Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Chi dell'altrui si veste presto si spoglia, Napoli, a spese di Nicola di Biase, 1734
 a cura di Paologiovanni Maione
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 LUIGGI, e POMPEO.
 
 LUIGGI
365È la Signora Aurelia?
 POMPEO
                                          Ah di spavento
 L’infelice morì.
 LUIGGI
                               Numi! che sento!
 Dunque color, ch’io vidi
 Cinti di vostre spoglie i rei saranno
 Di tanta crudeltà, del vostro affanno.
 POMPEO
370Nol so: so ben, che furo,
 Col favor delle vesti,
 Col testimon del foglio
 Trovato in esse, accolti, ed introdotti
 Dal credulo Giancola.
 LUIGGI
                                          Oh frode, oh inganno!
375E impuniti n’andranno?
 No, no: vogl’io
 POMPEO
                             T’arresta,
 E a miglior’aggio serba
 Lo sdegno.
 LUIGGI
                       Amico! ah qual viltade è questa!
 POMPEO
 Viltà non è, che di viltà capace
380Non fu mai questo core.
 LUIGGI
 Ma chi, fuor dell’usato
 A tolerar l’induce?
 POMPEO
 Chi fa di lui dolce governo: Amore.
 S’accese al primo sguardo
385Faustina di me; di Beatrice
 Il Germano di lei s’accese ancora,
 E mentre l’uno, e l’altra
 Contro di noi, per nostro amor s’adira.
 Ignaro dell’error, per noi sospira.
 LUIGGI
390A che dunque celarvi?
 POMPEO
                                           A solo oggetto
 Di meglio stabilir la nostra sorte
 Sulla certezza d’un più adulto affetto.
 Ma tu come n’andasti
 Da nostri mali esente?
 LUIGGI
                                            Io precedea,
395Come sapete, i passi vostri, e fui
 Il primo, su di cui
 Rapida si scagliò la turba rea:
 All’assalto improviso il mio destriero
 Sprezzando il fren, mi guadagnò la mano
400Sì veloce alla fuga
 Indi si diè, che rese
 Ogni mio sforzo, in rattenerlo, vano;
 Onde, rimasto in sua balia, mi trasse
 Per ignoto sentier, gran pezza lungi
405Da questo ameno rustical soggiorno,
 Ove pastor cortese
 Finalmente scortommi al nuovo giorno.
 POMPEO
 Pietoso Ciel, per nostro
 Sollievo ti serbò, non dilungarti
410Molto da noi.
 LUIGGI
                           Deh lascia
 Ch’io la vendetta tua
 POMPEO
                                         No, no: se m’ami
 Siegui Luiggi il mio consiglio, e parti.
 LUIGGI
 Farò, se così vuoi
 Violenza a me stesso;
415Ma per non cimentarmi, il caso reo
 Porto nel cor troppo altamente impresso.
 
    Son qual fiume, che d’argine stretto
 Tenta uscir dall’angusto suo letto,
 Urta, freme, riposo non hà.
420   Se coll’onda in lui cresce lo sdegno
 Rompe, abbatte ogni freno, e ritegno,
 Spoglia i campi, al mare sen va.
 
 SCENA II
 
 POMPEO, poi FAUSTINA di dentro.
 
 POMPEO
 Tanto d’orgoglio forse
 Un dì non serberà questo tuo core,
425Ch’ora è sì fier, se mai l’accende amore. (Faustina di dentro fa una ricercata di voce.)
 Ma oh Dei! qual dolce incanto
 Mi rapisce a me stesso!
 Udiam; se pur non erro
 Quest’è il mio ben, che si dispone al canto. (Faustina compe sopra.)
 FAUSTINA
 
430Lunge dal fido
 Caro compagno,
 Intorno al nido
 Mesta mi lagno,
 Qual Tortorella,
435Che sente amor.
 
 POMPEO
 
 Fra lacci avvolto
 Qual’Usignuolo
 Afflitto, e solo
 Mi lagno anch’io
440Del fato mio
 Del mio dolor.
 
 SCENA III
 
 FAUSTINA, POMPEO, e MARTONE in disparte.
 
 FAUSTINA
 Viva, viva.
 POMPEO
                       Perdoni
 La mia temerità.
 FAUSTINA
                                  Perché si lagna
 Quest’afflitto Usignuolo?
 POMPEO
445Perché dalla compagna
 Lontan si vede abbandonato, e solo.
 E quella Tortorella
 Perché mesta s’aggira intorno al nido?
 FAUSTINA
 Perché in esso non trova
450Il caro bene, e lo paventa infido.
 MARTONE
 (Co la bbona salute.)
 POMPEO
 Ma poi, che in lui s’avviene?
 FAUSTINA
 Lieta, qual’io, ristora
 Il danno allor delle sofferte pene.
455E se fia, che risponda al suo dolore
 La compagna fedel?
 POMPEO
                                       Si rasserena
 Così nel volto, e canta poi d’amore.
 MARTONE
 (Salute n’ata vota, e figlie mascole.)
 POMPEO
 Ah!
 FAUSTINA
           Sospiri! perché?
 POMPEO
                                           Esser vorrei
460Quel Usignuolo.
 FAUSTINA
                                Oh Dio!
 POMPEO
                                                 Quel duolo affanna
 Il tuo bel cor?
 FAUSTINA
                            Cangiar la sorte mia
 Anch’io vorrei con quella
 Felice innamorata Tortorella.
 MARTONE
 (Canchero! comme cresceno le ddoglie!)
 POMPEO
465Chi tel vieta?
 FAUSTINA
                            Chi mai crudel s’oppone
 Alle tue brame? chi?
 MARTONE
                                         L’ucel Grifone.
 POMPEO
 (Oh incontro!)
 FAUSTINA
                              (Oh ria sventura!)
 MARTONE
                                                                  Seguitate
 Che potressivo fa na razza bella
 E ’l Rusignuolo co la Tortorella.
 FAUSTINA
470(Misera, che dirò!)
 POMPEO
                                      (Posso, a gran pena,
 Frenar lo sdegno.)
 MARTONE
 (Oh benagg’oje! Me pare (doppo guardato attentamente Pompeo.)
 Chisto cca lo patrone
 De ssi vestite.)
 POMPEO
                              Che pretendi? (a Martone.)
 MARTONE
                                                           (È isso.)
 POMPEO
475Parla. (a Martone.)
 MARTONE
               (È pe l’arma de Cacchione.
 Fegnimmola.)
 POMPEO
                             Rispondi. (a Martone.)
 MARTONE
                                                 Padron mio
 Non si prenda cicoria
 Ch’io burlo.
 FAUSTINA
                         Burlavamo ancora noi.
 MARTONE
 Ci ho gusto. (a Faustina.) Faccia pure i fatti suoi. (a Pompeo.)
 POMPEO
480O da scherzo, o da senno
 Io parli seco, a te ragion non deggio.
 De’ miei discorsi sai. (a Martone.)
 MARTONE
 Gnorzì, v’intenno.
 POMPEO
                                    Parti. (a Martone.)
 MARTONE
                                                 Ve servirò,
 Cor un patto però.
 POMPEO
485Che patto?
 MARTONE
                       Oh, oh, ve siete fatto aceto
 Non sta bene.
 POMPEO
                            Ammutisci.
 MARTONE
 Ah? troppo ve fidate
 M’averete pigliato pe merlotto:
 Ma non sapete quel, ch’io porto sotto.
 
490   Avete vista mai
 Sparà la bomba? sì?
 Quann’esce dal mortale
 Ncupo sentì te fa
 Na meza botta: bu:
495Poi no la senti più
 Che zitta, zitta, zitta
 Pe l’aria se ne va
 Insin che arriva, e schiatta
 Bu dove hà da cadè.
500   È verità? lo sai?
 Io so’ giusto accussì
 La prima botta è fatta,
 È accesa la spighetta
 Mo’ me sto zitto: aspetta:
505L’avemo da vedè.
 
 SCENA IV
 
 POMPEO, FAUSTINA, poi GIANCOLA.
 
 POMPEO
 De’ sdegni suoi mi rido.
 FAUSTINA
                                               Ed io mi sento
 Dalle minacce sue l’alma agitata:
 Voglia il Ciel, che non sia
 Presaga d’un gran mal la pena mia.
 POMPEO
510(Ah potessi parlar) serena il ciglio,
 E sappi
 FAUSTINA
                  Parla.
 POMPEO
                               Oh Dio!
 FAUSTINA
                                                Ti confondi.
 POMPEO
 (Svelar mi voglio a lei.)
 FAUSTINA
 A che tanto tacer?
 POMPEO
                                    Sappi, che io
 GIANCOLA
 Mbe che vacite cca?
 FAUSTINA
                                       (Stelle.)
 POMPEO
                                                        (Infelice
515Che deggio dir?)
 GIANCOLA
                                  Oh: (a Faustina.) Oh (a Pompeo.) non responnite?
 Che so’ ssi cannolicchie, che facite?
 POMPEO
 Nulla nulla Signore.
 GIANCOLA
 Comme nulla?
 POMPEO
                              In mercede dell’onore.
 Ch’io di servirvi ottenni,
520Per opra sua, rendeva
 Pago il genio di lei, con dimostrarle
 In qual forma s’innesti
 Una ad un’altra pianta, e come tanti
 Frutti diversi, e fiori
525Produca il suol, sparso de’ miei sudori.
 (non so, che dir.)
 GIANCOLA
                                  No, no, non te pigliare
 Tanto fastidejo, vi’ sta massaria
 Mo’ non è cchiù la mia
 Ca ll’aggio da affittare:
530Lo perzonale sujo
 Penzarrà isso pe la covernare:
 Tu attienne a lo ciardino (a Pompeo.)
 E tu studea co lo marito tujo
 De fa priesto no frutto mascolino. (a Faustina.)
 POMPEO
535(Ahi colpo!)
 FAUSTINA
                         Signor Zio
 E volete ch’io prenda
 Un così rozzo, ed incivil consorte?
 Ah, pria, che farmi misera
 Per tutti i giorni miei, datemi morte.
 GIANCOLA
540Staje mbreaca? ncevile?
 Lo si Pompeo!
 POMPEO
                             Ei non è tal: Signora
 Gli fate torto.
 FAUSTINA
                            (Oh Dio!
 Che ascolto!)
 GIANCOLA
                           Lo canusce. (a Pompeo.)
 POMPEO
 Non vi è chi meglio possa
545Conoscerlo di me (se quel son’io.)
 GIANCOLA
 Non è n’ommo de garbo? (a Pompeo.)
 POMPEO
                                                  Almen per tale
 Si fe sempre stimar.
 GIANCOLA
                                        Lo siente. (a Faustina.)
 FAUSTINA
                                                            (Ah indegno.)
 POMPEO
 Ei v’ama, e v’ama, quanto
 Amar mai possa un fido amante core.
550E ben degno di voi
 Il rende, se non altro, un tanto amore.
 FAUSTINA
 Vile è Pompeo, e vile ancor si rende
 Chi sua viltà difende.
 GIANCOLA
 Si’ pazza!
 POMPEO
                     Ah mia Signora,
555Voi parlate in tal guisa
 Perché Pompeo non conoscete ancora.
 Se sapeste
 FAUSTINA
                       T’accheta, è l’odio mio.
 GIANCOLA
 E te ll’aje da pigliare anca te pesa.
 FAUSTINA
 Pria mi fulmini
 POMPEO
                                Oh Dio
560Gl’accenti sospendete,
 Se pentirvene un dì poi non volete.
 FAUSTINA
 Ah ingannatore. (piano a Pompeo minacciandolo.)
 POMPEO
                                  (Ahi smania.)
 GIANCOLA
 Chesto che bbene a di’? tu capozzie (a Faustina.)
 Tu te tuorce? Che d’haje (a Pompeo.) non jammo juste
565Cca nce qua mbruoglio cierto.
 FAUSTINA
 Volgi quei lumi. (come sopra a Pompeo.)
 POMPEO
                                  (Barbaro tormento!)
 GIANCOLA
 E n’ata vota mo’!
 FAUSTINA
 Fremo d’ira per te. (come sopra.)
 POMPEO
                                       (Morir mi sento.)
 GIANCOLA
 Vaja vaja. (a Pompeo.)
 POMPEO
                       Signor.
 GIANCOLA
                                       A fatecare.
 FAUSTINA
570E non ardir di più venirmi innante.
 POMPEO
 (Ingannata beltà, misero amante.) (entra.)
 
 SCENA V
 
 GIANCOLA, e FAUSTINA.
 
 GIANCOLA
 Chesto ched’è! Fraustina
 Che te si’ puosta ncapo?
 Mme vuoje proprio fa fare na schierchiata?
 FAUSTINA
575Io lo sposo l’amor son disperata.
 
    Dal duolo mi sento
 Quest’anima oppressa
 Ogn’un m’è tormento,
 Ò in odio me stessa,
580Lasciatemi sola
 Fuggite da me.
    Amor mi tradisce,
 La speme è un’inganno.
 Congiura a mio danno
585Il Cielo, la sorte.
 Ah datemi morte,
 La chiedo in mercè.
 
 SCENA VI
 
 GIANCOLA, poi BEATRICE.
 
 GIANCOLA
 Chessa mme pare pazza: nce quaccosa.
 Comme so’ traseticcie
590Sti forastiere! e massema le ffemmene
 Ch’a lo pparlà sempe sperlite, e pronte
 Te manteneno nfrisco. Oh a tiempo, a tiempo
 Vecco ss’autra partita de lo conte.
 BEATRICE
 
    Chi m’insegna il mio bel sole
595Chi mi dice oh Dio! dov’è?
 Tardo è più di quel, che suole,
 Giorno ancor non fa per me.
    Chi m’insegna
 
 GIANCOLA
 Facite l’ore voste
600Secotejate. Io v’aggio
 Pigliata stammatina
 A lo servizio mio pe ciardenera
 E vuje volite fa la cantarina?
 A gusto vuosto. Jate all’uso: mo’
605Tutta sciorta d’aggente
 Se mettono a cantare
 E ni nche sanno di’ sol, fa, mi, re;
 Le vene lo golio de recetare.
 
 SCENA VII
 
 ALESSANDRO, e detti.
 
 ALESSANDRO
 A te ritorno, o bella
 GIANCOLA
610Be’ mmenga. Uscia porzì
 Se volesse mparare
 A fa qua nzierto de sta Signorella?
 ALESSANDRO
 Io volea sono Oh Dio! già mi confondo.
 GIANCOLA
 (Chisso puro sbarea.)
615Se pò sapè, ch’è stato!
 Avissevo magnato
 Cerevella de gatta?
 BEATRICE
                                      (Ahi fier destino!)
 ALESSANDRO
 (Faccianci cor) sia pur con vostra pace,
 Colei, che mi sceglieste
620In consorte
 GIANCOLA
                        Che ttene?
 ALESSANDRO
                                              A me non piace.
 GIANCOLA
 Ll’aggio a desgusto; ma
 Non saccio, che te fa.
 ALESSANDRO
                                         No?
 GIANCOLA
 No. La sia Veatrice
 T’ha da esse mogliere.
 ALESSANDRO
                                           Io non la voglio.
 BEATRICE
625E in che v’offese mai quell’infelice?
 ALESSANDRO
 E ben? qual’interesse
 T’impegna a suo favor?
 BEATRICE
                                             Il proprio.
 ALESSANDRO
                                                                  (Oh Dio!)
 Come!
 BEATRICE
                L’istesso siamo
 E Beatrice, ed io. (ah m’intendesse.)
 GIANCOLA
630(Vecco la stessa storia de mo’ nnante,
 Statte a bbedè.)
 ALESSANDRO
                                Dunque tu mi consigli
 Ad amarla?
 BEATRICE
                         È giustizia: essa t’adora.
 ALESSANDRO
 (Ah ingrato cor.)
 BEATRICE
                                  (E non m’intende ancora!)
 GIANCOLA
 Torna a capozzeà. (ad Alessandro.)
 ALESSANDRO
                                    (Barbara sorte!)
 GIANCOLA
635Tuorcete tu (a Beatrice.) accossì, bravo.
 BEATRICE
                                                                         (Che morte!)
 GIANCOLA
 Bene mio, e comme vanno de conzierto.
 Vedi’ vedite, quanno
 Site stracque, non sa, decitemello.
 BEATRICE
 (Svelarmi io vuo’) sappi Signore
 GIANCOLA
                                                              Ammarcia
640E a chisso cca no lo tenì cchiù mente;
 O luoco luoco io te nne manno.
 BEATRICE
                                                          Addi (ad Alessandro.)
 GIANCOLA
 Non mmuoje cioncare
 Sta lengua a fatecare a fatecare, (a Beatrice che entra.)
 E tu sio strugge ammore
645O fa nzò, che bogl’io
 O chessa è la via toja.
 ALESSANDRO
 (L’istesso siamo Beatrice, ed io!)
 GIANCOLA
 A che penzammo? Avite
 Abbistato tu, e soreta
650Lo ciardeniero, e la foretanella?
 Ve potite da mo’ raspà la zella.
 
    Vedite lloco
 Lo si pozillo
 Mme vo’ fa l’ommo
655No sorecillo
 Ma io t’addomo
 No dubbetà.
    E ca tu ncuocce
 Me capozzie
660No no la vince
 So’ qua cetrulo?
 Co sto fegliulo
 T’haje da spassà.
 
 SCENA VIII
 
 ALESSANDRO.
 
 ALESSANDRO
 L’istesso siamo Beatrice, ed io!
665Non son senza mistero
 I detti suoi: Mi dice il cor, che quella
 È Beatrice: Ah mi dicesse il vero.
 Ma se non fosse poi, qual’io la fingo
 Al credulo pensier? Pensier tiranno
670Tu sei fallace, o vero,
 Cagione a questo cor d’acerbo affanno.
 
    Desta intorno all’alma mia
 Rio pensier di gelosia
 Cento imagini funeste,
675E turbando va con queste
 Il suo placido seren.
    Cresce il dubio tormentoso
 Manca al core la costanza,
 Sol mi resta una speranza
680Di trovar il mio riposo
 Giunto in seno al caro ben.
 
 SCENA IX
 
 CIULLA, e CHIARELLA.
 
 CIULLA
 Chiarella? mo è lo tiempo
 De fa vedè la valentizia toja,
 Ca si tu faje sta bbotta, figlia mia,
685Dammo no caucio alla pezzenteria.
 CHIARELLA
 Io faccio quanto pozzo:
 Tu saje, ca pe ffa squase
 Ne venarria da metere; ma sacce
 Ca co lo si Alisandro
690Ntanto, è opera morta,
 e che non aggio fatto?
 Pregarie, chiante, gnuoccole,
 Ch’avarriano ammolluta
 Porzì na vreccia; all’utemo
695Me songo, all’uso mio, nfi addebboluta.
 CIULLA
 E isso?
 CHIARELLA
                 E isso tuosto
 Cchiù de n’ancunia, a tanta martellate,
 Tene pede co chella
 Mala sciaura de foretanella.
 CIULLA
700Ne ne? aggel’a ggusto, ca si maje
 Soccedesse la cosa, mente tene
 No genejo accossì vascio, a da sta zitto,
 Quanno po se scommoglia sta nzalata.
 CHIARELLA
 Provammo: Io non mme so’ maje sconfedata.
705Schitto me fa apprenzejone
 CIULLA
                                                     Che ccosa!
 CHIARELLA
 Chillo povero Martone.
 Ment’io m’affatecava
 A persuadere a chillo, e ch’aggio visto?
 N’ato ppoco chiavava
710De facce nterra lo scurisso: saje
 Ca ce simmo volute sempe bene.
 CIULLA
 Isso nce corpa a tutto,
 Che ne voleva fare
 De metterte mmerrizze?
 CHIARELLA
                                                Mamma mia
715No mme despiaciarria
 De fa sto cagno, ma
 Veo mal’airo a Baja. N’ato muodo
 Nce sarria
 CIULLA
                      Dillo di’.
 CHIARELLA
                                        Me so’ addonata,
 Ca lo viecchio se mena
720Pe no bonnì: vorria attaccà co isso.
 CIULLA
 E che aspiette? a di mano
 Fallo.
 CHIARELLA
              Lo faccio.
 CIULLA
                                  Benedetta mia.
 CHIARELLA
 E addavero me metto ’nsignoria.
 
    No viecchio de chisse
725Me po’ schitto fare
 Cagnare
 Fortuna:
 Ne saccio cchiù d’una,
 Che sciala, sfuorgea,
730Va mpoppa accossì.
    Lo scuro vavone
 Ncampana fa stare,
 Cchiù ppeo de peccione
 L’attenne a spennare,
735E po basta, basta:
 Sacc’io che mme di’. (Nella replica della prima parte Ciulla dice insieme con Chiarella Va mpoppa accossì ed entrano.)
 
 SCENA X
 
 MARTONE, e GIANCOLA:
 
 MARTONE
 Gnorzì, gnorzì, gnorzì,
 Comme ve l’ò da di’?
 Quello, che stamatina
740Visignoria a pigliato
 Pe giardeniero, è il capo
 De li latri, che c’anno assassinato.
 GIANCOLA
 Ora vi’ che frabbutto.
 MARTONE
 In verità lui non è latro, e nasce
745Bene, sapete.
 GIANCOLA
                            Ne?
 MARTONE
                                       Ò scoperto tutto:
 E ’l poveromo è cotto
 Pe la vostra nepote
 La mi Signora sposa,
 E lei non monna nespole.
 GIANCOLA
                                                 (È lo vero.)
 MARTONE
750Per questo fa con mme la schizzignosa.
 Ora in sapè l’amico
 Ch’io stava pe venì co mi sorella
 S’era fatto sto conto: dice: io
 L’ammazzo per la strada,
755Me piglio quanto portano
 Li bagagli le lettere, e con queste
 Me spaccio pe Pompeo,
 Dico, che mi sorella è Beatrice
 Non mancherà na vecchia,
760Pe falla fa da gnora matre.
 GIANCOLA
                                                  (Dice
 Quaccosa sa.)
 MARTONE
                            Accordati
 Stavano già co loro
 Questi che qua, che ’l Signor Alesandro
 Patisce puro lui co la sorella.
 GIANCOLA
765(E di ca no.)
 MARTONE
                          Accusì a la barba nostra
 Se faceva ’l pasticcio. Non è bella
 La penzata?
 CIULLA
                         Nc’haje dato proprio mmiezo.
 MARTONE
 Zitto, mo’ se ne vie’ l’amico Cesare.
 GIANCOLA
 Sa che buo’ fa? Statte co li guarzune
770Lloco annascuso, e siente
 Si te vuoje fa de core na risata;
 Quanno ve chiammo po datele ncuollo.
 MARTONE
 (Oh bene mio comme se ll’ha zucata.) (entra.)
 
 SCENA XI
 
 POMPEO, e GIANCOLA.
 
 POMPEO
 (Non è più tempo di tacer.) Signore
 GIANCOLA
775Che v’accorre? Uscia dica.
 POMPEO
                                                  Eccoti al piede
 Un’infelice. (s’inginocchia.)
 GIANCOLA
                          Susete
 Non tanta zeremonie
 (Se volarrà nnultà.)
 POMPEO
                                       Ella si crede
 Vedersi innanzi un semplice pastore.
780Non è così? risponda.
 GIANCOLA
                                          Sì Signore.
 POMPEO
 E pur tale non sono.
 GIANCOLA
                                       No? e chi site?
 POMPEO
 Io son Pompeo, lo sposo destinato
 Alla vostra nipote.
 GIANCOLA
                                    Che decite!
 Da vero? (che pallone.)
 POMPEO
                                             Certamente.
 GIANCOLA
785E chill’autro, che ddice,
 Ch’isso è Pompeo
 POMPEO
                                   Egli è un’indegno, ei mente.
 GIANCOLA
 (Che cerneja tosta!)
 POMPEO
                                       E forse un di quegl’empj
 Sarà, che per la via
 Ne spogliarono, e quasi
790Ridussero a morir.
 GIANCOLA
                                     Arrasso sia.
 E la foretanella
 È soreta, Veatrice?
 POMPEO
                                     Appunto: è quella.
 GIANCOLA
 E la si Aurelia, mammeta?
 POMPEO
                                                   Morì
 Di spavento.
 GIANCOLA
                          Ne, ne? salute a bbuje
795(N’anno potuto avè
 Na mamma d’arrepiezzo.)
 Vi’ che frabutte! Ah figlio mio volimmo
 Castigarele a chisse.
 POMPEO
                                        Il loro errore
 Non merita perdono.
 GIANCOLA
                                         Non Signore.
800Addo’ site fegliu’.
 
 SCENA XII
 
 MARTONE con i Garzoni di Giancola, e detti.
 
 GIANCOLA
                                   Attaccate a chisso.
 POMPEO
 Qual cangiamento! ah infami (alli Garzoni.)
 MARTONE
                                                         Non te movere. (dà di mano in petto a Pompeo.)
 GIANCOLA
 Mpostiero, frabbuttone, te credive
 D’havè da fare co qua racchio? (a Pompeo.)
 POMPEO
                                                          Oh Dio!
 L’impostor non son’io.
805Ma questi
 MARTONE
                      Sorcio in bocca.
 GIANCOLA
                                                     A sta pedata
 Nchiuditelo a na parte, nfi che bene
 La corte.
 MARTONE
                   Signor mio
 La bomba, non sapete? mo’ è schiattata.
 POMPEO
 
    Ridi de’ mali miei
810Perfido ingannator! (a Martone.)
 Come soffrite o Dei
 Quest’empio traditor!
 Un misero innocente
 Incenerite poi.
815O siete ingiusti voi,
 O non v’è Nume in Ciel.
    Del folle inganno al fine
 Io so che t’avvedrai. (a Giancola.)
 All’or ti pentirai
820D’essermi sì crudel.
 
 SCENA XIII
 
 MARTONE, e GIANCOLA.
 
 MARTONE
 Voglio vedè pur’io dove lo mettono
 C’avesse da scappà?
 GIANCOLA
                                        Faje buono: ntanto
 No cancareatone farragg’io
 A li nepute mieje.
 MARTONE
                                    Non fate gente.
 GIANCOLA
825Pecché?
 MARTONE
                  Perché la sposa, Signor mio
 È donna come l’altre, e facilmente
 Se fa svoltà: e ’l fratello
 La mette su, besogna separalli.
 GIANCOLA
 Ne ne Alisandro?
 MARTONE
                                   Quello
830Quello solo è la pietra de lo scannalo.
 GIANCOLA
 Mme piace la conzurta, l’agghiust’io
 Ippeso fatto a Napole lo manno,
 Non te piglià fastidejo è piso mio.
 MARTONE
 Se fate questo, noi semo a cavallo.
 GIANCOLA
835Lo bedarraje.
 MARTONE
                            Mo’ vengo.
 (Si chisso se nne va, songh’io lo gallo.)
 
 SCENA XIV
 
 GIANCOLA, poi ALESSANDRO.
 
 GIANCOLA
 Alisandro Alisandro.
 ALESSANDRO
                                        Signor zio. (di dentro.)
 GIANCOLA
 Jesce cca fora.
 ALESSANDRO
                             Appunto (esce.)
 Scendeva per trovarla.
 GIANCOLA
                                            A sta pedata
840Luoco luoco vi’, miettete ngalessa
 E ba vattenne a Napole.
 ALESSANDRO
                                              Perché?
 GIANCOLA
 Lo pecché lo ssacc’io, no lebbrecare
 E lo ssaje tu porzì, vattenne mo’,
 Ca si no, puoje passare
845Qua ppericolo.
 ALESSANDRO
                              Io
 Non so nulla.
 GIANCOLA
                           Ah, frabbutto, faje lo nzemprece?
 Mannare no sicario, arrasso sia
 P’assassenare chille poverielle
 E po portaremillo
850Dint’a la casa mia!
 ALESSANDRO
 Qual sicario!
 GIANCOLA
                           Lo frate
 De la Signora toja, lo Ciardeniero?
 ALESSANDRO
 Io!
 GIANCOLA
         Tu sì: saccio tutto.
 ALESSANDRO
                                            Non è vero.
 GIANCOLA
 Caglia, caglia briccone, e ammarcia.
 ALESSANDRO
                                                                   Senta
 GIANCOLA
855N’aggio cchiù che sentire.
 ALESSANDRO
 Oh Dio!
 GIANCOLA
                  Squaglia te dico.
 E non me fa schierchiare
 Ca zio, e buono te do mmano a la corte
 Si mo’, che torno, cca te faje trovare. (entra.)
 
 SCENA XV
 
 FAUSTINA, ed ALESSANDRO.
 
 FAUSTINA
860Qual novità, german? perché col zio
 Contrastasti fin’ora?
 ALESSANDRO
 Siam traditi Faustina: egli mi crede
 Del tentato assassinio,
 Non so come, l’autor, crede, che sia
865Un sicario il fratello
 Di lei, ch’è l’alma mia,
 Vuole, che in questo punto
 Io per Napoli parta, e mi minaccia
 Darmi ei stesso in potere della corte
870Se ricuso ubbidir. Barbara sorte.
 FAUSTINA
 Machina è questa al certo
 Dell’indegno Pompeo: non devi al zio
 Ne’ primi sdegni repugnar: va: parti
 Farem la tua difesa il tempo, ed io.
 ALESSANDRO
875E in rischio così certo, e sì vicino
 Lasciar deggio il mio ben?
 FAUSTINA
                                                   Ma qual riparo?
 ALESSANDRO
 Vuo’ che il mio fier destino
 Estingua la sua sete in queste vene:
 Convien partir, ma poi morir conviene.
 FAUSTINA
880Cessi l’augurio il Ciel: Pensa
 ALESSANDRO
                                                      Pensai.
 FAUSTINA
 Ascolta.
 ALESSANDRO
                  Parli al vento.
 FAUSTINA
 L’amor
 ALESSANDRO
                 È mio tormento.
 FAUSTINA
 Il sangue
 ALESSANDRO
                    Vuo’ versarlo.
 FAUSTINA
 Il pianto mio
 ALESSANDRO
                           Non giova.
 FAUSTINA
885Il mio martire
 ALESSANDRO
                              È vano.
 FAUSTINA
 E vuoi crudel
 ALESSANDRO
                            Voglio morire.
 
    Ricevi in questo amplesso
 Forse l’estremo addio,
 Consola l’idol mio,
890Ricordati di me .
 
 FAUSTINA
 
    Il mesto core oppresso
 Sento da tante pene,
 Più viver non conviene
 Voglio morir con te.
 
 ALESSANDRO
 
895Restati.
 
 FAUSTINA
 
                  No.
 
 ALESSANDRO
 
                            Degg’io.
 
 FAUSTINA
 
 Ti seguirò.
 
 ALESSANDRO
 
                       Non lice.
 
 FAUSTINA
 
 Pietà d’un infelice.
 
 ALESSANDRO
 
 Chetati.
 
 FAUSTINA
 
                  Vivi almeno.
 Al caro ben.
 
 ALESSANDRO
 
                         Che affanno!
 
 A DUE
 
900Barbaro Ciel tiranno
 Fiero spietato amor
 In sì fatal momento
 Dividere mi sento
 Quasi dal petto il cor.
 
 SCENA XVI
 
 MARTONE, poi CHIARELLA, e CIULLA dal casino.
 
 MARTONE
905Aggio nchiuso lo puorco,
 Chillo sio sbruffallesse
 Già se nne va: vo’ esse
 Na cosa proprio bella,
 Quanno lo saparrà la sia Chiarella.
910Saccio ca la zellosa
 L’ha fatte tanta squase, e fenezzelle:
 Le voglio fa raspare addo’ le prode
 A la mamma, ed a essa: uh teccotelle
 Sentimmo che le dice
915La roffeana vecchia.
 CIULLA
                                       Figlia mia
 No non te sconfedare,
 Sacce barcamenare
 Piglia lo tiempo, e finge co Martone
 Fallo comme se dice,
920E contento, e gabbato.
 MARTONE
 (Buono buono. Farrimmo
 A chi se sose primmo) schiavo Gnora:
 Chiarella mia ched’aje? staje marfosella.
 CHIARELLA
 Che boglio avè; tu no mme vuoje cchiù bene.
 MARTONE
925(E ba la cride) si’ lo core mio.
 CHIARELLA
 Giù la mano.
 CIULLA
                           È boscia. La poverella
 Squaglia pe tte. (a Martone.)
 CHIARELLA
                                 Sacc’io
 Chello, che bene addì sta botticella.
 Isso è ncappato co la sia Fraustina,
930E ba trovanno prete
 De ponta, pe s’appiccecare
 Co mmico.
 CIULLA
                       No lo ccredo.
 MARTONE
                                                 Gnora mia
 Lassammola parlare.
 Io fegno tu lo ssaje.
 CIULLA
935Fegne essa puro.
 MARTONE
                                  Fa buono.
 CHIARELLA
 Maramene aggio da fare
 Pe bbuje la facce tosta,
 Me facite gabbà porzì lo prossemo.
 MARTONE
 No no: pe chesto tu si’ nnata a posta.
 CIULLA
940Se sape nnustrià.
 MARTONE
                                   Sia benedetta.
 Tene nfrisco cchiù d’uno
 Ammica a tutte, e fedele a nesciuno.
 CHIARELLA
 Accossì nce pejace.
 MARTONE
                                     Oh oh maddamma
 Ussia se piglia collera?
 CIULLA
                                            Pazzea.
 MARTONE
945Lo ssaccio, e i puro: ma mperrò
 Lo sio Alisandro, che non po’ vederela
 Eje lo cherito sujo.
 CHIARELLA
                                     Schiatta.
 CIULLA
                                                        Non sa.
 Simmo accossì nuje femmene
 Parlo contra de me, li cchiù stemate
950Da nuje, tu saje chi songo?
 MARTONE
                                                   No.
 CIULLA
                                                             So’ chille,
 Che nce pigliano a botta de mazzate.
 MARTONE
 Chesta è ccosa de Lazzaro mperrò.
 CHIARELLA
 Ca isso è ommo buono.
 MARTONE
                                             Mia Signora
 So’ paro vuosto.
 CHIARELLA
                                O paro, o sparo, ussia,
955Che nne vo’ fa de me?
 CIULLA
                                           Carreca. (piano a Chiarella.)
 CHIARELLA
                                                             Jate
 Addo la sia Fraustina,
 E a zucà le ccervella no mme state.
 CIULLA
 Via via no nne sia cchiù.
 MARTONE
 (Vi’ comme se fa a tenere.)
 CHIARELLA
                                                    Lo voglio
960Fa mozzecare addo’ n’arriva.
 MARTONE
                                                       A me?
 CHIARELLA
 A te sì.
 CIULLA
                Molla mo’. (piano a Chiarella.)
 MARTONE
                                      Chiare’, Chiare’
 Tieneme mente. (Chiarella ride.)
 MARTONE
                                  (E cancara adderitto.)
 CIULLA
 Ride te videtella. (a Martone.)
 MARTONE
                                   Ll’aggio visto.
 CHIARELLA
 Non pozzo sta: che bizeo maleditto!
 MARTONE
 
965Moro pe te.
 
 CHIARELLA
 
                        Fambutto
 Vattenne, nn’eje lo ve’.
 
 MARTONE
 
 Tu mme vuoje mpene?
 
 CIULLA
 
                                             Sì
 Speresce essa porzì.
 
 MARTONE
 
 (E bba le ccride va.)
970Chiare’?
 
 CHIARELLA
 
                   Comme zi mbutto.
 
 MARTONE
 
 M’abbulle.
 
 CIULLA
 
                       Leva le’.
 
 CHIARELLA
 
 Sempe me fa allangià.
 
 MARTONE
 
 No, no non t’allangià.
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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