Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 La Baronessa o vero Gli equivoci, Napoli, Giovanni Palmiero, 1729
 a cura di Nicola Ruotolo
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Anticamera.
 FULVIA, ed ERNESTO.
 
 FULVIA
 Sì si per compiacerti, darò fede
 A’ tuoi sospiri, e crederò, che m’ami.
 Vuoi di più? Che più brami?
 ERNESTO
 Ah non voler più Fulvia
640Deluder la mia fiamma. Io Rodelinda
 Per te seguir lasciai
 Solo nei tuoi bei rai
 Vive il mio cor. Dimando
 A lei per esser tuo, sdegno, e rifiuto,
645Che di più far poss’io?
 FULVIA
                                            Come? procuri,
 Ch’ella ricusi i voti tuoi?
 ERNESTO
                                               Sì cara.
 FULVIA
 E perché mai?
 ERNESTO
                              Per farmi tuo.
 FULVIA
                                                          Gentile
 Nobile offerta in ver donar pretendi
 A me un rifiuto altrui! Vuoi ch’io nel seno
650Un ricusato cor riceva, e accolga
 Ciò ch’altri abborre, e sprezza?
 Generoso amator! Bella finezza!
 ERNESTO
 Dunque che far degg’io?
 FULVIA
                                               Se vuoi ch’io creda,
 Che per me senti amor, fa, ch’io ti veda
655Rodelinda sprezzar.
 ERNESTO
                                       Ma poi?
 FULVIA
                                                         Ma poi?
 Crederò se mi piace, a’ detti tuoi.
 ERNESTO
 Ma, s’io la sdegno, rimanendo escluso
 Di eredità, tuo genitor ben sai,
 Che a me ti niega, e come
660Dell’infelice Ernesto esser potrai?
 FULVIA
 Per un cor, che ben ama
 Questo è troppo riflettere; procura
 Tu d’obbligarmi, e sappi,
 Che poco sul mio core
665Potrà, benché può molto il genitore.
 ERNESTO
 Ma se avvenisse mai
 FULVIA
                                         No, ne lo sforzo
 Di una cieca ubbidienza
 Io scorgerò il tuo affetto,
 E tu la mia maggior riconoscenza.
 ERNESTO
670Ma se a Rinaldo poi,
 Che tu porga la destra
 Dispone il genitor?
 FULVIA
                                      Per più obbligarmi
 Soffrilo, e spera.
 ERNESTO
                                 Ah! Fulvia!
 Se tu vuoi trucidarmi
675Eccoti il sen: Ma ch’io
 FULVIA
                                           Con queste leggi
 Se tu m’ami, vedrò di non sdegnarti.
 ERNESTO
 Potrò d’un mio rivale
 FULVIA
 Tel dissi già, soffrilo, taci, e parti.
 ERNESTO
 
    Vuoi, ch’io vegga ad altri unirti,
680E lo soffra, parta, e taccia?
 Sì, ben mio, per ubbidirti
 Parto; taccio, e ’l soffrirò.
    Converrà, ch’io ti compiaccia
 Nel tacere, e nel soffrire:
685Ma morire
 Alfin dovrò.
 
 SCENA II
 
 RINALDO, e FULVIA.
 
 RINALDO
 Eccomi Fulvia presso al tuo bel guardo,
 Ma non è quegli Ernesto!
 FULVIA
                                                 Appunto.
 RINALDO
                                                                     Quegli
 Per cui tu vivi in amorosi affanni,
690E per cui tu qui in Roma
 Volgesti ingrata il piè.
 FULVIA
                                           Quanto t’inganni,
 RINALDO
 Come m’inganno? Ei teco
 Forse non era?
 FULVIA
                              Ma partì sdegnato.
 RINALDO
 E perchè?
 FULVIA
                      Ch’io non volli
695Adular sue speranze
 Per mitigar la pena, ch’egli prova
 A suo piacer per me.
 RINALDO
                                         Fulvia, che giova
 Occultar la tua fiamma?
 Senti, chi tutto niega
700Tutto confessa. Meglio
 Era dirmi. ,,Rinaldo,
 ,,Meco Ernesto d’amor, qui favellava.
 ,,Egli per me sospira. Io del suo core
 ,,Senz’esser un ingrata
705,,Non so abborrir l’amore.
 ,,Ma il misero s’inganna,
 ,,Ch’ei non avrà giammai
 ,,Da me quel cor, che solo a te donai.
 Così, da questi, benché falzi accenti
710Avriano i miei tormenti
 Qualche conforto; e in apparenza almeno
 Non sembreresti infida. Tal menzogna
 Saria meno adiosa, io crederei,
 Di quella di mentire
715Un rapporto fedel de gl’occhi miei.
 FULVIA
 Ritrovato gentil! Dunque tu credi
 RINALDO
 A ciò che vidi.
 FULVIA
                             Ma tal volta i lumi
 Soglion anche ingannarsi.
 RINALDO
 Al fine il sincerarsi
720Meco è vano.
 FULVIA
                           Che van? Che sincerarsi.
 Folle che sei? Da quando in qua il mio core
 A te schiavo si rese?
 Se il tuo di me s’accese
 Ebbe troppo di fasto: Io col soffrirlo
725Troppo orgoglioso il rendo.
 Non sai tu, ch’io pretendo,
 Che mai possa, chi cinge i miei legami
 Insuperbirsi, e poter dir, ch’io l’ami.
 
    Allor, che un amatore
730Sprezzato non si vede
 Dal mio superbo core;
 È la più gran mercede,
 Che può da me sperar.
    Perché ti piaccio, brami
735Ch’io t’ami
 Non e vero?
 Che nobile pensiero!
 Che bell’idea d’amar.
 
 SCENA III
 
 RINALDO, e CIPOLLA.
 
 RINALDO
 Che orgoglio! Che fierezza! Ed io resisto
740A colpi così rei?
 CEPOLLA
                                (Chi sarrà chisto!
 E che vorrà da questa mia maggione?
 Signore? mio patrone?
 Chi vuol, che ba vennenno?
 RINALDO
                                                     Ella chi è?
 CEPOLLA
 Come! all’incornatura
745Non conosce ch’io sono
 Il Padron de la casa?
 RINALDO
                                        (Io non l’intendo.)
 CEPOLLA
 E amico forse sei
 Di Ubberto il nostro socero?
 Presto, ch’io vo di pressa.
 RINALDO
750Vostro socero Ubberto!
 CEPOLLA
 S’io son lo sposo de la Baronessa.
 RINALDO
 Come! Ed Ernesto?
 CEPOLLA
                                       E quegli è un Pappagallo.
 Esser crede a cavallo,
 E va pistando fango.
 RINALDO
755Io stupido rimango!
 CEPOLLA
 Chiaruccia la servetta
 Se lo Porta in carrozza. Addio che ho fretta. (parte.)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO, e poi RODELINDA.
 
 RINALDO
 Che metamorfosi son queste! sposo
 Costui di Rodelinda! Ernesto dunque
760Se non sarà di lei,
 Di Fulvia esser potria! Barbari Dei!
 E la serva tien mano
 A ciò che sol ridonda in danno mio?
 Vendicarmi di lei saprò ben io.
 RODELINDA
765Rinaldo?
 RINALDO
                    Oh Rodelinda?
 Godo del tuo piacer.
 RODELINDA
                                        Di qual piacere?
 RINALDO
 D’esser già sposa.
 RODELINDA
                                   A me?
 RINALDO
                                                  Non t’arrossire.
 Sai l’adaggio comune.
 Non farlo, se non vuoi sentirlo dire.
 RODELINDA
770E chi è lo sposo? Ernesto?
 RINALDO
 No No Ernesto è il deriso.
 RODELINDA
 Come deriso, s’io l’adoro!
 RINALDO
                                                 E in tanto
 Occultamente godi
 A un altro sposo accanto.
 RODELINDA
775Vaneggi!
 RINALDO
                    No; Chiaruccia
 Scoperse il grande Arcano;
 Tutto è già noto, il più celarlo è vano.
 RODELINDA
 Tanto ardisce Rinaldo, e tanto soffre
 Rodelinda di udir! come? una serva
780Menzogna così rea
 Inventar mai poté? poté Rinaldo
 Audace rinfacciarmi
 Sì Enorme, e folle errore?
 Ingannata son io, vo’ vendicarmi.
 
785   Di sdegno accesa
 Quest’alma offesa
 Chi osò ingannarla
 Punir saprà.
    Di me l’indegno
790Che ben non parla,
 Del folle impegno
 Si pentirà.
 
 SCENA V
 
 FULVIA, e RINALDO.
 
 FULVIA
 Rinaldo, non è quella Rodelinda?
 RINALDO
 Appunto.
 FULVIA
                     E perché parte al giunger mio?
795Non rispondi?
 RINALDO
                              (S’io dico
 Ch’ella, è già sposa; goderà l’infida
 Sentir disciolto da suoi lacci Ernesto.
 Finger convien.)
 FULVIA
                                 (Sdegnata
 Mi fingerò.)
 RINALDO
                          Saper tu dei
 FULVIA
                                                   Che giova
800Il tanto meditar vana risposta.
 RINALDO
 Ella partì, perché
 FULVIA
                                   No: non accade
 Occultar la tua fiamma.
 (Ora gli renderò, ciò ch’ei poc’anzi
 ,,Mi rinfacciò! (Senti, chi tutto niega
805 ,,Tutto confessa. A che non dirmi: Fulvia (sorridendo.)
 ,,Qui Rodelinda meco
 ,,D’amor parlò! ma io
 ,,Tu sai ben; che il cor mio
 ,,A te sacrai. Te solo adoro. E voglio
810,,Per te languir. Mi è caro
 ,,Più che il suo amore, il tuo soperbo orgoglio.
 Che tal menzogna almeno
 Saria meno odiosa, io crederei
 Di quella di smentire
815Un rapporto fedel degl’occhi miei.
 RINALDO
 Dell’istesse mie armi
 Vuoi tu per attaccarmi
 Barbaro cor servirti.
 Ma io per altro amor
 FULVIA
                                         Non voglio udirti. (in atto di partire.)
 RINALDO
820Sarà dunque chi porta i ceppi tuoi
 Da te sì vilipeso
 Che
 FULVIA
           Chi porta i miei ferri,
 O se ne sciolga, o sì ne senta il peso. (parte.)
 
 SCENA VI
 
 RINALDO solo.
 
 RINALDO
 Avvilito cor mio, la tua costanza
825Come soffrir mai può tanta baldanza?
 Ma se fiera, e orgogliosa
 Pur l’alma mia l’adora,
 A soffrirla proviam sdegnata ancora.
 
    Sdegni dell’idol mio
830Vi soffrirò Costante:
 Goder non può un amante
 Se tolerar non sa.
    Sì, che penar vogl’io;
 Che da un superbo core
835Se non si ottiene amore,
 Si spera almen pietà!
 
 SCENA VII
 
 Giardino.
 Messer UBERTO, poi CHIARUCCIA piangendo con GIULIA.
 
 UBERTO
 Sarto che non fa nodo, perde il punto,
 Si suol dire, annodar dunque bisogna
 Tosto cotesta ma figliuola.
 GIULIA
                                                  E bia,
840Non chiagnere chiù mone, ch’è breogna.
 UBERTO
 (Ih la pupazza mia
 Piange!) Chiaruccia?
 GIULIA
                                         Oh a tiempo, che ve pare?
 So’ cose cheste mo’ da sopportare?
 UBERTO
 Che t’avvenne cor mio? (passa vicino a Chiaruccia.)
845Parla?
 GIULIA
               Mo’ ve dich’io. (ad Uberto.)
 UBERTO
 Io lo dimando a lei,
 E non a te (a Giulia adirato.)
 Rispondimi alma mia,
 Che t’accadde? Che fu? (a Chiaruccia.)
 CHIARUCCIA
                                             La la signora
 GIULIA
850Sapite che l’ha fatto. (ad Uberto.)
 UBERTO
 Lascia che lei lo dica in tua malora. (a Giulia.)
 E così la signora? (a Chiaruccia.)
 GIULIA
                                    L’ha vattuta. (ad Uberto.)
 UBERTO
 Ti sia tronca la lingua. (a Giulia.)
 Ti maltrattò. E perché? (a Chiaruccia.)
 CHIARUCCIA
                                             Dice ch’io dissi
855Che lei serbava in casa (signozzando.)
 Il marito nascosto e non è vero
 Ella per que per questo,
 M’hà
 UBERTO
             Che ti fe’?
 GIULIA
                                  Mo’ ve dich’io lo riesto. (ad Uberto.)
 UBERTO
 Diavolo subbissala una volta (a Giulia.)
860E per questo? (a Chiaruccia.)
 GIULIA
                             E pecchesso sfortunata
 UBERTO
 Ve’ che ti frango il muso. (a Giulia.)
 CHIARUCCIA
 E per questo mi diede una guangiata.
 UBERTO
 Una guanciata! oh questo, è troppo.
 CHIARUCCIA
                                                                   E tanto,
 Ch’io ne meno un momento
865Vo’ star più in questa casa.
 UBERTO
                                                   No, t’accheta,
 Ch’io la riprenderò.
 CHIARUCCIA
                                       Chi mai sopporta
 Tanta empietà?
 GIULIA
                                Ha ragione
 La figlia mia.
 UBERTO
                            Taci, che caschi morta. (a Giulia.)
 CHIARUCCIA
 Mi dia dunque licenza.
 UBERTO
870No no ben mio.
 GIULIA
                               Vattenne. (a Chiaruccia.)
 UBERTO
 Eh! tu vuoi farmi perder la pazienza
 Procura d’acchetarla (a Giulia.)
 Ch’io ti rigalerò, col tuo malanno.
 GIULIA
 (Ah ah mo’ te nne viene) (piano ella a Moderina.)
875Via mo’ Chiaruccia mia
 Statte, ca non è niente.
 UBERTO
                                            E non conviene!
 A Rodelinda, io
 L’incroccierò ben l’ali. È pensier mio.
 CHIARUCCIA
 Non so darmene pace.
 UBERTO
880Non pianger più mia rosa in balconata.
 GIULIA
 Scumpela mo’.
 CHIARUCCIA
                              A Chiaruccia una guangiata!
 
    Che mi giova l’esser bona,
 Se poi tengo una Padrona
 Che mi stra zia a tutte l’ore!
885Non ha sen zo, e non ha core,
 Chi di me non hà pietà.
    Ah! se dura questa vita
 Io vi giuro
 V’assicuro,
890Che per voi sarà finita,
 E Chiaruccia morirà.
 
 SCENA VIII
 
 Messer UBERTO, e GIULIA.
 
 GIULIA
 Che ve nne pare? e gliuommoro
 Ghisto, che se pò fa co ss’argatella,
 Se ponno speccecare sse matasse?
 UBERTO
895Come?
 GIULIA
                 Si comme stace
 Vecino a lo paese de li zasse!
 (Per intender costei, non vi vuol meno
 Che un Maestro di cifre.)
 GIULIA
                                                 Le create
 Non songo schiave, che se ponno vattere?
 UBERTO
900Oh! a te non appartiene
 Il disputar, sopra cotesto articolo.
 Sempr’è padrona la padrona: E questa
 Ch’è giovane, non puote
 Soffrir ciò, che può renderla immodesta.
 GIULIA
905Non è lo ve’! Sacc’io
 De che natura so’ sse berrutelle
 Cheste capo cardelle.
 UBERTO
 (Oh! Domine quietala.)
 GIULIA
 Se n’hà pigliato troppo ssa fegliola.
 UBERTO
910(Oh! tediosa arpia) via che vuoi dire?
 GIULIA
 Mo’ ve lo boglio di’ state a sentire.
 
    Na picciotta nche se vede;
 Ch’è pregata, se nne piglia:
 Se retira de campiglia
915E t’attenne a coffejà.
    Songo belle ste fegliole,
 Ma so’ tutte marejole,
 Non se pò cchiù ciammellà.
 
 SCENA IX
 
 Messer UBERTO e CEPOLLA.
 
 UBERTO
 Affè, che la marcolfa
920Non la discorre male,
 E mi piace oltre modo il paragone.
 Ma non si può frenar col barbazzale
 Chi ha strappato. Una volta il cavezzone.
 CEPOLLA
 (Oh! veccote lo gnore.)
925Schiavo signor Aperto.
 UBERTO
 Servidor signor Chiuso.
 CEPOLLA
 Comme chiuso?
 UBERTO
                                 Che Aperto?
 Uberto, è il nome mio.
 CEPOLLA
                                            Uberto, o aperto
 N’é tutt’uno?
 UBERTO
                           Sì bene.
930(A costui mi conviene
 Ditegli l’affar di sua sorella, prima
 Che l’intenda da lui
 Per Evitare qualche turbolenza.)
 CEPOLLA
 E accossì?
 UBERTO
                      Debbo dirvi qualche cosa
935Per cui vo’ che mi diate la parola
 Di non andarne in collera.
 CEPOLLA
                                                  E sarebbe?
 UBERTO
 Sento, che Rodelinda
 Abbia un po’ strapazzata la Chiaruccia
 Per non so qual leggiera impertinenza.
 CEPOLLA
940Benedette le mmano.
 UBERTO
 No no no; lodo assai la sua prudenza.
 Ma io vo’, che le serve
 S’abbiano come figlie:
 Onde vo’ riscaldare un po’ l’orecchia.
 CEPOLLA
945A chi?
 UBERTO
               A la Baronessa:
 CEPOLLA
 E ca lei vo’ aburlar: L’avesse uccisa.
 UBERTO
 Oh! questo no, perché la poveretta?
 CEPOLLA
 Per una vil servetta
 Maltrattar una figlia; Lei mi scusi
950Che questo mai sarrà.
 UBERTO
 (Oh! che buon galant’uomo in verità.)
 Or io per dar compenzo
 A questa sua gentil moderazzione
 Vo’ che la Baronessa
955Provi in questo momento il mio bastone. (va per entrare.)
 CEPOLLA
 Chia’ chia’ chia’. Dove annate?
 Che vuol far?
 UBERTO
                            Castigar l’inzolentaccia.
 CEPOLLA
 E che buo’ che te faccia
 Rrevotà meza Roma? Si un capillo
960Le tocca; Si un deto,
 Giuro da Cavalier, che mi fo aceto.
 UBERTO
 Lasciate ch’io v’abbracci: Un uom d’onore (l’abbraccia.)
 Come voi non si dà.
 CEPOLLA
                                       (Benaggia craje,
 Vo’ vattere moglierema!) Or vogl’ire
965A schiaffar la Chiaruccia
 Nfacce a no muro. (va per partire, ed il vecchio lo trattiene.)
 UBERTO
                                     No, questo, è soverchio.
 CEPOLLA
 Lassa, ca la vogl’ire a stroppiare.
 UBERTO
 Amico tu mi fai strebiliare.
 (Vuole per mia figliuola
970Bastonar la sorella? Oh che bontà!)
 CEPOLLA
 (Vo’ vattere na figlia
 Pe na Creata? oh che bestialetà!)
 UBERTO
 Or io mi veggo a voi tanto obbligato
 Che bisogna lo dica
975Che di voi ne son morto innamorato.
 CEPOLLA
 Nnammorato!
 UBERTO
                             A tutt’Uomo.
 CEPOLLA
 (Chest’è cchiù cauda pe lo juorno d’oje!)
 UBERTO
 Perciò senza mandarvi ambasciatuzze,
 Ve le dico a quattr’occhi:
980In un tratto, di botto:
 Io mi vo’ maritar con la Chiaruccia.
 CEPOLLA
 Ah ah ah, oh bene mio mo’ sbotto.
 UBERTO
 Cos’è quella risata?
 CEPOLLA
 (Se nnammora co ’mico,
985E po se vo’ sposare la creata.)
 UBERTO
 Che? non vi dà il consenzo?
 CEPOLLA
 A mme! lei se l’acchiappi a quattro mani.
 UBERTO
 (Oh! de Napoletani
 Inarrivabil gentilezza!)
 CEPOLLA
                                             (Chisto,
990Starrà mbreaco, isso è lo patrone
 E a mme cerca licienzia.)
 UBERTO
 Voi, voglio, che per me glielo dichiate
 Non solo a lei, ma a Rodelinda, ancora.
 CEPOLLA
 Lassa fa a me.
 UBERTO
                             Ma per tutt’oggi.
 CEPOLLA
                                                              È llesto.
 UBERTO
995Oh! che piacer! (salta per la Scena.)
 CEPOLLA
                                (Chist’è partuto.)
 UBERTO
                                                                  Amico,
 Non ti maravigliare
 Se vedi, che vaneggia
 Per lo diletto un Uomo
 Dell’età mia llarà llarallà llà. (balla.)
 CEPOLLA
                                                      Seggia, seggia.
 UBERTO
 
1000   Salto snello
 Qual Fringuello:
 Ed è tanto il mio contento
 Che mi sento
 Per la gioja liquefar.
1005   Mi vedrete nott’e giorno
 Sempre intorno
 A quel Visino,
 Qual bambino
 Che piangendo vuol Zinnar.
 
 SCENA X
 
 CIPOLLA, e RODELINDA.
 
 CEPOLLA
1010Ah ah ah, comm’è buono,
 Va na doppia lo pilo sto Vecchiotto:
 Io le voleva di’ quann’è benuto
 Si era gusto sujo lo matremmonio
 De la figlia; e la figlia n’ha boluto:
1015Decennome d’avercene parlato,
 E ca nn’era contento.
 Tirammo nnanze. Ma ecco cca Chiaruccia
 Poverella! Vi’ comme sta sbattuta!
 Se vede ca hà buscato.
 RODELINDA
1020Chi detto havrebbe, che alla mia venuta
 Dovea tanto soffrir?
 CEPOLLA
                                       (Cierto, ha raggione.
 Sa che bo’ di’ abbuscare no schiaffone!)
 RODELINDA
 Ahi, che rossore!
 CEPOLLA
                                  (E di’ ca n’è lo vero?
 Vi’ commo sta arrossuta! Sarrà stato
1025Lo patr’abbate de li paccariglie,
 Vo’ consolarla alquanto)
 Che si fa? Cosa ncè? Con chi l’abbiate?
 Vi è stato fatto nulla?
 RODELINDA
                                         Andate andate (di mala grazia.)
 Se vi piace a diporto. Io non hò voglia
1030Di scherzar, né venite
 Senz’ordin mio, più a me d’avanti.
 CEPOLLA
                                                                 Oh bravo!
 (S’asciuta va’ no schiavo.)
 RODELINDA
 E non partite ancora?
 CEPOLLA
 (Meglio.)
 RODELINDA
                     Né pure?
 CEPOLLA
                                         E biva la signora:
1035Sa ca nce riesce.
 RODELINDA
                                 Or questo, e troppo ardire
 Toglimiti d’avanti.
 CEPOLLA
 Semp’accossì aje da dire.
 Ncocciala cana, ca vaje buono.
 RODELINDA
                                                         Eh via
 Via di qua dissi temerario. Desti
1040Forse volta al cervello?
 Che modi strani di parlar son questi?
 CEPOLLA
 (Mmalora, e commo ncoccia!) T’hò già detto
 Ca vaje bene. Or forniscela. To’ prendi
 Va, Riponi. Spicciamola: (gli dà il cappello, e la pilucca, acciò li porti dentro.)
1045Portami il barettino.
 Quanno gliannola afferri?
 Vuoi, che mi faccia acito.
 RODELINDA
 Ah, ah bisogna ridere: È impazzito.
 CEPOLLA
 Tu aspetti forse, ch’io m’ingarzapelli?
 RODELINDA
1050Se siete matto andate a Pazzarelli. (entra.)
 
 SCENA XI
 
 CEPOLLA solo.
 
 CEPOLLA
 Ah ah ah ah, che cancarella! all’utemo
 Mme nce vorrà fa stare
 A mme porzine, comm’a chillo racchio
 Che se crede ca essa
1055E la sia Baronessa ah ah ah ah
 Comme nce ll’haggio fatta a ssi Romane
 Mmeretà so’ na mmorra de fasane.
 
    Si n’ommo non sape
 Trammare na mbroglia
1060De rape,
 E de foglia
 Se pote sbrammà.
 Ca ncè openejone
 Ca chi n’è mbroglione
1065Pò ire vennenno
 Scioscelle, e sapo’.
    Io mo’, che so’ llesto
 Chi accatto, e chi venno
 Chi non sa fa chesto
1070Campare non pò.
 
 SCENA XII
 
 Galleria.
 ERNESTO, e poi RODELINDA.
 
 ERNESTO
 Aggitato pensier, deh a qual consiglio
 A pigliar ti dovrai?
 Sdegnarai Rodelinda?
 E che Fulvia sia tua sperar potrai?
1075Ma eseguir ti conviene
 Ciò che a lei promettesti. O Dei, che pene!
 RODELINDA
 (Ecco l’empio.) Mia vita (con riso finto.)
 ERNESTO
                                                Ah Rodelinda,
 Deh! Non voler con dispettosi detti
 Gravi sol d’odio, e d’ira cieca aspersi
1080Lacerarmi più il sen. Poiché un rifiuto
 Da te ottener non posso;
 Odi ciò che pensai, che ho risoluto,
 Già che abborrir non vuoi quest’alma infida.
 RODELINDA
 Parla. Della tua bocca (come sopra.)
1085Scocchi lo stral, che il viver mio recida.
 ERNESTO
 Quel disprezzo tiranna,
 Che tu, perché supponi
 Che a Fulvia unir mi possa, a me contendi,
 Ora da me tutto ricevi; e apprendi
1090Che più non prezzo lo splendor del l’oro,
 La tua beltà non curo,
 Solo per compiacer Fulvia, che adoro.
 RODELINDA
 Dunque t’impose Fulvia il disprezzarmi?
 ERNESTO
 Appunto.
 
 SCENA XIII
 
 FULVIA e detti.
 
 FULVIA
                     (Con Ernesto
1095Rodelinda? Udirò.) (si pone in disparte.)
 RODELINDA
                                       (Qui Fulvia! Or voglio
 Lo spergiuro schernir.)
 FULVIA
                                             (Se la disprezza,
 Osserverò!)
 ERNESTO
                         Nulla rispondi? (a Rodelinda.)
 RODELINDA
                                                        Ernesto.
 Scorgo, che i detti tuoi
 Sono d’ingegna frode orrida immago!
1100Ond’io non ben m’appago
 Del cor che m’offri.
 ERNESTO
                                      Come?...
 RODELINDA
                                                         Ascolta, e taci.
 FULVIA
 (Che sento mai!)
 RODELINDA
                                  Di Fulvia
 Perché per me deluder vuoi le faci
 Che t’infiammaro?
 ERNESTO
                                      A me!
 RODELINDA
                                                    Perfido taci.
1105Involati al mio sguardo
 A Fulvia traditore, empio, bugiardo.
 ERNESTO
 Sì; Che da lumi tuoi, furia
 RODELINDA
                                                   Non parti?
 ERNESTO
 Parto! Furia d’averno.
 RODELINDA
                                           Alma incostante.
 ERNESTO
 Per non più rimirarti. (Va per partire,e s’incontra con Fulvia.)
 FULVIA
                                            Ove le piante
1110Rivolge il fido Ernesto? (ridendo.)
 ERNESTO
 Ove più non rimiri
 Costei, ch’e l’odio del mio cor. (accennando Rodelinda.)
 RODELINDA
                                                         Lo sono,
 Ma perché ricusai del suo l’offerta,
 Perché al mio tu non piaci. (ad Ernesto.)
 ERNESTO
1115Ah mensogniera.
 RODELINDA
                                  Ascolta Fulvia
 FULVIA
                                                              Taci.
 Quel guardo altrove alma infedel rivolta.
 ERNESTO
 Ah rea Donna! (a Rodelinda.)
 FULVIA
                               Favella:
 Io te ne priego Rodelinda.
 RODELINDA
                                                  Ascolta.
 Ei poc’anzi a me venne, e fu ’l mio volto
1120Poiché sue luci affisse,
 Esalando un sospir; Così mi disse.
 ERNESTO
 Io
 RODELINDA
        Raffrena gl’accenti.
 ERNESTO
 Deh! non udirla, che a te fido
 FULVIA
                                                        Menti
 Spergiuro mensogniero
1125Siegui siegui. (a Rodelinda.)
 RODELINDA
                             Mi disse.
 Dolce bell’Idol mio
 ERNESTO
                                     Io? Non è vero.
 FULVIA
 Sì, che pur troppo è vero. Ella dicea,
 Ed io l’udii: Perché per me di Fulvia
 Deluder vuoi le faci,
1130Che t’infiammaro?
 ERNESTO
                                      È ver, ma
 FULVIA
                                                          Iniquo taci.
 ERNESTO
 E tu lo soffri o Ciel! (sono avvilito.)
 RODELINDA
 (Godi alma mia, tu sei
 Già vendicata, e l’infedel punito.)
 FULVIA
 Ti lascio alma incostante. (parte Fulvia, ed Ernesto la trattiene.)
 ERNESTO
                                                 Il piede arresta. (a Fulvia.)
1135Per pietà Rodelinda
 RODELINDA
 Non la merti.
 FULVIA
                            Infedel.
 ERNESTO
                                             Che pena, è questa?
 ERNESTO
 
 Deh! non voler ben mio
 Dar fede a una Tiranna. (a Fulvia.)
 
 RODELINDA
 
 Il traditor t’inganna. (a Fulvia.)
 
 ERNESTO
 
1140Empia che t’hò fatt’io? (a Rodelinda.)
 Bella (a Fulvia.)
 
 FULVIA
 
             Son tutta sdegno.
 T’odio, spergiuro, indegno.
 
 RODELINDA
 
 (Non so sperar di più.) (ridendo.)
 
 FULVIA
 
 Non vo’ vederti più! (sdegnata.)
 
 ERNESTO
 
1145Morte, dove sei tu!
 
 ERNESTO
 
 M’ascolta, o mi vedrai
 Qui estinto a piedi tuoi. (a Fulvia.)
 
 RODELINDA
 
 E crederlo potrai? (a Fulvia.)
 
 ERNESTO
 
 Crudel da me che vuoi? (a Rodelinda.)
 
 RODELINDA
 
1150Far tutto il tuo cordoglio. (ad Ernesto.)
 
 ERNESTO
 
 Lo senti? (a Fulvia.)
 
 FULVIA
 
                    Udir non voglio
 Chi un traditor mi fu. (ad Ernesto.)
 
 RODELINDA
 
 Merti infedel di più. (ad Ernesto.)
 
 ERNESTO
 
 Poss’io veder di più?
 
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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