Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 L'Orazio, Napoli, A spese di Nicola di Biase, 1737
 a cura di Pasquale Ruotolo
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA I
 
 Anticamera con Cembalo.
 LAMBERTO contrastando con LAURETTA.
 
 LAMBERTO
 
 Oh che sproposito!
 Che mellonagine!
 A che proposito?
 Questa è seccagine.
5Non annoiarmi:
 Non irritarmi:
 Taci, non più.
 
 Al studio, Baroncella.
 LAURETTA
 Volea dicere....
 LAMBERTO
                              E ancora
10Stai a intronarmi il capo
 Con coteste girandole,
 Biandoluccia, che se’?
 LAURETTA
 Scompimmola, ca già ve ncepollite.
 LAMBERTO
 Andiamo. (Lamberto siede al Cembalo, e sona, e Lauretta canta prendendo lezione.)
 LAURETTA
                       Maramene, e ccomme site!
 
15Tra li scogli, e la procella
 Agitata navicella.
 
 LAMBERTO
 Dolce.
 LAURETTA
 
 Agitata navicella.
 
 LAMBERTO
 Più,
20Più dolce.
 LAURETTA
 
 Agitata navicella.
 
 LAMBERTO
 Staccato llà, llà, llà.
 LAURETTA
 
 Senza porto, e senza lido
 Il furor del vento infido.
 
 LAMBERTO
25Meglio quelle biscrome.
 LAURETTA
 
 Il furor del vento infido.
 
 LAMBERTO
 Ah non sò, quel che fai, canta le note.
 LAURETTA
 Mi, sol, fà, mi, re, là.
 LAMBERTO
 Mi, sol, fà, mi, re, la.
 LAURETTA
30Mi, sol, fà, mi, re, la. (con caricatura. contrafacendo Lamberto.)
 LAMBERTO
 Ah ah, avanti avanti.
 LAURETTA
 
 È costretta a seguitar.
 
 LAMBERTO
 Appresso, e dica bene,
 Ch’egli è un cantar da cicco.
 LAURETTA
 
35Tra li scogli, e la procella &c.
 
 LAMBERTO
 E viva; basta questo per adesso. (Alzandosi dal cembalo.)
 Va, chiama Giacomina.
 LAURETTA
                                             Gnorsì, chessa
 Ve mporta a buje.Tutto lo studio vuosto
 Sta ncuollo a Giacomina, ed a Laurella
40Niente.  Avite ragione,ch’è cchiù bella.
 LAMBERTO
 Tu ti becchi il cervello allo sproposito.
 LAURETTA
 E perché Giacomina
 Vuje mo voljte fa j a rrecetare,
 E à mme nò?
 LAMBERTO
                            Perché tu non ancora
45Sei atta a ciò.
 LAURETTA
                            Volite pazzejare?
 Oje tanta peo de mene
 Gnorante, senza voce, e sgraziate
 Cantano, e so piaciute a li Treate.
 LAMBERTO
 Ciò provien d’altro, che ’l tacere bello
50Ivi le protezion vagliono molto...
 Non voglio mormorar. Tu studia intanto;
 Pensa d’esser gradita sol col canto.
 LAURETTA
 Comme volite vuje.
 LAMBERTO
 Giacomina in quest’anno anderà in Napoli
55A recitar, poiché si aspetta in brieve
 Un impresario da colà, chiamato
 Il Signor Colagianni a tale effetto;
 Tu resterai soletta:
 E tutta allor mia cura
60Sarà, di farti Musica perfetta.
 LAURETTA
 E quanno sarà chesso?
 LAMBERTO
 Col tempo, e colla paglia
 Si maturan le nespola.
 LAURETTA
 S’io mò ve spapurasse lo golio;
65Ch’aggio, de comparè ncoppa na scena,
 Sio Masto mio, lo ccredarisse appena.
 
    No gusto hà da stordire
 Chi canta a no Triato,
 Da llà no Cicisbeo
70Sospira, e tene mente.
 Da ccà se sente dire
 Da quacche ncappatiello:
 Bravo! sso poco è bello;
 E sente ppo da tutte
75Le mmano schiaffeà.
 
    Ma pe contrario po’.
 Uh! poverella chella,
 Quanno da vascio sente
 Da quacche Calimeo:
80Sta bestia mm’hà nfettato,
 Sentire non se pò,
 Mme fà piglià li butte,
 Vi quanno se nne và.
 
 SCENA II
 
 LAMBERTO.
 
 LAMBERTO
 Costei troppo è vezzosa, e s’io non fossi
85Della scuola Socratica,
 Forse m’impaniarei
 Ne vezzi suoi, e diverreine amante.
 Or che diranno questi Maestruzzi,
 Che si vogliono mettere a dozzina,
90Come le stringhe rotte,
 Vedendo mie scolare così dotte?
 E più si affibiaranno la giornèa,
 Allor ch’io stamperò le mie Cantate;
 Onde si vederà la vera norma
95Del contropunto, e come
 Io sia non men Maestro di Cappella,
 Che buono Matematico:
 A differenza di color, che appena
 Apparar sul melone
100Do re, mi, fa sol, la,
 Che boriosi al Cembalo
 Siedono con tremenda Maestà.
 
 Come scoglio in mezzo all’onde:
 Come l’onda in mezzo a venti:
105Come vento in sulle sponde:
 Come sponda in su i Torrenti:
 Come fiume in sulla via;
 Come, come, come, come
 Il malan, che il Ciel gli dia.
 
 SCENA III
 
 LAURETTA, e LAMBERTO, poi GIACOMINA; indi LEANDRO.
 
 LAURETTA
110Sio Masto, into la sala
 Nc’è no Milordo, e ddice ca se chiamma
 Lo si Leandro, e bo parlà co buje.
 LAMBERTO
 Ah si, questo è colui,
 Che apparar vuole in musica; entri pure.
 GIACOMINA
115Signor Lamberto, un Gentiluom vi chiede
 All’altro piano, ed un Abbate.
 LAMBERTO
                                                        Adesso
 Sarò da lor... Oh mio Padrone. (Qui viene Leandro, e mentre saluta Lamberto, s’incontra cogl’occhi di Giacomina, e restano l’uno guardandosi coll’altro, conoscendosi, e Lamberto anche lui resta guardando l’uno, e l’altro con meraviglia.)
 GIACOMINA
                                                          (Chi vedo?)
 LAURETTA
 (Oddio! chi è quella?)
 GIACOMINA
                                           (Egli è Orazio!)
 LEANDRO
                                                                          (È Ginevra!)
 GIACOMINA
 (Come qui?)
 LEANDRO
                           (Come qui?)
 LAMBERTO
                                                     Oh questa è bella!
120Quali sospenzioni? Signor mio,
 Non favellate?
 LEANDRO
                             Attendo
 I suoi favori. (a Lamberto.)
 GIACOMINA
                            Ed io
 Vi ricordo, che siete
 Chiesto di là. (a Lamberto.)
 LAMBERTO
125Sì, sì (a Giacomina.) mi compatisca (a Leandro.)
 Quel Signor, seda un poco, e quì mi attenda,
 Ch’or, or sarò da lei,
 E parleremo con più agio.
 LEANDRO
                                                  Vadi.
 GIACOMINA
 (È d’esso, non v’hà dubio) Orazio mio,
130Orazio, e sia pur ver, che dopo sette
 Anni di amara lontananza, al fine
 Pur ti riveggo... Ma tu taci. (Leandro non risponde.)
 LEANDRO
                                                    Certo
 Ne son’io già. Mi giovi
 Occultarmi a costei, finché non sia
135Di, sua vita informato, e come in questa
 Casa dimori, e a che Mille sospetti
 Mi si, destan nell’alma. Il tempo, il luogo
 I disaggi, ed il fiero
 Malor, che, guari pur non hà, mi afflisse
140M’han trasformato in qualche parte; ond’io
 Potrò liberamente
 Negar, d’essere Orazio.
 GIACOMINA
                                             Tu mi guardi,
 In guisa d’uom, che meraviglie vede.
 Non è tanto diverso il mio sembiante
145Da quel primier, che non ravvisi in quello
 Chi tanto amasti un tempo,
 E chi tanto ti amò; sì, Orazio mio,
 È Leandro, non sono
 Quel, che voi già credete.
 GIACOMINA
                                                Come: oddio!
150Non sei Orazio?
 LEANDRO
                                Nò.
 GIACOMINA
                                          (Folle son io!
 Ai mi deluse Amor!) Signor, condonai
 Vostre fattezze simili al sembiante
 D’un Giovine à me caro,
 Benché diverse in poca parte, furo
155Cagion del preso errore;
 L’inchino dunque (ah m’ingannasti! Amore) (entra.)
 LEANDRO
 Orazio, e quando mai creduto avresti,
 Dopo sì lungo tempo,
 Qui ritrovar la tua Ginevra, ancora.
160Amorosa, e gentile,
 Come ti fu, quando per te ’n non cale
 Pose patria, e parenti, anzi se stessa?
 Ginevra mia, perdona,
 Se a te mi celo, n’è cagion quel lieve
165Sospetto, ch’esser suole
 Compagno indivisibile d’Amore;
 Non ch’io della tua fede
 Abbia alcun dubbio. Del tuo cor le tempre
 Note mi sono appien; dal tuo bel volto.
170Dalle parole tue spirar mi sento
 Nuovo nell’alma insolito contento
 
    Cara, da te mi viene
 Aura di dolce speme,
 Che mi solleva il core,
175Ristora le mie pene,
 E respirar mi fa.
 
    E sebben l’alma teme
 Di sorte rea gli eventi,
 Effetto è sol di Amore,
180Che mai li suoi contenti
 Senza timor non dà.
 
 SCENA IV
 
 LAMBERTO, COLAGIANNI e MARIUCCIO.
 
 LAMBERTO
 Sedano pure; e bene?
 Quando qui siete giunti?
 COLAGIANNI
 Mo, e adesso.
 LAMBERTO
                            (Mò, e adesso!
185Che modo di parlare!)
 COLAGIANNI
 Pe sservirla.
 LAMBERTO
                          Di grazia.
 COLAGIANNI
                                              Lo Mpressario
 De lo Treato Nuovo io so’ dde Napole.
 LAMBERTO
 Già me l’avete detto.
 COLAGIANNI
 Da llà so’ asciuto apposta
190Pe ffà na bona scevota
 Di Viziosi.
 LAMBERTO
                       Che? Di Virtuosi
 Volete dir?
 COLAGIANNI
                        Gnorsì; pegliaje a Brescia
 Na Romana pe pparte de Servetta.
 LAMBERTO
 Com’ella hà buona voce?
 COLAGIANNI
195Canta com’una Luna in quintadecima.
 LAMBERTO
 (Oh, oh, che farfallon.)
 COLAGIANNI
                                            Aggio pigliato
 A Padova na parte de Soprana,
 Che canta di contrasto, come il cancaro!
 LAMBERTO
 (Oimè costui infastella più spropositi.
200Che parole.)
 COLAGIANNI
                          Che ddice?
 LAMBERTO
                                                 Chi è costei?
 COLAGIANNI
 Chella, ch’a lo Treato a lo Cocummmaro
 Mo fà ll’anno a Sciorenza
 Fece da primma Donna.
 LAMBERTO
 Chi, la Paduanina?
 COLAGIANNI
                                      Appunto.
 LAMBERTO
                                                          E questa
205Fe’ poco riuscita.
 COLAGIANNI
                                  Oscìa mme scusa,
 Ch’è no spavento proprio;
 Decea nfra ll’auto no terziglio a ddujè:
 Chiagnenno col Prim’omo, che facette.
 Crepà de riso tutta chell’Audienza.
 LAMBERTO
210(Cotesta è da legnaja.)
 COLAGIANNI
 A Bologna pegliaje chisto fegliulo,
 Il qual recitarà d’Omo fecondo.
 MARIUCCIO
 Discepolo di lei.
 LAMBERTO
 Oh (a Mariuccio.) Ma è troppo ragazzo. (a Colagianni.)
 COLAGIANNI
                                                                          No mme mporta;
215Pocca a cchille Treate so’ ntrodotte
 Le pparte de paggiotte, e cchisso lloco
 Nc’ave na bona posposizione.
 LAMBERTO
 (Un Diavolo!)
 COLAGIANNI
                             Gnò?
 LAMBERTO
                                          Disposizione
 Voi dite?
 COLAGIANNI
                    Signorsì.
 LAMBERTO
                                       Ora a che debbo
220Servirla?
 COLAGIANNI
                    Anz’io so cca pe comannareve
 Vorria la sia Giacomina vosta
 Pe pprimma parte a lo Triato mio,
 Conforme v’avisaje già da Sciorenza.
 LAMBERTO
 Io ne sarei contento,
225Andando ella in Città così cospicua,
 Qual è Napoli: Mà
 La difficoltà stà, ch’io non vorrei
 Avvilirla al principio
 In un Teatro piccolo.
 COLAGIANNI
230Oscìa mm’abburla? li Treate llà
 Se songo mise tutte in nobirtà
 D’abiti spaventosi,
 Di gran mutazioni, e scelta musica,
 Ed opire all’Eroìna.
 LAMBERTO
235All’Eroica (in malora,
 Non ne dice pur una.)
 COLAGIANNI
 Tanto cchìù, che ’l buon gusto
 De li Napolitane s’è affinato.
 LAMBERTO
 Anzi volete dir, che in quel Paese
240Trovano il pel nell’uovo.
 COLAGIANNI
 Pilo nell’uovo! ajebò.
 Senta: li Virtuosi in quel paese
 Son tenuti in concerto, e compatisceno
 Chi è principiante.
 LAMBERTO
                                      Quando è bella.
245Or via, dunque volete
 Per il Teatro vostro Giacomina?
 COLAGIANNI
 Cierto.
 LAMBERTO
                La vuol sentir?
 COLAGIANNI
                                             Mi favorisce.
 LAMBERTO
 Entra quì, Giacomina, Giacomina.
 
 SCENA V
 
 GIACOMINA, e detti.
 
 GIACOMINA
 Signor Maestro?
 LAMBERTO
                                 Eccola quì.
 COLAGIANNI
                                                       Signora,
250Addio.
 GIACOMINA
                Li sono serva,
 MARIUCCIO
                                           Anch’io le nchino.
 GIACOMINA
 Serva sua.
 COLAGIANNI
                      Bella vita,
 Bel personaggio! che ti pare? (a Mariuccio.)
 MARIUCCIO
                                                        È buona.
 LAMBERTO
 Siedi là, Giacomina (le accenna al cembalo.)
 GIACOMINA
                                                                                  Vi ubbidisco. (siede.)
 (Che sarà!)
 LAMBERTO
255Canta, e suona (a Giacomina.)
 Un pò. Senta omai, ser Colagianni,
 Come sia virtuosa
 Non meno di cantare,
 Che di sonar costei.
 COLAGIANNI
                                       Orazio crescit:
260Gran fortuna farrà questa ragazza.
 GIACOMINA
 Tanto della sua Dorì
 Tirsi afflitto seguia le schive piante
 Al prato, all’antro, al Monte,
 Ch’al fin vicino al fonte
265Pur incontrolla il mal gradito amante;
 E sebben gli occhi amati
 Vidde pietosi per temprar suo affanno,
 Pur riconobbe in lor non sò che inganno;
 Onde colmo d’amore
270Così a lei disse il misero pastore:
 
    Specchi dell’alma,
 Lumi fallaci,
 Io ben conosco, che m’ingannate;
 Ma di lasciarvi mi toglie Amor.
 
275   Benché più chiare sian vostre faci;
 Non mi rendete però la calma,
 Né mi temprate
 L’aspro dolor.
 
 COLAGIANNI
 E biva a meraviglia.
 MARIUCCIO
                                        Da Maestra
 LAMBERTO
280Alzatevi dal Cembalo; (a Giacomina.)
 Coll’azion vogliate replicare
 La prima parte almeno,
 Come se aveste in scena a recitare.   (Giacomina s’alza.)
 GIACOMINA
 
    Specchi dell’alma, &c.
 
 SCENA VI
 
 LAMBERTO, COLAGIANNI, MARIUCCIO, e poi LAURETTA.
 
 LAMBERTO
285Che vi pare?
 COLAGIANNI
                           Bravissima.
 Non ce vol’autro, hà da venire a Nnapole.
 Che ccosa nne volite
 Pe l’Onerario sujo?
 LAMBERTO
                                      Di ciò più adagio
 Ne parleremo: in tanto
290Può riposarsi. Olà Lauretta.
 LAURETTA
                                                     Gnore?
 COLAGIANNI
 (Che quatro liscio!)
 LAMBERTO
                                       Adesso si prepari
 Di tutto quanto il Quarto
 Di là.
 LAURETTA
              È lesto. (entra.)
 COLAGIANNI
                              (E pare paesana)
 Chi è cchessa si Lammierto?
 LAMBERTO
295Una Napoletana da sei mesi
 Venuta in mio potere.
 Io l’insegno di musica, e sebbene
 Principiante, mostra gran talento.
 COLAGIANNI
 Saria bona pe ffà na servettella
300Napolitana, e certo,
 Ca volentieri me l’affittarei.
 LAMBERTO
 Ma d’infelice evento io temerei.
 COLAGIANNI
 Perché?
 LAMBERTO
                  Perché nemmeno sa solfeggiar.
 COLAGIANNI
 Ma è muto graziosa,
305Hà bona mutria, e queste
 Riescono a i Treate d’oggidì.
 LAMBERTO
 Ne avete sperienza?
 COLAGIANNI
                                        Signorsì.
 
    Na Cantarina,
 Quann’è matina
310Allegrolella,
 Graziosella,
 Si be n’hà vvoce, si be no ntona,
 È sempre bona pe li Treate.
 E l’Impressarj po fà arrecchì.
 
315   Ch’ammorra ammorra li nnammorate,
 P’avè vigliette, p’avè barchette,
 Sulo pe cchella vide venì.
 
 SCENA VII
 
 LAMBERTO, e MARIUCCIO.
 
 LAMBERTO
 È molto allegro questo
 Ser Colagianni.
 MARIUCCIO
                               Ed hà tratti cortesi.
 LAMBERTO
320Un sol difetto io ci conosco.
 MARIUCCIO
                                                    Ed è?
 LAMBERTO
 Par che presuma troppo, e niente sappia.
 MARIUCCIO
 Questo è vizio commune
 Degl’Impresarj.
 LAMBERTO
                                Basta; tu li sei
 Però molto obligato.
 MARIUCCIO
                                       È ver, nol niego:
325Per lui la prima volta
 Vado in Scena, ove spero,
 Farci molto profitto, a dirvi il vero.
 
    Spero, con recitare,
 Di farmi ricco appieno,
330E aver da questo, e quello
 Regali in quantità.
 
    Che, se non sò cantare,
 Son spiritoso almeno,
 E mi vo lusingando
335Ch’ogn’un m’applaudirà.
 
 SCENA VIII
 
 LAMBERTO, e GIACOMINA
 
 GIACOMINA
 Signor Lamberto?
 LAMBERTO
                                    Giacomina?
 GIACOMINA
                                                             Sete
 Disposto dunque, di mandarmi in Napoli?
 LAMBERTO
 Certo.
 GIACOMINA
               Oimè.
 LAMBERTO
                             Tu sospiri!
 GIACOMINA
                                                   E vi dà l’animo?
 Di mandarmi colà, d’allontanarmi
340Da voi, che qual mio padre per affetto
 Io vi tenea?
 LAMBERTO
                         Anzi, perché t’hò amata,
 Procuro, che ti avanzi.
 GIACOMINA
                                           E quale avanzo
 Potrò sperar da sì ’nfelice stato,
 In cui voi mi sponete?
 LAMBERTO
345Stato infelice chiami tu cantare?
 GIACOMINA
 Infelice non sol, ma periglioso,
 Nel qual il meno, che si acquista, è il biasmo
 Di libertà di vita, e ’l nome infame
 Di vagabonda, lascio
350Che diviene l’oggetto
 Dell’altrui lingue, e delle beffe altrui.
 Vedete omai di grazia,
 S’una fanciulla nobile, e ben nata
 Accomodar si puote a simil vita?
 LAMBERTO
355Sciocca, se tu gustassi
 La millesima parte de’ piaceri
 C’hanno le Virtuose,
 Non diresti così. Servite, amate
 Caregiate, onorate, regalate,
360Lodate, desiate,
 Raccomandate...
 GIACOMINA
                                 Altra, di me più avvezza
 A ciò, l’abbia, io per me l’abborro, e schivo.
 LAMBERTO
 Ti ci avvezzi tu ancor, non dubitare;
 E muterai favella,
365Quando, calcando i più famosi palchi
 D’Italia, e fuori, leggerai il tuo nome
 Sù i Drammi scritto: Semira Reina
 Di Babilonia, moglie
 Di Nino: La Signora Giacomina.
370Virtuosa del Mogol.
 GIACOMINA
 Ma io vi torno a dire...
 LAMBERTO
 Non più repliche, olà, così vogl’io.
 GIACOMINA
 (Ed ecco il colmo d’ogni danno mio!)   (entra.)
 
 SCENA IX
 
 LAMBERTO, e poi LAURETTA.
 
 LAMBERTO
 Mi par mill’anni, che sen vadi via
375Costei, per star soletto
 Con Laura in casa, e allor... e allora che?
 Non ci và il decor mio;
 Nò, nò, nò, nò... Oh mio decoro, Addio. (vedendo venir Lauretta.)
 LAURETTA
 Sio Masto, so’ benute
380Li forastiere all’auto Quarto.
 LAMBERTO
                                                      Vado. (mentre vuol partire si volta a Lauretta con occhio appassionato.)
 LAURETTA
 Che nc’è?
 LAMBERTO
                     Sai?
 LAURETTA
                                Che?
 LAMBERTO
                                            Che Giacomina
 Già và in Napoli.
 LAURETTA
                                  Saccio. (va per partire, e si volta alla detta, come sopra.)
 LAMBERTO
 Bene bene.
 LAURETTA
                        Gnò?
 LAMBERTO
                                     E sai,
 Che tu resti soletta in questa casa?
 LAURETTA
385Saccio,
 LAMBERTO
                Bene bene. (come sopra, va per partire.)
 LAURETTA
                                       Ah?
 LAMBERTO
                                                 E sai,
 Che io...
 LAURETTA
                   Vuje che?
 LAMBERTO
                                        Che io
 Ti...
 LAURETTA
           Che? mi?
 LAMBERTO
                               Che io ti, ti, ti, ti.
 LAURETTA
 Che cosa mi, mi, mi, mi?
 LAMBERTO
                                                 Ti à à à...
 LAURETTA
                                                                    Che?
 LAMBERTO
 Niente (oh maledetta gravità).
 
390   Qual foco mi scotta?
 Qual neve mi agghiaccia?
 Il petto, ed il core,
 Le gambe, e le braccia
 Mi sento brugiare!
395Mi sento tremare!
 Furbotta, furbotta.
 Tu sai, che cos’è?
    Qual miele? qual tosco?
 Mi è grato? m’infetta?
400Mi uccide? mi alletta?
 (Il vedo, il conosco,
 È Amore, è Amore,
 Ah misero me!)
 
 LAURETTA
 So’ cchiacchiare, nuje femmene facimmo
405Mmertecà le colonne: e no le Serve
 A nullo essere addotto, e saccentone.
 Ecco lo Masto mio, che de li maste
 Facea lo Catapano,
 Mo se nne và venenno chiano, chiano.
 
 SCENA X
 
 LEANDRO, e GIACOMINA.
 
 GIACOMINA
410Intendesti, a qual danno
 Vicina io sono?
 LEANDRO
                               Intendi, ma bisogna
 Obbedire al Maestro.
 GIACOMINA
 Tu ancora mi persuadi
 Che io per Napoli parta? Adesso vedo,
415Che Orazio tu non sei, poichè, sel fossi,
 Non diresti così.
 LEANDRO
                                 Nè Orazio sono,
 Né sò chi sia: pur d’uom così a te caro,
 E a me simil, che mi ricordi tanto,
 È lecito, ch’io sappia
420L’intera storia?
 GIACOMINA
                               Ajuto, e segretezza
 Se mi prometti, io la dirò.
 LEANDRO
                                                  Prometto
 Segretezza, ed ajuto
 Col consiglio, e coll’opra.
 GIACOMINA
 In Genoa Patria mia
425Mi accesi, or compie il settim’anno appunto,
 Di quell’Orazio, ch’io ti dico, il quale
 Arse per me di pari ardor; ma i crudi
 Nostri Parenti, fra di lor nemici,
 Negaro ad ambo il desiato nodo;
430Talché, nascostamente resi sposi,
 Ne fuggimmo di là. Ma fummo in mare
 Preda de Mori, e questi
 Nell’onde di Sicilia fur in parte
 Delle Galee Viniziane preda,
435Nella quale fui Io;
 E la miglior, dov’era Orazio mio;
 Salva in Africa andò. Fra tai vicende
 Di schiavitù di libertade, io venni
 In poter di Lamberto: con quai pene,
440Con quai sollecitudini, tu il fai,
 Se mai provasti Amor. Sperai, pregai
 Il Ciel, che mi facesse
 Dopo sì reo martire
 Rivedere il mio Orazio, e poi morire.
 LEANDRO
445(Orazio, e che più prova
 Della costanza di costei tu brami?)
 GIACOMINA
 Tu taci, e non rispondi?
 Ti aggiri, e ti confondi?
 Ah già ritorna il dubio nel mio core,
450Leandro, Orazio sei?
 LEANDRO
                                         No, che nol sono.
 Ma secondo il racconto
 Che mi hai fatto, il conobbi, e fù mio amico.
 GIACOMINA
 E dove il conoscesti? e come? Oddio!
 LEANDRO
 Preda de Mori anch’io
455Un tempo fui con questo Orazio, il quale
 Solea sovente di Ginevra il nome
 Pietoso rammentar fra le catene.
 GIACOMINA
 Questo è il mio nome appunto.
 LEANDRO
 Da un Gentiluom d’Ancona
460Poi riscattati fummo. Io quì ne venni.
 GIACOMINA
 E ’l mio Orazio?
 LEANDRO
                                 In Ancona restar volle.
 GIACOMINA
 E sai, se si ricorda
 Di mè?
 LEANDRO
                 Ben mille, e mille volte il giorno,
 Replicando il tuo nome, egli dicea,
465O Ginevra: Ginevra, anima mia,
 Mio bene, Idolo mio, mio spirto, e vita.
 GIACOMINA
 Olà Leandro, che favelli? e a chi?
 LEANDRO
 Tra lacci Orazio tuo dicea così.
 GIACOMINA
 Ah Orazio, ah caro Orazio,
470Tua fui, tua sono, e tua sarò per sempre.
 A chi, Ginevra, a chi
 Tante belle promesse in un confonde?
 Ginevra a Orazio suo così risponde.
 
    Come si lagna
475Mesto Usignuolo,
 Se i figli al nido più non rimira,
 Così sospira quest’alma ancor.
 
    Lontana (Oddio)
 Dall’Idol mio
480Tormento, e pena
 Sol prova il cor.
 
 SCENA XI
 
 LEANDRO.
 
 LEANDRO
 Ginevra, o se potessi
 Penetrare il mio cor, quanto contento
 Sò ben, che n’averesti; a me non parve
485Tempo opportun di palesarmi, prima
 Starò a veder, se si conchiude in tanto
 La sua partenza, e poi,
 A lei nel magior uopo
 Mi scoprirò. Gioisci ò cor; scorgesti
490La di lei fedeltà. Vedrà pur quella
 A suo tempo, ch’io fui,
 E tale ancor sarò tra le vicende
 Di sorte iniqua, e rea, sempre costante.
 Fido, leale, e sviscerato amante.
 
495   Contro i venti mai non cede
 Salda rupe, e fermo scoglio;
 Idol mio, così mia fede
 Sempre stabile sarà.
 
    Sia benigno, o m’usi orgoglio
500L’implacabile mio fato;
 Questo core innamorato
 Tempre mai non cangerà.
 
 SCENA XII
 
 LAMBERTO, ELISA, BETTINA, COLAGIANNI, e MARIUCCIO.
 
 LAMBERTO
 Queste ragazze hanno due brave voci,
 E quel giovine ancora,
505Faran portenti ne’ Teatri.
 ELISA
                                                 Spero,
 Che sarò compatita.
 BETTINA
 Ed io m’ingegnarò, far quanto posso.
 MARIUCCIO
 Io farò la mia parte
 COLAGIANNI
 Co cchisse treje, e la sia Giacomina
510Spero de la ngarrà, si no la sgarro.
 LAMBERTO
 Vedo, Signora Elisa,
 Nel tuo soggetto ogni disposizione.
 ELISA
 Grazie, che mi dispenza
 Il mio Signor Maestro.
 LAMBERTO
                                            Fò giustizia
515Al merito; vo dir, che avevano il torto,
 Di prendervi in Firenze a noja tanto:
 Venne fin qui l’avviso
 Che non foste gradita in quel Teatro.
 ELISA
 Perché non fui cortese
520Al Maestro di Cappella,
 Costui mi fe’ una musica
 Nella mia parte assai spiacevolissima.
 LAMBERTO
 E per questo apprendete scempiarelle,
 A non esser superbe
525Colle persone, che vi posson nuocere.
 BETTINA
 Io per me sarò sempre umile a tutti,
 Né vò irritarmi alcuno.
 COLAGIANNI
                                             Adaggio adaggio
 Ai mali passi, solea dire Biaggio.
 MARIUCCIO
 Per me non sono competenze, e impegni,
530Perchè non sono donna.
 LAMBERTO
                                              Voi potrete
 Nel preparato quarto
 Riposarvi per ora. Il dopo pranzo
 Faremo un Accademia virtuosa,
 Indi andremo alla maschera, e stasera
535Ci vogliam divertir con un festino,
 COLAGIANNI
 Viva lo sio Lammierto.
 ELISA
                                            Io mel inchino.
 Signor Maestro, priego, che mi ponga
 In grazia all’Impresario,
 E a lui mi raccomandi.
 LAMBERTO
540Non credo, che con voi
 Questo bisognerà.
 COLAGIANNI
 La Signora con mè vò pazzeà?
 ELISA
 (Oh se potessi scaltra
 L’Impresario adescar nella mia rete,
545Buon per me.)
 COLAGIANNI
                              (Ssa trottata
 Tira de mme ncappà, ma ll’ha sgarrata.)
 ELISA
 In paese straniero
 Povera forastiera sì soletta
 Spera da voi, Signor, d’esser protetta,
 
550   Raminga in folta selva
 Timida Pastorella
 Crede, ch’allor la belva
 La venghi ad assalir.
 
    Ma se poi trova quella
555L’amato suo pastore,
 Richiama i spirti al core,
 E sol penza a gioir.
 
 SCENA XIII
 
 LAMBERTO, COLAGIANNI, BETTINA, e MARIUCCIO.
 
 BETTINA
 Per me non hò timore; anzi hò uno spirto;
 Che mill’anni mi pare,
560Calcare il palco di notturna scena,
 Per voler mio talento dimostrare.
 COLAGIANNI
 Se vede a lo pparlà, ca nce rejesce.
 LAMBERTO
 Da la matina si conosce il giorno.
 COLAGIANNI
 Fatte nore, e considera
565Le spese stravaganti, che ffacimmo
 Nuje povere Mpressarie,
 Per fare riuscì le Mmale dramme.
 LAMBERTO
 Melodrame.
 COLAGIANNI
                          Gnorsine, e nc’appoggiammo
 Ncoppa a buje.
 BETTINA
                               Hò speranza,
570Benché sia ragazzina, esser gradita,
 O almeno compatita.
 
    Se non canto a meraviglia,
 Tale quale almeno io canto:
 Se non sono bella figlia,
575Non son anche brutta tanto:
 Son fanciulla, graziosa,
 Avvenente, spiritosa,
 Piacerò, credete à mè.
 
    La mia mente m’indovina,
580Che io farò del bene molto,
 Ella dice, io ben l’ascolto,
 Che fra poco Canterina
 Diverrò perfetta affè.
 
 SCENA XIV
 
 LAMBERTO, COLAGIANNI, MARIUCCIO.
 
 LAMBERTO
 Costei sà molto, e non anco hà calcata
585La polve de’ Teatri.
 COLAGIANNI
                                      Si Lammierto,
 Che ddice oscia, volimmo
 Concrudere l’appardo
 De la sia Giacomina?
 LAMBERTO
 Io già vi hò detto.
 COLAGIANNI
590Quattrocento zecchini.
 LAMBERTO
                                            Appunto, ed anco
 Presa, e rimessa, gli abiti da scena,
 Nastri, spille, calzette, scarpe, e sopra
 Tutto la prima donna.
 COLAGIANNI
 Se nce ntenne.
 LAMBERTO
                              E nella prima recita
595Il titolo del libro.
 COLAGIANNI
 Chesso spetta al poeta.
 LAMBERTO
                                            Ed al poeta
 Ci parlarete voi.
 COLAGIANNI
 Eh, ca vuje non sapite
 Che rrobba sò chille poviete; quanno
600Anno compuosto, pe llevà na virgola
 Se mostano cchiù dduri di Lucigni.
 LAMBERTO
 Ma l’ostinazione
 Figlia è dell’ignoranza.
 COLAGIANNI
 Io mperrò ve mprometto,
605Quanno farrò il mio libro, dare il titolo
 O la sia Giacomina, e ve contento.
 LAMBERTO
 Voi fate il libro?
 COLAGIANNI
                                 Io:
 Non sapete, che io sono
 Mezzo poeta, e mezzo
610Maestro di Cappella?
 LAMBERTO
                                          (E tutto bestia.
 Povero bietolone!)
 COLAGIANNI
                                     Che ddecite?
 LAMBERTO
 Ser Colagianni mio, và riposatevi;
 Che dopo pranzo poi
 Finiremo il discorso,
615Or datemi licenza.
 (Veh, se spacciar, si vuol dotto a credenza.) (parte.)
 COLAGIANNI
 Ah ah lo si Lammierto,
 Se credea de parla’ co quacche racchio;
 È restato.
 MARIUCCIO
                     Per certo; ma quà viene
620Quell’altra giovinetta,
 Che del Maestro in casa
 Dimora.
 COLAGIANNI
                   Chi?
 MARIUCCIO
                               Lauretta.
 COLAGIANNI
 Ah si la paesanella,
 Retirate, ca voglio
625Parlarle.
 MARIUCCIO
                   Io mi ritiro. (parte.)
 COLAGIANNI
                                           Oh potta! è bella:
 
 SCENA XV
 
 LAURETTA, e COLAGIANNI.
 
 COLAGIANNI
 Servo, Donna Lauretta.
 LAURETTA
 Serva del mio Signor Don Colajanne. (parte.)
 COLAGIANNI
 Oscia è Napolitana?
 LAURETTA
                                       Sì Segnore.
 COLAGIANNI
 E comme ve trovate a sti paise?
630Si licet.
 LAURETTA
                 Era patremo Scrivano:
 Pe no cierto dellitto, da tre anne
 Se nne foìe da Napole; e cod’isso
 Me nne portaje a Benezia, pò morette
 Salute a buje, ed io
635Venette mmano a cchist’ommo da bene
 De Lammierto, che comm’a ffiglia soja
 Mm’ave nzi a mmò trattata,
 E dde cchiu mm’ha de museca mparata.
 COLAGIANNI
 (Chesta mme ncappa.)
 LAURETTA
                                             Gnò che avite ditto?
 COLAGIANNI
640Dico se vuoje venire,
 A rrecetare a Napole?
 LAURETTA
 Io venarria, ma dice
 Lo masto, ca n’ancora
 So’ bona.
 COLAGIANNI
                    Non si’ bona? potta d’oje!
645È lo vero ca si prencipiante,
 Ma pe ppassare nnante;
 Non ce vò niente, abbasta,
 Ch’aje no poco de grazia,
 Ca se be fusse n’asena vestuta
650Tu si pportata nnanze; e sostenuta.
 LAURETTA
 E chi vo sostenere
 A mme pover’affritta.
 COLAGIANNI
                                           Lo Mpressario.
 
 SCENA XVI
 
 LAMBERTO, che osserva, e detti.
 
 LAMBERTO
 (Laura coll’Impresario
 A stretto cicaleccio, osserviam pure.)
 COLAGIANNI
655Che ddice? vuò venì?
 LAURETTA
                                          Comme facimmo,
 Ca lo masto non vole?
 COLAGIANNI
 E perché?
 LAURETTA
                      Che nne saccio. Io vao penzanno,
 Che sia de me ncappato.
 LAMBERTO
 (Finta, birba, bugiarda,
660Ammazzar la vorrei.)
 COLAGIANNI
                                          Ma dimme a mene:
 Tu a cchì vorrisse bene?
 LAURETTA
 Io vorria bene, mo nce vò, me piglio
 Scuorno, de ve lo ddi’.
 LAMBERTO
 (Non posso contenermi, adesso crepo.)
 COLAGIANNI
665Spapura, vance mo, simmo paesane:
 Può ave stà confedenzia, e pò, pò...
 (Mo faccio tutt’a monte.)
 LAURETTA
 Se io ve dico chi è, l’avite a gusto?
 COLAGIANNI
 Certo.
 LAMBERTO
               (O smanie! o rabbie!
670O Donna perfidissima.)
 LAURETTA
 Mmirate a chillo specchio, e bbedarrite
 Llà ddinto chillo, ch’è lo core mio,
 COLAGIANNI
 (Chisso loco song’io, o che forture.) (addita uno Specchio.)
 LAMBERTO
 (Chi un capestro mi dà? voglio appiccarmi!)
 LAURETTA
675Voglio accossì ncapparlo a lo ciammiello.
 COLAGIANNI
 Vago a mmirarme? (Colagianni si rimira nello Specchio e nell’istesso tempo. Lamberto si rimira ancor lui da dietro a Colagianni nell’istesso Specchio il quale avvedendosene si volta, e restano così muti per un poco.)
 LAMBERTO
                                        (Ed ancor io.)
 LAURETTA
                                                                    (Mannaggia!
 Lo Masto.)
 COLAGIANNI
                       (Scazza!) Signor mio?
 LAMBERTO
                                                                 Padrone?
 LAURETTA
 (Scajenza!)
 LAMBERTO
                        (Vu granchio a secco egli hà pescato.)
 COLAGIANNI
 (Co na vranca dè mosche so restato.) (Il seguente si dirà da ciascuno da parte.)
 COLAGIANNI
 
680(Comm’a cchi joca a le ppalle,
 Ch’a lo mierco và bacino:
 Lo contrario mena, e ddalle
 Nne lo trucca nietto nietto,
 E se mette isso llà.) (da parte.)
 
 LAMBERTO
 
685(Qual chi uccella, e una beccaccia
 Preso hà dentro il trapolino,
 Il villan, che vien da caccia,
 Ne lo rubba zitto zitto,
 Guasta il tutto, e via sen’ và.)
 
 LAURETTA
 
690(Comm’a cchella, ch’enchie ll’acqua
 A na fresca fontanella,
 No tentillo la langella
 Và, e le rompe; fredda fredda
 A no pizzo affritta stà.)
 
 COLAGIANNI - LAURETTA
 
695(Accossì è ssocciesso à mme.)
 
 LAMBERTO
 
 (Or così è successo à mè.)
 
 COLAGIANNI
 
 (A lo mierco stea vecino.)
 
 LAMBERTO
 
 (Aveva preso una beccaccia.)
 
 LAURETTA
 
 (Avea chiena la langella.)
 
 COLAGIANNI
 
700(Sto bonora mm’hà troccato,
 Sconcecato mm’hà daccà.) (parte.)
 
 LAMBERTO
 
 (Quel baron me l’hà rubata,
 Ruvinato il tutto m’hà.) (parte.)
 
 LAURETTA
 
 (Chillo pesta mmertecata
705Tutta ll’acqua mm’ave già.) (parte.)
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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