Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Il finto pazzo per amore, Napoli, A spese di Nicola di Biase, 1735
 a cura di Giovanna Peduto
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 DON TAVASIO in Codegugno.
 
 DON TAVASIO
 Benaggia craje, che friddo!
585Bu, bu, bu, bu. Pannocchia?
 Pannocchia? e quanno cancaro (al servo.)
 Te rompive la noce de lo cuollo?
 Lo vrasiero addo’ sta? (Pannocchia s’incammina più volte, e torna a parlare a Don Tavasio.)
 Gnossì, mo’ lo volimmo.
590Cca ddinto. E n’ata vota!
 Co lo ffuoco allumato
 Ca che? Ahù pesta abbialo.
 Sì, sì, sì, t’aggio ditto
 Bbestia, bbestia. Ma sì: m’ha ’nfracetato,
595Poco ’nce né, e addevento
 Sorbetta, e chisso me torea. Na seggia.
 Na pippa. Oh bene mio! Te vanno propejo
 Dint’all’ossa pezzelle,
 Quanno te suse mo’, doje scarfatelle. (Si pone assettato al fuoco a pippare.)
 
 SCENA II
 
 SERPETTA, e detto.
 
 SERPETTA
600(Oh! sfortunato! quanto,
 Mi fa pietà! E chi n’è causa! Amore.)
 DON TAVASIO
 Serpetta?
 SERPETTA
                     Uh! mio Signore,
 Mi perdoni sto tanto
 Col capo sottosopra,
605Che non l’avea osservato.
 Ma che disgrazia, eh?
 DON TAVASIO
                                          Ne, ne? ch’è stato?
 SERPETTA
 Come? lei non sa niente?
 DON TAVASIO
 No: mo’ me so’ sosuto,
 Dimme quaccosa. Seggia lloco. (Pannocchia porta un altra sedia.)
 SERPETTA
                                                           È tutta
610In rivolta la Casa. La Signora
 Piange, a tante di lagrime: Il Padrone
 Non se ne può dar pace:
 La Sposa
 DON TAVASIO
                    Nzanetate,
 Fosse muorto quacc’uno?
 SERPETTA
                                                 Saria meglio
615Cento volte per esso.
 Oh Poverino!
 DON TAVASIO
                            Chi? che ll’è succiesso?
 Parla: no mme fa stare,
 Co sso pinolo ncuorpo:
 Assettate.
 SERPETTA
                     Le pare.
 DON TAVASIO
620Ah! no mme nfracetare
 Serpetta, tu porzì.
 SERPETTA
                                    Per ubbidirla. (Pannocchia si pone nel mezzo chinato, scaldandosi, ed ascoltando siede.)
 DON TAVASIO
 Embè?
 SERPETTA
                 Il Signor Uberto,
 L’Amico del Padrone
 DON TAVASIO
 Sì.
 SERPETTA
         A dato di volta.
 DON TAVASIO
625Comme! è ghiuto mpazzia!
 SERPETTA
 Illustrissimo sì. Questa mattina
 Se n’è uscito di Casa,
 Senza spada, e cappello,
 E così va girando
630Pe la Città, con cento
 E più Ragazzi appresso.
 DON TAVASIO
                                              Ah! poveriello (Pannocchia co gesti fa varie interrogazioni a Serpetta e Don Tavasio si pone ad osservarlo, e contrafarlo.)
 Sicuro. Ma Ente co! Ah Chesso è stato.
 Justo accossì. Vi’ co cche freoma. Abbia (lo fa cadere con una spinta.)
 Abbia, male creato.
635Vo’ sta ntiso de tutto
 Lo bbestia. Che te roseca;
 Nfacce. A te. Che te vatta. Lo frabbutto. (verso Pannocchia che entra.)
 Me jastemma nzegreto, già lo ssaccio,
 E na bbella girata i ce ne faccio.
640Ora, tornammo a nuje.
 SERPETTA
                                             Che glie ne pare?
 DON TAVASIO
 E chi ce corpa a chesso.
 SERPETTA
 Già si sa, che la broda (s’alza in colera.)
 Sempre s’à da versar sopra di noi:
 Noi siam causa di tutto:
645A noi s’attribuisce
 Quanto di mal succede,
 E poi ci state a far li casca morti.
 Uh! che sia maledetto chi vi crede.
 DON TAVASIO
 Tu dalle ca te ruociole. (s’alza.)
650E nisciuno te votta.
 Io no ll’aggio co ttico,
 Ll’aggio co lo si Aurelio, isso nce corpa.
 Che nne voleva fare
 De tanta ggelosia.
655Mo le coce? malan che di le dia.
 Mperrò a isso decenno.
 Io puro lo ssapeva,
 Ca na vota spereva
 Lo si Ubbretto pe mogliema.
660Ll’haggio ditto maie niente?
 Gnernò. Quanno na femmena
 Tene milorde assaje
 È nzegnale ch’è bella.
 Basta, ca non te faccia qua sbreguogno.
665Sa che ddich’io? Pazzea co chisso, e chillo?
 Lassala pazzeà la poverella.
 SERPETTA
 Benedetta la bocca.
 DON TAVASIO
 Fuorze ca n’è accossine? ggelosia
 Ncuorpo a mme non ce trase.
 SERPETTA
                                                        È una pazzia.
 
670   Fa una vita da crepare
 Un Amante ch’è geloso,
 Non à un ora di riposo,
 Sempre pensa, sempre teme,
 Smania, freme. Ah! chi lo sa,
675Con chi parla, cosa fa,
 Forse, oh Dio! già mi tradì.
    Eh bisogna il Ciel pregare,
 Che la femina non voglia,
 Altrimenti c’ài da stare.
680Tanto gira, tanto imbroglia,
 Ch’à da essere così.
 
 SCENA III
 
 DON TAVASIO: poi UBERTO fingendo il pazzo.
 
 DON TAVASIO
 E bbà ca n’eje lo vero.
 Oh bbonora, lo pazzo!
 Lassamella scocciare.
 UBERTO
685Olà, olà? Ferma. Vien qui. A chi dico?
 DON TAVASIO
 Ussia parla co mmico?
 UBERTO
 Con te, con te.
 DON TAVASIO
                             Mo’ vengo. (Oh bbenagg’oje!)
 UBERTO
 Di chi temi? T’accosta.
 DON TAVASIO
                                            Sì Signore.
 UBERTO
 Presto.
 DON TAVASIO
                (E che tremoliccio, bene mio.)
 UBERTO
690Dimmi: Sai chi son io?
 DON TAVASIO
 No lo ssaccio, gnornò.
 UBERTO
 Ora te lo dirò
 DON TAVASIO
 Me faciarrite grazia.
 UBERTO
                                        Io son Mercurio.
 DON TAVASIO
 (Mercurio! arrasso sia.)
 UBERTO
695De Numi il destro messaggiero alato.
 DON TAVASIO
 Ah ah.
 UBERTO
                Dal Ciel calato,
 Sai tu per qual funzione?
 DON TAVASIO
 Unzejone! E quanno maje
 Haggio havuto a bbesuogno de ste ccose?
700No: Ve rengrazio si mercurio mio.
 (Chisso già s’è ntrojetato
 De stare a li ncorabbele:
 Se crede de parlà co no malato.) (Intanto Uberto ride.)
 UBERTO
 Attento, dico, attento.
 DON TAVASIO
705Decite, ca ve sento.
 UBERTO
 Io venni a recar pace.
 DON TAVASIO
                                          Me n’allegro.
 UBERTO
 E ad onta d’ogni opposto influsso reo
 La recherò.
 DON TAVASIO
                        Bellissemo.
 UBERTO
 Ma oimè, oimè!
 DON TAVASIO
                                Ch’è stato?
 UBERTO
710In Ciel mi son scordato il Caducèo.
 DON TAVASIO
 Iate a pigliarevillo,
 Non ce perdite tiempo. (Uberto pensa.)
 (Si t’arrasse no poco
 Bello sette carrine
715C’aggio da fa. Ma zitto.) Io nce jarraggio,
 Si commannate.
 UBERTO
                                 No.
 DON TAVASIO
                                           (Bbonora!)
 UBERTO
                                                                  Giove
 Farà, che a me si rechi. Vedi, vedi (lo fa correre per la Scena.)
 L’agile tuo Foriero
 Ecco, che me lo rende. Osserva, osserva,
720Come rapidamente
 Spiega il volo ver noi: Già l’aure fende,
 Già si libra su ll’ali,
 E ’l Regio artiglio placido distende.
 Lo vedi?
 DON TAVASIO
                   Sì Signore.
725(Veo la mmala scajenza, che lo vatta.)
 UBERTO
 Ecco l’afferro già. (lo batte forte sopra un braccio.)
 DON TAVASIO
                                    (M’alora cioncalo)
 Si Mercu’? statte a ppasto co le mmano.
 (Io mo’ ne vottarria
 No ncorabbole sano.)
 UBERTO
730Che dici?
 DON TAVASIO
                     Niente, niente.
 Volit’autro da me?
 UBERTO
                                     No.
 DON TAVASIO
                                               Schiavo
 UBERTO
                                                                Ah. Senti.
 DON TAVASIO
 (Auh!) (torna indietro, e pensa.) mo’ ce la faccio.
 UBERTO
                                                                                          Io (siegue a parlargli piano.)
 DON TAVASIO
                                                                                                 Si Mercurio
 UBERTO
 Che c’è, che c’è?
 DON TAVASIO
                                 Tenite
 Parola a mmente. Ih ih. Vedi, vedite. (accennando in Cielo.)
 
735   Lo Sole, co la Luna
 È essa signorsì:
 Le stelle a una a una
 (Non saccio che mme di) (lo fa correre.)
 Tenite mente llà.
740(Vi si se vo’ votà.)
    Che gguerra, maro me.
 Veditevello mo’
 Da chella bbanna (Ajebbo.)
 S’afferrano, se lassano,
745Se vatteno, Se vottano
 È bbello a lo bbedè. (Nel finir la seconda replica della prima Parte, prende un contratempo, e se nne fugge.)
 
 SCENA IV
 
 UBERTO, e poi ROSMIRI.
 
 UBERTO
 (Par, che all’ordito inganno
 La sorte arrida. Deh tu lo seconda,
 Pietoso Ciel. Ma veggo
750A me venir Rosmiri. (guarda intorno.)
 Qui non v’è chi n’ascolti.) Anima mia
 ROSMIRI
 Ah taci, per pietà, che alcun non c’oda.
 UBERTO
 Non lo temer: Siam soli.
 Quanto ti deggio, o bella
 ROSMIRI
755Ah più cauto favella
 Uberto: Al tuo rivale
 Noto è già, che t’aggiri in queste soglie,
 E se mai ci sorprende
 UBERTO
 Non ci sorprenderà.
 ROSMIRI
                                       Di’: Lacerasti,
760Come t’imposi, il foglio,
 In cui ti consigliai
 A simular così?
 UBERTO
                               Lo lacerai.
 Qual nume t’ispirò
 Frode sì bella, ed innocente?
 ROSMIRI
                                                       Amore:
765L’impazienze del core,
 Che lontano da te mal si soffriva,
 Così
 UBERTO
            Aurelio s’appressa: a finger sieguo
 
 SCENA V
 
 AURELIO, e GELTRUDE in disparte, e detti.
 
 UBERTO
 Nascesti in questa riva
 Pastorella vezzosa eh? non rispondi!
770Perché mesta così? ti punse il core.
 Forse per me soavemente Amore?
 AURELIO
 Infelice!
 UBERTO
                   Sospiri! e immoti in volto
 Mi vai fisando i languidetti rai!
 Parla: non arrossir, l’indovinai?
 ROSMIRI
775Ah Uberto, e non ravvisi
 La sventurata tua Rosmiri?
 UBERTO
                                                    Oh Dio!
 Qual nome! ahi qual funesta
 Rimembranza crudel! Rosmiri è morta,
 Io la svenai. Sì, io sparsi
780La destra rea dell’innocente sangue:
 Quel demone, quell’angue,
 Che m’istilla nel seno
 Mortifero veleno,
 Tel dica, a lui lo chiedi,
785Chiedilo a quel furor, che mi trasporta.
 Sì, Rosmiri, ahi dolor! Rosmiri è morta
 
    Sulla sponda d’Acheronte
 Del mio ben l’ombra infelice
 Mesta sieda, e così dice:
790Tu spargesti il sangue mio,
 Tu lo devi vendicar.
    E tu vuoi, che il cor trafitto
 Dall’imago del delitto
 Se lo torni a rammentar?
 
 SCENA VI
 
 ROSMIRI, AURELIO, e GELTRUDE.
 
 AURELIO
795Udisti, o core infido!
 GELTRUDE
 Vedesti, alma incostante!
 AURELIO
                                                 È questo il frutto
 Del tuo mal nato amore.
 GELTRUDE
                                               Il vanto è questo
 Delle lusinghe tue.
 ROSMIRI
                                     Deh m’uccidete,
 E, se non basta il pianto,
800Eccovi il sangue mio, su lo spargete.
 AURELIO
 Non lo sperar: Vuo’, che per tuo tormento
 Viva, e per mia vendetta: ogni momento
 Vuo’, che ti sia presente
 A lacerarti il core
805Lo spettacol funesto:
 De’ giusti sdegni miei
 Vuo’, che le veci adempia il tuo dolore.
 
    Vedrò, con mio diletto
 Di calde amare stille
810Umido il ciglio, e ’l petto,
 Le languide pupille
 Fise nel volto amato,
 Dolente, e disperato
 Quel empio cor vedrò.
815   Stanca di più soffrire
 A me ti volgerai,
 Morte mi chiederai,
 Morte ti niegherò.
 
 SCENA VII
 
 ROSMIRI, e GELTRUDE.
 
 ROSMIRI
 Ah! se stimolo mai
820Di tenera pietà ti punse il core,
 L’involontario errore
 Perdona a me Geltrude, e del Germano
 Placa gli sdegni, e l’ire:
 Fa che sparga d’oblio
825Anch’esso i miei trascorsi,
 O li sommerga almen nel sangue mio.
 GELTRUDE
 Benchè pietà non merti,
 Rosmiri, il tuo fallir, teco pietosa
 Sarò, per gloria mia per tuo rossore.
 ROSMIRI
830Generosa.
 GELTRUDE
                      Ma senti
 Qual ne bramo mercè: Vuo’ che dal core
 Tu scacci ogn’altro affetto,
 Che d’Aurelio non sia, vuo’
 ROSMIRI
                                                    No, Geltrude
 Compiacerti non posso. Io dal mio petto
835Scacciar Uberto! Ah pria barbaro fato
 Mi tolga a i rai dell’odiata luce.
 Scocchi pria sul mio capo
 Tutti i fulmini suoi Giove sdegnato.
 GELTRUDE
 Toccar dunque ad Aurelio
840Dovrà tal sorte?
 ROSMIRI
                                Non temerlo: Io porto
 La bella imago impressa
 Sì altamente nel cor, che morte istessa
 Giunger non puote a cancellarla. E strano
 E nuovo, il so, lo veggo, il mio martire,
845Ma pur lo provo, e sento ad ogni istante
 La pena dal morir, senza morire.
 
    Dividere mi sento
 A viva forza, il core.
 E in sì crudel tormento,
850D’affanno non si more!
 Ah non è ver, che basti
 A uccidere il dolor.
    Con barbara vicenda
 Di speme, e di timore,
855Or fa, che a me si renda,
 Ora m’invola Amore
 L’usato mio vigor.
 
 SCENA VIII
 
 GELTRUDE.
 
 GELTRUDE
 Con tai fole costei
 Render tenta sopita
860La vigilanza mia; ma il tenta in vano:
 All’incauto Germano
 Volo a svelar i miei sospetti. Io temo
 Simulato l’affanno
 Della Rivale, e simulati insieme
865I deliri d’Uberto. È tutto inganno.
 Nudrir per doppio oggetto,
 Pari verace affetto
 Come possibil sia!
 Eh che nol soffre Amor, eh ch’è follia
 
870   Voi, che nell’alma
 L’avete accolto,
 Non che nel volto.
 Ne’ vaghi rai.
 Dite, se mai
875Per doppio oggetto
 Vi punse il petto,
 V’accese il cor.
    So che per gioco
 Spesso il fingete,
880Ma vi ridete
 Di chi se ’l crede,
 Ma per un solo
 Sentite amor.
 
 SCENA IX
 
 DON TAVASIO nel suo abito alla francese, ed ASCANIO.
 
 DON TAVASIO
 Me faccio maraveglia, co cchi ll’haje
885Cridelo a me, Paesa’, ca pazzeaje.
 ASCANIO
 Oh, mente è chesto
 DON TAVASIO
                                      Accossì è, che sserve?
 Volimmo essere ammice.
 ASCANIO
                                                 Perlocché
 DON TAVASIO
 (Voleva di’.)
 ASCANIO
                          Perdona Ussia lustrissemo
 DON TAVASIO
 Non ne sia cchiù, facimmo ponte, e passo.
 ASCANIO
890Comme volite; Perlocché
 DON TAVASIO
                                                (Mannaggia!)
 Sca’ famme no piacere,
 Quanno parle co mmico
 Lassa sto perlocché si mme vuo’ bene.
 ASCANIO
 Pecché?
 DON TAVASIO
                  Ne so’ nemmico
895Propio de lo ssentì, fatte capace,
 Sta parola m’ha accise
 Tutte li muorte mieje.
 ASCANIO
                                           Procurarraggio
 Pe ve servì de farenne de manco;
 Ma nc’haggio fatto ll’uso, si me scappa
900Fegnitela, che d’è?
 DON TAVASIO
                                     (Uh.)
 ASCANIO
                                                  Non sentite
 Sonare le ccampane? Perlocché.
 DON TAVASIO
 (Deaschence mmarditto)
 Fanne na devacata tutta nzieme,
 Ca po parlammo, singhe beneditto.
 ASCANIO
905Sì, sì, decite buono. (Dice più volte senza musica perlocché.)
 DON TAVASIO
 Sca’, Sca’? (Mmalora tuorcelo,
 Mmala scajenza accidelo)
 Scanio? canchero affocalo,
 Pepitola, cionchia,
910A la lengua a le mmasche.
 ASCANIO - DON TAVASIO
 Oh (senza musica.) Te nne si fatta
 DON TAVASIO
 Na bbona sazeata? Pe no mese
 Mo’ ne puoje fa de manco.
 ASCANIO
                                                   Pe no mese!
 Me venarria na simpeca.
 DON TAVASIO
915Pe no juorno, pe n’ora,
 Mente parlammo nzieme.
 ASCANIO
 Ah ah (senza musica.)
 DON TAVASIO
                M’abbasta chesto.
 ASCANIO
                                                   Perlocché
 DON TAVASIO
 Uh pesta.
 ASCANIO
                     M’è scappato, perdonateme.
 DON TAVASIO
 Ah (senza musica.) la Signora toja,
920Lo si Aurelio, che ppenzano de fare?
 No le bbeo, no le ssento.
 All’utemo havarraggio da schierchiare.
 ASCANIO
 Vedite. abbesognante
 Compiatirele, stanno sottosopra
925Pe la disgrazia de l’Ammico lloro;
 Per no, no: no lo ddico.
 DON TAVASIO
 Qua desgrazeja, qua Ammico!
 Secoteja.
 ASCANIO
                    Lo si Ubbretto, non sapite,
 Ch’è mpazzuto p’Ammore:
930Per
 DON TAVASIO
          Ah sì: Pe cchesto è stato?
 ASCANIO
                                                         Certamente,
 La volea fa pe mmano a lo Signore;
 Pe
 DON TAVASIO
         A ppreposeto, Scanejo? tienemente,
 Si venesse lo pazzo, e avisamello,
 Ch’io me la scoccio subbeto.
 ASCANIO
                                                     Pecché?
935De che havite paura.
 Nn’è pazzo furejuso
 Pe
 DON TAVASIO
         Io! non haggio filo,
 Ma tanno resciarria
 A punejata certa.
 ASCANIO
                                  Punejata!
 DON TAVASIO
940Chillo co lo Mmercurejo, e l’unzejone,
 Tu co lo perlocché, me scipparrissevo
 Le ppuneja da le mmano.
 ASCANIO
 Mo’ no lo ddico cchiù:
 DON TAVASIO
                                           Ca io te spezzo
 Parola mmocca, ca si no a chest’ora
945Nn’havarrisse a lo mmanco arremeddiate
 Na dozzana.
 ASCANIO
                         Nguaggiammo.
 DON TAVASIO
                                                       Sì, no bbuffo
 Gne bbota, che lo ddice, io te darraggio
 ASCANIO
 So’ contento. Si no?
 DON TAVASIO
                                       Dece carrine
 Te voglio dare
 ASCANIO
                             È ghiuto già lo nguaggio.
950A nnuje.
 DON TAVASIO
                   Tu che nne dice?
 Se faciarrà sto nguadejo?
 ASCANIO
 Creggio, ca sì, pe cché no, no lo ddico.
 Mo’ la Signora mia se sarrà fatta
 Capace, pe la cosa de volite
955Che se piglia no pazzo pe mmarito?
 DON TAVASIO
 Sarria cchiù pazza essa.
 ASCANIO
                                              Perlocché
 DON TAVASIO
 Abbuffa.
 ASCANIO
                    Sì signore,
 Aggio tuorto: ecco cca. (abbuffa.)
 DON TAVASIO
                                            E uno
 ASCANIO
                                                          No,
 No mme nce cuoglie cchiù.
 DON TAVASIO
                                                   Ma lo si Aurelio,
960Che ddice?
 ASCANIO
                        Ussia lustrissemo
 Se lo ppò smacenare:
 Co ttutto ca l’Ammico
 Haggio trattato de nce la ficcare,
 Puro, non sa, se fragne.
965Perlocché
 DON TAVASIO
                     Abbuffa, abbuffa.
 ASCANIO
                                                       Ecco abbuffato.
 DON TAVASIO
 E ddoje.
 ASCANIO
                   Secotejate.
 DON TAVASIO
                                         Un’a la vota
 Me n’attocca.
 ASCANIO
                           Gnornò
 Ve voglio pagà nnante, accossì po
 Sto cchiù cojeto. Vance
970Signo’, te guarda ss’uocchio.
 DON TAVASIO
 E non puoje fa de manco de lo ddire
 ASCANIO
 Uscia lo bbede: nc’haggio
 Tutto lo senzo mio;
 Cchiù me se proebbesce,
975Tanno cchiù me nne vene lo golio.
 
    È proprio na parola,
 Che non se pò pagà,
 Schitto na vota sola
 Tornatela a ssentì,
980Signo’? pe ccaretà,
 Si no me la faje di’
 Mo’ moro, perlocché.
    Ni nch’esce da la vocca
 Te siente addecreà,
985Te tilleca, te tocca,
 Te face pazzeà,
 Sie’ comm’è ddoce sie’.
 Signo’, pe ccaretà,
 Si no me la faje di’
990Mo’ moro, perlocché.
 
 SCENA X
 
 ROSMIRI, ed AURELIO poi SCAPPINO.
 
 ROSMIRI
 Deh, per l’ultima volta
 Ferma, Aurelio, e m’ascolta.
 AURELIO
 Abbastanza ascoltai, dissi abbastanza:
 Pria, che giunga all’occaso il Sol presente,
995Sarai mia, tuo mal grado:
 Pronubo di tai norze
 Fia lo sdegno però, non già l’Amore,
 Aurai la destra mia;
 Ma non sperar, alma infedele, il core. (parte.)
 ROSMIRI
1000Da quai punte crudeli,
 Misera! io son trafitta. Un tanto sdegno
 Son stanca omai di tolerar: Si scuota
 Si scuota il giugo indegno
 Dal nuovo amor, ch’è del mio mal cagione.
1005Sì: Dell’anima oppressa
 L’impero ad occupar torni ragione.
 Scappino, o là?
 SCAPPINO
                               Illustrissima.
 ROSMIRI
 Fa che a me venga Uberto.
 SCAPPINO
 Il Pazzo!
 ROSMIRI
                   Sì.
 SCAPPINO
                           Ora la servo. (in atto di partire.)
 ROSMIRI
                                                    Aspetta.
1010(Ed avrai cor, Rosmiri,
 Per dir, che l’abbandoni,
 E vederlo penar! Da me l’intenda,
 E dal mio core ad esser forte apprenda.)
 Venga. (a Scappino.)
 SCAPPINO
                 Ubbidisco. (come sopra.)
 ROSMIRI
                                       Ah no. (a Scappino.) (Perdo il coraggio
1015In sol pensarvi. Eh qual viltade è questa!)
 Vanne. (a Scappino.)
 SCAPPINO
                  Vado Illustrissima. (come sopra.)
 ROSMIRI
                                                       T’arresta.
 SCAPPINO
 (Or comincia a putir) Dica Signora
 Lo comanda? sì, o no?
 Vuol che vada? che resti?
 ROSMIRI
                                                 Io non lo so.
 
1020   Tal tra figli, e la compagna
 Combattuta Tortorella:
 Guarda il nido, e la campagna,
 Lasciar deve o questo, o quella,
 E risolvere non sa:
1025   Del suo ben, del caro figlio
 Teme il duol, teme il periglio,
 L’uno, e l’altro al cor gli sta.
 
 SCENA XI
 
 SCAPPINO.
 
 SCAPPINO
 La lla raì, tellà, larà (replica l’ultima cadenza dell’aria.)
 Fa, ch’a me venga, aspetta,
1030Vanne, no, sì, t’arresta. Poveretta!
 Essa à il fegato marcio
 Per il pazzo, non meno
 Della Padrona mia,
 E stanno tutte due
1035Vicinissime a fargli compagnia.
 Una bestia indiscreta
 Voi siete, al parer mio, Signora Amore;
 Ma più bestia di voi
 È colui, che v’accoglie entro del core.
 
1040   Io per me non farò mai,
 Una simile pazzia,
 Non vuo’ affanni, non vuo’ guai,
 Voglio stare in allegria,
 Vuo’ goder la libertà.
1045   Burlo, rido, mi diverto
 Or con quella, ed or con questa;
 Ma la testa
 Non mi duole:
 Son pastocchie, son parole,
1050Tutto, tutto è vanità.
 
 SCENA XII
 
 UBERTO con uno staffile in mano, seguendo DON TAVASIO, poi ASCANIO.
 
 UBERTO
 No, no, senti.
 DON TAVASIO
                           Mo’ vengo.
 ASCANIO
                                                 Perlocché
 DON TAVASIO
 (Uh dejavolo! mo’ sì che nc’aggio dato.)
 UBERTO
 Ve’ come lo sgraziato
 Fugge la scuola; Ascanio?
 ASCANIO
                                                 Signor mio.
 UBERTO
1055Alzatelo a cavallo.
 ASCANIO
 Oh, oh. (senza musica.)
 UBERTO
                  Ubbidite.
 DON TAVASIO
                                      Scanio?
 P’accidere no pazzo,
 Quanto se pò pagà? manco no callo. (piano ad Ascanio.)
 UBERTO
 Chi vuoi uccider? chi è pazzo?
 DON TAVASIO
1060Io, io.
 UBERTO
              Para manum.
 DON TAVASIO
                                         Che ddice? (ad Ascanio.)
 ASCANIO
 Vole, che uscia lustrissima
 A para.
 DON TAVASIO
                 E po?
 ASCANIO
                              E po zaffe
 Ve vo’ jettà na jeffola.
 DON TAVASIO
 A mme?
 UBERTO
                   A te.
 ASCANIO
                              Che nce faje! (a Don Tavasio.)
 UBERTO
1065Presto, o ch’io
 DON TAVASIO
                             Statte appasto
 Sio chillo, mo’ si llontano.
 UBERTO
 Quando?
 ASCANIO
                    Signo’? dà gusto a lo si Masto. (Uberto dà una spalmata a Don Tavasio.)
 Oh bbona!
 DON TAVASIO
                       Mannagg’io
 Mannaggia.
 ASCANIO
                         Ah ah, (ride.) che ggusto bene mio.
1070Chessa va pe le buffe (piano a Don Tavasio.)
 Ah ah (ride.)
 UBERTO
                Tu, perché ridi? (ad Ascanio ponendosi nel mezzo.)
 ASCANIO
                                                Non Signore
 Havite fatt’arrore.
 DON TAVASIO
 Ride de me lo cano.
 ASCANIO
 Gnernò, aggio rascato.
 DON TAVASIO
1075Non te serve sto nchiasto.
 UBERTO
 Para.
 ASCANIO
             Para a no Viecchio!
 È briogna.
 DON TAVASIO
                       Dà gusto a lo si Masto. (Uberto dà una spalmata ad Ascanio.)
 Zaffe.
 ASCANIO
              Benaggia craje.
 DON TAVASIO
 Chesta va pe la risa; Perlocché (piano ad Ascanio.)
 ASCANIO
1080Vedite me coffea.
 DON TAVASIO
                                   N’eje lo vero.
 ASCANIO
 Sì ma?
 UBERTO
                 Leviam le baje:
 A far scuola.
 DON TAVASIO
                          Volite
 Che ve piglia na seggia?
 Accossì state scommeto.
 UBERTO
1085No, no.
 DON TAVASIO
                 (Che ppazzo cancarone.)
 ASCANIO
                                                               Sì ma?
 UBERTO
 Zitto, ed attenti alla lezzione.
 UBERTO
 
 Vorrei saper da voi
 
 ASCANIO
 
 Che cosa?
 
 DON TAVASIO
 
                      (Sta a sentì)
 
 ASCANIO
 
 Decite
 
 UBERTO
 
                Qual di noi
1090È pazzo?
 
 ASCANIO - DON TAVASIO
 
                    (Oh chesta sì
 Che ba’ no schiavo)
 
 UBERTO
 
                                       Che?
 Che dici? presto. (a Don Tavasio.)
 
 DON TAVASIO
 
                                   Auh
 No po’ de freoma.
 
 UBERTO
 
                                    E tu? (ad Ascanio.)
 
 ASCANIO
 
 Vi’ ca lo ddico.
 
 UBERTO
 
                              Di’
 
 ASCANIO
 
1095Lo pazzo per lo cchè
 
 UBERTO
 
 Favella.
 
 ASCANIO
 
                  È chillo llà. (accennando Don Tavasio.)
 
 UBERTO
 
 Errasti: Para. A te. (a Don Tavasio.)
 Rispandi.
 
 DON TAVASIO
 
                     È chillo
 
 UBERTO
 
                                     Oibò.
 La mano.
 
 DON TAVASIO
 
                     Eccola ccà
 
 UBERTO
 
1100Io l’indovinerò.
 
 DON TAVASIO - ASCANIO
 
 Sbricammola, chi è?
 
 UBERTO
 
 Siam pazzi tutti tre,
 Io, che vi parlo, e voi
 Che date orecchio a me.
 
 DON TAVASIO
 
1105Scanejo?
 
 ASCANIO
 
                    Signo’?
 
 A DUE
 
                                    Che ddice?
 E ba ca n’eje lo ve’.
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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