Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Il Filippo, Napoli, A spese di Nicola de Biase, 1735
 a cura di Paologiovanni Maione
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 POMPILIO, che sta scrivendo dentro la sua Bottega di Copista, ivi a canto FILIPPO seduto, CARLOTTA nel Balcone, che sta su la Bottega; e NICOLETTA, che sta cucendo, seduta avanti la sua Bottega di Cuffiara.
 
 NICOLETTA
 
 Fegliole nzemprecelle,
 Sacciate che ve fa.
 Guardateve, guardate
 Da cierti ncappatielle,
5Che ttirano a ggabbà.
 
 POMPILIO
 S’è alzata de vena stammatina
 Quella Signora.
 FILIPPO
                               Il tempo
 Passa cantando. (Eh furba! Io so ben quanto
 Significa quel canto.)
 CARLOTTA
                                          (Ella a me parla
10Con quel cantar: ti sento;
 Ma son disperse le parole al vento.)
 NICOLETTA
 
 Fegliole nzemprecelle,
 Sacciate che ve fa.
 
 POMPILIO
 Si replica da capo l’arietta:
15Mo’ vo’ stordirce la sia Nicoletta.
 NICOLETTA
 
 Non troppo ve fedate
 A cchelle parolelle:
 Perché li ngannature
 Se mutano, se cagnano,
20Pe n’autra v’abannonano.
 Frabbutte tradeture,
 E lo potite fa! (guarda verso Filippo.)
 
 FILIPPO
 Ma adesso è troppo; e parmi,
 Che non sia per finir.
 CARLOTTA
                                          (Ella rinfaccia
25Ora Filippo, che lasciò d’amare
 Per me la sua Padrona. Eh può cantare.)
 NICOLETTA
 
 Fegliole nzemprecelle
 
 POMPILIO
                                          E cche mmalora
 T’è afferrato! Questa è canzone, o storia?
 È piovere, o è dilluvio?
30E pigliatenne no poco de chelleta.
 FILIPPO
 Ma al fin ci vuol.
 CARLOTTA
                                 (Già si stizzò mio zio.)
 NICOLETTA
 Che ccos’è, sio Pompilio, ve ntoppa
 Lo ccantare porzì?
 POMPILIO
                                    M’intoppa certo.
 Io sto applicato a scrivere: nc’è fretta
35A sta scrittura qua: stace aspettando
 Sto mi Patrone apposta, che se copij;
 E tu buoi nzallanirmi. Nce vol tanto,
 E me faje fa n’abbaglio?
 NICOLETTA
                                               Compiatite:
 Non sapea chesso. Ma lo si Filippo
40Non ave pressa, comme vuje decite.
 FILIPPO
 Or questa è bella! E tu di ciò che sai?
 NICOLETTA
 Lo ssaccio; e ssaccio puro, ca vorrisse,
 Che ssa scrittura non fenesse maje.
 FILIPPO
 Di più?
 NICOLETTA
                  Ch’avite gusto de sta lloco.
 FILIPPO
45Perché?
 NICOLETTA
                  Perché ca sì. (Mme mette appretto,
 Che lo ddica, ca ncoppa nc’è l’affetto.) (guardando Carlotta.)
 CARLOTTA
 (Quanto, quanto è maligna!)
 POMPILIO
                                                       Cosa dice
 Quella, ch’è llà?
 FILIPPO
                                Non so: ma non badate
 Al suo ciarlare, e a scriver seguitate.
 POMPILIO
50Signor mio no, voglio saper che dice. (Lascia di scrivere, e va a trovar Nicoletta.)
 FILIPPO
 Eh via. (a Pompilio.)
 CARLOTTA
                  Per me prevedo
 Qualche mal: qui, non vo’, che ’l zio mi vegga. (entra.)
 FILIPPO
 (Carlotta se n’entrò. Che rabbia!)
 POMPILIO
                                                               Uscia
 Parli co mmico. (a Nicoletta.)
 NICOLETTA
                                 N’accorre a parlare:
55Può ì a scrivere mo’: perché mo’ fuorze
 Chillo Segnore non po’ cchiù aspettare.
 FILIPPO
 (Troppo s’avanza!)
 POMPILIO
                                     No: sto parlà ncifera
 Lei spieghi, che significa.
 NICOLETTA
 Lo ssaje po co lo tiempo:
60Statte ncampana mo’.
 FILIPPO
                                           Signor Pompilio,
 La lasci andar: non vede
 POMPILIO
                                               Io vedo bene,
 Che quella parla a pongere. (a Filippo.)
 Cos’è questa campana!
 Voglio saperlo, cappari!
 NICOLETTA
65Io sto applicata a cosere,
 Nc’è fretta pe sta scuffia!
 E uscia vo’ nzallanirme. Nce vo’ tanto
 E mme faje fa n’abbaglio!
 POMPILIO
                                                  Nicoletta
 NICOLETTA
 Segno’?
 POMPILIO
                  Siete imperfetta
70Tu, e la Patrona toja. Già vuoje l’asciuta
 De quarto, e io la faccio.
 FILIPPO
                                              (Ve’ che intrigo!)
 NICOLETTA
 Perché simmo mperfette!
 POMPILIO
 Perché sta questa strada
 Sotto sopra per voi.
 NICOLETTA
75E che facimmo noi?
 POMPILIO
                                       Autro non vide,
 Avanti a ssa Poteca, che scogliette
 De tutte ssi Fraschette,
 Che beneno a sta scola de schermire.
 Mo’ non se po’ soffrire:
80L’è un caso mmalorato!
 NICOLETTA
 (Vi’ lo si copia comme s’è nfadato!)
 Che le chiammammo nuje chisse, che dice?
 POMPILIO
 Io non lo so; so’ schitto,
 Ch’a chi tengo a la casa
85Danno soggezione.
 NICOLETTA
                                     N’è lo vero:
 Ca chi tiene a la casa
 Non se smarizza quanno vede ll’uommene.
 POMPILIO
 Tu parli a lo sproposito
 FILIPPO
                                             Di grazia
 Vada pur, vada a scrivere
 POMPILIO
                                                 E cche scrivere?
90Già ha pegliato fuoco l’artificio:
 Meglio sarrà, che mme ne vada a cancaro;
 Ca, si no, cca lo faccio qua sproposeto. (e va alla Bottega per finire di vestire.)
 FILIPPO
 Non vuoi finirla, è ver? (sotto voce a Nicoletta.)
 NICOLETTA
                                              Ommo da bene,
 Tutto chesto è pe ttene. (sotto voce a Filippo.)
 POMPILIO
                                              (Aggio Nepotema
95Che non vo’ mmaretarese;
 Io ll’aggio a gusto pe n’avè nteresse;
 E cchesse mme la vonno mette ’nvizio.
 Son cose del diaschence!) (fra sé, mentre si veste.)
 FILIPPO
 Nicoletta, finiscila:
100Che sarà meglio. (sotto voce.)
 NICOLETTA
                                   Fenitela vuje. (sotto voce.)
 POMPILIO
 Patro’ mio caro, se usseria ha pressa,
 Ecco qua la Scrittura, questa è essa;
 Ve la po’ copià n’altro Copista.
 FILIPPO
 No, non importa, tornerò.
 NICOLETTA
                                                 Ca torna
105Co gusto sujo.
 POMPILIO
                             Ma senti: (a Nicoletta.)
 Ci troverò rimedio, per dieci.
 NICOLETTA
 Pe unnece, ca a nnuje no nce faje filo.
 FILIPPO
 Senza colera via. (a Pompilio.)
 POMPILIO
                                  No: questa cosa
 S’ha da finire, omni pejori modo.
 FILIPPO
110Va ben? (a Nicoletta.)
 NICOLETTA
                    Isso se nfada, e io tanno godo.
 POMPILIO
 
    Se a pasto voi no state,
 Quel, che sa far Pompilio
 Vedere io vi farò. (Nicoletta se ne burla.)
 Che dice lei, ca no?
115E bene, a lo vedè.
    Io nn’aggio sopportate,
 E ttante, e ttante, e ttante.
 Che mo’, più non si pò.
 Ma finirà sta vernia,
120Sì di me guarde a me.
 
 SCENA II
 
 FILIPPO, e NICOLETTA.
 
 FILIPPO
 Insomma Nicoletta.
 Per la Padrona sua s’avanza a segno,
 Ch’altri provoca a sdegno.
 NICOLETTA
                                                  Oh de lo sdigno
 De chisso sa che cunto nne facc’io.
 FILIPPO
125E de lo sdegno mio
 Né men conto farai?
 NICOLETTA
                                        Lo sdigno vuosto
 Veramente mme face apprenzeone.
 Mme puoje fa na vattuta a lo tallone.
 FILIPPO
 La troppa confidenza
130Ti fa parlar così.
 NICOLETTA
                                 Mme fa parlare
 Accossì n’ommo, che non ha coscienza.
 FILIPPO
 Chi è mai quest’uom?
 NICOLETTA
                                           Si’ ttu, bell’ommo mio.
 FILIPPO
 E come?
 NICOLETTA
                   Dimme a mme: pe la segnora
 N’jere muorto, e speruto?
 FILIPPO
135Bene.
 NICOLETTA
              Perché, arrevata cca de casa
 Sta sia Carlotta, mute de penziero;
 A la segnora lasse,
 E a cchessa miette ammore? Ah? parla.
 FILIPPO
                                                                          Appunto
 Questo è l’inganno. Io per Carlotta amore?
140Non me ’l sognai. (Fingiamo.)
 NICOLETTA
                                                         Tradetore!
 Lo bo’ negare!
 FILIPPO
                             E poi
 Così matto mi fai, che voglia amare
 Chi amor per uomo non sente?
 NICOLETTA
                                                           Bella cosa!
 Che figlia d’oro!
 FILIPPO
                                 Scherzi? Io ti so dire,
145Ch’egli è così.
 NICOLETTA
                            E non te ne vuo’ ire?
 Tu saje, ca parle co la masta? Io saccio
 Sse fenzejune comme songo; io puro
 A le bote deceva: arrasso sia!
 Uommene? Leva leva! E gghiusto tanno
150Pe ll’uommene sperea, ncoscienzia mia.
 FILIPPO
 Tutte esser denno, come te?
 NICOLETTA
                                                     Ora buono;
 Io ve faccio la posta: state attiente,
 Ca ve nce ncappo.
 FILIPPO
                                    Nicoletta, intendi,
 Se vuoi la comun pace,
155Di me non t’impacciar, né di Carlotta.
 NICOLETTA
 Vi’ si è comme dico io. Uh arma cotta!
 Comme aje potuto fa sso trademiento
 A cchella poverella!
 FILIPPO
                                      Al fin sia pure
 Come tu dici; che gran fallo?
 NICOLETTA
                                                       Comme?
160N’è niente?
 FILIPPO
                         Così parmi.
 NICOLETTA
                                                 Facce mia!
 FILIPPO
 La ragion è, ch’egli è soggetto a’ colpi
 Stravaganti d’amore,
 In ogni tempo, in ogni loco, un core.
 NICOLETTA
 Oh la bella raggione!
165Chesta è na scusa propio de briccone.
 FILIPPO
 
    Allor, che men tu credi,
 Ti attende amor al varco;
 Tu misero no ’l vedi,
 E già dal fatal arco
170Piagato il cor sarà.
    E poi da affanni, e pene,
 Da’ lacci, e da catene,
 Se vuoi, uscir non puoi,
 Privo di libertà.
 
 SCENA III
 
 NICOLETTA.
 
 NICOLETTA
175Chi lo ccredesse ne? Diceno pone,
 Ca nuje simmo le ttriste. Simmo triste
 Sì; ma non quanto all’uommene; po n’ommo
 Fa jettare a na femmena
 No vacile de sango, arrasso sia!
180Io no nce ncapparria, ca non so’ llocca;
 Ma vasta: guaje a cchi tocca.
 
 SCENA IV
 
 GIUDITTA, e la suddetta.
 
 GIUDITTA
 Ragionar con Filippo,
 Nicoletta, ti vidi. E ben? che dice?
 De’ tradimenti suoi fors’è pentito?
185Tornerà all’amor mio,
 Mosso a pietà del mio crudel martire?
 O vuol vedermi il barbaro morire?
 NICOLETTA
 Sia Giudi’, vuoje sentì Coletta toja?
 Lassalo ì a sso birbo, scordatenne.
 GIUDITTA
190Oimè che dici? Il core
 Or dal petto mi schianti! Io, io scordarmi
 Del mio ben? di colui, che, benché ingrato
 Ed infedel, pur è il più caro oggetto
 Di tutti i pensier miei?
195Io lasciarlo? Ah! di viver lascerei.
 NICOLETTA
 Mme maraveglio! E buoje morì pe n’ommo,
 Che t’ha traduto? E non so’ state accise
 Quant’uommene nce songo.
 GIUDITTA
                                                     Eh non diresti
 Nel caso mio così.
 NICOLETTA
                                   Si mm’attoccasse
200Co lo ncappato mio
 GIUDITTA
                                      Sì? che faresti?
 NICOLETTA
 Isso mme lassa, e io, senza perde’ tiempo,
 Mm’attaccarria co n’autro;
 E, ssi chill’autro puro mme lassasse,
 E io puro co n’autro attaccaria;
205E mmaje no mme farria
 Da ssi facce de mpise accavallare.
 GIUDITTA
 Altro è il dir, Nicoletta, ed altro è il fare.
 Ma perché di Filippo ogni speranza
 Già perduta mi dai?
 NICOLETTA
                                        Perché è no guitto.
210Nega ogne ccosa de Carlotta; e, cquanno
 Po se vede comminto, sa che dice?
 Ca lo lassarte non è manco sale.
 GIUDITTA
 Ah indegno, ah sconoscente, ah disleale!
 Io ti vorrei (e infuriata va incontro a Gianferrante, che giunge all’improvviso.)
 
 SCENA V
 
 GIANFERRANTE, GIUDITTA, e NICOLETTA.
 
 GIANFERRANTE
215Co mmico vuje l’avite?
 No v’aggio fatto niente.
 GIUDITTA
                                             O Dio! che dite?
 Perché averla con voi?
 NICOLETTA
                                           Quanno venive,
 Ne Gianferra’? Bell’ora!
 GIANFERRANTE
                                              Songo stato
 A ffa n’assauto addò lo Conte Arenga.
220Che ha la sia Giuditta?
 NICOLETTA
                                             E cche bo’ avere?
 Ll’ha co lo si Filippo. Mare femmene
 Soggette a buje autre uommene!
 GIANFERRANTE
                                                              Nigre uommene
 Mmano a buje autre femmene! (a Nicoletta.)
 Nzomma è ncocciato sto mmalora nigro? (a Giuditta.)
 GIUDITTA
225Di sua perfidia diè l’ultimo segno
 Morta mi vuol.
 GIANFERRANTE
                              Sta si tu vuoje morire.
 GIUDITTA
 Sì morirò, per appagar l’indegno.
 GIANFERRANTE
 Chisto è affetto! Pe n’ommo
 Te farriste schiaffà tu na stoccata? (a Nicoletta.)
 NICOLETTA
230Fosse pe Gianferrante.
 GIANFERRANTE
                                            Asciuoglie, asciuoglie.
 NICOLETTA
 E ttune pe na femmena
 Te farrisse terà na scoppettata?
 GIANFERRANTE
 Fosse pe Nicoletta.
 NICOLETTA
                                     Asciuoglie, asciuoglie.
 GIUDITTA
 Leviam gli scherzi; e, se il mio male in voi
235Desta qualche pietà, date al mio male
 Qualche rimedio.
 GIANFERRANTE
                                   Lo remmedio è cchisto:
 Io te lo casco buono a nnomme tujo
 Sso sfelenza, e accossì
 GIUDITTA
                                          No: fargli oltraggio
 Io non ho cor.
 GIANFERRANTE
                            Ca, si no lo casco io,
240Lo cascarrà Peppino:
 Chillo Scolaro mio, che co Carlotta
 Stace ncappato. Chillo nce le ssona,
 Ca co la bianca l’avasta lo stommaco.
 GIUDITTA
 O Dio No
 NICOLETTA
                     La Segnora non vo’ tenere,
245Né scortecà. Già a cchisso s’è parlato,
 E no nne vo’ fa niente; a lo mmacaro
 Mettimmole paura.
 GIUDITTA
                                       E non potreste
 Che so io vorrei sentite Ah! son confusa!
 GIANFERRANTE
 Ora lassa fa a mme.
 NICOLETTA
                                       Sì, fa quaccosa,
250Gianferra’; te nne prego; mo’ se vede
 Si mme vuoje bene.
 GIUDITTA
                                        Ma con dolci modi
 Ti adopra. La più fiera aspra vendetta
 Io prendere dovrei del traditore:
 Il so; ma l’amo.
 GIANFERRANTE
                               È ttenera de core.
 GIUDITTA
 
255   Del mio amore è questo il fato,
 Contrastarlo io già non so.
 Più s’infiamma in me il desire
 Quanto è più per me spietato
 Chi quest’alma innammorò.
260   Se talor dal rio martire
 Scosso è il core: per l’indegno
 Vuol accendersi allo sdegno;
 Ma sdegnarsi o Dio! non può.
 
 SCENA VI
 
 NICOLETTA, e GIANFERRANTE.
 
 GIANFERRANTE
 Sta cancara nce sta ncanata assaje!
 NICOLETTA
265(Ave buon tiempo.)
 GIANFERRANTE
                                       E ttu pe mme che ssaje?
 NICOLETTA
 Te voglio bene.
 GIANFERRANTE
                               Ma non chiagnarrisse,
 S’io te lassasse?
 NICOLETTA
                                Te derria boscia.
 GIANFERRANTE
 A cchi? Tu aje no core
 De pescecano! Chillo è bero ammore;
270Agge pacienzia.
 NICOLETTA
                                Agge pacienzia tune:
 Nce si’ ncappato.
 GIANFERRANTE
                                  Vorria comm’a cchella
 Avè na nnammorata,
 E perdere no vraccio.
 NICOLETTA
                                          E ttrovatella.
 GIANFERRANTE
 È m’autra cosa, via.
 NICOLETTA
                                       Ah Gianferrante,
275Lo ssaje, ca mm’aje frosciata? Te pejace
 Accossì? Si no, chesta è la via toja. (con colera.)
 GIANFERRANTE
 Che mmalor’aje!
 NICOLETTA
                                  E ssì, che baje ascianno?
 Chella, è schella! va attaccate co cchella.
 GIANFERRANTE
 Che d’è? mme vuoje peglià de filo?
 NICOLETTA
                                                                  Io a nnullo
280Piglio de filo; manco prego a nnullo.
 GIANFERRANTE
 Nicole’?
 NICOLETTA
                  Gianferra’? (con furia.)
 GIANFERRANTE
                                          Vi’ che sbaratto!
 NICOLETTA
 E ttu agge creanza.
 GIANFERRANTE
                                     E ba a ccancaro,
 O te rompo no vraccio. (l’afferra per lo braccio, e la scuote.)
 NICOLETTA
                                             Ah! fuss’acciso
 Tu e lo boja che ssi’.
 GIANFERRANTE
                                       Ma sì.
 NICOLETTA
                                                     Te voglio
285Schiaffa sta seggia ncapo (Dà di mano alla sedia per dare a Gianferrante, sopragiunge Peppino, e la trattiene.)
 
 SCENA VII
 
 PEPPINO, e detti.
 
 PEPPINO
                                                 Chiano, chiano.
 Ch’è stato? Nicole’ Via mo’
 GIANFERRANTE
                                                   Che ffreoma!
 NICOLETTA
 Va: mme la paghe. Nnanze a sta poteca
 No nce accostare cchiù. Mpiso manisco!
 A batterme! Te voglio fa sta frisco.
 
 SCENA VIII
 
 PEPPINO, e GIANFERRANTE.
 
 PEPPINO
290Ch’avite avuto?
 GIANFERRANTE
                                Lotene.
 PEPPINO
                                                E ppe lotene
 Ll’aje vattuta?
 GIANFERRANTE
                             Vattuta? A mmala pena
 Le scotolaje lo vraccio.
 PEPPINO
                                           A mmala pena
 Par a tte; tu, si tuocche uno, lo sfricole.
 GIANFERRANTE
 Sì comme vuoje. Trasimmo into a la scola.
 PEPPINO
295Sì; da quant’ha non piglio lezzeone.
 GIANFERRANTE
 E tt’aggio da descorrere
 Pe la cosa de chessa.
 PEPPINO
                                        De Carlotta?
 E che nc’è?
 GIANFERRANTE
                        Co Felippo n’abbesogna
 Fa nulla mossa.
 PEPPINO
                               A cchi? Io nn’ogne ccaso
300Le voglio caccià mano. Isso a sta chiazza
 Non ha d’accostà cchiù: tanno vedimmo
 Si Carlotta fa cchiù la sgezzegnosa.
 GIANFERRANTE
 Appunto de sta cosa
 Mo’ cca la sia Giuditta mm’ha parlato.
 PEPPINO
305E cche bo’?
 GIANFERRANTE
                        Mm’ha nfettato.
 PEPPINO
                                                        Ma comme? Essa
 Co cchillo
 GIANFERRANTE
                     Signorsì. Peppi’, so’ ffemmene;
 E a cchesse l’ha fegliate lo Grantale.
 Maro chi se nce ntrica, o a bene, o a mmale!
 
    La femmena è no loteno;
310Che peo non se pò fa.
 Loteno brutta, o bella,
 Loteno si è zetella,
 Loteno mmaretata,
 Loteno mmedolata;
315De lotene è compennio,
 Lotene sempe dà.
    E puro pe sso loteno
 Sperimmo nuje autre uommene,
 Puro nce jammo a perdere!
320Sta cosa comme va? (ed entra insieme con Peppino nella scuola di scherma.)
 
 SCENA IX
 
 CARLOTTA.
 
 CARLOTTA
 Chi sa qual ebber fine
 I contrasti del zio con Nicoletta?
 Cercò quella maldetta
 Il mio amor con Filippo a lui svelare.
325Temo, ahi lassa! Io mi ascondo è vero e fingo
 Con lui, con tutti, quanto so, ma o Dio!
 Chi può mai lungo tempo
 
 SCENA X
 
 FILIPPO, e CARLOTTA.
 
 FILIPPO
                                                 È qui il ben mio?
 CARLOTTA
 Vieni per mio sollievo appunto. Or dimmi,
 Che fu poi? palesò forse al mio Zio
330Il nostro amor costei? (mostrando la casa di Nicoletta.)
 FILIPPO
                                           No; ma fu presso
 A palesarlo. Basta: infuriossi
 (Com’è suo stil) tuo zio; e, borbottando
 Partissi, e minacciando.
 CARLOTTA
                                              Ah mio Filippo,
 Io confusa mi vedo, e che di noi
335Esser debba non so.
 FILIPPO
                                       Vuoi, per finirla,
 Che tue nozze a Pompilio io chieda?
 CARLOTTA
                                                                    Ahi lassa!
 Niegate ti saranno; ei quanto aborra
 Di farmi sposa, il sai.
 FILIPPO
                                          Lo so, a mio danno.
 CARLOTTA
 Finger d’uniformarmi a genj suoi
340Quindi io pensai: che poi
 Forse il tempo Chi sa?
 
 SCENA XI
 
 GIUDITTA in balcone, GIANFERRANTE, e PEPPINO dentro la scuola di scherma, e i suddetti.
 
 GIANFERRANTE
 Botta deritta, va. Va eh. Va eh. (dà lezione a Peppino.)
 Va eh. Va eh.
 CARLOTTA
                           O Dio! Costoro a tempo!
 Non vo’ qui teco esser veduta.
 GIANFERRANTE
                                                         E tanto
345Esser veduta con costui t’importa? (a Carlotta.)
 FILIPPO
 (Quest’altra ancor? Destin!)
 GIANFERRANTE
                                                      Via para, e porta.
 PEPPINO
 Aspetta, aspe’. (si accorge di Carlotta e di Filippo lascia di schermire, ed esce dalla Scuola, e Gianferrante appresso.)
 CARLOTTA
                               M’importa sì: con uomini
 Sconviene a una donzella
 In Piazza ragionar.
 PEPPINO
                                     Co tutte ll’uommene
350Uscia tene ssa regola?
 Nce nn’è quaccuno preveleggiato.
 N’è accossì, sio Feli’?
 FILIPPO
                                         Che vuol, ch’io sappia?
 GIUDITTA
 (Vo calar.)
 PEPPINO
                       Sì lo ssaje. Io sfortunato
 Songo de li proibbete.
355Eh bonora.
 CARLOTTA
                        Si adira? Anzi adirarmi
 Io dovrei. Già più volte a sue richieste
 Risposi, e no le basta; or s’anche udire
 Lo vuol, l’oda; gliel voglio anche ridire.
 
    Preda d’amore
360Non sia mio core;
 Del suo diletto
 Cura non prende
 Mio sen, mio petto.
 Ciò non s’intende,
365Ma è pur così.
    I sensi miei
 Più non saprei
 Meglio ridir.
 (Sì sia celato
370Lo strale amato,
 Che mi ferì.)
 
 SCENA XII
 
 GIUDITTA, FILIPPO, PEPPINO, e GIANFERRANTE.
 
 GIANFERRANTE
 Uscia ha sentuto? Chella segnorella
 Non ha golio de fa l’ammore: addonca
 Puoje levà mano. A uscia
375Io dico, sio Feli’.
 FILIPPO
                                 Meco favella?
 PEPPINO
 No, vo’ parlà co mmico.
 FILIPPO
                                             E quando vide
 Me con Carlotta amoreggiar?
 GIUDITTA
                                                       Bugiardo,
 Indegno, il nieghi, e con sì pronto viso?
 PEPPINO
 (Chisto mo’ non vorria essere acciso?) (a Gianferrante sotto voce.)
 GIANFERRANTE
380(Statte a pasto, Peppi’.) (sotto voce.)
 FILIPPO
                                               Mi vide forse
 Giuditta?
 GIUDITTA
                     Ah finto! A me nasconder vuoi
 I mancamenti tuoi?
 FILIPPO
                                       Quai mancamenti?
 GIUDITTA
 Come? Ahi smanie! Per lei me non lasciasti?
 Quai mancamenti? O Dio! Quel cor rubelle
385Mi deride di più! Vendetta, o stelle.
 
    Vendetta sì, vendetta
 Del traditor indegno.
 Stelle, che più s’aspetta?
 Il vostro sdegno
390Armate,
 E i torti vendicate
 Del mio tradito amor.
    Suoi falli voi sapete,
 E voi ancor vedete
395Gli affanni del mio cor.
 
 SCENA XIII
 
 FILIPPO, PEPPINO, e GIANFERRANTE.
 
 GIANFERRANTE
 Nte mutria tosta, che te truove! Amico,
 Tenarrisse la corda.
 PEPPINO
                                       (Io senza corda
 Lo farria confessare, si le mmano
 Legate non avesse.)
 GIANFERRANTE
                                       Non va buono.
400Osseria è galantommo, e cegne spata;
 Te puoje trovà a cqua mbruoglio, Cammarata.
 Te l’aviso.
 FILIPPO
                      Io per me non so pensare
 Onde in me tradimenti
 Mai Giuditta argomenti.
405Per Carlotta io lasciarla?
 Io con Carlotta amor?
 GIANFERRANTE
                                          (Chisto vo’ propio
 Farme saglì lo cancaro.)
 PEPPINO
                                              (Bonora!
 E llassamence a mme spassà no poco.)
 GIANFERRANTE
 (Asciuoglie.)
 FILIPPO
                           (Ah, che un gran foco
410Vedo acceso per me!)
 GIANFERRANTE
                                          Ora uscia dice,
 Ca non è bero chello, che se crede
 La sia Giuditta?
 FILIPPO
                                 O Dio! E chi nol vede?
 GIANFERRANTE
 Vi’, ca mme nn’aje da dare cunto.
 FILIPPO
                                                               Io dico
 GIANFERRANTE
 Ora va buono. Attiennele
415La parola, che diste; e no nc’è autro;
 Perché mmo’ è mpigno mio.
 PEPPINO
                                                      E da Carlotta
 (Giacché no nce aje che spartere)
 Arrassatenne affatto.
 FILIPPO
                                         Ma, se io
 PEPPINO
 Sio Feli’, chisso mo’ è no mpigno mio.
 
420   Sta facce d’argiento
 Mm’ha ll’arma nchiajata;
 Ver’è, ca la sgrata
 Mme fa la sdegnosa;
 Ma fuorze ammorosa
425No juorno sarrà.
 Tu affetto no nce aje:
 Mportà non te pò.
    Né posa, né abbiento
 Le voglio dà maje;
430Si gusto vuo’ avere,
 Tu statte a bedere;
 Vuoje ridere po. (E va con Gianferrante verso la scuola di scherma: poi si licenziano; Gianferrante entra nella scuola, e Peppino via.)
 
 SCENA XIV
 
 FILIPPO.
 
 FILIPPO
 Ed in qual laberinto oimè son io!
 Come uscirne potrò? Che fei? Che dissi?
435Ecco tornar conviemmi
 All’amor di Giuditta.
 E Carlotta? Tradirla
 Qual Giuditta tradì. E ho cor di farlo?
 Ma, se nol fo, che fia
440Di me? Forse in periglio è la mia vita.
 Che fei, che dissi, o Dio
 Ed in qual laberinto, oimè son io!
 
    Di pensiero in pensiero,
 Un più dell’altro fiero
445Passa quest’alma mia;
 E d’uno in altro affanno,
 Più rio, e più tiranno,
 Io così passo ancor.
    De’ più infelici amanti
450Chi mai, fra tanti e tanti,
 In petto aver potria
 Più tormentato il cor?
 
 SCENA XV
 
 NICOLETTA.
 
 NICOLETTA
 Mme pare a mme, ca chillo galantommo
 De Gianferrante sta dinto a la scola;
455Mme voglio peglià gusto
 E ffarele vedè chi è sta Fegliola.
 Briccone! mm’ave avuto
 A rrompere sto vraccio.
 
 SCENA XVI
 
 POMPILIO, GIANFERRANTE dentro la Scola, che sta ad osservare, e la sudetta.
 
 POMPILIO
                                             E puro questa
 Sta qua! L’è un gran fatto:
460Che sempre ha da sta fora a la Poteca!
 Bisogna, che patisca
 Di palpiti de core.
 NICOLETTA
                                    (Vecco st’autro,
 Ch’ogne ccosa le ntoppa e Gianferrante
 Già mme sta a ffa la spia;
465Mo’ te l’agghiusto.)
 POMPILIO
                                      Non porrà mancare
 De farmi n’altra volta disturbare. (si pone a scrivere.)
 NICOLETTA
 Bonnì a ussignoria, si Pompilio.
 (Non sente.) si Pompilio, serva vosta.
 (Mara me, è surdo!)
 POMPILIO
                                        Io non son sordo: sento,
470E sento bene; non voglio risponderti.
 NICOLETTA
 Stateve buono.
 POMPILIO
                              (Faccia di piperno!)
 NICOLETTA
 Già saccio, ca co mmico state ncollera.
 POMPILIO
 E mentrecchè lo sai,
 Perché non te ne vai?
 NICOLETTA
                                          Comme volite,
475Mme ne vao, p’obedirve.
 POMPILIO
                                                Buonviaggio.
 NICOLETTA
 Non voglio desturbareve.
 POMPILIO
                                                E fai bene.
 NICOLETTA
 Serva d’ussignoria. (fa una gran riverenza, e Pompilio corrisponde affettatamente.)
 POMPILIO
 Schiavo, Patrona mia. (nce vo gran flemma!)
 NICOLETTA
 Ma io vorria sapè
 POMPILIO
                                   Scajenza abbiala.
480Ora mo’ proprio questa mi persequita.
 NICOLETTA
 Anze vuje mme volite,
 Piglià a perzecotare.
 POMPILIO
                                        Io ho da scrivere,
 Come l’intendi?
 NICOLETTA
                                 Io chesto no lo mmereto:
 Ca so’ bona Fegliola.
 POMPILIO
                                        Sei bonissima;
485Vada connio.
 NICOLETTA
                           E a buje ve stimmo assaje.
 E fuorze, fuorze
 POMPILIO
                                O benaggia oje, e craje! (s’alza da scrivere.)
 Via già non vo’, che io scriva, e non scriviamo.
 Be’: scriva lei per me.
 NICOLETTA
                                           Che mme sconfido? (va per scrivere.)
 Mo’ ve faccio a bedè.
 POMPILIO
                                         O pesta pigliala
 NICOLETTA
490Stateve
 POMPILIO
                 Tu che fai? ca mme sconquassi
 L’abbisso lloco.
 NICOLETTA
                               Non sapesse scrivere?
 POMPILIO
 Lo ssaccio, ca saje scrivere, e sai leggere;
 E ntienne lo volgare e lo latino,
 E lo grieco, e l’arabico. Vattenne.
495Manco te ne vai più?
 NICOLETTA
                                         Sapite quanta
 Vigliette aggio scritt’io?
 POMPILIO
                                              Lo so: Biglietti
 Amorosi, lo so.
 NICOLETTA
                              E oje nne voglio
 Scrivere uno a buje.
 POMPILIO
                                        Va gioja mia, (dopo averla guardata un poco.)
 Ca stai mbriaca.
 NICOLETTA
                                 Vuje no mme credite?
500E chest’è, ca sentirme non volite.
 POMPILIO
                                                              Te nne vuo’ ì a malora
 Mo’ co ttutto lo sinno?
 NICOLETTA
                                           Si sapissevo
 Che pena aggio io pe buje
 POMPILIO
                                                  Eh la sfacciata
 Che sei! Non saccio chi mi tiene. (s’infuria.)
 NICOLETTA
                                                               E appunto
 Sso nfadà è cchello, che mm’ave ncappata.
 POMPILIO
505Questa che vuol da me. Questa è demonia! (e fuggendo da Nicoletta si accorge di Gianferrante.)
 Sio Gianferra’, sio Gianferra’.
 GIANFERRANTE
                                                         Che buoje?
 POMPILIO
 Chiamati sta mmaldetta,
 Per carità.
 GIANFERRANTE
                      Attenne Llossoria.
 Co ssa Segnora non nce aggio negozie.
 NICOLETTA
510E cche chillo mm’è patre?
 GIANFERRANTE
                                                  (La schefienzia
 Mme vo’ dà gelosia; vide che rrobba!)
 NICOLETTA
 Sentite: io mo’ non pozzo
 Troppo spalesecarme
 POMPILIO
 Arrasso, arrasso:
515Vada a spalisicarsi con qualch’altro.
 NICOLETTA
 Che autro? Schitto vuje state a ssentire;
 Vuje site chillo, che mme fa morire.
 POMPILIO
 O vergogna! o vergogna!
 GIANFERRANTE
                                               (È la schiatti glia,
 Che cchello le fa dì. Si mo’ mme piglia.)
 NICOLETTA
 
520Pe buje mm’ha fatto Ammore
 Na chiaja propio cca. (si tocca in petto.)
 Ah! bene mio lo core!
 E cchi pò sopportà?
 Nce avimmo nuje d’amare,
525E ave da schiattare
 Vedè chi no lo ppò. (Pompilio s’infuria.)
    Ca vuje mo’ ve nfadate,
 Fastideo non mme date:
 Nfaduso ve voglio io,
530Nnammoratiello mio; (torna ad infuriarsi.)
 Nfadateve, nfadateve;
 Cchiù mme piacite mo’.
 
 SCENA XVII
 
 GIANFERRANTE, e POMPILIO.
 
 GIANFERRANTE
 Mme ne conzolo, sio Pompilio.
 POMPILIO
                                                          Amico,
 È già finito il mondo;
535No nc’è rossore più; io resto ammesso!
 GIANFERRANTE
 Ma tu, co ttutto chesso,
 Be’ te nce jettarrisse.
 POMPILIO
                                         Il Ciel mi fulmini
 Cchiù priesto.
 GIANFERRANTE
                             A cchi? Si chella te lo dice
 N’autra vota, te lasse.
 POMPILIO
540O che sproposito!
 Io so’ omo sodo.
 GIANFERRANTE
                                Ca ll’uommene sode
 Fanno sse botte.
 POMPILIO
                                 Ora io aggio che fare,
 Non posso sta co tico ad altercare. (infuriandosi.)
 Lasse, e piglie! Sarò qua scapestrato
545All’ultimo.
 GIANFERRANTE
                       Che d’è? te si’ nfadato?
 Franche li franche sa? Co Gianferrante
 No nc’è nfadà che ttenga (Va trovanno,
 Che mme sconto co isso
 Qua po’ de bile.)
 POMPILIO
                                  Lei vo’ lite a forza?
 GIANFERRANTE
550Che llite voglio avè co ffatte tuoje?
 Malan che die te dia.
 POMPILIO
                                         A me un malanno?
 Comme? a n’omo civile Orsù a sta strada
 Non ce se pò più stare.
 GIANFERRANTE
 E mment’è chesso, accommenza a sfrattare. (e caccia fuori dalla Bottega il Boffettino colle scritture, sedie, ed altro che vi è.)
 POMPILIO
555Ah insolente malcreato!...
 
 SCENA XVIII
 
 PEPPINO, che trattiene GIANFERRANTE, e NICOLETTA, che sta ad osservare sul balcone, e i detti.
 
 PEPPINO
                                                 Ferma.
 Sio Gianferra’, che ffaje?
 GIANFERRANTE
                                                Lete, Peppino.
 PEPPINO
 E ffenisce; ch’è stato?
 NICOLETTA
                                          Oh ca la cosa
 Ave pegliato fuoco. Chisso è ggusto!
 POMPILIO
 Va va: ch’avrai da far con questo fusto.
 GIANFERRANTE
 
560Puo’ ì a ffarme na quarera,
 Ca te tengo justo llà.
 
 POMPILIO
 
 Va: ca dentro a na galera
 Ma l’avrai ben da pagà.
 
 PEPPINO
 
 Jammoncenne via da cca. (e ne porta Gianferrante dentro la scuola.)
 
 NICOLETTA
 
565Chesta è bella nveretà!
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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