Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Il gemino amore, Benevento, A spese dell'Appaldatore, 1718
 a cura di Paologiovanni Maione
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO III
 
 SCENA PRIMA
 
 PANCRAZIO, e FLAVIO.
 
 PANCRAZIO
1355Io non vo’ saper questo:
 Basta, ch’io sappia; ed ancor tu lo sai;
 Che sei un dissonesto,
 Scapestrato insolente
 FLAVIO
                                          È vero errai.
 PANCRAZIO
 Usar forza a l’onore
1360D’un’onesta straniera! aspro inimico
 Con Ascanio mostrarti!
 FLAVIO
                                             È ver: fu errore.
 PANCRAZIO
 Ah! lascivo, impudico,
 Come sai finger bene!
 Non è la prima volta,
1365Che m’ingannasti!
 FLAVIO
                                     Or non sarò qual fui.
 PANCRAZIO
 Lo spero. Or ti conviene
 (Ed i sensi d’un Padre attento ascolta)
 Sposar Emilia, a cui
 Fu giusto mio voler, che tu sia sposo:
1370E pur, schivo, e ritroso,
 Con un folle pensiero,
 Il voler mio sprezzasti
 Fino a fuggir di casa! È vero?
 FLAVIO
                                                        È vero.
 Or in pena mi basti
1375Il grave mio rossor: mi basti in petto
 Il rigor de l’emenda,
 Che punge il core.
 PANCRAZIO
                                    O Figlio benedetto.
 Fa pur che in te s’accenda
 Bel foco di virtù, che in te divori
1380Le malnate sozzure,
 E de’ trascorsi errori
 Gli scandalosi effetti, e l’opre impure.
 FLAVIO
 Del Paterno consiglio,
 Osservator sincero
1385Vedrete sempre un ravveduto figlio.
 PANCRAZIO
 Che gli eventi sian tali,
 Per onor tuo, per mio contento, io spero
 Or pensa a gli sponsali,
 Che ’l tutto io disporrò.
 FLAVIO
                                             Pronto son io:
1390Pende da’ cenni vostri il voler mio.
 PANCRAZIO
 
    Non v’è legge più giusta, più bella
 Di quella,
 Che impone
 D’un Padre l’amor.
1395Credi, o figlio,
 Al paterno consiglio;
 E in te ragione
 Rintuzzi l’error.
 
 SCENA II
 
 FLAVIO solo.
 
 FLAVIO
 Quanto del Genitore
1400I giusti sentimenti,
 Quali strali pungenti,
 Mi trafiggono il core! Ah! che più fiere
 Son d’Amor le punture!
 Pentito il mio volere
1405Corre ad Emilia; e pure
 A l’amor di colei fissa hò la mente!
 Vinca ragion di Figlio;
 E ’l paterno consiglio
 Freni d’ogni disio l’impeto ardente.
1410O Emilia
 
 SCENA III
 
 EMILIA, dal Giardino; e ’l suddetto.
 
 EMILIA
                    (Or ora io torno.)
 FLAVIO
 (Quanto a torto t’offesi!)
 EMILIA
                                               (Ecco l’ingrato!)
 FLAVIO
 (Ma pur, in questo giorno,
 Vedrai) Volto adorato
 EMILIA
 E ardisci ancora
1415In me fissar lo sguardo?
 FLAVIO
 No, bella; è giunta l’ora,
 Che a te pentito
 EMILIA
                                Il pentimento è tardo.
 FLAVIO
 No; che di fé, d’amore
 EMILIA
 Che amor, che fé, spergiuro?
1420Mendace, traditore
 FLAVIO
 No, cara
 EMILIA
                   Vanne via, lascivo, impuro.
 Vanne
 FLAVIO
                È ver: t’oltraggiai
 EMILIA
 Vanne; ed il mio sembiante
 Non ardir più di rimirar giammai,
1425Non che avermi in isposa; indegno amante.
 
    Pensa ingrato, traditore,
 Che richiede
 Un vero amore
 Salda fede,
1430E purità.
    Verso un Alma infida, impura;
 Che d’Amor i pregi oscura,
 Perde il pregio la pietà. (Entra in casa)
 
 SCENA IV
 
 FLAVIO solo.
 
 FLAVIO
 E ’l Paterno consiglio
1435Potrà frenar de’ moti miei l’eccelso?
 No, che non son più figlio:
 Fra le furie d’Amor, perdo me stesso.
 Giusto, o Emilia, è ’l rigore,
 Giusti son i disprezzi; e giusto anch’io;
1440Del tuo rigor, de’ sprezzi miei l’autore,
 Io stesso punirò nel petto mio.
 Se perdei la bellezza,
 Che qui, per pena mia, guidò la Sorte:
 S’Emilia mi disprezza;
1445Dunque forz’è, ch’io cada
 Giusto trofeo di volontaria morte.
 L’odioso respiro
 Mi tolga questa spada
 
 SCENA V
 
 LAVINIA, dal giardino; e ’l suddetto.
 
 LAVINIA
 (Me dolente! Che miro!)
 FLAVIO
1450(E le pene, e i tormenti
 Tolga l’afflitto cor) (va per uccidersi.)
 LAVINIA
                                     Ferma! che tenti?
 FLAVIO
 Tu sei? lascia, ch’io sveni
 Questo infelice cor.
 LAVINIA
                                      Che insania è questa!
 Le tue furie trattieni.
 FLAVIO
1455Deh! lasciami morire.
 LAVINIA
                                           Il colpo arresta.
 FLAVIO
 Forse ti spiace, ingrata,
 Ch’io t’usurpi del colpo il bel diletto?
 Sì, t’intendo; spietata;
 Ecco il ferro, ecco il petto:
1460Il diletto, l’onore
 Abbi tu di mia morte; ingrato core.
 LAVINIA
 Senti pur: datti pace
 FLAVIO
 Non sento, che il furor che mi vuol morto.
 LAVINIA
 Deh! ritorna in te stesso
 FLAVIO
1465Tiranna! Non ti piace,
 Che almen questo conforto
 Da te mi sia concesso
 Di troncar, con la vita, il mio tormento;
 Perché brami, ch’io mora ogni momento.
 LAVINIA
1470Eh! frena i tuoi deliri,
 Che rea mi fan delle tue colpe, e pensa,
 Che sono i tuoi martiri
 Mio duol, mia pena immensa.
 
 SCENA VI
 
 ASCANIO, dal giardino; e suddetti.
 
 ASCANIO
 (Flavio, e Lavinia!)
 FLAVIO
                                      E com’è ver; se poi
1475Sei di pietade avara?
 Lusingarmi non puoi: lascia, ch’io mora.
 LAVINIA
 Deh! ferma; e credi ancora,
 Che tua vita m’è cara,
 Quanto la vita mia.
 FLAVIO
1480Come creder lo posso?
 ASCANIO
                                            (O gelosia!)
 LAVINIA
 Sì, puoi creder, ch’io t’amo
 ASCANIO
                                                    (Oimé che sento!)
 LAVINIA
 E t’amo
 ASCANIO
                  Ah! Donna infida
 FLAVIO
 Ancor tanto ardimento?
 È tempo, che m’uccidi, o ch’io t’uccida.
 LAVINIA
1485Ah! temprate i furori
 ASCANIO
 A che l’ira raffreni
 D’un ministro fedel de’ tuoi rigori?
 Lascia; crudel; che vittima mi sveni
 Il tuo gradito amante
1490All’incostanza tua, Donna incostante.
 LAVINIA
 Che dici! ah! se m’amate,
 Deh! fate, ch’i miei sensi io vi palesi:
 Sentitemi: ascoltate
 ASCANIO
                                       Ah! troppo intesi.
 E già, che poco ardita
1495È la tua destra ad affrettar mia morte;
 Di propria man la vita
 Consagro a l’empietà de la mia sorte.
 LAVINIA
 O Dio! ferma: che fai?
 Sentite
 ASCANIO
                 Che puoi dir?
 FLAVIO
                                             Che dir potrai?
 LAVINIA
1500Dirò, che nel mio petto
 Sento, per te, per lui sensi d’amore;
 E fra sì strano affetto,
 Che tormenta il mio core,
 Confusa l’Alma mia,
1505Questo Gemino Amor non sa, che sia!
 FLAVIO
 Con troppo astuti modi
 T’ingegni a mascherare i tradimenti!
 ASCANIO
 Vuoi far, con queste frodi,
 Leciti i mancamenti, Alma spergiura!
 LAVINIA
1510Ah! no, che ’l cor v’espone
 La verità più pura.
 ASCANIO
                                     E puoi, tiranna,
 A sì strano disio
 Dar nome di ragione?
 FLAVIO
 Ci deride costei.
 ASCANIO
                                 Costei c’inganna.
 LAVINIA
1515No v’ingannate o Dio!...
 So, che tu difensore
 Mi fosti de la vita; e tu, cortese,
 Mi salvasti l’onore:
 So, che costui m’offese;
1520So, che tu m’obbligasti:
 So, che per te, per lui d’Amore abbondo;
 E so Questo vi basti,
 Ch’agitata, e smarrita io mi confondo!
 FLAVIO
 
 Dici crudel, che m’ami
 
 ASCANIO
 
1525Vanti d’amarmi, ingrata
 
 LAVINIA
 
 È ver, che v’amo, sì.
 
 FLAVIO
 
 E brami
 Che spietata
 M’affanni
1530Gelosia!
 
 ASCANIO
 
 E perfida m’inganni
 Con aspra tirannia!
 
 FLAVIO
 
 Tiranna E questo è amor?
 
 ASCANIO
 
 Infida E questo è amor
 
 LAVINIA
 
1535Ah! che non è così.
 
 FLAVIO
 
 Hai tu due cori in petto?
 
 ASCANIO
 
 Divider puoi l’affetto?
 
 LAVINIA
 
 Che sia, dirlo non so!
 
 FLAVIO
 
 Sì, fiera, sì, crudele
 
 ASCANIO
 
1540Sì, barbara, infedele
 
 A DUE
 
 Ti piace il mio dolor!
 
 LAVINIA
 
 Ah! non è vero, no.
 
 SCENA VII
 
 LAVINIA sola.
 
 LAVINIA
 Numi, voi, che vegliate
 Su ’l destin de’ viventi,
1545Per pietà, palesate
 Questo, che sia
 
 SCENA VIII
 
 CORBOLO, e la suddetta.
 
 CORBOLO
                               O! Siete qui, Signora!
 Che fate?
 LAVINIA
                     In preda io son de’ miei tormenti.
 CORBOLO
 Come! che accadde mai?
 LAVINIA
                                                Troppo funesta
 Spuntò per me quell’ora,
1550In cui qui venni!
 CORBOLO
                                  E ben? che istoria è questa?
 LAVINIA
 Ad un Gemino Amore
 Mi danna la mia stella
 Verso Flavio, ed Ascanio!
 CORBOLO
                                                O questa è bella!
 LAVINIA
 E del Fato il rigore,
1555Che turba la mia pace,
 Fa chiaro il duol; ma la cagion mi tace.
 
    Son confusa, io non hò senso!
 Più, che penso
 A l’asprezza del mio stato,
1560Più agitato
 Io sento il cor!
    Cieli, Stelle, in che peccai?
 Perché mai
 Contro me tanto rigor.
 
 SCENA IX
 
 CORBOLO solo
 
 CORBOLO
1565Che stravaganza è questa!
 Che ridicolo amor!
 
 SCENA X
 
 CASSANDRA, di casa; e ’l suddetto.
 
 CASSANDRA
                                     (È cura mia
 Farle abbassar la cresta
 A cotesta ragazza.)
 CORBOLO
 (Io l’hò per gran pazzia!)
 CASSANDRA
1570(Voglio farla crepar sotto una mazza.)
 CORBOLO
 (Chi è questa matrona!)
 CASSANDRA
 (L’hò da metter al fondo
 Chi è questi!)
 CORBOLO
                             O! mia Padrona;
 Dia ella una licenza
1575Al prim’uomo del Mondo
 Di farle una profonda riverenza.
 CASSANDRA
 M’è grata; e tu chi sei?
 CORBOLO
 Son di remoto clima;
 E di valor, di stima,
1580Pochi ne troverà de’ pari miei.
 CASSANDRA
 (Che ridicolo umore!)
 M’è caro.
 CORBOLO
                    E ciò, che sia
 Bellezza, e bizzarria
 In me si vede; e ciò che sia valore;
1585Senza tenerl’a bada;
 Basta, che lo domandi a questa spada.
 CASSANDRA
 Ah, ah! rider mi fai!
 (È gustoso in eccesso!)
 CORBOLO
 Or passiamo più avante.
1590Mi dica: esser può mai,
 Che possa a un tempo stesso
 Una donna, di due esser amante?
 CASSANDRA
 (Che altro balzo è questo!)
 Non può darsi per vero.
 CORBOLO
1595Accordiam di pensiero.
 CASSANDRA
                                             E chi è costei?
 CORBOLO
 Debbo tacerne il resto:
 Più dirvi non conviene.
 CASSANDRA
 Né ’l vo’ saper. Tu dunque non amasti,
 Giacché questo non sai.
 CORBOLO
                                              Dite assai bene.
1600Furon sempre i miei fasti
 L’onor la gloria; ma,
 Pur, da cert’ore in qua,
 A la rete fui colto
 Da una certa Zitella,
1605Vistosina, ben fatta,
 Ch’abita qui. (mostra la casa di Pancrazio.)
 CASSANDRA
                            (Che ascolto!)
 Si chiamasse Lisetta?
 CORBOLO
                                          Ah! questa è quella.
 
 SCENA XI
 
 PANCRAZIO, e suddetti.
 
 PANCRAZIO
 (Chi è costui! che si tratta!)
 CASSANDRA
 (Mi piace questa cosa,
1610Per togliermi lo stecco.) Or, se tu vuoi,
 Questa è mia serva, e la farò tua sposa.
 PANCRAZIO
 Che dici vecchia pazza?
 Che sposa? a chi? c’hai detto?
 Va tu per fatti tuoi: sgombra la piazza.
 CASSANDRA
1615Io voglio maritarla a tuo dispetto.
 CORBOLO
 Piano un poco, Messere
 Che io?
 PANCRAZIO
                  Che tu? va via: che vuol costui!
 CASSANDRA
 Io farotti a vedere
 Che Lisetta è sua moglie.
 PANCRAZIO
1620Il morbo, che vi rode a te, e a lui.
 CORBOLO
 Dunque così s’accoglie,
 In tal guisa s’onora
 Un uom come son’io?
 PANCRAZIO
 E vanne in tua malora.
 CASSANDRA
1625Lisetta sarà tua: l’impegno è mio.
 
    Tu la godrai,
 Non dubitar;
 E tu di rabbia
 Dovrai
1630Crepar.
    Sei tu lo sposo,
 Non può mancar;
 E tu la scabbia,
 Vecchio schifoso,
1635T’hai da grattar.
 
 SCENA XII
 
 PANCRAZIO, e CORBOLO.
 
 PANCRAZIO
 Va, che starai ben fresca.
 Vecchia balorda. E tu di dove uscisti?
 CORBOLO
 Sentite, e non v’incresca
 PANCRAZIO
 C’hò da sentir? che vuoi? donde venisti.
 CORBOLO
1640Ben conosco, che siete
 Degno assai di perdono,
 Perché voi non sapete
 Qual sia la fama mia: chi fui: chi sono.
 PANCRAZIO
 Che fama? tu che sei;
1645Tu vaneggi! sei pazzo!
 CORBOLO
 Piano; che i pari miei
 Non son usi a soffrir tanto strapazzo.
 PANCRAZIO
 Tu sei tentazione!
 Cosa vuoi da Lisetta?
 CORBOLO
1650Voglio ciò che mi spetta,
 Ch’io son suo grato amante, e suo campione.
 PANCRAZIO
 Che seccagine è questa!
 Quella è mia serva; e parti, se non vuoi,
 Ch’io ti rompa la testa (gli va addosso.)
 CORBOLO
1655Piano: non tanto avanti (fugge.)
 PANCRAZIO
 Fuggi, poltron?
 CORBOLO
                               Sdegna pugnar con voi
 Chi è avvezzo ad atterrar mostri, e giganti.
 PANCRAZIO
 O il bel pallon da vento!
 In cagnesco mi guardi? (gli va di nuovo addosso.)
 CORBOLO
1660Quest’è troppo ardimento
 PANCRAZIO
 Tu vuoi proprio stizzarmi.
 CORBOLO
 A noi: non più riguardi.
 Eh? non far, ch’io m’adiri,
 Che s’io giungo a sdegnarmi un poco poco,
1665Basta, ch’un occhio io giri,
 E cinto ti vedrai di fiamme, e foco.
 PANCRAZIO
 (Che domine vuol questi!)
 Tu vai proprio cercando,
 Che quel grugno ti pesti. (l’afferra.)
 CORBOLO
1670Piano, padron mio bello
 Son al vostro comando
 PANCRAZIO
 Or senti, e sta in cervello:
 Se più ti veggo a questa casa intorno,
 Tu sei mal arrivato.
 CORBOLO
1675Mai più non ci ritorno. (lo lascia.)
 Eh! che ci posso far? sei disarmato.
 PANCRAZIO
 
    Senti bene poltronaccio;
 Io ti pelo quel mostaccio;
 Se più qui ti troverò.
1680   Tu minacci? eh, s’io t’afferro,
 Vivo, vivo ti sotterro,
 Il becchino ti farò. (Se ne va per strada.)
 
 SCENA XIII
 
 CORBOLO solo.
 
 CORBOLO
 Può chiamarsi un portento
 Il non averlo ucciso!
 
 SCENA XIV
 
 LISETTA, di casa; e ’l suddetto.
 
 LISETTA
                                       (O! Vello, vello.)
1685Addio, Signor Spavento.
 CORBOLO
 Un titolo sì bello
 È dover, che mi tocchi.
 LISETTA
 Un alocco tu sei
 CORBOLO
 Via, via
 LISETTA
                  Anzi ti dei
1690Chiamare il caporale de gli alocchi.
 CORBOLO
 Via, ch’abbiam novità.
 LISETTA
 Che novità? che cosa?
 CORBOLO
 Dammi la mano qua.
 LISETTA
 Che mano? vuoi burlar!
 CORBOLO
1695Già sei mia sposa.
 LISETTA
                                    E va via, che sei sciocco!
 CORBOLO
 È vero, è più che vero.
 LISETTA
 E poi ti spiace, ch’io ti chiami alocco?
 CORBOLO
 La tua Padrona mi ti diè poc’anzi.
 LISETTA
 Non mi spiace il pensiero.
1700E come? dove fu?
 CORBOLO
                                   Fu qui dinanzi.
 Qui parlai seco; e molto
 Il mio garbo le piacque, il mio valore;
 Onde, con lieto volto,
 Ch’io sia lo sposo tuo gradì l’onore.
 LISETTA
1705Taci: va via, va via,
 Che sei un corbacchione.
 CORBOLO
 Ti giuro da chi son, che n’è buglia.
 Poi giunse il tuo Padrone,
 Che facea del tremendo,
1710Tutto furor, tutt’ira; e mancò poco,
 Che morto no ’l trovassi in questo loco.
 LISETTA
 Or lo vado credendo.
 CORBOLO
 E ben? come la senti?
 LISETTA
 (Per finir i guai miei,
1715Un moro pigliarei.)
 CORBOLO
 Che discorri fra i denti?
 LISETTA
                                               A dirla: io temo,
 Che tu debba andar via
 CORBOLO
 Oibò, non partiremo.
 LISETTA
 Lo so, che tu sei stranio.
 CORBOLO
1720Qui resterem, che la Padrona mia
 Farà le nozze sue
 Con Flavio, e con Ascanio.
 LISETTA
 Che dici! vuoi burlare?
 CORBOLO
 Se hà detto, che vuol bene a tutti, e due.
 LISETTA
1725È pazza, poveretta!
 CORBOLO
 Or basti. Un de li due s’hà da pigliare.
 E noi, dolce Lisetta,
 Quanto avremo a godere.
 LISETTA
 Io spero il godimento;
1730Ma il Padron Basta. Stiamo un po’ a vedere;
 E poi navigherem secondo il vento.
 CORBOLO
 
    Quando sposo ti sarò,
 Che farai?
 
 LISETTA
 
    Or ti dico, che farò.
1735Caro, caro mi sarai
 Tanto, tanto t’amerò.
 
 CORBOLO
 
    Ed io sempre stretta stretta,
 Mia diletta,
 Fra le braccia ti terrò.
 
 LISETTA
 
1740Di carezze,
 Di finezze,
 Tutto il dì ti gonfierò.
 
 CORBOLO
 
 Amoroso,
 Spiritoso,
1745Sempre gusto ti darò.
 
 SCENA XV
 
 FLAVIO solo.
 
 FLAVIO
 
 Che risolvo? che penso? che tento?
 Rispondi mio core.
 Ti sento:
 In amore
1750L’ardire ci vuol.
 
 So, che Lavinia m’ama;
 Bench’ella sdegni il mio commesso errore;
 E con accesa brama,
 Non farò io ciò, che mi detta amore?
1755So, ch’ama Ascanio; e questo
 Fia stimolo più forte al cor geloso:
 Sì: a rapirla m’appresto,
 E spero, ch’a miei voti arrida il Fato.
 Ardire o cor dubioso:
1760Non ammette riguardi un disperato.
 
 Si rapisca: il cor me ’l detta:
 A rapirla Amor m’affretta;
 E lo chiede il mio gran duol.
 
 SCENA XVI
 
 LAVINIA, di casa d’Ascanio; e ’l suddetto.
 
 FLAVIO
 (Eccola! o bella sorte!)
 LAVINIA
1765(V’intendo, Astri inclementi:
 T’intendo, Amor ingiusto:
 In mezo a miei tormenti,
 Volete la mia morte.)
 FLAVIO
 (Siam soli: il tempo è giusto.)
 LAVINIA
1770(Ed io la vita abborro,
 E per uscir da miei penosi guai
 Al precipizio io corro.)
 FLAVIO
 In queste braccia i tuoi contenti avrai. (l’afferra.)
 LAVINIA
 Lasciami, traditore
 
 SCENA XVII
 
 CORBOLO, e, suddetti.
 
 CORBOLO
1775Ah! poter de le stelle!
 Levate queste baje.
 LAVINIA
                                      Lasciami, indegno
 FLAVIO
 Taci, cor del mio core
 CORBOLO
 Voi date in ciampanelle.
 LAVINIA
 Sarà vano l’impegno.
 CORBOLO
1780Genti: ajuto; accorrete.
 
 SCENA XVIII
 
 ASCANIO, EMILIA, e, suddetti.
 
 ASCANIO
 Che veggon gl’occhi miei!
 EMILIA
 Ah! infame!
 CORBOLO
                          Soccorrete.
 LAVINIA
 O Ciel, conforto.
 ASCANIO
                                 Empio; lascia costei.
 FLAVIO
 Non accostarti, Ascanio; o tu sei morto.
 ASCANIO
1785Lascia; o morto qui resti.
 LAVINIA
 E non lasci, spietato?
 
 SCENA ULTIMA
 
 PANCRAZIO, CASSANDRA, LISETTA, e suddetti.
 
 PANCRAZIO
 Che rumori son questi?
 Lascia quella Donzella; ah! scelerato.
 FLAVIO
 Padre
 PANCRAZIO
               E nomar mi puoi,
1790Figlio infame, insolente?
 LAVINIA
 Signor; Signora; in voi
 Spero trovar pietà.
 PANCRAZIO
                                     Scaccia il timore.
 LAVINIA
 (Non so l’Alma, che sente!)
 PANCRAZIO
 (Sento il sangue brillar!)
 CASSANDRA
                                                (Mi balza il core!)
 PANCRAZIO
1795Temerario, arrogante,
 Di nuovo insulti a nobile straniera?
 ASCANIO
 Che sta in casa d’Ascanio!
 CASSANDRA
 Figlio troppo attrivito.
 EMILIA
                                           (Alma incostante!)
 CORBOLO
 E non è miga qualche cantoniera.
1800Cotesta è figlia unica
 D’Anselmo Caralice,
 Ricco Mercante in Padua.
 PANCRAZIO
                                                 Come? come?
 LAVINIA
 Ah! sì, che ’l ver vi dice.
 PANCRAZIO
 Anselmo! o Dio! qual nome
1805Parla dimmi
 CASSANDRA
                           (Che intesi!)
 PANCRAZIO
 Non partì per Messina;
 Son ormai diece mesi?
 LAVINIA
 In traccia a le sventure;
 Se fu la morte sua; la mia ruina.
 PANCRAZIO
1810Come accadde di’ pure
 (Intenerir mi sento!)
 CASSANDRA
 (O eventi inaspettati!)
 PANCRAZIO
 Deh! parla (o che contento!)
 LAVINIA
 Che? Voi lo conosceste?
 PANCRAZIO
1815Sì Parla pur
 LAVINIA
                         Su Nave Ragugea
 A Venezia imbarcati,
 Destò fortuna rea fiere tempeste;
 Onde al forte strapazzo,
 Cadde infermo mio Padre; e spinto poi
1820Dal Mar cruccioso al porto di Durazzo;
 Chiuse a l’uscir di Nave i giorni suoi.
 CORBOLO
 Per filo l’hà contata.
 PANCRAZIO
 Ah! non più: vieni o figlia,
 Vieni fra queste braccia
 CASSANDRA
                                              Ah! figlia amata
 FLAVIO
1825Sorella del cor mio
 LAVINIA
                                     Come! che dite?
 PANCRAZIO
 Cessi la maraviglia,
 Che mia figlia tu sei. Dirò: sentite.
 Fu mio cugino Anselmo; e in Padua io fui,
 Or son vent’anni, con mia moglie.
 CASSANDRA
                                                                È vero.
 PANCRAZIO
1830Dove di te sgravossi; ed ebbe lui
 (Vedovo, e senza figli)
 L’amoroso pensiero
 D’adottarti per figlia; ed io cedei,
 Con pena, a suoi consigli,
1835E ti lasciai. Sì, che mia figlia sei.
 CASSANDRA
 Sì, che il caso fu questo.
 ASCANIO
 M’ingombra lo stupore!
 EMILIA
 Attonita io ne resto!
 FLAVIO
 Ecco, o sorella, il mio possente amore.
 PANCRAZIO
1840Figlia; il Ciel ci conforta:
 Figlia diletta mia, pianta per morta.
 LAVINIA
 Ma come! se giammai
 Questo il Padre mi disse?
 PANCRAZIO
 Dirò quel che non sai:
1845Ei più volte mi scrisse,
 Che geloso il tacea,
 Perché tutto volea in te ristretto
 Di figlia verso lui l’amor, l’affetto.
 Che più: questo giojello,
1850Ch’io ti lasciai, ne fa prova maggiore:
 Vedi, ch’è uguale a quello,
 C’hà nel petto tua Madre.
 LAVINIA
                                                 Ah! sì, dal core
 N’hò più ferma certezza,
 Che mi sento languir di tenerezza,
1855Padre mio, Madre mia, Fratello amato;
 Lieta vi stringo al sen.
 CORBOLO
                                           (Questo è un incanto!)
 PANCRAZIO
 O! giorno avventurato!
 ASCANIO
 Gran caso!
 EMILIA
                       Il Ciel, che fa!
 LISETTA
                                                   Mi viene il pianto.
 LAVINIA
 Cessa in me lo stupore,
1860Più confusa non vivo:
 Del mio Gemino Amore
 Verso Flavio, ed Ascanio, ecco il motivo.
 PANCRAZIO
 Ma tu, figlia, fra noi
 Come venisti?
 LAVINIA
                              Anch’io
1865Inferma caddi per più mesi; e poi,
 Con questo servo mio,
 M’imbarcai per la Patria; e ’l vento infido
 Portommi a questo lido, ove mi rese
 Obbligata in eccesso
1870D’Ascanio la virtù, l’amor cortese.
 ASCANIO
 A parte io mi confesso
 De’ vostri godimenti;
 E con un giusto ardire,
 Spero goder ne’ vostri i miei contenti.
 PANCRAZIO
1875So ben quanto vuoi dire.
 LAVINIA
 Or, che hò Padre, s’aspetta
 A lui darne l’assanso.
 PANCRAZIO
 O figlia benedetta!
 Ascanio sia tuo sposo. Ecco il consenso.
1880Flavio Emilia si sposi;
 E godiam tutti lieti, e avventurosi.
 CASSANDRA
 Che farem di Lisetta?
 PANCRAZIO
 Giust’è, che goda anch’ella. Or tu la vuoi?
 CORBOLO
 Se la voglio? Mi spetta.
 PANCRAZIO
                                             E tu, che dici?
 LISETTA
1885Il voglio.
 PANCRAZIO
                   Ah! tristarella!
 Orsù le mani; a voi:
 Facciamola compita.
 CORBOLO
 O gioja saporita!
 LISETTA
                                  O caro!
 CORBOLO
                                                  O bella!
 FLAVIO
 
 Mia luce, mia stella
 
 ASCANIO
 
1890Mia cara, mia bella
 
 EMILIA
 
 Mio dolce diletto
 
 LAVINIA
 
 Mia gioja gradita
 
 FLAVIO
 
 Ti porgo, amoroso
 
 ASCANIO
 
 Ti dono, giojoso
 
 A DUE
 
1895La mano co’l cor.
 
 EMILIA
 
 Ti sacro quest’Alma
 
 LAVINIA
 
 Ti dono la vita
 
 A DUE
 
 Per pegno d’amor.
 
 TUTTI
 
 Cangia sorte il fiero aspetto:
1900Mai non dura
 La sventura:
 La tempesta hà la sua calma:
 Hà la pace ogni dolor.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

Valid XHTML 1.0 Transitional