Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Chi dell'altrui si veste presto si spoglia, Napoli, a spese di Nicola di Biase, 1734
 a cura di Paologiovanni Maione
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 LUIGGI, ed ALESSANDRO.
 
 LUIGGI
 No: non ti pentirai d’avermi usata
975Una tal confidenza.
 ALESSANDRO
 La mia disubbidienza
 Temo, che irriti maggiormente il zio.
 LUIGGI
 Non paventar, Amico:
 Di renderlo capace è pensier mio.
980Pria che ti veda, lascia,
 Ch’io seco parli; so, che temi ancora,
 Che diffidi di me; Ma l’opra al fine
 Chiaro ti renderà della mia fede:
 Un disperato core
985Misero non è mai, quanto si crede.
 
    Spesso quel vento,
 Che irato, e fiero,
 Dal buon nocchiero
 Si crede infido,
990Al caro lido
 Lo porta in sen.
    E fra l’orrore
 Della tempesta,
 Spesso si desta
995Inaspettato
 Grato
 Seren.
 
 SCENA II
 
 ALESSANDRO, poi FAUSTINA.
 
 ALESSANDRO
 Comprendere non so per qual raggione
 Tanta cura di me, de’ casi miei
1000Costui si prenda: ah m’assistete o Dei.
 FAUSTINA
 Germano? come qui? Pentito forse
 Del suo rigore, il zio
 A noi ti rende?
 ALESSANDRO
                               No. Già m’accingea
 Ad ubbidirlo, quando
1005Non più visto da me Garzon cortese
 Mi si fé innanzi, e a raggionar mi prese.
 FAUSTINA
 Di che?
 ALESSANDRO
                  D’ogni mia pena
 Informato mostrossi,
 S’oppose al partir mio,
1010Animommi a sperar, indi s’offerse
 Calmar del zio lo sdegno.
 FAUSTINA
 Benigno arrida il Cielo al pio disegno
 Questi un Nume sarà.
 ALESSANDRO
                                           Eccolo: Ei viene
 Seco parlando ancor.
 
 SCENA III
 
 GIANCOLA, LUIGGI, e detti.
 
 GIANCOLA
                                         Non accorr’autro
1015M’abbasta che ntennimmonce Fraustina
 Sia mogliere a Pompeo, e co Veatrice
 Alesandro se nzore, de lo riesto
 Ussia faccia, e desfaccia a gusto sujo.
 Ecco la chiave de lo carcerato. (li dà una chiave.)
 LUIGGI
1020Vuo’, che per loro pena
 Sian presenti alle nozze gl’impostori.
 GIANCOLA
 Ussia spacca, ussia pesa.
 LUIGGI
 A riservirla (a Giancola.) Amico
 Siam quasi in porto. Addio: volo all’impresa. (piano ad Alessandro.)
 GIANCOLA
1025Alisantro, Fraustina; pe sta sera
 Li matremonie già se so’ appontate
 Allestiteve, e zitto
 Si no, credite a me, vuje la sgarrate.
 
 Non tanta chiacchiare (a Faustina.)
1030No cchiù parole (ad Alessandro.)
 Cossì bogl’io, (a Faustina.)
 È gusto mio (ad Alessandro.)
 No mme responnere (a Faustina.)
 No llebbrecà. (ad Alessandro.)
 
 SCENA IV
 
 FAUSTINA, ed ALESSANDRO.
 
 FAUSTINA
1035Alessandro, che pensi?
 ALESSANDRO
                                            Io mi confondo,
 A chi mai creder deggio!
 FAUSTINA
                                                Il zio pur troppo
 Chiaro parlò.
 ALESSANDRO
                           L’Amico
 Mi confermò le sue promesse.
 FAUSTINA
                                                         E poi?
 ALESSANDRO
 Da un sì funesto intrico
1040Chi per pietà ci toglie?
 FAUSTINA
 Di Sfinge così oscura
 Chi l’Edipo sarà?
 ALESSANDRO
 Chi tutto scioglie.
 
    Non manca a un petto forte
1045Modo d’uscir di pena:
 De’ mali miei la morte
 Il termine sarà.
    Della caduca spoglia
 Avrà il destin la palma,
1050Dell’alma
 Non l’avrà.
 
 SCENA V
 
 FAUSTINA, poi POMPEO.
 
 FAUSTINA
 T’intendo: o petto anch’io,
 Per incontrar senza spavento
 POMPEO
                                                       Al fine
 Arrise al desir mio
1055Pietoso Ciel. Sarò
 FAUSTINA
                                   Sarai contento.
 POMPEO
 Un secolo mi sembra ogni momento.
 FAUSTINA
 (Ah perfido!)
 POMPEO
                            Vicine
 FAUSTINA
 Son le mie nozze, e sono
 Frutto de’ tuoi consigli: All’abborrito
1060Laccio, per compiacerti,
 Io stenderò la destra,
 Contro il voto del cor.
 POMPEO
                                          Come!
 FAUSTINA
                                                         Godrai
 Meco veder unito
 Il tuo rival.
 POMPEO
                        T’inganni.
 FAUSTINA
                                             M’ingannai,
1065Nel crederti fedel.
 POMPEO
                                    Tu sei
 FAUSTINA
                                                  Perduta
 Per tua cagion.
 POMPEO
                              Son io
 FAUSTINA
                                            Sei traditore.
 POMPEO
 Pompeo
 FAUSTINA
                   Sarà mio Sposo.
 POMPEO
 È questo il mio piacer.
 FAUSTINA
                                            Barbaro core.
 
    Taci, non irritarmi,
1070Degno di me non sei.
 Poveri affetti miei,
 Mio sventurato cor.
    D’un sì crudele inganno
 Come non senti affanno
1075Come non ai rossor!
 
 SCENA VI
 
 POMPEO, poi BEATRICE.
 
 POMPEO
 Che m’avvenne! ove son! Germana ah dimmi:
 Allor, che i lacci miei
 Sciolse Luiggi, disse, o m’ingannai,
 Che pria del nuovo dì
 BEATRICE
1080Sposi, e felici ambo saremo?
 POMPEO
 Sì.
 BEATRICE
         Il disse.
 POMPEO
                          E qual fu mai
 De sdegni del mio bene
 La possente cagion?
 BEATRICE
                                       Quai sdegni?
 POMPEO
                                                                  Or ora
 Di rimproveri acerbi
1085Mi caricò, chiamommi ingannatore
 Con tant’ira, che ancora,
 Suonar mi sento gl’aspri detti al core.
 BEATRICE
 Mi fai stupir Germano.
 POMPEO
                                             Ah non hò pace
 Se il ver non scopro: a rintracciarlo io vado,
1090Dall’Amico. Tu intanto
 Alla mia la tua cura
 Unisci, e cauta altronde
 Il nostro Fato investigar procura.
 
    Toglimi a’ dubj miei
1095M’invola al mio timor,
 Rendi la pace a un cor,
 Vicino a disperar.
    Compare un raggio appena
 Per me di luce in Cielo,
1100Che denso oscuro velo
 Lo torna ad ingombrar.
 
 SCENA VII
 
 BEATRICE, e poi CIULLA.
 
 BEATRICE
 E quando Astri Tiranni
 Stanchi de mali miei quando sarete?
 CIULLA
 Olà? che pretendete
1105Voi da qui? feminella
 Di bassa mano? annate, annate via.
 BEATRICE
 Mi dica in cortesia
 Buona Vecchia
 CIULLA
                              Che Vecchia? Vecchia un corno
 Che vi cechi.
 BEATRICE
                           (Che flemma) non andate
1110In colera per grazia.
 CIULLA
                                       Non c’è grazia
 Non c’è pietà. A me Vecchia?
 BEATRICE
                                                       Perdonate
 Fu error di lingua.
 CIULLA
                                     Sangue d’un Giudio,
 Ve gastigherò io. Vedete qua
 Chi se voleva mette al paragone
1115De la mia figlia. Va sciacquate un baffo.
 BEATRICE
 Come! che dice!
 CIULLA
                                 Como
 Sta da llà de Milano.
 BEATRICE
                                        La sua figlia
 CIULLA
 Sta sera è sposa, a marcio tuo dispetto
 Del Signore Alessandro.
 BEATRICE
                                              Ma però
1120Non è sposata ancora.
 CIULLA
                                          Sposerà,
 E vostra Signoria se gratterà.
 BEATRICE
 Forse che no.
 CIULLA
                           Forse che sì.
 BEATRICE
                                                    Vedremo.
 CIULLA
 Vedremo sicuro.
 BEATRICE
                                 Ma se poi
 CIULLA
 Olà tanta ruganza avanti a noi?
 
1125Serrate quella bocca,
 Sentì più non ve voglio,
 Annate in Campidoglio.
 Non ci seccate il cuor.
 
 SCENA VIII
 
 BEATRICE.
 
 BEATRICE
 Ah! ch’alla mia sciagura
1130Toglie ogni dubio il fasto di costei:
 E pure in tanto affanno
 Attristarmi non so quanto dovrei.
 
    In van mi lusingate
 Speranze del mio core,
1135So ben, che m’ingannate,
 Io non vi credo no.
    Tacete alfin tacete,
 E se parlar volete,
 Cangiatevi in timore,
1140Allor vi crederò.
 
 SCENA IX
 
 MARTONE, e CHIARELLA.
 
 MARTONE
 Leva rimmo Chiare’,
 Tu mo’ saje, ca te faccio: a me vuoje vennere
 Vessiche pe llanterne?
 CHIARELLA
    Mara me
1145Comm’è ncocciuso! Siente: Chi te dice,
 Ca io no ll’aggio a ggusto
 De fa sti matremmonie? haje da penzare,
 Che ffacimmo no sauto mmalorato.
 MARTONE
 E mente?
 CHIARELLA
                     Ma sacc’io,
1150Aggio da dire: schiatta
 Core, ca si’ lo mio.
 MARTONE
 Ne?
 CHIARELLA
            Famme no piacere: Io mo’ da te
 Nn’aggio cchiù che sperà,
 Che ne volarria fa
1155De darete a rentennere na cosa
 Pe n’autra?
 MARTONE
                        (Veramente
 Spreposeto sarria.)
 CHIARELLA
                                      Ma sa che d’è?
 Ca tu non siente pena
 D’haverme da lassare, e accossì cride
1160De me porzì.
 MARTONE
                           Benaggia craje, e pescraje
 Io mo’ sa che farria?
 CHIARELLA
 Che ccosa? va dece’.
 MARTONE
                                       Me scannarria.
 CHIARELLA
 Lo Cielo me nne scanza. Statte buono
 Martone mio, arrecordate ca t’aggio
1165Voluto bene, e
 MARTONE
                             Zitto
 Zitto mmalora, già mme vene a chiagnere.
 CHIARELLA
 No cchiù, no cchiù: annetta gioja mia.
 MARTONE
 E tu non chiagne ne?
 CHIARELLA
                                         Me vorria tenere.
 Ma comme co’? e chi non chiagnarria?
 MARTONE
1170Chiare’?
 CHIARELLA
                   Marto’?
 MARTONE
                                    Mannaggia!
 CHIARELLA
                                                            Potta d’oje!
 MARTONE
 Facimmoncenne proprio
 Na bbona sazeata.
 CHIARELLA
                                    Comme vuoje.
 Uh, uh, uh, uh; ma no:
 Chella è ccosa d’aggente dozzenale,
1175Spartimmoce a la granne,
 E ffacimmo abbedè,
 Ca simmo mmeretebbole
 D’addeventà Segnure.
 MARTONE
 Dice buono.
 CHIARELLA
                         No cchiù
1180No cchiù riepete no.
 MARTONE
 No cchiù dolure.
 CHIARELLA
                                 Scocchia.
 MARTONE
 Ecco cca scocchiato.
 CHIARELLA
 Vattenne a chesta via,
 Ch’io me nne vao da llà.
 MARTONE
                                              Tutt’a na botta.
1185A DUE
 Schiavo. (si dividono, ed arrivati alla scena si fermano.)
 MARTONE
                    Chiare’?
 CHIARELLA
                                      Marto’.
 A DUE
                 Ah.
 MARTONE
                          Quanno vaje?
 CHIARELLA
 Quanno te sparte?
 MARTONE
                                     Oh Dio!
 CHIARELLA
 Spartimmoce; ma dammoce n’addio. (s’accostano.)
 
1190Io te lasso, Ninno caro,
 No scordarete de me.
 
 MARTONE
 
 Me spartesco, Fata bella,
 Quarche bbota penza a me.
 
 CHIARELLA
 
 Bene mio, e che muorzo amaro!
 
 MARTONE
 
1195E che sciorta scajenzata!
 
 CHIARELLA
 
 E mell’aggio d’agliottì?
 
 MARTONE
 
 E remmedejo no nce sta?
 
 CHIARELLA
 
 No cchiù mo’.
 
 MARTONE
 
                            Basta accossì.
 
 CHIARELLA
 
 Jammo.
 
 MARTONE
 
                   Jammo.
 
 A DUE
 
                                     Ah ca mme sento
1200St’arma scura annegrecata
 Da la radeca scippà.
 
 CHIARELLA
 
 Jammoncenne, che ffacimmo.
 
 MARTONE
 
 Morarrimmo de dolore.
 
 CHIARELLA
 
 Va tu primmo.
 
 MARTONE
 
                              Attocca a te.
 
 CHIARELLA
 
1205Vao.
 
 MARTONE
 
            M’abbio.
 
 A DUE
 
                               Ma n’aggio core
 Gioja mia de te lassà.
 
 SCENA X
 
 LUIGGI, MARTONE, FAUSTINA, CHIARELLA, GIANCOLA, ed ALESSANDRO, POMPEO, e BEATRICE.
 
 LUIGGI
 No no: faccia favore (a Martone.)
 MARTONE
 (Che bo’ sso mal’aurio!)
 FAUSTINA
 M’intendesti! (piano a Chiarella.)
 CHIARELLA
                             Io non so questo, né quello:
1210Il vostro Signor zio Eccolo
 FAUSTINA
                                                 Taci,
 E avvertisci lo stesso a tuo fratello. (come sopra.)
 GIANCOLA
 A tiempo, a tiempo: simmo tutte. Via
 Sio Luise.
 LUIGGI
                      Mi dica, mio Padrone
 Onde aveste quest’abito? (a Martone.)
 MARTONE
                                                  Perché?
 LUIGGI
1215Risponda.
 MARTONE
                      L’ò comprato.
 LUIGGI
 Come? dove? da chi? questo è rubbato.
 MARTONE
 Rubbato!
 LUIGGI
                     E quello ancora. (additando Chiarella.)
 CHIARELLA
 (Mara me!)
 MARTONE
                         Non è vero.
 LUIGGI
                                                A voi. Si chiami
 La Corte. (a Garzoni di Giancola.)
 MARTONE
                     No no no; aspetta’, aspettate (alli detti.)
1220Mo’ vommeco, si vuje me perdonate. (a Luiggi.)
 LUIGGI
 Narra il vero, e sei salvo.
 MARTONE
                                               Signor mio
 Io pe ppaura steva
 Annascuso a na parte, quanno chille
 Joquavano de rancio
1225E pe potè fuire
 Mme menajeno ncuollo ssi vestite:
 Io l’acciarraje, e facette
 Co lo papello, p’abburlare
 GIANCOLA
                                                 Addonca
 Lo si Pompeo
 MARTONE
                            È chillo mi Patrone (additando Pompeo.)
1230Ch’io me chiammo Martone.
 FAUSTINA
 Oh sorte!
 ALESSANDRO
                     Oh me felice!
 GIANCOLA
                                                Uscia mme scusa. (a Pompeo.)
 POMPEO
 Ella colpa non v’à.
 GIANCOLA
                                    Ah Caperrone. (a Martone.)
 MARTONE
 Mi signo’ la parola. (a Luiggi.)
 LUIGGI
                                       Amico
 POMPEO
                                                      Intesi
 Basta per mia vendetta, ch’ei deponga.
 MARTONE
1235L’Abbeto? sì Signore
 Eccolo cca. (si spoglia.)
 POMPEO
                        Lo dono a voi. (a li Garzoni.)
 MARTONE
                                                    Pigliate. (a li Garzoni.)
 POMPEO
 Quella vecchia ribalda ancor spogliate. (a li Garzoni.)
 GIANCOLA
 E sta sia tacchi tacchi? (additando Chiarella.)
 BEATRICE
                                             No Germano
 Merta perdon l’etade: a lei si doni.
 POMPEO
1240Di ciò ch’è tuo, come più vuoi disponi.
 CHIARELLA
 Puozze sta sempe bona. (a Beatrice.)
 GIANCOLA
                                               Che ffacimmo?
 Su dateve la mano
 Site contente?
 FAUSTINA
                             È questo il piacer mio.
 ALESSANDRO
 L’istesso siamo, Beatrice, ed io. (a Beatrice.)
 
 SCENA XI ED ULTIMA
 
 CIULLA, e detti.
 
 CIULLA
1245E come? senza me, si fa la festa?
 Se ce sta chi me voglia
 Io che facete! (a li Garzoni che al cenno di Pompeo la spoglia.)
 POMPEO
                             Chi
 Si veste dell’altrui presto si spoglia.
 FAUSTINA - ALESSANDRO
 
 Ebbe fine il nostro affanno
1250Giunse al termine il martir.
 
 POMPEO - BEATRICE
 
 Trionfò d’un folle inganno
 La costanza nel soffrir.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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