Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 L'Orazio, Napoli, A spese di Nicola di Biase, 1737
 a cura di Pasquale Ruotolo
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO II
 
 SCENA PRIMA
 
 LEANDRO, e GIACOMINA.
 
 GIACOMINA
 Leandro, ò chi tù sei, se non m’aiti
 Nell’imminente irreparabil danno,
 Io son perduta.
 LEANDRO
                               E che fù mai?
 GIACOMINA
                                                           Lamberto
 Hà conchiuso l’appaldo
710Con quel Napoletano.
 LEANDRO
                                          E ’l sai di certo?
 GIACOMINA
 La scritta io stessa hò letta
 Poc’anzi.
 LEANDRO
                    (Ojmè!)
 GIACOMINA
                                      Ti prego;
 Se sei Orazio, per la dolce, e cara
 Memoria dell’antico nostro amore,
715E se no’l sei, per l’amistà d’Orazio,
 E per quelle leggiadre
 Amabili fattezze,
 Ch’ai con quello sembianti,
 A non abbandonarmi in si grand’uopo.
 LEANDRO
720(M’intenerisce!)
 GIACOMINA
                                 Or che pensi?
 LEANDRO
                                                             Ginevra,
 Stà pur sicura: in Napoli
 Non anderai, à costo
 De la mia vita.
 GIACOMINA
                              Dunque?
 LEANDRO
                                                  Ti ritira.
 Veggo il Napoletano
725Venirne quì da quelle logge. A questo
 Vò prima favellar, e dar principio
 A ’nviluppar questo contratto.
 GIACOMINA
                                                         Tutta
 In tè riposo.
 LEANDRO
                          Spera pure.
 GIACOMINA
                                                  Addio,
 Leandro (ah fui per dire Orazio mio!) (entra.)
 
 SCENA II
 
 COLAGIANNI, e LEANDRO.
 
 COLAGIANNI
 
730La mia contadinetta
 Nella sua trappoletta
 Hà preso un beccafico,
 Che ghiotto del panico
 Calossi al suon del fischio,
735È mpaniato al vischio
 Il cattivel restò.
 
 Quanto face à pproposeto pe mmene
 Sta canzoncella, che mparaje nfiorenza,
 Se tratta, ca Laurella
740Mm’ave ncappato de manera tale,
 Che non pozzo scappà. Mà ccà so gente.
 LEANDRO
 Addio, quel gentiluomo.
 COLAGIANNI
                                               Mio Signore.
 LEANDRO
 Ell’è per avventura
 Il Signor Colagianni?
 COLAGIANNI
745Pe sservirla (chi è sto si puzillo!)
 LEANDRO
 Sento, ch’ella hà firmata
 La scritta con Lamberto.
 COLAGIANNI
 De Giacomina?
 LEANDRO
                                Appunto.
 COLAGIANNI
                                                    Sì ssegnore.
 LEANDRO
 Mà hà ella la nuova?
 COLAGIANNI
750Segnornò.
 LEANDRO
                      Da un potente Signore
 Di quì (che dir non lice)
 Sì vuole in ogni conto, che in quest’anno
 Si appaldi Giacomina
 Per il Teatro di Lisbona, ch’egli
755Ne hà di colà incumbenza.
 COLAGIANNI
                                                   Patron mio,
 Siò Segnore, Lesbonia, e Giacomina
 Io tengo supra capita;
 Ma...
 LEANDRO
             Si spieghi.
 COLAGIANNI
                                   E spiegato: Agge pacienzea,
 Ca lo negozio è ffatto, e lo papello
760È scritto, e quel ch’è scretto, è scretto.
 LEANDRO
                                                                      Dica...
 COLAGIANNI
 Io hò detto, e quel che hò detto, hò detto.
 LEANDRO
 Adagio olà, che quì stà in Vinegia.
 Lei cessi dall’impegno
 O voglia, ò no; ed avvertisca, à modo
765Con chi favella.
 COLAGIANNI
                               Ma
 LEANDRO
                                        Non occorr’altro.
 COLAGIANNI
 Io per mme so’ na bestia:
 Non saccio che risolvere, me dia
 Tiempo, che scriva à Napole,
 All’Amministratore, che llà tengo,
770Lo quale pe sti punte è n’ommo bravo,
 Sento, che mè responne, e ppoi risorvo.
 LEANDRO
 Non vi è tempo, e vi replico
 Ora assolutamente, che dovete
 Cedere ò Giacomina, ò il proprio sangue.
 COLAGIANNI
775Oscia me ll’ave ditto
 De na maniera così obligantina,
 Che non pozzo di’ nò.
 (Fuss’acciso Lammierto, e Giacomina.)
 LEANDRO
 Io vi ringrazio molto, e quel Signore
780La ringrazia, e la priega
 Ancor per mè, ch’ella da se medesma
 Si sciolga dalla scritta con bel modo,
 Senza nominar mè, né Portogallo.
 COLAGIANNI
 (Ora vide, à c’abballo
785S’hanno da trovà ll’uommene d’onore
 Pe ssè guaguine!)
 LEANDRO
                                   Viene
 Lamberto quì, li parli adesso; veda.
 Ch’io ci sarò presente,
 E se forse mai sente
790Ch’io difenda il Maestro, ella nol creda,
 Ch’io fingo, intende?
 COLAGIANNI
                                         Gnorsì, più d’un sordo.
 LEANDRO
 (Ai mali irreparabili, e imminenti
 Giovan spesso i rimedi violenti.)
 
 SCENA III
 
 LAMBERTO, LEANDRO, e COLAGIANNI.
 
 LAMBERTO
 Addio, Signori
 COLAGIANNI
                              Servidor, Padrone.
 LEANDRO
795Signor Maestro, me l’inchino.
 LAMBERTO
                                                        Vedo,
 Se non m’inganno, il signor Colagianni
 Torvo in volto: che fia? (Colagianni mentre và.)
 COLAGIANNI
 Sacciate...dica leje. (per parlare a Lamberto.)
 LEANDRO
                                      Dice, ch’affatto (li fà cenno, onde confuso tace confirmando quel che ha detto Leandro.)
 Vuol disciolto il contratto
800Di Giacomina; io l’hò ripreso, e detto,
 Ch’in Venegia non si usa in questo modo
 Mancar’à Gentiluomini:
 Ma lui in fiero aspetto
 Così ha risposto: quelc’hò detto, hò detto.
 COLAGIANNI
805Cioè...Gnorsine... (come sopra.)
 LAMBERTO
                                    Corpo del Gran Turco!
 Avrà il suo luogo la scrittura, ai Caj
 Io ne richiamerò, s’anche sia d’uopo.
 LEANDRO
 Ciò dissi ancor: ma replico, ch’egli era
 Stato ingannato, e avrebbe
810Fattone verbo anco al senato or ora,
 Affinché sua ragione
 Defraudata non fosse.
 COLAGIANNI
 Vedite Segnorsine. (come sopra.)
 LAMBERTO
 E doverà Lamberto (a Leandro.)
815Soffrir questo? E la causa
 Di ciò qual è? (a Colagianni.)
 COLAGIANNI
                             Mò dico:
 Io steva ccà nò vinne, e nce trovaje
 Sto mi patrone: Isso volea... nò io (à Lamberto.)
 E bero sì signore. (come sopra, e confuso.)
820(E dir non potte ligi, e quì finio.) (parte.)
 
 SCENA IV
 
 LEANDRO, e LAMBERTO.
 
 LAMBERTO
 Va, ser Squasimodeo,
 Ch’or ci vedremo al Banco
 Della Ragion.
 LEANDRO
                            Dove, messer Lamberto?
 LAMBERTO
 A gli Uffizj a quest’ora.
825Camparirò, perché costui m’adempi
 La scritta.
 LEANDRO
                      Il lasci pur rompa il Contratto.
 LAMBERTO
 Oh perché?
 LEANDRO
                         Giacomina
 Vien chiesta da Lisbona colla paga
 D’ottocento zecchin, presa, e rimessa,
830E dugento zecchini
 Per ajuto di costa, se li vuole
 Gli si daranno or ora.
 LAMBERTO
 Il partito è migliore, e per chiarire
 Quel cavolo torzuto,
835Io mi contento.
 LEANDRO
                               Adunque
 Risolvete così?
 LAMBERTO
                              Stà risoluto.
 LEANDRO
 Vogliam fare la scritta?
 LAMBERTO
                                             Lasci pria,
 Che mi disciolga dal Napoletano.
 Vado.
 LEANDRO
              Non manchi.
 LAMBERTO
840Io son Lamberto, intende?
 
    Quando sciolto avrò il Contratto,
 Se mi viene a dir quel matto:
 Veda, intenda, questo, e quello,
 Gli rispondo: và, fratello,
845Và t’impara a contrattar.
 
    Poiché sia cassato il foglio,
 S’egli vuole, io più non voglio;
 Così resta corbellato,
 Chi pensò di corbellar. (parte.)
 
 LEANDRO
850Mi è giovato l’inganno, unqua non lice
 Disperar. Curi il Cielo
 De le cose gli eventi. Nostra vita
 Ora infelice, e oscura,
 Goder può ancor stagion più lieta, e pura.
 
 SCENA V
 
 MARIUCCIO, e BETTINA.
 
 MARIUCCIO
855Mia Signora Bettina,
 Abbiam fatto pur bene,
 Lasciar soletta la Paduanina
 Ne’ suoi pensieri.
 BETTINA
                                   È vero,
 È troppo melanconica
860Colei; ma dove manca quella, il vostro
 Umor supplisce, il quale
 Molto è grato, avvenente, e gioviale.
 MARIUCCIO
 Anzi lei, ch’avvenevole, e cortese
 Allegra, e spiritosa,
865A chiunque vi mira, e vi favella
 Siete tanto benigna, quanto bella.
 BETTINA
 Oh tu m’inalzi troppo,
 Ma qualunque io mi sia, sono tua serva.
 MARIUCCIO
 Anzi mia padronissima, e chi sà.
 BETTINA
870Che vuol dir quel chi sà?
 MARIUCCIO
                                                Che fra lo spazio
 Di queste nostre recite
 Non avessimo insieme a far l’amore.
 BETTINA
 Più facile saria forse, che il dirlo.
 MARIUCCIO
 Or comunque si sia, mi par mill’anni
875Di recitar assieme,
 Che dovendo tal volta tu da serva
 Recitare, io da paggio,
 Potrebbe darsi il caso, che vi fusse
 Qualche amorosa scena fra noi due;
880E allor fissando ne’ tuoi occhi i miei,
 Così sfogar mie pene io ti vorrei.
 
    Care e belle pupillette,
 Dolci, e vaghe scintillette,
 Io mi sento consumare
885Sol per voi nel seno il cor.
 
    Se dal vostro amato sguardo
 Venne il foco ond’io tutt’ardo,
 Voi dovete mitigare
 L’amoroso mio dolor.
 
 SCENA VI
 
 BETTINA.
 
 BETTINA
890Ha costui messo il piede
 Nella mia trappoletta, a quel che scorgo,
 L’alma il vede, e ne gode, e pur non l’ama;
 Sono delle fanciulle usati vanti,
 Amar d’essere amate, odiar gl’amanti.
 
895   Non ha una donna maggior diletto;
 Qualor s’avvede, ch’un giovinetto
 Per lei sospira,
 Arde d’amor.
 
    Qualor più crescono gl’innamorati,
900Li cascamorti, gli spasimati,
 Quella si mira
 Più lieta allor.
 
 SCENA VII
 
 LAMBERTO, ed il COPISTA, poi COLAGIANNI, e LAURETTA.
 
 LAMBERTO
 Oh che pur finalmente
 Ci se’ venuto, ser Gianfrisio mio,
905Già stèa sul disperarmi; che? ti ho dato
 Per cacciar quelle parti
 Stamane? è ver. Ma sono brevi; molto
 Ai che far? che importa
 A me? Tu non dovevi comprometterti.
910Nò... sì... e pur là? Io dico...
 Ve’ se non devo far questo concerto,
 Ve’ se devo mancar di mia parola,
 Per un Copista poi di feccia d’asino!
 Oh oh chiama altri giovini,
915Che ti ajutino, ch’io (parte il Copista.)
 A tutto supplirò, Addio, Addio.
 Mi preme fra un altr’ora
 Fare il concerto della Serenata,
 Affinché veda quel Napoletano
920Che sia Lamberto... ed eccolo
 Con Laura; vò temendo, che costui
 Non voglia Giacomina,
 Per amor di Lauretta: osserviam quindi.
 LAURETTA
 Nzomma vuje mò ve nne tornate a Napole.
925E no ve portarrite Giacomina?
 COLAGIANNI
 Ah, ah.
 LAURETTA
                 E pperché?
 COLAGIANNI
                                        Non si può dir, sorella:
 Parlammo d’auto; pozzo
 Direte na parola nconfedenzia?
 LAURETTA
 Nuje simmo pajesane; llossoria
930Mm’è ppatrone, e ppo di’ chello, che bole.
 LAMBERTO
 (Ve’ che muine, ve’ che cortesia!)
 COLAGIANNI
 Sacce, ca nce sta uno,
 Che spanteca pe ttè.
 LAMBERTO
                                        (Ch’è lui.)
 COLAGIANNI
                                                             N’abbenta.
 LAURETTA
 Maramene, chi è chisso?
 COLAGIANNI
935N’ommo de qualetà; tu lo canusce,
 Ch’è gguappo, addotto, vertoluso, e mmuseco,
 Te pò fa bene assaje.
 LAMBERTO
                                         (Più di millanta,
 Che tutta notte canta.)
 LAURETTA
 Ma vuje mme coffeate.
 COLAGIANNI
                                             Eh, s’io potesse
940Di quanto tengo in seno,
 Non derrisse accossì; ma non è ttempo
 De sso trascurzo mò, da ccà a n’aut’ora
 Io vao mmascara, e boglio
 Venirete a trovà, ch’ammascarato
945Parlà te pozzo co cchiù llibertà.
 LAMBERTO
 (Cappi! ma io ti preverrò, Messere.)
 COLAGIANNI
 Anze pe cchiù ccautela parlarraggio
 Veneziano.
 LAURETTA
                        E nne sapite?
 COLAGIANNI
                                                   Cierto,
 LI’avere prattecato a cchiù ppaise
950Mm’ave fatto mparà di ppiù linguaggi.
 Va buono?
 LAURETTA
                       Sì va buono.
 LAMBERTO
 (Farete come i zuffol di campagna,
 Ch’andaron per sonare, e fur sonati.
 Io sarò questa maschera.) (parte.)
 COLAGIANNI
955A rrevederce sà.
 LAURETTA
                                 Mò, mmò.
 COLAGIANNI
                                                      Cca ddinto.
 LAURETTA
 Và, zingariello mio.
 COLAGIANNI
                                      Và, uocchio pinto.
 LAURETTA
 
 Cardolillo mio carillo,
 Uh, che ffa st’arma pe ttè!
 
 COLAGIANNI
 
 Cardolella mia carella,
960Uh, che ssento mpietto a mmè!
 
 LAURETTA
 
 Face comm’a ttartanella,
 Scioscia Ammore, e a biento mpoppa
 Veleanno se nne và.
 
 COLAGIANNI
 
 Me nce sento n’artefizio,
965Co lo miccio vene Ammore,
 Dace fuoco, e fa sparà.
 Tà; tà, tà, bù, bù, bù, bù.
 
 COLAGIANNI - LAURETTA
 
 Gioja bella, chisto core
 Pe lo sfizio, e lo contiento
970Io mme sento consomà.
 
 COLAGIANNI
 
 Nenna mia, tu mme vuo’ bene?
 
 LAURETTA
 
 Ninno mio, moro pe ttene.
 
 COLAGIANNI
 
 Quanto, quanto?
 
 LAURETTA
 
                                  Tanto, tanto.
 
 COLAGIANNI - LAURETTA
 
 Io mm’allummo com’a stoppa,
975Vh, che sciamma nzanetà!
 
 SCENA VIII
 
 ELISA, MARIUCCIO, indi LEANDRO, che osserva.
 
 ELISA
 Se tu sapessi le disgrazie mie,
 Di mia ritiratezza
 Mi scusaresti.
 MARIUCCIO
                             Forse qualche danno
 V’è quì successo?
 ELISA
                                   Quì non già, ma altrove.
 LEANDRO
980(Quì son le Virtuose
 Ospiti di Lamberto.)
 ELISA
                                         E da più anni
 Ebbe principio mia disgrazia.
 MARIUCCIO
                                                         Il male
 È antico dunque, e vi attristate adesso?
 Io vi vidi poc’anzi allegra molto.
 LEANDRO
985(Il volto di colei par che non sia
 A me del tutto ignoto) (additando Elisa.)
 ELISA
                                            Bench’io faccia
 Le vista di star lieta, non è il core
 Lieto però.
 MARIUCCIO
                       Ma qual sarà (felice
 Dirla altrui) la cagion di tal cordoglio?
 LEANDRO
990(Più che la miro, più nella mia mente
 Ne ravviso l’immagine!)
 ELISA
 Tu dei saper, che nata
 Non son’io Canterina, ma di onesti
 Non meno, che ricchissimi parenti:
995Genova è mia patria.
 LEANDRO
 (Genova!)
 ELISA
                      Mio padre
 Fu Ludovico Brignole mercante.
 LEANDRO
 (Oimè, cotesta è mia sorella Elisa;
 Come quì si ritrova vagabonda!)
 ELISA
1000Il qual morì ne’ miei prim’anni, ond’io
 Venni con un fratello ancor fanciullo
 In poter d’un mio Zio.
 LEANDRO
 (Già ne son certo; è d’essa.
 Qual disgrazia prevedo!)
 MARIUCCIO
1005Come poi diveniste Canterina?
 ELISA
 Dirò: cresciuti in età adulta, il mio
 Fratel divenne amante
 D’una fanciulla chiamata Ginevra;
 E non volendo acconsentirvi il Zio,
1010Ch’è la sposasse, sen’ fuggì con quello.
 LEANDRO
 (Ah donna scelerata!)
 MARIUCCIO
 E così la faceste la frittata.
 ELISA
 In Padova andati, ci sposammo, e vedova
 Fra un anno ne restai; povera, afflitta,
1015Soletta, forastiera, e in disgrazia,
 De miei: che dovea far? coll’assistenza
 D’un buon Signore, che mi accolse in casa,
 La musica imparai, e Cantarina
 Divenni in breve.
 LEANDRO
                                   (Oimè son perduto!)
 MARIUCCIO
1020Il caso è degno di pietà: mà puoi
 Pur consolarti, Elisa.
 ELISA
                                        Io non aspetto
 Altro consuolo a’ mali miei, che morte:
 LEANDRO
 (Perfida, e morte avrai.)
 MARIUCCIO
 Io ti ricordo il motto di Sincero:
1025Che non si acquista libertà per piangere
 E tanto è miser l’Uom, quant’ei si reputa.
 
 SCENA IX
 
 LEANDRO, ELISA, indi GIACOMINA.
 
 LEANDRO
 Ito sen’è pur quello; è tempo omai
 Di mostrarmi à costei. Fermati, Elisa.
 ELISA
 Chi sei tù, che mi chiami?
 LEANDRO
1030Guardami bene, indegna, e mi ravvisa.
 ELISA
 (Oimè, questo è il Germano, io son perduta!)
 LEANDRO
 (Sopragiunge Ginevra, io son confuso!)
 GIACOMINA
 (Mira Leandro Elisa, e si stupisce
 Al giunger mio, nel mio sospetto io torno.)
 ELISA
1035Orazio, ah mi perdona.
 GIACOMINA
 (Ecco ogni dubio mio già reso certo.)
 LEANDRO
 (Ecco a Ginevra il nome mio scoverto.)
 ELISA
 Orazio, errai, pietoso
 Or tu perdona gli trascorsi miei.
 
1040   Deh non guardare in mè
 L’orror del fallo mio;
 Sol vedi chi son’io,
 Mira la tua pietà.
 
    Tradii me stessa, e tè;
1045Fù perfido l’errore,
 Mà se fù causa Amore,
 Degno di scusa il fà.
 
 SCENA X
 
 GIACOMINA, e LEANDRO.
 
 GIACOMINA
 Avea dunque ragione il fido Orazio,
 Di celarmi il suo nome,
1050Perché vicino avea
 Il suo novello amor.
 LEANDRO
                                       Che parli? come?
 Non è come tù credi: tù t’inganni.
 GIACOMINA
 Perfido, Elisa teco
 Dubia nel volto, nel parlar tremante,
1055D’amor, di falli, e di pietà favella,
 E vuoi negar, che sia tua vaga?
 LEANDRO
                                                          Il nego,
 Che non è, nè puot’esserlo.
 GIACOMINA
 Vorrai negar’ancor d’esser Orazio?
 LEANDRO
 Anzi confirmo, ch’io son tale.
 GIACOMINA
                                                       E bene,
1060Del tuo celarti a me, qual fù la causa?
 LEANDRO
 Per far della tua fede
 Più certo esperimento.
 GIACOMINA
 E poi la tua, infedel, portossi il vento?
 LEANDRO
 Intendi.
 GIACOMINA
                   Intesi.
 
 SCENA XI
 
 LAMBERTO, GIACOMINA, e LEANDRO.
 
 LAMBERTO
                                  A ttempo
1065Giacomina, e Leandro:
 Sappì tù, che non devi (a Giacomina.)
 Per Napoli partir; per Portogallo
 Vuol Leandro appaldarti.
 GIACOMINA
 Perchè?
 LAMBERTO
                  Per recitare.
 GIACOMINA
                                           È ver, Leandro?
 LEANDRO
1070È vero.
 LAMBERTO
                 E  ’nbrieve parti
 Ti avanzerai se avrai giudizio: questo
 Sol’io ti dico; ei ti racconti il resto (parte Lamberto.)
 GIACOMINA
 Ah traditor, che più ascoltar io debbo!
 Tante malignità, tai tradimenti
1075M’ordisci, ò scelerato! E quando mai
 Meritò l’amor mio
 Cotanta ingratitudine?
 Mi togli da mia patria,
 Mi vedi per tuo amor ridotta questo,
1080Mi nascondi il tuo nome,
 Rompi la fé, ti scordi
 L’amor promesso, il tuo dovere, il mio
 Onore; anco di più: ti raccomando
 Il mio decoro, e tù, empio, bugiardo,
1085Machini contro quello, e vuoi mandarmi
 Sol per allontanarmi
 Dà gli occhi tuoi raminga in stranio lido,
 Questo à mè, questo à mè, crudele? infido!
 
    Taci, non vo’ ascoltarti:
1090Il labro tuo m’inganna,
 Il volto tuo m’affanna,
 Sei traditor, sei perfido,
 Fuggo, infedel, da tè.
 
    Io prego il cielo, il fato
1095Che sia con tè spietato,
 Come tù fosti, ò barbaro,
 Empio, e crudel con mè.
 
 SCENA XII
 
 LEANDRO.
 
 LEANDRO
 Misero, e che mi avvenne? ecco perduto
 In un momento solo
1100Ciò cche in molt’anni à gran pena acquistai
 Io mi vedo in un punto
 Precipitato alle miserie estreme:
 Senza onor, senza quella,
 Ch’è la parte miglior della mia vita,
1105Come star posso in vita?
 Morirò dunque, e sia la morte mia
 Via più dogliosa, e trista,
 Or che mi si contende,
 Bellissimo Idol mio, tua cara vista.
 
1110   Simile à quel, che geme
 Tra lacci presso à morte,
 Che non ave altra speme,
 Fuorché l’estrema sorte,
 Che d’ora in ora il misero
1115Ivi aspettando stà.
 
    Chiusa nel duro carcere
 Di mia pena spietata
 Dolente, e disperata
 L’alma languendo.
 
 SCENA XIII
 
 LAURETTA con alcune Comparse, che portano sedie, e poi LAMBERTO con Bautta, e maschera.
 
 LAURETTA
1120Mettite cca ste sseggie. Già s’accosta
 Ll’ora dell’Accademmia, e non se vede
 Lo si Lammierto; ma chi è sta maschera?
 LAMBERTO
 (Alle prove Lamberto, ora saprai,
 Se veramente t’ama
1125Lauretta. Affinché creda,
 Ch’io sono Colagianni, e non Lamberto
 Mutiam voce, e favella.)
 LAURETTA
 (S’è fremmato, e non vene,
 È Colajanne cierto, e stà dobbiuso,
1130C’avarrà filo de lo si Lammierto:
 Stammo ncampana, e bedimmo, che ffà.)
 LAMBERTO
 (Accostiamci, e parliam con libertà.)
 
    Delirio notte, e zorno,
 Perchè d’un bel visetto
1135L’imagine bellissema
 In mente me vol star;
 Vorave pur schivarme;
 Per non innamorarme:
 Ma un bottolo, ridottolo,
1140Amor dè mi vuol far.
 
 LAURETTA
 
    Se vedo in ziel le stelle,
 Che tutte luminose,
 Le tremola, le sbambola
 Con vagho lampeggiar;
1145Me par cussi perfetti,
 Che ghabbia i carì occhietti
 El cocolo, rignocolo,
 Che me fa sospirar.
 
 LAMBERTO
 E ’l ziel t’ajuta, e te dia el bondi,
1150Polastrela.
 LAURETTA
                      E ancora
 A ella, siora maschera.
 La xé comoda.
 LAMBERTO
                             Comi
 La comanda, la xé molto garbata.
 LAURETTA
 La xé sua bontae,
1155Sior.
 LAMBERTO
             La è ancor belisema.
 LAURETTA
                                                    Me dà
 Ella la burla.
 LAMBERTO
                          Me diga de grazia,
 Cara la mi ragaza,
 È ella innamorada,
 LAURETTA
                                      Sì sior.
 LAMBERTO
 Se poderia saver
1160Chi xé el so amoroso?
 Xelo el sior Lamberto?
 LAURETTA
                                            Sior nò.
 LAMBERTO
 (Uh diavolo! oimè son ruvinato!)
 LAURETTA
 Cosa la barbuteo siora maschera?
 LAMBERTO
 Digo mì, che se cride
1165Lamberto, esser el vostro Innamorao.
 LAURETTA
 L’è ver, che lù sel cride,
 Mà mi lo burlo mi.
 LAMBERTO
                                     Perfida donna. (qui si scopre Lauretta.)
 LAURETTA
 (Comme nce so ncappata.)
 LAMBERTO
 Ingrata, iniqua, indegna, scelerata,
1170Questo è quel ch’io t’hò fatto? Ah che mi viene
 Una rabbia, una stizza,
 Che mangiarmiti à denti ti vorrei.
 LAURETTA
 Sentite...
 LAMBERTO
                    Taci, taci, sfacciatuccia,
 Sguajatuccia, bertuccia
1175Non parlar più, ò ch’io.
 LAURETTA
                                             Io voglio.....
 LAMBERTO
                                                                    Taci
 Ti hò detto, traforella, mensogniera
 Bugiarda, falza, più falza, falzissima
 Protofalza, arcifalza, arcifalzissima.
 LAURETTA
 Io voglio dire.
 LAMBERTO
                             Ed io non vo’ sentirti
1180Più non voglio vederti, né parlarti.
 Non vo’ soffrirti, non vo’ comportarti,
 Nò, nò, signora nò, Padrona nò.
 Illustrissima nò, Eccellenza nò.
 LAURETTA
 E pocca tanto sdigno
1185Commico vuje mò avite,
 Veccome ccà, scannateme, accedite. (Qui Laura s’inginocchia piangendo.)
 LAMBERTO
 Oh oh à questo siamo.
 Ci vogliono altri, che sospiri, e pianti,
 Per placare un Maestro di Cappella
1190Non giova più il pentirti, bricconcella.
 LAURETTA
 Pietà compassione. (piangendo.)
 LAMBERTO
                                       Alzati. (questo lo dirà Lamberto commuovendosi.)
 LAURETTA
                                                     È bero,
 Ca so stata na sgrata,
 Ca io v’aggio gabbato.
 Perrò consederate
1195Ca so’ na peccerella
 Ca so’ na nzemprecella
 Ca so’
 LAMBERTO
               Alzati dico (Io son commosso.)
 LAURETTA
 Si non volite ave’ compassione
 De mene, e buje aggiatelo allomanco
1200De chisto chianto..
 LAMBERTO
                                     Alzati... (Oimè.)
 LAURETTA
                                                                     Aggiatelo
 De sti sospire mieje, de cheste llacreme,
 Che ncoppa à chesta mano mo ve jetto,
 E ve vaso sio masto caro mio
 LAMBERTO
 Non più Non più, non più (s’inginocchia anche lui, e piange.)
 LAURETTA
1205Uh, uh, uh, uh, uh.
 LAMBERTO
                                     Uh, uh, uh, uh, uh.
 LAURETTA
 Ajemmè, vuje, che facite?
 Auzateve.
 LAMBERTO
                     Alzati tù.
 LAURETTA
 E buje m’avite perdonato?
 LAMBERTO
                                                   Sì.
 E tu vuoi più tradirmi?
 LAURETTA
                                              Nò.
 LAMBERTO
1210Io chi son?
 LAURETTA
                       Si’ lo masto
 Mio bello, caro, e ammato.
 Ed io?
 LAMBERTO
                Tù sei il mio viso inzuccherato
 
 Delirio notte, e zorno &c. (ed entra.)
 
 LAURETTA
 
 Se vedo in ziel le stelle &c.
 
 SCENA XIV
 
 LAURETTA.
 
 LAURETTA
1215Va mò, e non sapè lo fatto tujo.
 Ca chisto sio Lammierto
 Già m’avea fatta la varva de stoppa.
 Nzomma pe nce defennere dall’uommene,
 So’ l’armature noste
1220Chiante, boscie, carizze, e ffacce toste.
 
    Nuje femmene simmo
 Mpastate de nganne,
 Chiagnimmo, redimmo
 Amammo; ma ché?
1225Lo chianto, e lo riso,
 Lo viso, e l’ammore
 È tutt’apparenza,
 Ca mpietto lo core
 Mon face accossì.
 
1230   Eppure li locche
 Li smocche nce credeno,
 Cecate, non vedeno,
 Ca so’ coffeate,
 Ca so’ delleggiate.
1235Ntenniteme a mmè;
 O aggiate pacìenza,
 O pure à mmalanno
 Lassatence j.
 
 SCENA XV
 
 LAMBERTO, ed il COPISTA, che li consegna le parti della serenata.
 
 LAMBERTO
 Eviva, ser Gianfrisio, sei pur stato
1240Puntuale. E le parti dell’orchesta?
 Gliel’ai tù date? Ai fatto ben. Vediamo
 Un poco oh oh, che caos!
 Qui manca una commune, e qui è soverchia
 Accomoda. Quì è un altro farfallone
1245Alle parole: Io che cenere sono.
 Io che Venere sono
 Vuol stare; accomodate. Una diesis
 Per bemolle, si accomodi.
 L’asta in mortajo: Nò, nò, l’asta in pistello,
1250Il fistolo ti mangi, asta immortale,
 Si accomodi; non vedi,
 Diavol, se le semicrome sono
 Minime, accomodate.
 Queste note ligate. Insomma, insomma
1255Note, e parole sono
 Tutte al rovescio, e quindi avvien, che spesso
 Parte per noi, parte per quei, che cantano,
 Parte per voi Copisti,
 Che scrivete le parti pien di vizio
1260Sogliono andar le cose in precipizio.
 Oh, oh, non più. Già entrano: Padroni.
 
 SCENA XVI
 
 GIACOMINA, ELISA, LAURETTA, BETTINA, MARIUCCIO, e COLAJANNE riveriscono LAMBERTO, e ognuno siede al suo luogo prendendo la parte sua della Serenata, che li vien data da LAMBERTO.
 
 LAMBERTO
 A tutti riverisco; con silenzio
 S’incominci il concerto. Ogn’uno prenda
 La sua parte, e s’accomodi (qui principia la Sinfonia.)
1265Pian, piano; oh che disordine
 Violin batta il piè forte, affinché vada.
 L’orchesta unita. Oh quelle violette
 Io voglio che si sentano in malora.
 Quel diavol di secondo Controbasso
1270Non hà pece nell’arco? Quelli corni
 Vadino uniti, llara, llara, llà. (s’incomincia la serenata.)
 COLAGIANNI
 
 O della Terra di Tiano prole.
 
 LAMBERTO
 O della Terra, e di Titano prole
 COLAGIANNI
 Tian
 LAMBERTO
            Titano.
 COLAGIANNI
                            Comme n’è la Terra
1275De Tiano, che stà vicino Sessa?
 LAMBERTO
 Anzi è Titano favoloso nume.
 COLAGIANNI
 
 O della Terra, e di Titano prole
 Miei famosi Germanici.
 
 LAMBERTO
                                               Germani.
 COLAGIANNI
 
 Miei famosi German, Giganti invitti,
1280Me, che Langella son
 
 LAMBERTO
 Mè ch’Encelado sono.
 COLAGIANNI
 
 Me, ch’Encelado son, seguite, ergete
 Sù i Monti, i Monti, e Olimpo, e pelle, e ossa.
 
 LAMBERTO
 E pelja, ed Ossa.
 COLAGIANNI
                                 E pelle..
 LAMBERTO
1285E pelja, e pelja,
 E pelja.
 COLAGIANNI
                  Ma la pelle
 Non stà vicino all’uosso?
 LAMBERTO
 Sbagliate, sono monti Pelja, ed ossa
 Seguite.
 COLAGIANNI
 
                   E pelja, ed ossa,
1290Si espugni il Ciel, de numi
 Si superi l’orgoglio, e l’empia possa.
 
 LAMBERTO
 Oh, oh, fa, sol, la, la, mi. (li ricorda le note.)
 COLAGIANNI
 Si superi l’orgoglio
 COLAGIANNI - LAMBERTO (cantando)
 
 E l’empia possa
 
 BETTINA
 
                                Oimè, quel non più udito
1295Strepito d’armi viene
 Al primo Cielo, onde la Dea son’io!
 Fuggir di quà conviene.
 
 MARIUCCIO
 
 Ah povero Cupido
 Dove ti celerai
1300Dal furor de Giganti? impenna l’ali
 Alle tue piante, e fuggi trà mortali.
 
 ELISA
 
 Tutti i Dei sbigottiti
 Fuggono avanti al minacciato agone
 De perfidi Giganti, e tù che fai?
1305Siegui lo sposo tuo, fuggi, Giunone.
 
 LAURETTA
 
 Io che Venere sono, e son miei vanti,
 D’esser madre d’Amor, Dea degli amanti,
 Aborro, ove si sente
 Strepito bellicoso: In Cipro torno
1310Lieta à goder in placido soggiorno.
 
 GIACOMINA
 
 Ecco già vuoto il Ciel, Giove, Saturno
 Marte, e tutto de’ Dei la schiera eterna
 Teme l’aspetto del nemico irato;
 Ma Pallade non già: l’asta immortale
1315Già stringo, e svelo il formidabil scudo.
 Ecco à vista del Cielo, e della Terra,
 La sapienza resiste
 A vano ardire, e sola torna in guerra. (s’incomincia il ritornello dell’aria seguente.)
 
 LAMBERTO
 Signori, adagio, adagio,
1320Vò le trombe in quest’Aria, andiam con spirito.
 GIACOMINA
 
    Genj potenti,
 Celesti Dei,
 L’invitte fronti
 Volgete a’ rei,
1325Or che Minerva
 Scudo vi fà.
 
    Benché su i monti
 I monti inalzino,
 Da vostri ardenti
1330Ritorti fulmini
 Cadrà percossa
 Lor empietà.
 
 TUTTI
 E viva
 LAMBERTO
               Che vi par, ser Colagianni,
 Di costei, che scartate?
 COLAGIANNI
1335Oscia, non sà lo quatenus,
 E pperzò dice chesso. Ha da sapere;
 Ca s’io mò nnante disse,
 Ca non volea Giacomina... È vero
 Gnorsì. (Cca no sto buono!) (Vedendo Leandro, che sopragiunse s’alza, e parte, e nel tempo stesso s’alzano, e partono tutti.)
 
 SCENA XVII
 
 LEANDRO, e detti.
 
 ELISA
1340(Oimè il fratello!
 Fuggo di quì.) (parte.)
 GIACOMINA
                              (L’odiata vista aborro
 Dell’infedel.) (parte.)
 MARCUCCIO
                             (Seguito Colagianni,
 Per veder, che farà.) (parte.)
 LAURETTA
                                         (Sta novetate
1345Mme derrà Giacomina.) (parte.)
 LAMBERTO
 Qual disordine è questo; eh dove andate? (parte anche lui.)
 
 SCENA ULTIMA
 
 LEANDRO.
 
 LEANDRO
 Tanto dunque odioso è il volto mio,
 Che mi fuggono tutti?
 Sì sì ora comprendo
1350Della mia stella il reo tenor, non sono
 Leandro più, son l’infelice Orazio;
 Anzi di questo son l’ombra infelice,
 Poiché Orazio è già morto, ed è sotterra!
 E chi l’uccise?... Elisa...
1355Ginevra... Empia sorella Idolo mio...
 L’amor l’onor... oddio... ti arresta... ascolta...
 Ma misero à chi parlo? I miei lamenti
 E le parole mie portano i venti.
 
    Son nell’onde da venti agitato,
1360La tempesta più fiera s’avanza,
 Chi soccorso nel Mare mi dà?
 
    Più non splende mia stella fedele,
 E tra i rischi dell’onda crudele
 Mia speranza perdendo si và.
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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