Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Angelica ed Orlando, Napoli, a spese di Niccolò di Biase, 1735
 a cura di Giovanna Peduto
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 EMILIA, e MEDORO armato per lo duello.
 
 EMILIA
 Fa scriver ne tuoi fasti
 Un sì nobil pensiero;
 Che fatto Cavaliero
1445D’Angelica, il tuo ben, per lei t’armasti.
 MEDORO
 Un così eroico impegno
 Tacciar non dei: un generoso core,
 D’onor, di gloria è degno.
 EMILIA
 Che bella invenzion ti detta amore!
1450Ma che? crudel, che sei:
 Forza al valore, e taglio, e punta all’armi
 Toglier sapran gli Dei per vendicarmi.
 Ah sì, che ben conviensi
 Alla tua fede infida,
1455A tuoi barbari sensi;
 Né fia, che all’opre indegne il Cielo arrida.
 MEDORO
 Emilia, i tuoi trasporti
 Ingiusti sono.
 EMILIA
                            Ingiusti!
 MEDORO
                                               Ingiusti, e fieri,
 Perché pensi d’opporti a i miei doveri.
 EMILIA
1460Dover?
 MEDORO
                 Sì so qual sia
 Il mio dover: pensai
 Salvar la vita a chi salvò la mia.
 EMILIA
 Come finger ben sai?
 Né pensi del cimento
1465Qual mai sarà l’evento.
 MEDORO
                                             Io Prence sono,
 Tu Principessa; e all’or s’innalza, e spande
 L’onor regal del Trono,
 Quando ogni nostro oprar sia regio, e grande.
 EMILIA
 Regio, e grande vorresti,
1470Che sia tradir la fe, Principe indegno!
 Quando pensar dovresti,
 Che la guerra, e lo sdegno
 Tra nostri genitori
 Fer, che quì, fuggitivi,
1475Amor ci trasse a divenir Pastori:
 E aver nel petto vivi
 Dovresti i giuramenti, e i falli tuoi,
 Che per donna infedele,
 La stessa fedeltà tradir tu puoi.
 MEDORO
1480Alla tua pace riedi;
 Emilia, cessin pur le tue querele;
 E credi, che vedrai ciò, che non credi.
 Vinci s’io vinco; e se l destino elegge,
 Ch’io perda, a tuo favor sarà la legge.
 
1485   Serena il cor turbato;
 Che ben vedrai distinto,
 Che senso in me s’accoglia,
 Qual più mi voglia il fato,
 O vinto, o vincitor.
 
1490   Parlo con quel pensiero,
 che tutto ha del sincero
 (Né so che dica amor.)
 
 SCENA II
 
 EMILIA, e poi ANGELICA.
 
 EMILIA
 (Poveri affetti miei!...)
 ANGELICA
 (Troppo acerbo mio fato!
1495Ah, l’anello incantato io già perdei!)
 EMILIA
 (Dunque all’empio suo core
 Farà forza la legge, e non amore?)
 ANGELICA
 (O Ciel!... Ma ecco Emilia.)
 EMILIA
 (Nò, non saràquì Angelica!)
1500Principessa, già sai,
 Che tale ancor io sia;
 E ben chiare le prove io ne mostrai.
 ANGELICA
 E ben? che dir pretendi?
 EMILIA
 Che la mia gelosia
1505Non ha lo stesso aspetto: e tu m’intendi.
 ANGELICA
 Principessa, ne i casi
 D’amor, più assai, che amor vaglion le stelle;
 E dir potrei, che quasi
 Esse han d’amor gli strali, e le facelle.
 EMILIA
1510Non ammette argomenti
 Il geloso mio cor.
 ANGELICA
                                  Nostra contesa
 Decideran gli eventi
 Della futura impresa.
 EMILIA
                                          Invan ciò speri:
 Non dà legge la legge a miei pensieri.
1515Trattar pur io so l’armi;
 E ne ho meco gli arnesi.
 ANGELICA
 Eh, timor non puoi darmi,
 Che all’armi anch’io fin da fanciulla attesi.
 EMILIA
 Eh, c’ho ben core, e senso
1520Non avvezzi a temer.
 ANGELICA
                                         L’opra il dirà.
 EMILIA
 (Il mio pensier non sa.)
 ANGELICA
 (Non sa che penso.)
 EMILIA
                                       Principessa, son io
 Pur Principessa; e ciò ti basti. Addio.
 
    Pensa, che l fulmine
1525Cade talora,
 dove men temesi
 Il suo furor.
 
    E pensa ancora,
 Che la sua furia
1530L’ha irreparabile
 Geloso un cor.
 
 SCENA III
 
 ANGELICA.
 
 ANGELICA
 Mio troppo ardente amore,
 Mio geloso furore, affanni miei,
 Dolorose mie pene,
1535Cieli, stelle, destin, pietosi Dei,
 In sì grave periglio
 Di Medoro il mio bene,
 Deh, chi di voi dar mi potrà consiglio?
 
    Dì, mio fato, a qual voto m’appiglio?...
1540Nò, il consiglio, lo prendo da me.
 O l’ardire sarà la mia sorte,
 O la morte mia pena sarà.
 
    Crude stelle, a dar legge al mio core
 Vostra forza bastante non è.
1545Solo Amore mia legge si fa.
 
 SCENA IV
 
 MACCHIONE, e QUAQUACCHIO.
 
 QUAQUACCHIO
 Donca dice tu mo, ca nc’hanno armato
 Quacch’autro trajeniello?
 MACCHIONE
 No ll’haje ntiso ca tanno hanno abborlato;
 Pecchè n’avea l’aniello?
 QUAQUACCHIO
1550Abburla? a fa sorrejere?
 MACCHIONE
 Ente capo de ciuccio!
 N’haje ntiso, ca da spirete
 Se vestettero Fabio, e Menecuccio?
 Manco te sona chesto?
 QUAQUACCHIO
1555E mbe? addonca te pare,
 Ca mo se fà?
 MACCHIONE
                           Mo lo tresoro è llesto:
 Mo avimmo da sguazzare,
 Mo cagnammo li puoste,
 Co li patrune nuoste;
1560Ca mo, che simmo princepe nuje puro,
 Nc’hanno da respettà.
 QUAQUACCHIO
                                           Chesto è securo;
 Ma
 MACCHIONE
          E puro vaje pensanno!
 Puro lloco ne simmo?
 QUAQUACCHIO
                                          Essa, comme lo ffa!
 MACCHIONE
 N’aje ntiso a chella lla? co lo commanno.
 QUAQUACCHIO
1565Buono
 MACCHIONE
                E no cchiu parole.
 QUAQUACCHIO
 E nnuje comme farrimmo
 Co li scazzamaurielle?
 MACCHIONE
                                           Armo nce vole.
 Oh, veccotille ccà.
 
 SCENA V
 
 SILVIA, ARMINDO, e i suddetti.
 
 ARMINDO
 Ma pensa pur per me: voglio ancor io
1570La parte del tesoro.
 SILVIA
 L’avrai Armindo mio.
 MACCHIONE
 Siente sie, che trascorrono ntra lloro. (il dice a Quaquacchio.)
 SILVIA
 Or goderemo un poco. (Si pone l’anello incantato in bocca, e si rendono invisibili.)
 QUAQUACCHIO
 E mbè addove so ghiute?
 MACCHIONE
1575Te! mo stevano lloco!
 E mo addo’ so sparute!
 SILVIA
                                             Egli è ragione
 Che Quaquacchio, e Macchione
 Si faccin ricchi, e ricco Armindo ancora.
 MACCHIONE
 Siente cche ddice, siente.
 QUAQUACCHIO
1580Chesto, che d’è? bonora!
 Ch’aggio le catarattole,
 Ca parlano ccà rrente, e no le bbeo?
 MACCHIONE
 Vide lloco, chiafeo,
 Quanta vertute ha chessa.
 QUAQUACCHIO
                                                  Ah, potta d’oje!
 MACCHIONE
1585E tu vaje dubbetanno! Ah, cchiù nne vuoje?
 SILVIA - ARMINDO
 Ah, ah, ah, ah.
 SILVIA
                             Quì siamo.
 MACCHIONE
 Oh bemmenga ossoria.
 QUAQUACCHIO
 Schiavo, patrona mia.
 SILVIA
1590Ben? che facciamo?
 ARMINDO
                                       E per me non avete
 Un po di cerimonie,
 Mal creati, che siete?
 MACCHIONE
 O bello popatiello
 QUAQUACCHIO
 O giojello de zuccaro
 MACCHIONE
1595Nce vo
 QUAQUACCHIO
                Nce vo securo
 MACCHIONE
 Bemmenga a lossoria.
 QUAQUACCHIO
 Schiavo a lossoria puro.
 SILVIA
 Or, che faremo, in tanto,
 Che del tesoro vien l’ora fatale?
1600Spassiamci, in lieto canto,
 A far tra noi l’usata pastorale.
 MACCHIONE
 Comme ossoria comanna.
 MACCHIONE
 Ma nce vo lo stromiento; e chi lo sona.
 Stace a chella Capanna.
 ARMINDO
1605Dove?
 MACCHIONE
                Videla bona:
 Rente a chill’urmo.
 ARMINDO
                                      A quel che appar più alto?
 MACCHIONE
 A cchillo.
 ARMINDO
                    Io, ben sollecito,
 Andrò a chiamarlo, e tornerò in un salto.
 
 SCENA VI
 
 MACCHIONE, QUAQUACCHIO, e SILVIA.
 
 MACCHIONE
 Ah, ah, sto peccerillo,
1610È saporito propio?
 QUAQUACCHIO
 È lo vero tentillo?
 Corre comme a no frùolo?
 SILVIA
                                                  È grazioso,
 Lesto, scaltro, bizzarro, e spiritoso.
 MACCHIONE
 Ora tornammo a nnuje:
1615Dì: lo trasoro è lesto già.
 SILVIA
                                               Il vedrete.
 QUAQUACCHIO
 Zzoè pe tutte duje?
 SILVIA
 Sì, tutti e due l’avrete;
 E Armindo ancor ne avrà la parte.
 MACCHIONE
                                                                È ghiusto.
 SILVIA
 E tutti e tre starete in festa, e in gusto.
 MACCHIONE
1620Dì, gioja, e pe l’ammore?
 SILVIA
                                                 Il detto è detto.
 Il genio del mio core
 Vi dirò poi dov’è, dov’è l’affetto.
 MACCHIONE
 (Io sarraggio lo caro.)
 QUAQUACCHIO
 (Io sarraggio lo scivoto.)
 
 SCENA VII
 
 ARMINDO, che torna, e i suddetti.
 
 ARMINDO
1625È Pronto il Pecoraro,
 E suonerà in quel canto,
 Per non lasciar le pecore.
 MACCHIONE
                                                Va bbuono.
 SILVIA
 Orsù: si badi al suono.
 Sediamo tutti, e diam principio al canto.
 SILVIA - ARMINDO
 
1630Quando le pecorelle allegre vanno
 Dal piano al colle, e poi dal prato al fonte,
 Fan che a i belati lor echeggi il monte.
 
 MACCHIONE - QUAQUACCHIO
 
 È lo vero, e ssa pecché?
 Pecché so li pecorune
1635Nnamorate a buonnecchiune,
 Fanno chillo be, be, be.
 
 SILVIA - ARMINDO - MACCHIONE - QUAQUACCHIO
 
 E ddo viola:
 
 SILVIA
 
 Il corrisposto amor l’alma consola.
 
 ARMINDO
 
 Un lauto banchettar l’alma consola.
 
 MACCHIONE - QUAQUACCHIO
 
1640Lo vagno nquantetà ll’arma consola.
 
 SCENA VIII
 
 ORLANDO solo.
 
 ORLANDO
 Eccomi in campo. A tuo dispetto, Amore,
 Che con l’empia congiuri,
 Toglier non puoi le palme al mio valore.
 I trionfi sicuri
1645Mi prometton ragion, la sorte, e l fato:
 Se opprimi Orlando amante;
 Nò, non vedrai depresso Orlando armato.
 
 SCENA IX
 
 ANGELICA da Guerriero con visiera, e l suddetto.
 
 ANGELICA
 (Tu scorgi le mie piante,
 Amor)
 ORLANDO
                (Ma chi è costui!)
 ANGELICA
                                                  (Fa tu, che sia.
1650Propizia a miei voler l’audacia mia.)
 ORLANDO
 (Chi mai sarà?)
 ANGELICA
                                Guerrier, se a tutti lece,
 Per altri impugnar l’armi;
 Io, di Medoro in vece,
 Vengo teco a provarmi.
 ORLANDO
                                             E un uom feroce,
1655Qual son io non paventi?
 ANGELICA
 Nò, che non temo.
 ORLANDO
                                    O, segno manifesto
 D’alma infedel! la voce,
 Che tu di finger tenti,
 Fa ch’io vegga, che vieni
1660A pro del mio rival.
 ANGELICA
                                      Nò, non è questo. (s’alza la visiera.)
 ORLANDO
 Quel che sì caro tieni.
 ANGELICA
 Ah nò; ma perché infida
 Mi credesti, e mi credi
 Vengo a tuoi piedi, acciò tua man m’uccida.
1665Quì ferisci: ecco il core,
 Dove per man d’amore,
 Tua bella immago è impressa; e fa, che cada
 Chi tanto t’ama; e sia
 Trofeo di tua fierezza, e di tua spada.
 ORLANDO
1670Nò, Angelica, è malia,
 Di lingua lusinghiera, e cor mendace
 Quella, che tratti ancora:
 Ma non m’inganni più donna fallace.
 Ecco vicina è l’ora,
1675Che Medoro, il tuo caro,
 Oppresso a piedi miei,
 Cadrà trofeo del mio temuto acciaro.
 
 SCENA X
 
 EMILIA da uomo armata, con visiera, e i suddetti.
 
 EMILIA
 Nò, che per lui, meco pugnar tu dei.
 (Pur quì Angelica!)
 ORLANDO
                                      E vuoi
1680Meco pugnar?
 ANGELICA
                             (Emilia è questa.)
 EMILIA
                                                                A un core,
 Che sa gli oblighi suoi
 Dalle leggi d’amore, acceso amante,
 Tocca, non a costui,
 Donna perfida, infida, empia, e vagante.
 ORLANDO
1685Dunque Emilia tu sei?
 EMILIA
 Sì, che quella son io: (s’alza la visiera.)
 Su all’armi.
 ANGELICA
                         (O sorte ria!)
 
 SCENA XI
 
 MEDORO, e i suddetti.
 
 MEDORO
 Olà! si fermi ogn’un: l’impegno è mio,
 A voi sol tocca in questa
1690Pugna veder chi vince.
 ORLANDO
                                            A noi: del campo
 Prendi.
 MEDORO
                 Cadrai di questa spada al lampo. (siegue il combattimento.)
 ORLANDO
 Di te mi rido.
 EMILIA - ANGELICA
                            O Cielo.
 EMILIA
 Salva il caro mio bene: io tremo, io gelo.
 ANGELICA
 Salva l’idol che adoro: io tremo, io gelo. (Dopo il combattimento, Orlando guadagna la spada a Medoro.)
 ORLANDO
1695Sei vinto. A me la spada,
 Se vuoi sfuggir la morte.
 MEDORO
 Volle il destin, ch’io cada:
 A te non già, la cedo all’empia sorte,
 ANGELICA
 (O mio fiero destino!)
 EMILIA
1700(O giustizia de Dei!)
 ORLANDO
 Io fui che vinsi: or la mia legge aspetta:
 Io vo, che di colei,
 Donna rea, donna instabile,
 Scacci l’amor dal core.
1705Che lo volgi ad Emilia,
 Che n’è ben degno il suo sincero amore.
 E tu, pestifer angue,
 Donna infedel di tradimenti piena,
 Indegna del gran sangue
1710Degli avi tuoi, vedrai qual sia tua pena.
 
    Vinse Orlando; e sì bella vittoria
 Un serto di gloria
 Tessendo mi va;
 In onta, spietata,
1715Dell’empio tuo cor.
 
    Di quel Cor, che spergiura cangiasti,
 E ingrata
 L’armasti
 Di cruda empietà,
1720Per far guerra al mio tenero amor.
 
 SCENA XII
 
 EMILIA, ANGELICA, e MEDORO.
 
 EMILIA
 Or, che cadde quell’empio;
 Trofeo del Ciel, che all’empietà ripugna;
 Vo del mio sdegno al tempio,
 Vittima ancor costei. Su l’armi impugna.
 ANGELICA
1725Eccomi pronta.
 MEDORO
                               E dove.
 Vi trasporta il furor? l’armi abbassate:
 Troppo l’ira vi muove.
 EMILIA
 Nò; alla pugna ti sfido.
 MEDORO
 Emilia, il passo arresta. Olà! fermate.
 EMILIA
1730Crudel, veder mi fai
 Quanto la vita sua cara a te sia;
 E rifletter non sai,
 Che l giusto Ciel fa la vendetta mia.
 Sì, falso, ingannatore,
1735Fier nemico del giusto, e dell’onesto:
 Sì, indegno, traditore,
 Ti discaccio, t’abborro, e ti detesto.
 
 SCENA XIII
 
 MEDORO, ed ANGELICA.
 
 MEDORO
 Angelica
 ANGELICA
                   Medoro ah! ben previdi
 Lo sfortunato evento,
1740Opra degli Astri infidi.
 MEDORO
 E pur del caso mio pena io non sento.
 ANGELICA
 Sì leggiero è l tuo core?
 MEDORO
 Sì, che a mia colpa eguale,
 Giove lassù ne decretò il mio male.
 ANGELICA
1745Crudel, dunque il tuo amore
 Hà così brieve il corso!
 MEDORO
 È di lui più veloce il mio rimorso.
 Sai, che Principe io sia:
 Ch’Emilia è tal: sai qual prescrisse il fato
1750La sua sventura, e mia,
 Che quì c’indusse a cangiar veste, e stato.
 ANGELICA
 A che ciò rammentarmi?
 MEDORO
 Ascolta il fin. Già sai,
 Che per te presi l’armi
1755(E tu l vedesti) e perditor restai.
 ANGELICA
 Conchiudi: e che dir vuoi?
 MEDORO
 Vo dir, che a te conviene
 Pensar con saggia mente a i casi tuoi.
 ANGELICA
 Così accresci le pene
1760Ad un alma dolente?
 MEDORO
                                         E se la dura
 Legge del vincitore
 Sdegni per tua misura; ed hai nel core
 Sensi dogliosi, e mesti,
 Diretti all’amor mio,
1765Dimmi, che far poss’io? tu che faresti?
 ANGELICA
 
 Vo almen, che ti rammenti,
 Fra i dolci tuoi contenti.
 Di chi fedel t’amò.
 
 MEDORO
 
 Avrò sempre nel petto
1770La tua pietà l’affetto;
 Ma che giovar ti può?
 
 ANGELICA
 
 Ten priega questo pianto,
 Ch’è sangue del mio cor.
 
 MEDORO
 
 Oh Dio non pianger tanto:
1775Raffrena il tuo dolor.
 
 ANGELICA
 
 Ah! senza te, mio bene,
 Viver non posso più.
 
 MEDORO
 
 Dà pace alle tue pene:
 Ah! non m’affliger più.
1780Angelica
 
 ANGELICA
 
                   Medoro
 
 MEDORO
 
 Lascia la doglia immensa,
 E pensa, chi sei tu.
 
 ANGELICA
 
 Tu pensa, che s’io moro,
 Sola cagion sei tu.
 
 SCENA XIV
 
 SILVIA, ed ARMINDO.
 
 SILVIA
1785Si, questo anello è tale
 Per chi lo tien, che può con forza ascosa,
 Muover l’Inferno; e vale
 A far ciò, che si vuole.
 ARMINDO
                                          È una gran cosa!
 Ma tu alla tua Padrona,
1790Destra il rubasti?
 SILVIA
                                   Il fei
 Affin di torre a lei tanta possanza;
 Ch’è troppo, Armindo mio,
 La tua malnata, e pazza stravaganza.
 ARMINDO
 Oh questo il sò ancor io.
 SILVIA
1795Il tuo storto cervello
 Fu cagion, che venissero
 Orlando con Medoro al gran duello.
 E pur Medoro è Principe.
 ARMINDO
                                                 L’intesi.
 SILVIA
 E nacque al Soglio;
1800E pur si sà, ch’Emilia
 Sia nata Principessa.
 ARMINDO
                                         Oh, ve, che imbroglio!
 SILVIA
 Or noi spassiamci a ridere
 Coi nostri sciocchi.
 ARMINDO
                                     E stiamci allegramente;
 Che i fatti loro a noi non toccan niente.
1805Eccogli, che già vengono.
 SILVIA
 Stiamci a sentir, che dicono.
 
 SCENA XV
 
 MACCHIONE, QUAQUACCHIO, e i suddetti.
 
 MACCHIONE
 Bonora! ll’aje sentuto,
 Ca perze a lo doviello lo Patrone?
 QUAQUACCHIO
 Mo l’hà dditto Pacione;
1810Ma perdette la spata, e n’è feruto.
 MACCHIONE
 Oh!...
 SILVIA
              E ben? che si dicea?
 MACCHIONE
                                                     Se stea parlanno
 De lo doviello.
 SILVIA
                             Eh, via.
 Chi hà perduto suo danno.
 ARMINDO
 Attendiam al tesor.
 MACCHIONE - QUAQUACCHIO
                                      Sì, gioja mia.
 SILVIA
1815Or, senz’altro fastidio,
 Farò l’incanto, e subito
 Aprirassi la terra, ed uscir fuori
 Vedrete innumerabili tesori.
 MACCHIONE
 Se vedarranno spirete?
 SILVIA
1820Non dubitar: fa core.
 ARMINDO
 Temea pur io; ma mi passò il timore.
 MACCHIONE
 A nnuje, stammo a l’allegra.
 QUAQUACCHIO
 Mo la farrimmo negra.
 SILVIA
 (O sciocchi!) ora vedrete
1825Quel, che veduto mai voi non avete.
 
 Te comando, o Belzebù,
 In virtù
 Del poter, ch’è a te noto,
 Che a costor si tolga il moto,
1830E rimangano così.
 
 MACCHIONE - QUAQUACCHIO
 
 Maro me! chesto, che d’è!
 
 MACCHIONE
 
                                                 So cioncato
 
 QUAQUACCHIO
 
 So nchiovato
 
 MACCHIONE - QUAQUACCHIO
 
                           No mme pozzo freccecà!
 
 ARMINDO
 
 (Com’è buona questa qua!)
 
 QUAQUACCHIO
 
 Silla mia compassejone
 
 MACCHIONE
 
1835Fata mia compassejone
 
 QUAQUACCHIO
 
 De Quaquacchio
 
 MACCHIONE
 
                                 De Macchione
 
 MACCHIONE - QUAQUACCHIO
 
 Come stongo: vide, vì.
 
 ARMINDO
 
 (Questa è cosa troppo bella!)
 
 SILVIA
 
 La favella
1840Ne men possano più usar.
 
 MACCHIONE - QUAQUACCHIO
 
 A, o, u, u, e, u, a.
 
 SILVIA
 
 (Bel diletto?)
 
 ARMINDO
 
                            (O che spassetto!
 Questo è un riso da crepar?)
 
 MACCHIONE - QUAQUACCHIO
 
 Ba, be, bo, bi, bu, bo, ba.
 
 SILVIA
 
1845Torni il moto: parlin pure.
 
 MACCHIONE - QUAQUACCHIO
 
 Ah! strecona, Janaressa!
 Chesse lloco so fatture:
 Mo a la mpressa
 Te volimmo fa frustà.
 
 MACCHIONE
 
1850Ah, so ghiuto
 
 QUAQUACCHIO
 
                           Ah, so speduto
 
 MACCHIONE - QUAQUACCHIO
 
 Cchiù non pozzo reshiatà.
 
 SILVIA - ARMINDO
 
 Più bel gusto non si dà?
 
 MACCHIONE
 Mme la sconto sta zappa.
 QUAQUACCHIO
 Apprisso lo bedimmo.
 MACCHIONE - QUAQUACCHIO
1855Ve la farrimmo rosecà la mappa.
 MACCHIONE
 Oh, vecco, ca mo veneno
 Li Segnure, e se portano
 Le Sdamme pe la mano tutte duje!
 QUAQUACCHIO
 Signo de matremmonie.
 SILVIA
1860La guerra già finio.
 MACCHIONE
 E uscia chi vò de nuje?
 SILVIA
 Io son già sposa. Ecco il marito mio.
 ARMINDO
 Con licenza di lei.
 Per madre, Silvia mia, ti prenderei.
 QUAQUACCHIO
1865È biva! o bona, o bella!
 MACCHIONE
 E mmo pe me te puoje raspà la zella.
 
 SCENA ULTIMA
 
 ORLANDO, ed ANGELICA, MEDORO, ed EMILIA per mano, e i suddetti.
 
 ORLANDO
 Or, che lieto Imeneo,
 Con lacci avventurosi,
 Ci stringe amanti, e sposi,
1870Al gran nume d’Amor s’alzi un trofeo.
 MEDORO
 O quant’opran le Stelle!
 Anzi quant’opra il Ciel!
 ANGELICA
                                             L’onor, la palma,
 sempre sù le procelle ottien la calma.
 EMILIA
 Quì godrem fino a quando
1875De nostri Genitor cessin gl’impegni.
 ORLANDO
 Sarà cura d’Orlando,
 Che perdano il vigor l’armi, e gli sdegni:
 E in tanto, al dolce lume,
 Che porge a noi d’amor la bella face
1880Di gioje un vasto fiume
 Godrem frà cara, ed amorosa pace.
 ORLANDO
 
 Gradito mio diletto
 
 MEDORO
 
 Mia bella luce amata
 
 ANGELICA
 
 Gioja di questo petto
 
 EMILIA
 
1885Mia pace sospirata
 
 ORLANDO - MEDORO - ANGELICA - EMILIA
 
 O quanto è lieto il cor.
 
 SILVIA - ARMINDO
 
 Bella felicità!
 
 ORLANDO - MEDORO - ANGELICA - EMILIA - SILVIA - ARMINDO
 
 O giorno avventurato!
 E viva il Dio d’Amor.
 
 MACCHIONE - QUAQUACCHIO
 
1890Grannezza, e contentezza.
 E figlie nquantetà.
 
 empty
 
 Si avvertisce, che le Scene 12. e 13. e parte della Scena 14. nel Primo Atto, e l’aria d’Orlando nella Scena 6. dell’atto Secondo non si cantano per attendersi alla brevità, e né meno quei versetti, che si veggon con le virgolette nell’Atto Secondo, ec.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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