Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 La Baronessa o vero Gli equivoci, Napoli, Giovanni Palmiero, 1729
 a cura di Nicola Ruotolo
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Anticamera.
 RINALDO, e FULVIA.
 
 RINALDO
1155Scopristi già d’Ernesto il cor?
 FULVIA
                                                        No ’l niego:
 Egli ama Rodelinda.
 RINALDO
 E Fulvia non ne sente alcun dolore?
 FULVIA
 No, che il perdere un core,
 Che offerto, si gradì sol per fuggire
1160La vil taccia d’ingrata;
 Pena non è.
 RINALDO
                         Dunque sarà piacere
 Veder, ch’altri possiede
 Ciò che prima fu suo!
 FULVIA
                                          Non è piacere:
 Ma ne meno è tormento.
 RINALDO
1165Ei però sempre è reo.
 FULVIA
 Non è delitto un giusto cangiamento.
 RINALDO
 Sarà dunque virtù il mancar di fede?
 FULVIA
 Tanto non so; So bene
 D’esser a lui tenuta
1170Almen per la finezza
 D’aver di Rodelinda
 Procurato il rifiuto
 Per farsi mio.
 RINALDO
                            Ma poi?
 FULVIA
 Ma poi si fe’ ingannar da gl’occhi suoi.
1175Che si può far!
 RINALDO
                              (Che barbara.)
 FULVIA
 (Ei smania, e non s’accorge,
 Ch’io fingo amar per mio divertimento.)
 RINALDO
 Dunque il suo tradimento
 Merta la tua pietà?
 FULVIA
                                      Ma che vorresti,
1180Che perché m’ha tradita
 Lo privassi di vita?
 RINALDO
 Certo.
 FULVIA
               E perché?
 RINALDO
                                    Che non si troverebbe
 Così, chi più in amor fosse rubello.
 FULVIA
 E del regno d’amore
1185Così per tuo consiglio
 Ne vedresti formato un bel macello.
 RINALDO
 Dunque tu per Ernesto
 FULVIA
                                             Io per Ernesto
 Non ebbi amor giammai. Ora che il miro
 D’altri (ch’il crederia!)
1190Non te lo vo’ celar per lui sospiro.
 RINALDO
 Scherzi?
 FULVIA
                   Parlo da senno.
 RINALDO
                                                 Ah Fulvia mia
 E sia ciò ver?
 FULVIA
                            Ma parti che una donna
 Sia capace di dirti una bugia?
 RINALDO
 E Rinaldo?
 FULVIA
                        E Rinaldo il soffrirà.
 RINALDO
1195Io soffrir tal tormento!
 Ah pria barbara donna
 Svenami di tua mano, e son contento.
 FULVIA
 Io svenarti!
 RINALDO
                         Sì qui per te vogl’io
 Morir con alma forte.
1200Prendi. (gli porge uno stile.)
 FULVIA
                  Ma se ti uccido,
 Che si dirà poscia di me?
 RINALDO
                                                 Diranno,
 Che tu per non vedermi in tanto affanno
 La vita mi togliesti
 FULVIA
 Vo’ pensarci. (Vediamo se mentisce.)
 RINALDO
1205(Vedrò se la crudel s’intenerisce.)
 FULVIA
 A me dunque quel ferro.
 FULVIA
                                                Io mi protesto
 Di farti cosa grata.
 RINALDO
 Sì, già che non son tuo svenami ingrata. (Finge Fulvia avventargli il colpo, ed esso si scosta.)
 FULVIA
 Tu ti scosti!
 RINALDO
                         Ahi martire.
 FULVIA
1210Che? Ti passò la voglia di morire?
 RINALDO
 Barbara.
 FULVIA
                    Mensogniero.
 RINALDO
 Così spietata sei?
 FULVIA
 Così cangi pensiero?
 RINALDO
 Empia.
 FULVIA
                 Bugiardo.
 RINALDO
                                      Dispietato core
1215Mi deludi così?
 FULVIA
                               Così si muore? (gli gitta lo stile a’ piedi con disprezzo.)
 
    Sì, qui per te vogl’io
 Morir con alma forte!
 Senti Rinaldo mio:
 Altro è parlar di morte
1220Altro è morire.
    Diceva un bell’umore,
 Che punto non vi crede.
 ,,Di tanti, e tanti amanti,
 ,,Che muojon per amore
1225,,Nessuno se ne vede
 ,,Sepellire.
 
 SCENA II
 
 RINALDO solo.
 
 RINALDO
 E vivrò più avvilito
 Ne’ scherni di costei? potran soffrirsi
 Più da me suoi disprezzi?
1230Ah che il non risentirsi
 De le ingiurie talor, da certo segno
 Di meritarle; Si vinca, il disprezzo
 Dove pugna il rigor. D’ira, e di sdegno,
 Ardo; avvampo! spergiura!
1235Se da vil t’adorai, saprò da forte
 Odiarti ancor. Frango sì rie ritorte.
 
    Quel nocchier, che lungi il porto
 Mira il legno quasi assorto,
 Nell’orribile sciagura
1240Tutti i numi invoca, e giura
 Di mai più fidarsi al mar.
    Così anch’io nella molesta
 Ria tempesta
 In cui mi scorgo,
1245Fuggo l’empia, e voti porgo
 Per non farmi più ingannar.
 
 SCENA III
 
 ERNESTO, e CEPOLLA.
 
 ERNESTO
 Dunque sarà tua cura, e me ’l prometti
 D’oprar, che Rodelinda,
 Con Fulvia si disdica
1250Per l’occorso di anzi, e quelle prieghi
 Di rendersi a miei voti?
 CEPOLLA
                                               E n’auta vota.
 Ma la promessa?
 ERNESTO
                                  È vero,
 Ecco, questo brillante,
 Che val ducento scudi sarà tuo.
 CEPOLLA
1255Bravo ma perché lei
 Vo’ vottar la signora Baronessa?
 ERNESTO
 Ciò a te non appartiene.
 CEPOLLA
 (Se ne sarrà addonato
 Ca chella è la vajassa bene bene.)
 ERNESTO
1260(Costui col mezzo della sua sorella
 Può farmi lieto.)
 CEPOLLA
 Ma te’! attiempo attiempo
 Lei si arronzi in quel pizzo,
 E senta il fatto suo.
 ERNESTO
                                      Perché? chi viene?
 CEPOLLA
1265La Baronessa.
 ERNESTO
                             Oh bravo!
 Diglielo adesso.
 CEPOLLA
                                Lassa fare a mene.
 
 SCENA IV
 
 CHIARUCCIA, e detti.
 
 CHIARUCCIA
 Sempre mi lasci sola, ed io vorrei
 Teco esser sempre.
 CEPOLLA
                                      Oh! de precordj miei
 Dolcissima carnumma.
 ERNESTO
1270(Che sciocco! alla sorella
 Parla d’amante! Ma la Baronessa
 Non comparisce ancora!
 M’avrà forze veduto!
 E perciò non uscì.)
 CEPOLLA
                                     Te Videtillo (a Chiaruccia additando Ernesto.)
1275Eccolo cca. S’accosti. (ad Ernesto.)
 ERNESTO
                                         No m’ascolta.
 Vo’ che la Baronessa di sua bocca
 Me lo promette.
 CEPOLLA
                                Co la vocca soja:
 Che fuorze ha da parlare co la mia.
 CHIARUCCIA
 (Qui temo discoprirmi
1280E non è tempo ancor. Non so che dirmi.)
 CEPOLLA
 (Ora via dammo fuoco.)
 Uscia vo’ bene a sto signore? (a Chiaruccia.)
 CHIARUCCIA
                                                       Io? Niente.
 (Giulia ove sei.)
 CEPOLLA
                                 Lo siente? (ad Ernesto.)
 ERNESTO
 Ma questo a me
 CEPOLLA
                                Va chiano, e sient’appriesso. (ad Ernesto.)
1285Ussia vuol pregar Fulvia (a Chiaruccia.)
 A gradire l’affetto che le porta
 Quest’anima spirante? (a Chiaruccia.)
 CHIARUCCIA
 Certo.
 CEPOLLA
               Ll’aje ntiso? (ad Ernesto.)
 ERNESTO
                                        E questo a me che importa?
 CEPOLLA
 Comme mo’ che te mporta.
1290Che d’è! Te fusse fatto calavrese
 Mo’ che la cosa è fatta.
 ERNESTO
 Come fatta, che cosa?
 CEPOLLA
 A a non te desdire.
 Vommeca lo brillante,
1295Ca pe lo juorno d’oje
 ERNESTO
                                         (Vi’ Che birbante!)
 Ma s’io no ’l sento dalla Baronessa
 Non te ’l darò!
 CEPOLLA
                             Mmalora! E che si’ surdo.
 
 SCENA V
 
 GIULIA in disparte, e detti.
 
 ERNESTO
 E Dov’è Rodelinda? (a Cepolla.)
 CEPOLLA
 Gliannola ncatarattalo!
1300Che buo’ l’acchiale? Chesta cca la smicce?
 GIULIA
 (Oimmè! mo’ se scommoglia, ed è scomputa.)
 ERNESTO
 Io costei l’ho veduta.
 Ma io vorrei veder
 CEPOLLA
                                     Chi? (Qui Giulia si pone in mezzo loro gridando.)
 GIULIA
                                                 Maramene!
 Arrivate, corrite.
 CEPOLLA
                                  Ch’è succiesso!
 GIULIA
1305Se stanno appiccecanno duje laccheje
 De la casa: E già stanno pe s’accidere.
 CHIARUCCIA
 Accorriamo.
 CEPOLLA
                          Sì andiamo.
 GIULIA
                                                   Jate priesto.
 CHIARUCCIA
 (E viva Giulia.)
 CEPOLLA
                                Or tornerò si Ernesto. (entrano Chiaruccia, e Cepolla.)
 
 SCENA VI
 
 GIULIA, ed ERNESTO.
 
 GIULIA
 Che negozio tenite
1310Co lo fratiello de la sia Chiaruccia;
 Co chillo pazzo de catena?
 ERNESTO
                                                  Matto!
 GIULIA
 Matto gnorsì, mattone.
 ERNESTO
 Ben me ne sono accorto,
 Che m’aveva già messo in confusione;
1315Or’io Giulia ho bisogno
 L’opera tua. Non dormi no.
 GIULIA
                                                    Che none?
 Uscia se nforma s’io da che so’ nata
 Aggio ditto maje no.
 ERNESTO
                                        Donna garbata.
 GIULIA
 La bona vocca vosta. Ora decite.
 ERNESTO
1320Se ti fidi ridur la Baronessa
 A dare il suo consenso,
 Perché Fulvia sia mia; voglio donarti
 Questo brillante.
 GIULIA
                                  E tocca ca si’ llesto.
 ERNESTO
 Come mai?
 GIULIA
                         La signora
1325Lo ssaccio io ca no ve vole cchiù.
 ERNESTO
 Questo non basta.
 GIULIA
                                    E a l’auto nce penz’io.
 ERNESTO
 Dunque posso sperare
 GIULIA
                                            È piso mio.
 ERNESTO
 Vedi ch’ella è ostinata.
 GIULIA
                                            Non è bero.
 Ca le femmene so’ comm’a li guante
1330Nche nc’aje poste le mmano
 Arrennenno se vanno chiano chiano.
 ERNESTO
 Ah bene. Io dunque in te confido, e spero
 Dare al mio cor la desiata pace.
 GIULIA
 Non dubeta so’ becchia: E ste fegliole
1335Nuje schitto le solimmo fa capace.
 Ma la Sia Fulvia saccio
 Ca manco no ve vole.
 ERNESTO
 È ver, Ma questi o Giulia,
 È il mio destin. Che l’alma mia si strugge
1340Seguendo un empia, che mi sprezza, e fugge.
 
    Quest’alma amante
 Chi la piagò
 Fuggir non può
 Lasciar non sa.
1345   D’una tiranna
 Provo il rigore
 Ma piace al core
 La crudeltà.
 
 SCENA VII
 
 RODELINDA, e GIULIA.
 
 RODELINDA
 Giulia?
 GIULIA
                 Signora?
 RODELINDA
                                    Che chiedeva Ernesto?
1350Che ti dicea?
 GIULIA
                           Vorria,
 Già che cchiù no lo vole l’Ussoria,
 Che lo lassasse stare,
 E che no lo mettisse contra core
 Co la Sia Fulvia.
 RODELINDA
                                 Indegno traditore.
 GIULIA
1355Comme? no le vuo’ fare sso piacere?
 RODELINDA
 Sì sì farò che Fulvia
 Più no ’l possa vedere,
 E ch’egli disperato (sdegnata.)
 Senza me, senza quella,
1360Abbia de’ giorni suoi l’ultimo fato.
 GIULIA
 (Mo’ che m’aggio abbuscato lo brillante,
 Mme nne pozz’ire.) Pe l’ammore mio
 Manco lo faje ne gno’?
 RODELINDA
                                           Se un altra volta
 A favor parlerai di quell’ingrato,
1365Te ne manderò via.
 GIULIA
                                      Mannaggia ll’ora,
 Che n’è stato arrotato,
 Attacca lo patrone
 Addove vole l’aseno, Signora
 Se sole di’. No lo bolite fare?
1370Salute a nuje, e chi nce sente.
 RODELINDA
                                                        Parti.
 Ch’io dovrei castigarti,
 Perché tu con quell’empio
 Contro di me abbastanza
 Parlasti.
 GIULIA
                   Uh janca mene!
1375Signora mia, pozza morì ’nfeglianza,
 Si chesta è beretà! Mme pozz’j arreto
 Sto pietto, mo’ c’allatto.
 Si lo veo, che bolite
 Che le dica ne gno’?
 RODELINDA
                                       Digli, ch’è un matto.
 GIULIA
1380E di’ ca no lo vero.
 Ch’oje a ssi ncappatielle
 Quatto cose le mancano:
 Pane, virtù, acquavita, e chiancarelle.
 
    Li innammorate
1385So’ tutte pazze:
 Nce vonno mazze
 Pe le sanà.
    Si songo amate
 Se ncarzapellano:
1390Si so’ sprezzate
 Tagliano, fellano
 Senza pietà!
 
 SCENA VIII
 
 RODELINDA, e CEPOLLA, ed UBERTO in disparte.
 
 UBERTO
 (Ecco l’amica: Adesso che sta sola
 Potrai farle se vuoi quell’imbasciata.)
 CEPOLLA
1395Uscia sarà servita (oh che anemale.)
 UBERTO
 (Parmi che sia tornata;
 Ma se Chiaruccia è mia, nulla mi cale.)
 CEPOLLA
 Va te retira dinto.
 UBERTO
                                    (Come vuoi.) (si ritira dentro la scena.)
 CEPOLLA
 Ora adesso; che siamo nfra di noi (a Rodelinda.)
1400Vi vo’ dare una nova di ciardino.
 RODELINDA
 Che nuova?
 CEPOLLA
                         T’ho abbuscato un bel marito.
 RODELINDA
 Eh va via, che sei stolto.
 (Già me ’l disse Chiaruccia, che costui
 M’à sconvolto il cervello.)
 CEPOLLA
1405Che nne vuo’ so’ d’Arnesto?
 Quann’io t’ho ritrovato un Vecchiarello,
 Ch’è tutto pepe.
 RODELINDA
                                E vuole esser mio sposo?
 CEPOLLA
 Certo. E sta ricco come un banco.
 RODELINDA
 (Vo’ divertirmi.) E chi è costui?
 CEPOLLA
                                                            Se brami
1410Di sgargearlo, aspetta ch’io lo chiami.
 RODELINDA
 (Chi sarà questo sciocco.)
 CEPOLLA
                                                 Eh? Ps? Ps?
 Arriva ca si’ lesto. (ad Uberto il quale vien fuori.)
 UBERTO
                                    Si contenta. (piano a Cepolla.)
 CEPOLLA
 Gnorsì.
 RODELINDA
                 (Mio Padre?)
 UBERTO
                                            (Oh figlia benedetta.)
 RODELINDA
 (Che intrico è questo?)
 CEPOLLA
                                             A sto pontone aspetta. (ad Uberto.)
 RODELINDA
1415E ben? Dov’è lo sposo?
 CEPOLLA
                                            Veccotillo. (mostrando Uberto.)
 RODELINDA
 Dove?
 CEPOLLA
                Che no l’ullumma? Quello, quillo.
 RODELINDA
 Ah. ah. ah. ah. ah.
 UBERTO
                                    (Gli par strano
 Ch’io mi sposi una serva.)
 RODELINDA
                                                  Dunque voi!... (al Padre.)
 CEPOLLA
 Via mo’ non te nne fare maraviglia. (a Rodrlinda.)
 RODELINDA
1420Volete maritarvi con .
 UBERTO
                                          Sì Figlia.
 Quanto costei ti disse è tutto vero.
 Sembra strano il pensiero;
 Ma quegli occhiuzzi ladrongelli, e quella
 RODELINDA
 Di me che dite mai?
 UBERTO
1425Senti
 RODELINDA
              Che di udirvi ho rossor. Come in un
 Divenite voi matto!
 CEPOLLA
                                       E ch’è lo primmo,
 Che ha fatto sto spreposeto!
 RODELINDA
                                                     Eh va via
 Tu ancor, birbo che sei.
 UBERTO
                                             No Figlia mia,
 Non dirmi no. Sì ch’è una debolezza
 RODELINDA
1430Che cosa?
 UBERTO
                      Il chieder moglie in questa etade.
 RODELINDA
 E chi vorresti?
 UBERTO
                              Chi costui ti disse.
 CEPOLLA
 N’aje ntiso ca vo’ a tte. (piano a Rodelinda.)
 RODELINDA
                                             Dunque degg’io
 RODELINDA
 Consentire, ed unirti al voler mio.
 RODELINDA
 (Son fuor di me!)
 CEPOLLA
                                   Che d’è non respunnite? (a Rodelinda.)
 UBERTO
1435Tu sei la mia
 RODELINDA
                           Ah non lo proferite;
 Ch’io vi perdo il rispetto.
 CEPOLLA
 No no, tre punte arreto
 Statte a lo luoco tujo. (a Rodelinda.)
 RODELINDA
                                          Da una parte
 Di sdegno avvampo.
 CEPOLLA
                                        Mo’ parl’io pe tene. (ad Uberto.)
 RODELINDA
1440(Ma poi dall’altra a ridere mi viene.)
 CEPOLLA
 
    Videlo comme sta
 Speruto?
 Appagliaruto!
 Mo’ more ciesso tè! (ad Uberto.)
1445Tu le vuo’ bene? Vi’ (mostrando Uberto che dice di sì.)
 No lo fa cchiù sperì
 Via, no le dire no.
    All’utemo che d’è?
 Se sape chi si’ tu.
1450Non t’incocciare più,
 Scompila, no cchiù mo’.
 
 SCENA IX
 
 UBERTO, e RODELINDA.
 
 UBERTO
 Deh perché a me t’opponi, figlia mia?
 RODELINDA
 Io Figlia vostra? Se a me foste padre,
 Non cercareste d’esser sposo.
 UBERTO
                                                       E come!
1455Non puol’essere sposo un padre?
 RODELINDA
                                                              Un padre!
 UBERTO
 Un padre, un padre. Che cos’è? Vi fosse
 Qualche proibizione?
 RODELINDA
 (Che ascolto! Questa certo è un illusione)
 UBERTO
 Oh che tu vogli o no, pria che s’annotti
1460Vo’ maritarmi. Intendi?
 RODELINDA
                                               E questa sera
 Io non sarò più a casa vostra. Voglio
 Girne da Fulvia.
 UBERTO
                                 Vanne
 Dove vuoi. Che m’importa? Basta ch’io
 Mi vegga accanto alla mia cara sposa.
 RODELINDA
1465Quale sposa?
 UBERTO
                           Chiaruccia.
 RODELINDA
                                                  Come? come?
 Chiaruccia è quella, che chiedete in moglie?
 UBERTO
 Sì che parliamo Ebraico.
 RODELINDA
                                                Veramente?
 UBERTO
 Chiaruccia. La Chiaruccia. E chi credevi
 Ch’io volessi sposarmi?
 RODELINDA
1470Ah. ah. ah. ah. ah. ah.
 UBERTO
 Perchè ridi?
 RODELINDA
                          Oh sciocchezza da bastone!
 Quel matto sgraziato
 Mi disse
 UBERTO
                   Che ti disse il Babbione?
 RODELINDA
 Che voi per me avevate il cor ferito.
 UBERTO
1475Ah. ah. ah. ah. ah. ah.
 RODELINDA
 Che perciò volevate
 Esser in ogni conto mio marito.
 UBERTO
 Uh. uh. uh. uh. uh. Io scoppio, o figlia.
 RODELINDA
 Io rido ancor di voglia.
 UBERTO
1480Ma come un tal’equivoco!
 Temo di qualche imbroglia.
 RODELINDA
                                                     Assai ne dubbito.
 Sia dunque cura tua porre ciò in chiaro,
 Ch’io vo’ vedere Ernesto, a cui dar deggio
 Questo foglio, che il padre da Milano
1485A me drizzo per un Corriere apposta.
 RODELINDA
 Andate pur felice.
 UBERTO
                                    Intanto, o figlia
 Preparati ad Ernesto questa sera
 Porger la mano. E compatisci s’io
 La dono ad una serva.
 RODELINDA
                                           Ad una serva!
1490E tal viltate in Voi creder degg’io?
 UBERTO
 Sì, non devi tu entrar nel pensier mio.
 RODELINDA
 E in tanto del mio core
 Voi disponer volete?
 UBERTO
 Sì, vo’ che sposi Ernesto
 RODELINDA
1495Ma
 UBERTO
          Ubidisci non più.
 RODELINDA
                                            Che giorno è questo!
 
 SCENA X
 
 RODELINDA sola.
 
 RODELINDA
 Preparati ad Ernesto
 Porger la mano! Ahi, che crudel tormento;
 Ma chi sa da quel foglio
 Che il Genitor l’invia. Dal nuovo sdegno
1500Di Fulvia sua, che nascer puote? Amore,
 Deh tu porgi al mio mal qualche conforto,
 Fa per pietade almeno,
 Ch’io vegga in mezzo a rio naufraggio il porto.
 
    Non sempre il flutto infido
1505Affonda il legno in mar;
 Ma spesso ancor nel lido
 Lo tragge il suo furor.
    Così ne la procella
 Già presso a naufragar;
1510M’appare amica stella,
 E si ristora il cor.
 
 SCENA XI
 
 GIULIA, e CHIARUCCIA.
 
 GIULIA
 Janca me, che mme dice!
 Donca lo grimmo è puosto già nzospetto
 De lo Conte?
 CHIARUCCIA
                           Mi ha detto
1515Ch’ei non crede, che io siale sorella,
 Che teme assai di qualche marrachella.
 Alfin, di qualche cosa s’è avveduto.
 GIULIA
 Marisso! veramente, lo cornuto
 È utemo a sapere
1520Le mbroglie de la casa. Ma lo Conte
 Quanno sa chi si’ tu, che bello sfilo
 De serpentina, che farrà sentire!
 Quanta te nne dirrà!
 CHIARUCCIA
                                         Senti. Il viaggio,
 Piace; ma non si fa senza disaggio.
1525Si dee stancar chi balla,
 Per goderne il diletto.
 Basta che a me la palla
 Riesca tonda, ei so che griderà.
 Ma la collera al fin gli passerà.
 GIULIA
1530Già già, t’aggio caputo. Ma non saje!
 Sempre so’ guaje. Vi’, ch’è na brutta cosa
 Comprarete na treglia,
 Che t’arreventa mmano na vavosa.
 CHIARUCCIA
 Che importa, quando è fresco
1535Ogni pesce più vil si può mangiare.
 GIULIA
 Cierto, e massema tu, che da lo mare
 Mo’ pare che si’ asciuta. Aspe’ Chiaruccia,
 Lassamete addorà no pocorillo, (l’odora in petto.)
 Ah! Che bell’addorillo
1540De scogliora!
 CHIARUCCIA
                           Eh va via,
 Sei vecchia, e sempre stai con la pazzia.
 GIULIA
 Faccio pe te spassà. Voglio vedere,
 Mo’ che si’ arreventata già Signora,
 Che faciarraje pe mmene. Aggio appaura,
1545Che farraje comm’a cierte,
 Che quanno la fortuna
 Le soscia, no tantillo da dereto,
 Se ntosciano de muodo,
 Che le darrisse sempre mazze nfaccie.
 CHIARUCCIA
1550No io, non son di queste Giulia mia
 Voglio che con me ancor tu muti stato.
 GIULIA
 Uh te sia beneditto quanto latte
 Chiaruccia da ste trotole aje zucato.
 CHIARUCCIA
 Ma che piacer che sento.
 GIULIA
1555De che?
 CHIARUCCIA
                  D’essere già fatta Segnora.
 GIULIA
 Ah ah, bella fortura!
 CHIARUCCIA
                                        Oh che contento!
 
    Che bel piacer sarà
 Quando al passeggio andrò,
 Ognuno mi dirà,
1560È questa la Contessa?
 È dessa, oh che beltà!
 Osserva amico vedila,
 Ed io passeggierò
 Così con gravità.
1565   La sera in casa poi
 Verranno i Cicisbei:
 Tal’un dirà: Signora
 Vivo negli occhi suoi,
 Ed io. mi burla lei,
1570È troppa sua bontà.
 
 GIULIA
 Vejat’essa, che sciorta!
 A saputa smautì la mercanzia:
 E io, che mme darria
 A chi mme vo’ piglià, senza nteresso;
1575N’aggio no cano, che mme venga appriesso. (parte.)
 
 SCENA XII
 
 ERNESTO, ed UBERTO.
 
 ERNESTO
 Quanto Signor Uberto a voi degg’io.
 UBERTO
 Sicché il Signor Rinaldo è tuo Germano.
 ERNESTO
 Appunto: Egli è il Leandro, che bambino
 Dal patrio Albergo si smarrì. Da’ segni
1580Che il Genitor, nel di lui foglio accenna
 Lo riconobbi.
 UBERTO
                            Oh io me ne consolo;
 Perché per questa sera gli sponsali
 Celebrati saran con più contento.
 ERNESTO
 Già Fulvia è di Leandro,
1585(Che in favor me la chiese.) E Rodelinda
 È mia, secondo il nostro concertato.
 UBERTO
 Certamente.
 ERNESTO
                          A lei dunque
 Rivoglio il piè. Sarà il destin placato. (parte.)
 
 SCENA XIII
 
 UBERTO solo.
 
 UBERTO
 Vada pur. Con che anzia sto aspettando
1590Il tramontar del Sole,
 Per impalmar, la mia Chiaruccia. È vero
 Ch’io son d’età matura, e non dovrei
 Pormi a rischio casandomi
 D’esser compagno al misero Atteone;
1595Ma amore imbratta il senno, e la ragione.
 
    Benché cadente, e bianco
 Ho vivi nel mio fianco
 Gli stimoli d’amor.
    Ma unire non poss’io
1600Al fervido desio
 La forza, ed il vigor.
 
 SCENA XIV
 
 FULVIA, e RINALDO.
 
 FULVIA
 Ernesto dunque è tuo germano?
 RINALDO
                                                             Appunto.
 Del genitore, e questi
 Il foglio a lui diretto.
1605(Lettera.) Figlio. Vive Leandro egli smarrito,
 Fu in Ispagna condotto
 Dal signor Lucio Mansi mercadante,
 Che ad esso al collo una medaglia d’oro
 Trovò; dove dicea d’esser mio figlio.
1610E perché come figlio esso l’amava
 Quella serbò; celando il grande Arcano.
 Fatto adulto, ei rivolse
 In Italia le piante, e sotto nome
 Di Rinaldo, ora in Pisa
1615Ei si trattiene. Egli al sinistro braccio.
 Ha il segno istesso che tu porti. Lucio
 Che or venne a morte a me con la medaglia
 Tale avviso inviò. Se dunque in Pisa
 FULVIA
 Or bene. Il rimanente
1620Non m’è ignoto. So ch’ei ti riconobbe
 Qual suo fratello. E ben?
 RINALDO
                                               Egli a me cede
 La tua destra, e il tuo amor. Fulvia adorata
 Deh placati una volta
 Non esser più con me tanto spietata.
 
 SCENA XV
 
 ERNESTO solo.
 
 ERNESTO
1625Sì Fulvia: Al gran piacere
 D’aver trovato il mio German; Consacro
 La pena di lasciarti.
 FULVIA
 Che pena? Tu sposarti
 Vuoi Rodelinda il so.
 ERNESTO
                                         No Fulvia
 FULVIA
                                                             Or basti.
1630Leandro segui i passi miei; Degg’io
 A te in secreto Favellar.
 RINALDO
                                             Ti sieguo
 Con mio piacer. caro Germano addio. (parte con Fulvia.)
 
 SCENA XVI
 
 ERNESTO, RODELINDA, e Messer UBERTO.
 
 ERNESTO
 Par che peni il mio cor.
 RODELINDA
                                             Dunque Rinaldo,
 È tuo German?
 ERNESTO
                               Sì bella fiamma mia.
1635E di Fulvia, e già sposo.
 RODELINDA
 Io ne godo
 ERNESTO
                       Tu intanto
 Placa il rigor. Condona
 Se pria de l’amor tuo spezzai la fiamma;
 Eccomi a piedi tuoi
1640T’ubbidirò: Ma dal tuo cor confido.
 Ottenerne il perdono ancor che infido.
 RODELINDA
 Alzati ingrato. Tu dell’amor mio
 Non che del mio perdono indegno sei.
 Io però
 UBERTO
                 Figli miei
1645Per i vostri sponsali, e quei di Fulvia
 Con Leandro, già ch’egli è tuo Germano.
 Il tutto in casa mia già preparai.
 ERNESTO
 L’ascolti? (a Rodelinda.)
 RODELINDA
                      Io non mi oppongo
 Al suo voler.
 ERNESTO
                          Dunque sei mia.
 RODELINDA
                                                           Son tua.
1650Né più l’andate offese io mi rammento.
 ERNESTO
 Oh! impensato contento.
 UBERTO
 Io per accompagnar le vostre gioie
 Vo’ sposarmi Chiaruccia:
 ERNESTO
 Sarà dunque comune oggi godere.
 UBERTO
1655Sì sì sì
 Tre sponsali. Oh che piacere. (parte.)
 ERNESTO
 
 Veggo scherzar contento
 Ne tuoi begl’occhi amor.
 
 RODELINDA
 
 Io nel mio sen già sento
1660La gioja del tuo cor.
 
 A DUE
 
 Or che ti stringo al sen.
 
 ERNESTO
 
 Non bramo.
 
 RODELINDA
 
                         Non desio.
 
 A DUE
 
 Altri che te amor mio
 Mio sospirato ben.
 
 SCENA XVII
 
 CEPOLLA, Messer UBERTO, e poi FULVIA, e RINALDO da una parte, ERNESTO, e RODELINDA dall’altra.
 
 CEPOLLA
1665Eviva il sior Aperto,
 Che fa far questa sera tre scapizzi,
 La Baronessa, la Chiaruccia, e Fulvia.
 È bero?
 UBERTO
                  Certo certo
 Ed ecco Fulvia.
 CEPOLLA
                               E viva il sior Aperto.
 RINALDO
1670Dolce amor mio.
 FULVIA
                                 Mia vita.
 Ti stringo al sen.
 ERNESTO
                                 Mio bene
 Io con gioja infinita (a Rodelinda stringendoli la mano.)
 Teco stringo d’amor le mie catene.
 CEPOLLA
 Ah ah ah ah ah. (in mirano Ernesto, che stringe la mano a Rodelinda da esso creduta Chiaruccia.)
1675E mbe’? chesto che gnifeca!
 Comme! a chisto ll’aje data? (ad Uberto.)
 UBERTO
 Sì, che ad Ernesto il Cielo
 L’aveva destinata.
 CEPOLLA
 T’aggio ntiso. (Vi’ comme
1680Nce ll’anno fatta a chisso negregato
 Se crede avè pigliato
 La Baronessa; e chella è la vajassa ah ah
 Bene mio ca mo’ sbotto) ah ah ah.
 RODELINDA
 Perché ride colui? (ad Ernesto.)
 UBERTO
                                    Cosa vuol dire
1685Quel tanto sghizzignare? (a Cepolla.)
 CEPOLLA
 Ora si Apierto lassame parlare
 Ca mo’ schiatto si no. Già il nodo è stretto
 Già chesta l’è mogliere (mostrando Rodelinda.)
 Mo’ abbesognante farcelo sapere.
 UBERTO
1690Cosa?
 CEPOLLA
               Si Arnesto mio agge pacienzia
 La cosa è fatta. Te nc’aje fatto cogliere.
 Chesta che t’è mogliere
 Aje da sapè, ca n’è
 
 SCENA ULTIMA
 
 GIULIA, CHIARUCCIA, e Tutti.
 
 GIULIA
                                     Viva Messere.
 CEPOLLA
 E becco lo treunfo (vedende venir Chiaruccia.)
1695(Mo’ se la sente il povero fasano.) (Uberto, e Cepolla vanno ambidue a dar la mano a Chiaruccia ogn’uno come sue sposa.)
 UBERTO
 Figlia Porgimi la mano.
 CEPOLLA
 Mia vita Porgimi la mano.
 UBERTO
 Cos’è! Vuoi tu sposarti tua sorella!
 CEPOLLA
 E tu che d’è? te vuo’ sposare figlieta!
 ERNESTO
1700(Come figlia?)
 FULVIA
                              Che dice? (a Rinaldo.)
 RINALDO
                                                   Io nol comprendo.
 GIULIA
 (Mo’ sentarraje li strille.)
 CHIARUCCIA
                                                 Or non è tempo (s’inginocchia Chiaruccia.)
 Di finger più! Mio caro signor Conte.
 RODELINDA
 (Signor Conte!)
 CHIARUCCIA
                                Io non son la Baronessa
 Qual voi credete. Eccola, quella è dessa.
1705Sua vil serva son io. Quella mi finsi
 Per esser vostra, e diventar Signora.
 Mi perdoni.
 TUTTI
                         Ah ah ah. Oh che inganno!
 GIULIA
 Oh pinolo!
 CEPOLLA
                       Oh mmalora!
 (Oh povero Cepolla sfortunato.)
 GIULIA
1710Via mo’ si Conte mio ca non è niente,
 E beretà ca chesta è poverella,
 Ma vuje site signore, e site ricco.
 CEPOLLA
 Che ricco che signore a ffatt’attene
 Ca si essa è poverella
1715Io mme moro de famme.
 UBERTO
                                                 Oh questa è bella!
 CHIARUCCIA
 Come non siete Conte?
 CEPOLLA
 Che Conte porta d’oje.
 CHIARUCCIA
 E quelle gioje della scatoletta.
 CEPOLLA
 Che gioje? chelle songo
1720Graste de Carrafune.
 GIULIA
 Ah facce de frabbutto.
 CEPOLLA
                                           Io me credeva
 Da creato che so’ farme segnore
 E arrepulireme co ttico. (a Chiaruccia.)
 RODELINDA
                                               Oh bene.
 RINALDO
 Oh il caro avvenimento. Anno ambedue
1725Preso un istesso abbaglio.
 CHIARUCCIA
                                                 (O me tapina)
 Birbo. (a Cepolla.)
 CEPOLLA
               Birbantissima, (a Chiaruccia.)
 Mme ll’aje fatta.
 UBERTO
                                 Serenati Chiaruccia,
 Che tu sei mia.
 CHIARUCCIA
                               Signor vostra son io.
 CEPOLLA
 E io da fora comm’a catenaccio.
 ERNESTO
1730E viva l’invenzione
 Dell’astuta Chiaruccia.
 CHIARUCCIA
 Serva Signor Barone. (a Cepolla.)
 CEPOLLA
 Schiavo Sia Baronessa. (a Chiaruccia.)
 GIULIA
 Sfratta da cca a malanno. (a Cepolla.)
 CEPOLLA
1735Aje ragione, ca sempe
 Ncopp’all’ingannator cade l’inganno.
 TUTTI
 
 Che bel diletto
 Prova il mio core,
 Che dolce amore,
1740Che bel piacer.
 
 
 
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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