Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 La Baronessa o vero Gli equivoci, Napoli, Giovanni Palmiero, 1729
 a cura di Nicola Ruotolo
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino del Palazzo della Baronessa Rodelina.
 CEPOLLA, con il suo servo.
 
 CEPOLLA
 
    Co arte, e co nganno
 Se campa miez’anno;
 Co nganno, e co arte
 Po ll’autra mmetà.
5   Io mo’, che non tengo
 Né arte, né parte,
 Lo mutto sostengo,
 E attenno a scialà. (Non si replica.)
 
 A che ora te disse tè tè tè! (al servo.)
10Dorme a l’allerta, pe lo jorno d’oje!
 Chi sa quanto n’hà ncuorpo?
 Oje varrile de vino co le gamme?
 A che ora te disse la grimmalda
 Che benesse cca dinto? Ah? Chest’è ll’ora.
15Bravo: ma non vedimmo la Signora
 Ah. ah. ah. poverella! ave allummato
 Sto guarnemiento nnargentato, e crede,
 Ch’io sia qua Cavaliero: La scuressa
 Non sa ca tu, e io
20Nce morimmo de zuffe:
 Essa mperro; mme disse la creata
 Ch’è Baronessa, e tene li felusse.
 Ll’aje ditto tu ca io so’ Conte? bravo.
 Ca tengo l’acquavita, gioje? meglio.
25Ora jammo smiccianno (al servo.)
 Si stesse pe cca dinto. Auh! Cepolla
 Si te resce sta mbroglia
 Si Rre; ma quanta mazze
 Te sentarraje sonà si se scommoglia. (entra col servo.)
 
 SCENA II
 
 GIULIA, e CHIARUCCIA dal portoncino del Palazzo che conduce al Giardino.
 
 GIULIA
30Jesce, jesce, ca n’è benuto ancora.
 CHIARUCCIA
 Giulia mia, quest’inganno
 È ver che potria farmi oggi signora,
 Ma scoperto sarebbe un gran malanno.
 GIULIA
 Che buo’ scoprire! chisto, a l’apparenza
35È signore, se vede.
 Ma mme pare no locco: isso se crede
 Ca tu si’ la patrona de sta casa;
 E chella se nne stace a belleggiare.
 Tirammo nnanze figlia, a la bonora,
40Ca si chisto te sposa
 Da creata che si’, te faje signora.
 CHIARUCCIA
 Tu la discorri bene,
 Io però temo
 GIULIA
                           Zitto, ca mo’ vene.
 M’arrasso? (vedendo venir Cipolla.)
 CHIARUCCIA
                         Sarà ben, che t’allontani.
 GIULIA
45Non te lo fa scappà. (si ritira.)
 CHIARUCCIA
                                      Sta in buone mani.
 
 SCENA III
 
 CEPOLLA col servo, e detti.
 
 CEPOLLA
 Eccola cca. Panzetta banagg’oje
 Vi’ che mmutrea! che bita!
 Se vede ch’è signora. Vi’ che sfarzo. (Chiaruccia passeggia con gravità.)
 Vi’ che cammenatura!
50No la potea fa meglio la natura.
 CHIARUCCIA
 
    Deh! quando rivedrò
 Quel bel, che mi piagò?
 Ah! dove sei ben mio
 Oddio!
55Ritorna a me.
 
 Chi e là? Giulia? Nerina?
 Serva sua (a Cepolla.) dove siete!
 GIULIA
                                                               Gnora, gnora
 Che commannate?
 CHIARUCCIA
                                     Come
 Ebbe’ l’ingresso qui quel Cavaliere?
60Presto, or or si licenzi il giardiniere.
 CEPOLLA
 Mia signora di grazia non s’inzorfi,
 Ca non vi corpa il giardiniero; io fui
 Che qui, per vagheggiare i suoi bei rai
 Quel muro scravaccai.
65Onde qui al suol prostrato
 Le dimando perdon.
 CHIARUCCIA
                                        Quanto è garbato! (ridendo a Giulia.)
 S’alzi s’alzi signore.
 CEPOLLA
                                      Ubbidirolla.
 Si è pracata? non parla?
 CHIARUCCIA
                                               Qual torrente
 Che giunto al mar lascia l’orgoglio, e posa
70Tale avvien ch’io m’accheti
 A lei d’avanti. Ella
 Però al gentile aspetto, alla favella
 Parmi che sia Napoletano.
 CEPOLLA
                                                  Appunto:
 E in atto ossequioso
75M’offro suo servitor.
 CHIARUCCIA
                                        (Quanto è vezzoso!)
 CEPOLLA
 E insieme tutto amore
 Li presento il mio core.
 CHIARUCCIA
 Così presto!
 CEPOLLA
                         Eh madama!
 Il mio core in un subito
80D’amor se nfiamma, ed ogne nduggio sprezza.
 CHIARUCCIA
 Il mio non ha però tanta prontezza;
 Ma una sì dolce offerta
 Aprendo qualche strada
 Alla mia simpatia
85Esser potria che basta.
 CEPOLLA
                                            Oddio parlate
 Mie popelle adorate.
 Vance mo’!
 CHIARUCCIA
                        Lo dirò con mio rossore.
 Esser potria
 CEPOLLA
                          Che cosa?
 CHIARUCCIA
 Che questa simpatia divenga amore
 CEPOLLA
90Panze’ panze’ mantiene. (sviene.)
 CHIARUCCIA
 Ojmè Giulia.
 GIULIA
                           Signora uh negramene!
 Si Co’? Si Conte mio che t’è afferrato?
 CEPOLLA
 Niente niente, Signora, un altro accento
 Di questo che mi dice al certo io dubbito,
95Che morirò per il piacer di subito.
 CHIARUCCIA
 Accolgo l’espressione,
 Ma perché non la merito,
 Condoni pur; la stimo adulazione.
 CEPOLLA
 Uh mmalora! mo’ proprio
100Non se pò cchiù: Panzetta?
 Dà cca sta scatoletta. (Qui parlano in disparte Cipolla con Panzetta, e Chiaruccia con Giulia.)
 CHIARUCCIA
 Saran queste le gioje,
 Ch’egli ti disse?
 GIULIA
                                Cierto accossì creo.
 CEPOLLA
 Panze’? pe quanto veo
105Aggio fatta la botta.
 CHIARUCCIA
 Giulia mia, se non erro,
 Ora giunge la flotta.
 CEPOLLA
 Essa non sa ca cheste songo craste
 De carrafune.
 GIULIA
                            Isso non sa li guaje,
110Che le stammo trammanno
 CEPOLLA
 Oh che bella menzione!
 CHIARUCCIA
                                              Oh bello inganno! (ridendo.)
 CEPOLLA
 Signora, ecco un tesoro
 Che porto sempre meco, e a lei l’offrisco.
 CHIARUCCIA
 Oibò tanto non osa
115Una sua serva.
 CEPOLLA
                              No, pigli quarcosa
 O ch’io la sbatto nterra.
 CHIARUCCIA
 Oddio mi pare
 CEPOLLA
                              Che vi pare?
 GIULIA
                                                        (Afferra.) (piano a Chiaruccia.)
 CHIARUCCIA
 Per non fare un disprezzo
 A l’offerta gentil, mi prendo un vezzo.
 CEPOLLA
120Ed io vorrei signora una dispenza
 Qui di lingue salate,
 Pe ngrazearla dell’onor.
 CHIARUCCIA
                                             La supplico,
 Se così però vuole;
 Pria che tramonti il sole
125Ad onorare il mio povero tetto.
 CEPOLLA
 Verrò con mio diletto.
 CHIARUCCIA
 Ed io l’attenderò con mio piacere.
 CEPOLLA
 Comm’è bona! (a Panzetta.)
 CHIARUCCIA
                               Che alocco! (a Giulia.)
 GIULIA
                                                      (Oh che messere!)
 CHIARUCCIA
 
    Vado, l’attendo ma
130Perché si ferma il piè! (si ferma.)
 Ah! so ben io perché; (voltandosi verso Cipolla.)
 Mio vorrei dir mio bene,
 Ma non conviene
 Ancor.
135   Prenda (gli dà tabacco.) che civiltà!
 La guardi il Ciel (Cepolla starnuta) che brio (a Giulia.)
 Mio Cavaliere addio,
 Parto, ma senza il cor.
 
 SCENA IV
 
 CEPOLLA, e GIULIA.
 
 CEPOLLA
 Ah ah comm’è ncappata a lo mastrillo!
140Che nce vo’ esse quanno se scommoglia.
 GIULIA
 Si Conte me n’allegro
 Te pigliarraje ssa poglia
 CEPOLLA
 Eh figlia la signora Baronessa
 Non so se gradirà l’umil tributo
145Della persona mia.
 GIULIA
 S’assecura ussoria
 Voglio di’ uscia llustrissimo,
 Ch’è fatto lo negozio
 Potta de mene! Chesta hà refutato
150Chiù de no tetolato
 E mone priesto priesto
 Non saccio comme uscia l’ha fatt’arriesto
 CEPOLLA
 Questo palaggio e suo?
 GIULIA
                                            Chisto e tre autre
 Na terra no Casale, e no Castiello
155A lo commanno vuosto.
 CEPOLLA
 Siente otra de vino. (piano a Panzetta.)
 GIULIA
                                        (Vuo’ sta bello)
 Ora venire piesto ca v’aspetta.
 CEPOLLA
 Voglio portarli questa scatoletta
 L’accetterà?
 GIULIA
                         Vedite, li regale
160Non fecero maje male.
 CEPOLLA
 Oh bene.
 GIULIA
                    La signora
 Non ha besuogno, e dama
 Ma decea no scolaro ca la femmena
 Sol perché brama il don, Donna si chiama,
165E ca pe la ncappare
 Non nc’è meglio canzona
 De chella ch’accommenza dona, don.
 
    Le femmene belle
 So’ comm’a li pulle,
170Co doje mollechelle
 Se fanno ncappà
    Li belle regale
 So’ comm’a la ruta
 Che stuta
175Ogne male
 Si a tiempo se dà!
 
 SCENA V
 
 CEPOLLA solo, con PANZETTA.
 
 CEPOLLA
 Ah. ah. ah. ah. Che te nne pare smocco
 L’avimmo fatta negra
 Pe lo Sole leone
180Co la sia Baronessa! Io so’ Barone.
 
 Co arte e co nganno
 Se campa miez’anno
 Co nganno, e co arte
 Po ll’autra metà.
 
 SCENA VI
 
 Villa presso le mura di Roma.
 Messer UBERTO, e la Baronessa RODELINDA.
 
 UBERTO
185No, non è tempo questo
 Di puntigli: Tu dei sposarti Ernesto.
 Sì tratta d’un affare
 D’annui scudi due mila
 Lasciategli dal Zio, pur che te sposi
190Per la stretta amistà, ch’era tra noi.
 Tu non rispondi? Rodelinda? meglio
 Il tuo pensier consiglia,
 E pensa, ch’io son Padre, e tu sei Figlia.
 RODELINDA
 Signor son Figlia è vero, e i cenni tuoi
195A me ubbidire, e venerar conviene.
 Ben però ti sovviene
 Ch’Ernesto a Fulvia ha il suo pensier rivolto.
 E che offerta da te sprezzò l’ingrato
 La mia destra, e ’l mio amor.
 UBERTO
                                                       Tutto cambiato
200Da quel dì pria; pien di piacer, d’amore
 T’offrirà la sua man.
 RODELINDA
                                        Ma non il core.
 UBERTO
 Non il core!
 RODELINDA
                         Il rifiuto, e l’elezzione
 Mal si conosce, in chi ben finge: ei brama
 Le mie nozze, non già perch’egli m’ama,
205Ma perché rifiutando esser mio sposo
 L’eredità non è più sua.
 UBERTO
                                              No, Ernesto
 È un giovine d’onore
 E a gran stima per te.
 RODELINDA
                                          Ma non amore.
 UBERTO
 Ora qui non occorre
210Il cercar la celata
 Doppo rotta la testa:
 Mia parola, è impegnata
 Conchiuso è il parentado. In questo punto
 Vo’ ritirarmi in Roma
215Per finirla una volta.
 RODELINDA
 Almen lasci ch’io pensi
 UBERTO
                                             Eh che sei stolta
 RODELINDA
 Che almeno legga in tanto
 Il legato
 UBERTO
                  Ecco leggi (le dà una carta mentre Rodelinda legge esso dice.)
 Infelice colui che ha donne accanto
220O ragazze, o attempate,
 O non belle, o vistose,
 Sempre mo leste son, sempre nojose.
 
    È la donna un mal ch’eccede!
 S’è attempata sempre grida,
225S’è ragazza sempre chiede,
 S’ella è bella sarà infida,
 S’elle è brutta, un brutto mal!
    In sostanza sono tutte
 D’una stampa, o belle, o brutte:
230Ma costei non ha l’egual.
 
 SCENA VII
 
 RODELINDA, e poi ERNESTO.
 
 RODELINDA
 Dunque s’io rifiuto
 Dell’infido la man pur anche erede
 Ei resterà! Fulvia su gl’occhi miei
 Si sposerà! che pena, è questa o Dei.
 ERNESTO
235Ecco l’oggetto per il cui disprezzo
 Porgo alti voti al Ciel fingo d’amarla
 Perché se la rifiuto
 Perdo il legato, e perdo Fulvia ancora.
 RODELINDA
 Ernesto?
 ERNESTO
                    Rodelinda a le tue piante
240Rimira un traditor vedi un ingrato
 A l’amor tuo.
 RODELINDA
                           Come così cambiato
 In un tratto è il tuo core! alzati Ernesto
 Vedi: non è già questi un pentimento
 Figlio del tuo dovere. A tuo mal grado
245Si conosce assai ben: Sulla tua fronte
 Rodelinda già lesse
 Perché a me tu ritorni: È un interesse.
 ERNESTO
 No t’inganni.
 RODELINDA
                           A che serve?
 ERNESTO
 Vero è il mio Amor.
 RODELINDA
                                       Ma finti son gli accenti,
250E gli stessi occhi tuoi, o l’uno, o l’altro;
 Dimentico per or l’empio rifiuto
 Che tu facesti a voti miei: Già estinto
 Cade il mio sdegno; e generosa quanto
 Tu a me fosti infedele, accetto il dono
255D’un cor benché incostante, e ti perdono.
 ERNESTO
 (Questo perdon, fa tutto il mio cordoglio.)
 RODELINDA
 Pena il mio Cor, ma torlo a Fulvia io voglio,
 Che pensi Ernesto?
 ERNESTO
                                       Io col pensiero ondeggio
 RODELINDA
 Come?
 ERNESTO
                 Che in te il destino
260M’offre ora un ben, che rifiutare io deggio.
 RODELINDA
 E perché?
 ERNESTO
                      Perché voglio
 Al tuo cor generoso
 Render giusto compenso. Io t’amo o bella
 Quanto può meritar la tua bellezza:
265Ma questo amor, sacrificar conviene
 Oggi alla gloria tua. Vo’ che punita
 Sia l’incostanza mia.
 Voglio che vegga il mondo
 Non già Ernesto felice in perdonarmi.
270Ma giusta Rodelinda in disprezzarmi.
 RODELINDA
 (Ah indegno ti comprendo.
 Ei cerca il mio rifiuto
 Per rimanere erede, e sposar Fulvia!)
 ERNESTO
 (Che mai dirà in disparte!)
 RODELINDA
275(Ma deludiam così l’arte con l’arte.)
 ERNESTO
 Che pensi Rodelinda?
 RODELINDA
 Io col pensiero ondeggio. (sorridendo.)
 ERNESTO
 Come?
 RODELINDA
                 Che in te il destino
 M’offre ora un ben, ch’io rifiutar non deggio.
 ERNESTO
280E perché?
 RODELINDA
                      Perché voglio (come sopra.)
 Al tuo Cor generoso
 Render giusto compenso. Io t’amo o caro,
 Quanto pur meritar gentile amante.
 E a questo amor sacrificare io voglio
285Tutta la gloria mia.
 ERNESTO
 Come un infido, un empio, un traditore;
 Non desta nel tuo sen, sdegno, e furore?
 RODELINDA
 Come! da me sdegno, e furor pretendi?
 ERNESTO
 Perché conosco meritarli.
 RODELINDA
                                                 Ernesto?
290Meglio a celare i tuoi disegni apprendi.
 ERNESTO
 Chieder un reo la pena
 Perché la bella Rodelinda offese
 Egli è forse delitto?
 RODELINDA
 No, ma è virtude il perdonar l’offese.
 ERNESTO
295E il vendicarle (come sopra.)
 RODELINDA
                               Taci, anima vile.
 Infame ingannator: Fulvia, è il tuo bene:
 Già si scorge: tu brami il mio rifiuto
 Sol per quella impalmar; ma che? t’inganni:
 Or che scorgo, e già siedo
300De tuoi pensieri in su l’occulta cima
 Farò, Che l’odio mio
 In sembianza d’amor t’aggiti, e opprima.
 
    Barbaro, ingrato, indegno,
 Guarda negl’occhi miei
305Di questo cor lo sdegno,
 E temi il mio furor.
    Vedrai nell’odio mio
 Immagine d’affetto
 Ma serberò nel petto
310Vendetta, e non amor.
 
 SCENA VIII
 
 ERNESTO solo.
 
 ERNESTO
 Che ti risolvi Ernesto? se la sdegni
 L’eredità non è più tua: né puoi
 Fulvia sperar. Senza di quella, il Padre
 La contende al tuo cor. Che far dovrai?
315Ah! dove mai si vide
 Duolo maggior del duolo che m’uccide?
 
    Par, che piangendo in petto
 Mi dica il cor fedele,
 Ah! dove mai si vide,
320Anima più crudele!
 Più misero amator!
    E in fiero, e trovo aspetto,
 Quel duolo, che m’uccide
 Par che soggiunga; mori,
325Se fosti un traditor.
 
 SCENA IX
 
 FULVIA, e RINALDO.
 
 FULVIA
 Con Rodelinda in Roma
 Ti dissi già, che il Genitor m’invia.
 RINALDO
 Ma tu lo procurasti,
 Per non perder di vista
330L’avventuroso Ernesto.
 FULVIA
                                             E pure
 RINALDO
                                                            Or basti.
 Egli ha di me più merto
 Perché più piace a gl’occhi tuoi, crudele.
 Amalo pur Fulvia se vuoi, ma intanto
 Lascia di lusingar le mie speranze:
335Il misero mio cor più non pretende.
 FULVIA
 Senti Rinaldo mio:
 Non sempre ben s’intende
 Ciò che si crede, che s’intenda bene!
 Che legge è questa mai fiera, e spietata.
340Di pretender, ch’io sia
 Amorosa con te con altri ingrata?
 Ernesto; tu ben sai, che Rodelinda
 Per me lasciò. Poss’io, forse tu vuoi,
 Ch’io non abbia per lui
345Qualche stima? Ch’io sprezzi i voti suoi?
 RINALDO
 Tra la stima, e l’amor
 FULVIA
                                          Ferma un momento,
 Che poi risponderai.
 Io sono, e tu lo sai
 Con Rodelinda in competenza, e voglio
350Vegga Ernesto costei
 Posporre a me l’ereditate, e lei.
 RINALDO
 Egli però procura
 Accender l’ira sua
 Perché il rifiuti, è farsi tuo.
 FULVIA
                                                    S’inganna.
355S’ella il rifiuta io più nol voglio. Io sono
 In ciò solo superba,
 Ch’oggi posponga Ernesto
 A me de l’oro lo splendor.
 RINALDO
                                                 Ma questo
 Ei nol farà.
 FULVIA
                        Tu glielo insinua.
 RINALDO
                                                          E vuoi
360Ch’io porga da me stesso
 Al mio rival perché mi sveni il ferro!
 FULVIA
 Quanto poco rifletti.
 Ei non volendo Rodelinda, perde
 Il legato del Zio
365E senza quello non puol esser mio.
 RINALDO
 Dunque poss’io
 FULVIA
                                Puoi tu sperar
 RINALDO
                                                            Che mai?
 In più chiaro linguaggio
 Bella meco ti spiega.
 FULVIA
 Abbi men d’impazienza, e più coraggio.
 RINALDO
370T’ubbidirò; ma chi lo sa se poi
 Un misero sospiro
 Per me uscirà da labri tuoi vivaci?
 FULVIA
 Procura tu di meritarlo, e taci.
 
    Da un cor benché audace
375Amante, che ha fede,
 Che serve, che tace,
 Che nulla mai chiede,
 Può tutto sperar.
    Colui, che pretende
380Per forza l’ingresso
 Nel sen, che l’accende
 Si vede ben spesso
 Deluso restar.
 
 SCENA X
 
 RINALDO solo.
 
 RINALDO
 Alma, che far dovrai?
385All’oscura promessa, e ambigua fede
 Di costei crederai?
 No, no Ma promettesti.
 Servir convien, ma poi qual premio ottieni?
 Misero, allor che vuoi
390Sciorti da lacci suoi, più t’incateni.
 
    Col laccio al piede
 Vago augellino
 Cantando chiede
 La libertà.
395   Ed il mio core
 Dal suo destino
 Pace al dolore
 Chiedendo va.
 
 SCENA XI
 
 Appartamento di Rodelinda.
 CHIARUCCIA, e GIULIA, poi CEPOLLA.
 
 CHIARUCCIA
 L’hai tu veduto entrar?
 GIULIA
                                             Mo’ saglie.
 CHIARUCCIA
                                                                   Presto,
400Che sian pronte due sedie, ed il sorbetto.
 GIULIA
 È lesto tutto.
 CHIARUCCIA
                          O amabile diletto!
 Diventare in un tratto
 Sposa, e Contessa.
 GIULIA
 Bello negozio haje fatto,
405Si t’arrejesce.
 CEPOLLA
                            Eh? dove sei Panzetta? (entrando.)
 Di’ che non parta la carozza.
 GIULIA
                                                     (Acchiappa (piano Chiaruccia.)
 Quanto cchiù priesto può la scatoletta.)
 CEPOLLA
 Signora ecco di nuovo alle sue piante.
 CHIARUCCIA
 Oh signor Conte me l’inchino. Olà?
410Sedie qui.
 CEPOLLA
                      Lei sta bene?
 CHIARUCCIA
 Non troppo in verità.
 CEPOLLA
                                         Che cosa tiene?
 CHIARUCCIA
 Se lo supponga. Sieda.
 CEPOLLA
                                            Faccia grazia.
 E accossì? (si mettono a sedere.)
 CHIARUCCIA
                       Vorrei dirlo,
 Ma non è tempo ancor, me n’arrossisco.
 CEPOLLA
415(È ncappata la merola a lo bisco
 Abbreviammo) veda lei signora
 Già si sa che un amante
 È giusto come un uom che s’innamora.
 CHIARUCCIA
 Appunto.
 CEPOLLA
                     E quanno s’ama
420Segno è ca si vuol bene.
 N’è bero?
 CHIARUCCIA
                     Certamente. (viene una sottocoppa de rinfresco portata da Giulia.)
 CHIARUCCIA
                                              Si compiaccia.
 CEPOLLA
 Ma questo, è troppo incomodo.
 Addio. (a Giulia che li dà il sorbetto.)
 GIULIA
                Si Conte mio
 Te voglio fa doje fico nchietta. Te!
425Che puozze aonnà comm’a lo buono juorno
 Facce de Pasca mio.
 CEPOLLA
                                       Bene, valetevi
 Nelle occorrenze, della mia persona.
 GIULIA
 Puozze sta buono. A gno’! mme daje licenza
 Che dica na parola?
 CHIARUCCIA
430Sì dilla pur, favella.
 GIULIA
 Comme nce pare bella
 Vecino a lo si Conte: mme parite
 Duje spuse novielle.
 CEPOLLA
 E sì, ch’aje jastemmato.
 CHIARUCCIA
435Eh! Non so dal mio fato
 Tanto sperar.
 CEPOLLA
                            Chi nce l’ha detto! piglia (dà il piattino a Giulia.)
 Non voglio cchiù sorbetta.
 Or noi
 GIULIA
                Non te scordà la scatoletta. (piano a Chiaruccia.)
 CEPOLLA
 Siamo Napolitani;
440E siam caudi di rine. Io non hò mmoglie.
 Lei è bedola: il tempo è prezioso,
 Perderlo non vorrei;
 Onde m’offerisco a lei per servo, e Sposo.
 CHIARUCCIA
 Che ascolto! Giulia?
 GIULIA
                                       Gnora.
 CHIARUCCIA
                                                      Senti senti
445Che dice il signor Conte! (sorridendo.)
 GIULIA
                                                 L’aggio ntiso,
 E parla da dottore:
 La vera moda mo’ de fa l’ammore;
 E fa l’ammore co l’abbreviatura.
 Mme vuoje? te voglio. Dammonce la mmano.
450So’ cinco, e cinc’ a dece,
 Chello che può fa oje, non fa dimano.
 CHIARUCCIA
 È vero; ma
 CEPOLLA
                        Signora Baronessa
 Un bel sine, o un bel no.
 Perché, da che io mirò
 CHIARUCCIA
                                            Senta; per ora
455Basterà la promessa.
 CEPOLLA
 No no voglio la mano, e la parola.
 CHIARUCCIA
 Oddio
 GIULIA
               Via mo’ dancella (a Chiaruccia.)
 (Che nce vuo’ fa è scornosa la figliola.)
 CHIARUCCIA
 Eccola. (gli dà la mano.)
 CEPOLLA
                 Oh bella cerra! o mano, o destra
460Più dolce de n’orchestra,
 Cara, più cara de la carestia.
 GIULIA
 Nnomme de figlie mascole
 Si Conte mio.
 CEPOLLA
                            To sposa mia diletta
 Il mio tesoro in questa scatoletta.
 CHIARUCCIA
465Ne sarò sol custode.
 Prendi. (dà la scatoletta a Giulia.)
 GIULIA
                 (Che botta!) la vogl’ì a stipare.
 E ntanto vuje, nzegnale d’allegrezza
 Potite fa n’aballo.
 CEPOLLA
 Io son pronto signora qual sargente.
 CHIARUCCIA
470(Oh che grato piacere!)
 CEPOLLA
 (Comm’è bona!)
 CHIARUCCIA
                                  (Oh che alocco!)
 GIULIA
                                                                  (Oh che messere!) (entra Giulia.)
 CHIARUCCIA
 
    Io giro a te d’intorno (ballano.)
 Come la Rondinella
 Quando dal faggio all’orno
475Lieta volando va.
 
 CEPOLLA
 
    Io vo girando ancora
 Intorno a te mia bella;
 Come alla mangiatora
 Lieto il Cavallo va.
 
 CHIARUCCIA
 
480(No non dirai così
 Quando saprai per chi
 Fai tanta folla.)
 
 CEPOLLA
 
 (Che guaje, che nce sarrà
 Quanno se scoprarrà
485Ca so’ Cepolla.)
 
 SCENA XIII
 
 GIULIA; e detti.
 
 GIULIA
 (Figlia mia leva mano, (piano a Chiaruccia e confusa.)
 Guaje a ’mucchio!)
 CHIARUCCIA
                                      (Che avvenne?)
 GIULIA
                                                                     (La signora
 Da la villa mo’ torna.)
 CHIARUCCIA
                                          (Chi l’ha detto?)
 GIULIA
 (Antonio lo creato
490Ch’è mo’ da llà arrivato.)
 CHIARUCCIA
 (Ma ella non dovea
 Venir per ora.
 GIULIA
                             (E chist’è lo diaschece.)
 CEPOLLA
 Ch’è stato? ch’è succiesso?
 Spapuri Barone’?
 GIULIA
                                   (Vi’ che frittata!)
 CEPOLLA
495Ch’io col scazzamaurello
 Mme faciarrei per lei, na punejata.
 CHIARUCCIA
 Non occorre.
 GIULIA
                          Trova na mmenzejone. (piano a Chiaruccia.)
 CHIARUCCIA
 (Già l’ho pensata; ascolta) (a Giulia.)
 Contino mio per questa prima volta
500Vedrò se m’ami.
 CEPOLLA
                                 Agnola se chiammava,
 Che s’ha da far? Voi ammasonar quacchuno
 Vuo’ denare? vuoi robba?
 (Col figliuolo d’Onofrio) di’ che buoje?
 CHIARUCCIA
 No, son sicura de’ favori tuoi;
505Nulla di ciò. Devi saper ch’io tengo
 Una serva bellina. Un Cavaliere
 Di lei s’è acceso: Ed ella
 Creder gli fa che sia lei la padrona
 Di questa casa, ed io la serva.
 CEPOLLA
                                                        Oh buono.
 CHIARUCCIA
510Ond’io che l’amo per non farle perdere
 Questa fortuna, compiacer la voglio
 Solo per questo dì.
 CEPOLLA
                                     Ah ha, che improglio!
 CHIARUCCIA
 (Giulia, che te ne par?) (piano a Giulia.)
 GIULIA
                                              (Viva Chiaruccia.)
 CEPOLLA
 Essa come si chiama?
 CHIARUCCIA
515Chiaruccia.
 CEPOLLA
                        Barone, sso nnammorato
 E qualche fasanello,
 Qualche racchietto.
 CHIARUCCIA
                                      Appunto, (e tu sei quello.)
 GIULIA
 Eccola cca.
 CHIARUCCIA
                       Che bello intrico, è questo.
 
 SCENA XIV
 
 RODELINDA, ERNESTO, Messer UBERTO, e detti.
 
 UBERTO
 Dunque tu l’ami?
 RODELINDA
                                   Egli lo dica. Ernesto;
520Splendono in questo giorno;
 Già d’Imeneo le faci
 Per i nostri sponzali.
 UBERTO
 Bene, cossì mi piaci:
 Al padre l’ubbidienza, è gran virtude.
 RODELINDA
525Ei però non risponde! (ad Uberto.)
 UBERTO
 Figliuol mio perché taci?
 ERNESTO
 Il mio cor si confonde
 Per il troppo piacer.
 RODELINDA
                                       (Detti mendaci.)
 Oh Chiaruccia?
 CHIARUCCIA
                                Signora.
 RODELINDA
                                                  Chi è colui?
 CHIARUCCIA
530Mio fratello.
 RODELINDA
                          Bizzarro!
 UBERTO
 Ei sta bene in arnesi.
 CHIARUCCIA
 E fatto sposo.
 UBERTO
                            O bravo
 RODELINDA
                                             Addio. (a Cipolla.)
 CEPOLLA
                                                            Segnora
 Umile, e rispettoso
 A lei m’inchino (ah ah ah che gusto.)
 UBERTO
535Addio musino mio (piano a Chiaruccia.)
 Esulto in rivederti, e bella, e sana.
 CEPOLLA
 Vedi quel racchio come sta in campana. (a Chiaruccia mostrandole Ernesto.)
 CHIARUCCIA
 Poveretto!
 RODELINDA
                      Chiaruccia mi prepara
 Da scrivere un biglietto.
 CHIARUCCIA
540Adesso.
 CEPOLLA
                  (Ah ah ah ah.)
 Comme la facea naturale.
 CHIARUCCIA
                                                 Andiamo. (entra.)
 UBERTO
 Eh Chiaruccia m’ascolta.
 La riverisco. (a Cipolla, ed entra.)
 CEPOLLA
                          Schiavo mio padrone.
 Ah ah ah ah,
545Non se pò fa cchiù bella la mmenzione.
 
 SCENA XV
 
 ERNESTO, e RODELINDA.
 
 ERNESTO
 Rodelinda, se vedi
 Che Fulvia, è l’alma mia non ostinarti
 Con detrimento tuo. Fa che si dica
 Ch’ella possiede un core
550Disprezzato da te.
 RODELINDA
                                    (Caro amatore)
 Mi pretendi sdegnata
 Quand’io son tutta amore.
 ERNESTO
                                                  (Alma spietata)
 A te dunque son cari
 I tradimenti miei?
 RODELINDA
555Più, che la fedeltà.
 ERNESTO
                                    Che pena o Dei.
 RODELINDA
 Pena ch’è ben dovuta a un traditore.
 ERNESTO
 E un traditor non puote
 Un tuo rifiuto meritar, tiranna?
 RODELINDA
 E non può una tiranna
560Meritar l’odio tuo? Ma, tutto a vano
 Se Rodelinda rifiutar non puoi
 Lascia Fulvia d’amar. Questa è la legge.
 ERNESTO
 Barbara legge, ed empia.
 Se te abborrir non posso,
565Che sei la mia tiranna
 Come chi m’ama abbannonar poss’io?
 RODELINDA
 Tanto non so. Il tuo core
 Oggi il mio sdegno, e l’amor suo distingua,
 E se si accende l’un, l’altro si estingua.
 
570   La fiamma, che rende
 Infido un amante,
 Se amore l’accende
 L’estingua il dover.
    Un cor traditore,
575Un alma incostante,
 Mai gode d’amore
 Suave il piacer.
 
 SCENA XVI
 
 ERNESTO solo.
 
 ERNESTO
 Cede la mia ragione a sì gran colpo.
 Ed è così profondo
580Il cupo abisso da le mie sventure,
 Che a qualunque alto eccesso
 Volessero condurmi,
 Niente di più potria dentro al mio core
 Agiungervi giammai
585Tutta l’ira del ciel tutto il furore.
 
    Tutti uniti d’averno i martiri
 Son ombre, e deliri
 Presso il duolo, che sente il mio cor.
    Perché vuole mia sorte sdegnata
590Ch’io sia scopo d’un alma spietata
 Sia bersaglio d’un barbaro amor.
 
 SCENA XVII
 
 Giardino.
 CEPOLLA, e GIULIA.
 
 A DUE
 Ah ah ah ah ah.
 CEPOLLA
                                (Vi’ comme
 Se ne va a riggio la grimmalda!)
 GIULIA
                                                             (Vide
 Comme sta alliegro lo fasano!)
 CEPOLLA
                                                          Io sbotto
595Qualor sento Chiaruccia commannare
 De Baronessa. Certo,
 Che la fa bene.
 GIULIA
                              (Bello vocca apierto.)
 CEPOLLA
 Che hai detto?
 GIULIA
                              Ca va buono lo concierto.
 E la Signora no ve pare justo
600Na cammarera?
 CEPOLLA
                                 Appunto naturale.
 Ha imperrò di Signora
 Na gran filosofia.
 GIULIA
                                  (O che animale!)
 CEPOLLA
 Or io vorrebbi abbreviar la cosa,
 Perché noi altri Conti
605Vogliam contar i conti.
 GIULIA
 E spennere contante.
 CEPOLLA
 Oh! a ’mucchio. A casa nostra
 Teniamo come fanco
 Il lucido metallo.
 GIULIA
610Bella cosa!
 CEPOLLA
                       (Ma io
 Stongo senza no callo.)
 GIULIA
 Ch’avite detto?
 CEPOLLA
                               Che la Baronessa
 Si può dir ch’è a cavallo.
 GIULIA
                                               Vejat’ essa.
 CEPOLLA
 (E la fortuna soja,
615Si la sape conoscere.)
 GIULIA
                                          Si Conte
 Vuje mo’ saccio, ca jate a li mercante;
 Voglio vedè, pe Giulia,
 Che cascata farrite.
 CEPOLLA
                                      Eh figlia cara
 Quando noi altri Conti forastieri
620Facciamo na cascata
 Nce rompiamo la noce de lo cuollo,
 Ond’io l’ho a mal’augurio.
 GIULIA
 Donca
 CEPOLLA
               Il zucarmi è vano.
 Tu scorgerai da questa contea mano
625Che coa n’esciarrà!
 GIULIA
                                      Mme confonnite.
 CEPOLLA
 (Io v’aggio da grattà quanto tenite.)
 
    No paventar; che a monte
 Vada la mia promessa.
 
 GIULIA
 
 E biva lo si Conte.
 
 CEPOLLA
 
630Viva la Baronessa.
 
 A DUE
 
 Che gusto ah ah ah.
 
 GIULIA
 
    (Vi comme ride bello!)
 
 CEPOLLA
 
 (Maressa!)
 
 GIULIA
 
                        (Poveriello!)
 
 CEPOLLA
 
 (Comme s’ha da sciccà.)
 
 GIULIA
 
635(Quanto ha da jastemmà.)
 
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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