbas, ammazzè set frippon. (qui esce una comparsa di fiero aspetto con un coltellaccio, e prende Giampersio, il quale trema.)
 GIANPERSIO
 Pietà. Pietà Signore...
 SGRANA
 Prané serte marot.
 Strascinè, bastonè, squartè, impicchè.
 CHECCHINA
 (Uh povero Gianpersio adesso muore
1530Di paura)
 GIANPERSIO
                      Pietà, compassione. (la comparsa lo tira minacciandolo dentro la poteca di Checchina.)
 CHECCHINA
 Ah, ah, ah, ah il vecchietto.
 SGRANA
 Io creo, ca s’è allordato lo cauzone.
 Chillo llane ten’ordene
 De lo portà ncoppa a lo mezzanino
1535E tenerlo llà nchiuso. Ecco Flaminio.
 
 SCENA VIII
 
 FLAMINIO, SGRANA, e CHECCHINA.
 
 FLAMINIO
 Sgrana.
 SGRANA
                  Nuje simmo leste
 Lo viecchio è fora.
 FLAMINIO
                                    Chi è costui? (verso Checchina.)
 SGRANA
                                                              È Checca
 Vestuta contadino;
 Non saje la mbroglia.
 FLAMINIO
                                          E verrà ancor con noi?
 SGRANA
1540Cierto.
 FLAMINIO
                L’hò a caro; a Celia
 Compagnia farà; non perdiam tempo
 Da il segno.
 SGRANA
                         Fis, fis.
 
 SCENA IX
 
 CELIA, e detti.
 
 CELIA
 Flaminio mio
 FLAMINIO
                            Mia Celia,
 Vieni
 CELIA
              Oimè! Tutta tremo.
 FLAMINIO
1545Disgombra ogni timor.
 CELIA
                                             Chi son costoro.
 SGRANA
 Son Sgrana, il vostro servo
 Tanto fedele. (à Celia.)
 CHECCHINA
                            Ed io
 Sono Checchina.
 SGRANA
                                 E bene
 Co nnuje porzì. Io mme la sposarraggio.
 FLAMINIO
1550Andiamo, anima mia.
 
 SCENA X
 
 GIANPERSIO fuggendo di Casa, CHECCHINA, CAMILLO, dall’altra parte, e i già detti.
 
 GIANPERSIO
 Guardia, Gente, soccorzo... Ma che vedo!
 CAMILLO
 Quai gridi? Oimè, il Padre!
 CELIA
 Il Genitor! son morta.
 CHECCHINA
 Uh sorte!
 SGRANA
                     Uh gliannola!
 GIANPERSIO
1555Che ffaje co cchisse tù. Tu comm’a Capua? (a Celia.)
 Parlate figlie cane? (a Camillo.)
 Figlie, sbreguogno mio.
 CELIA
 Eccomi a vostri piedi. Al mio trascorso
 Pietade, ò morte attendo. Di Flaminio
1560Son sposa già.
 GIANPERSIO
                             Na cosella de Nania!
 Songo azziune chesse, Sio Flaminio?
 FLAMINIO
 Vi offesi è ver, nol niego,
 E quì son pronto a darvi
 La sodisfazione, ò la vendetta.
 GIANPERSIO
1565Nce vorria chesso; ma perchè so’ biecchio
 Abbesogna che ccaglio.
 CAMILLO
                                            Signor Padre,
 Usate con prudenza.
 GIANPERSIO
                                        Statte zitto
 Frabbuttiello, e respunne
 Comme te truove ccà, non te mannaje
1570A studiare a Roma?
 CAMILLO
                                       Ah caro Padre,
 Giacché Flaminio è sposo
 Di mia sorella; omai saper dovete
 Ch’io sposar anco devo una Donzella,
 Che accompagnai da Roma
1575In Capua.
 GIANPERSIO
                      Siente ll’auto! Ah frabbuttone.
 
 SCENA ULTIMA
 
 ROSALBA seguita da LELLIO, e tutti.
 
 ROSALBA
 Chi mi difende, (oimè!)
 Dall’irato german?
 LELIO
                                     Cedi malvaggia.
 CHECCHINA
 Ferma.
 SGRANA
                 Lassa sta spata.
 GIANPERSIO
                                               Eilà ch’è chesso?
 Lo juorno è cchisto ccà de li sconquasse.
 CAMILLO
1580Questa è Rosalba appunto.
 Ch’io da Roma portai.
 FLAMINIO
                                           Perfida...
 GIANPERSIO
                                                              Aspetta
 Signor mio: (a Lelio.) Ca volimmo
 Agghiustà ste zampogne, Lossoria
 Perché nce ll’hà?
 ROSALBA
                                  A raggione
1585È di rigore acceso
 Contro di me, perché io soletta venni
 Seguendo le vestigia dell’Amante...
 FLAMINIO
 Che son’io; e mi spiace
 Di dirti, che son sposo
1590Di Celia già.
 CAMILLO
                          E poiché più non lice
 Al tuo decor d’amare
 Flaminio, io con licenza
 Del Padre, e del tuo Lelio
 T’offrisco la mia destra.
 FLAMINIO
1595Signor Gianpersio omai
 Contentar vi potete
 Di così bella sorte, ella è figliuola
 Del signor Luzio Baldi.
 GIANPERSIO
                                            Lo canosco;
 E dapò che lo Cielo hà destenato
1600Accossì, accossì sia.
 LELIO
 Io mi contento ancor, sol mi riserbo
 Di darne avviso al Genitore in Roma.
 SGRANA
 E giacché so’ le ccose
 Tutte agghiustate; mo lo Sì Marchese,
1605Che tutta oje è ghiuto,
 Comm’a la spola de lo Tessetore,
 Da vuje resta assoluto. (a Gianpersio.)
 GIANPERSIO
                                             Ah frabbuttone!
 Tu lo Marchese si’?
 SGRANA
                                      Gnorsine io songo,
 E do la mano a Checca
 CHECCHINA
                                            E di buon core
1610L’accetto.
 GIANPERSIO
                     Ah tradetora.
 SGRANA
 E pocca io mo mme nguadeo sta fatella;
 Voglio mutà costumme; Non voglio essere cchiù
 Marejuolo,
 E nsigno d’allegrezza
1615Farraggio no banchetto,
 Che nce voglio sgranare na semmana.
 TUTTI
 
    Viva il Marchese Sgrana.
 A bastanza han combattuto
 Fin’adesso Amore, e Sdegno.
 
1620   La vittoria abbiamo avuto,
 Cada Sdegno, e viva Amor.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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