Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 L'impresario di teatro, Napoli, s.e., 1730
 a cura di Paologiovanni Maione
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO II
 
 SCENA PRIMA
 
 SCARTAFFIO VOLPINO e NUCCETTA con Carte di Musica LEONORA D. CICCIO GIBERTO SIMONE ELISA.
 
 SCARTAFFIO
580Lo Cimmaro figliu’? Priesto.
 VOLPINO
                                                      Ora viene.
 ELISA
 Eccomi di ritorno
 Ad inchinarla. (a Leonora.)
 LEONORA
                              A farmi gratia.
 ELISA
                                                           Vedi.
 LEONORA
 Che vago Ciglio, che bel Viso adorno. (a D. Ciccio.)
 ELISA
 Signor D. Ciccio sà ch’io le son serva.
 D. CICCIO
585Padrona ella vuol dir.
 ELISA
                                          Con sua licenza. (a Leonora.)
 Una parola. (a D. Ciccio.)
 LEONORA
                          Eccolo quà si serva. (con dispetto.)
 D. CICCIO
 (Or mi vendico.)
 SCARTAFFIO
                                  Orsù
 Lo Cimmaro è venuto
 Sia chella?
 ELISA
                       Adesso, adesso.
 D. CICCIO
590Vada a cantar. (ad Elisa.)
 ELISA
                              Ci parleremo appresso.
 LEONORA
 Scostati. (piano a D. Ciccio.)
 D. CICCIO
                    Averti poi ch’a tuo dispetto
 Io farò dirti il ver. (piano a Leonora.)
 LEONORA
                                     N’avrò diletto. (piano a D. Ciccio siedono.)
 SCARTAFFIO
 Sio Masto ccà.
 GIBERTO
                             A che far?
 SCARTAFFIO
 A... lo voleva dì a sonà.
 GIBERTO
595Che cosa?
 SCARTAFFIO
                      Lo Cimmaro.
 GIBERTO
                                                 E non sa
 Che quest’è uno stromento
 A me del tutto ignoto.
 NUCCETTA
                                          Ih ih, che sento
 È Mastro di Cappella,
 E il Cembalo non sona! (oh che Pasquino.)
 SCARTAFFIO
600È Masto de Cappella Violino
 Nò me l’allecordava.
 Mannà comme facimmo?
 SIMONE
 Lo Sio D. Ciccio pò fa gratia.
 LEONORA
                                                      Appunto.
 D. CICCIO
 Ben volentieri. (siedono.)
 LEONORA
                               Al tuo piacer sei giunto. (piano a D. Ciccio.)
 SCARTAFFIO
605Zì zì.
 D. CICCIO
             Che vuo’ cantar?
 ELISA
                                              Un’Arietta.
 D. CICCIO
 Con quattro Versi di Recitativo.
 SCARTAFFIO
 Nce vonno chiste ccà.
 ELISA
 Lasci sceglier a me: Questa è perfetta
 (Palese far vogl’io
610Con tal mezzo a D. Ciccio il fuoco mio.)
 
 Da quel punto fatal, ch’io ti mirai (canta.)
 Di te m’innamorai.
 
 SCARTAFFIO
 Bella voce!
 SIMONE
                       Pe cierto.
 LEONORA
                                           È spiritosa.
 ELISA
 
 Volea tener ascosa
615La fiamma, che m’accese entro del Core
 Il tuo bel volto, ma non volle amore.
 
 SCARTAFFIO
 Bravo.
 GIBERTO
                Le piace?
 LEONORA
                                    Può passare.
 GIBERTO
                                                             È vero.
 ELISA
 
 Ond’è che in quest’accenti
 Coll’alma sulle Labra
620Son costretta a narrarti i miei tormenti. (Leonora nel tempo che canta Elisa manda Volpino a prendere alcune Carte di Musica, e sceglie un’Aria sciolta.)
 
    Al primo dolce sguardo
 Che a me volgesti, o caro,
 La bella fiamma, ond’ardo
 S’accese nel mio cor.
 
625   Sa quel fatal momento
 L’alma restò ferita
 Dolce mio ben, mia vita
 Per te son tutta amor.
 
 SCARTAFFIO - SIMONE
 Viva, viva.
 ELISA
                       Pe doni.
 GIBERTO
                                         Egregiamente.
 D. CICCIO
630Vi è Musica, v’è gratia, e volto, e voce
 Tutto in grado eccellente.
 SCARTAFFIO
 Famosa veramente.
 Statte D. Ciccio, statte
 La Sia Nora porzì
635Na cosella de genio
 Nce vole fà sentì. (Leonora pone con rabbia l’Aria sul Cimbalo.)
 Pecché cossì nzorfata?
 LEONORA
 L’Aria, ch’io vuò cantare
 È di sdegno, e per darle
640L’espression che merita, la voglio...
 SCARTAFFIO
 T’aggio ntesa, la vuoje rappresentare
 Sia Li’ statt’a’bedé, comme se fricceca.
 GIBERTO
 Lei non avrà bisogno
 S’assicuri però v’è da imparare. (ad Elisa. SCARTAFFIO fa segno a D. Ciccio che suoni. Leonora canta all’impiedi.)
 LEONORA
 
645   Voglio vendetta, e voglio
 Punir quell’alma ingrata
 Che l’amor mio tradì.
 Vendetta. Ma... di chi?
 Ah che né pur sdegnata
650Sò rammentarne il nome,
 E proferir nol sò.
 
    Infido, ingrato ancora,
 Quest’anima l’adora,
 Sdegno per lui non hò. (entra con Volpino.)
 
 SCENA II
 
 SCARTAFFIO NUCCETTA SIMONE ELISA, e D. CICCIO fanno applauso sbattendo le mani.
 
 SCARTAFFIO
655Bravo, l’ha fatta propio natorale.
 NUCCETTA
 Bella creanza.
 SIMONE
                            Ussia la scusa, a Essa
 Le parea de sta ncoppa a lo Triato,
 Pe non fà addefreddare ssa sbatutta
 S’è trovata abbiata, e se nn’è ghiuta
660Ma mo mo tornarrà.
 ELISA
                                        Volea dire.
 D. CICCIO
 (Intenerito io son.) Con lor licenza.
 SCARTAFFIO
 Che già te nne vuo’ ire? (a D. Ciccio.)
 D. CICCIO
 Ritorno or or.
 SCARTAFFIO
                            Fa priesto (entra D. Ciccio.)
 Ca volimmo sentire sta fegliola.
 NUCCETTA
665Io! qualche poco ad Aria sò cantare.
 SCARTAFFIO
 E pure è bero, ch’aje da recetare.
 NUCCETTA
 Volesse il Cielo.
 GIBERTO
                                Ma sarà difficile
 Che alla lingua si possa accomodare.
 ELISA
 Che l’Opera sarà Napolitana?
 GIBERTO
670In questo caso si può far Toscana.
 ELISA
 Certamente, io non canto in altra lingua.
 SCARTAFFIO
 Che nne dice Semmuo?
 SIMONE
                                              Eh se può fà
 Ma co doppia fatica.
 SCARTAFFIO
                                        Che fatica?
 Tiene a la Casa...
 SIMONE
                                  Che?
 SCARTAFFIO
675Libbrette Tosche?
 SIMONE
                                    E mbé?
 SCARTAFFIO
 Fà comme fanno ll’autre:
 Da lo cchiù antico arrobba lo soggetto
 Lo titolo, e li Nomme
 Cagna a li personagge,
680E haje fatto lo libretto.
 ELISA
 Con tal condizione
 Ella lo sà, da Roma io quà men’ venni,
 Di cantar in toscano
 E recitar da prima Donna.
 SIMONE
                                                   Chiano
685La primma parte attocca a la sia Nora,
 Ch’ha tant’anne, che receta.
 ELISA
                                                     Lo credo:
 Sarà di me più abile, il concedo.
 Mà questo, a me che importa?
 Non dovea con tal patto
690Chiamarmi fin da Roma.
 GIBERTO
                                                 Io mi protesto.
 Per la Signora Leonora, ch’ella
 Non cederà giamai a chi che sia,
 Non recita più tosto.
 ELISA
 Ed io men torno per la stessa via.
 SCARTAFFIO
695E ussia vua felicissimo
 Me vorrisse pigliare pe la canna!
 ELISA
 Vieni Nuccetta. (entra ncollera.)
 NUCCETTA
                                Or recito senz’altro. (la siegue.)
 SIMONE
 Freoma freoma mpressa?
 SCARTAFFIO
                                                  Ussia se nganna.
 So’ abbele a ghiettà mille docate
700Pe no capriccio.
 SIMONE
                                (E nn’have maje no callo.)
 SCARTAFFIO
 Oh vide che superbia:
 Ed io men torno pe la stessa via
 Abò mmiaggio: a Napole nce n’hanno
 Parte pe la Cetà? uh e quanta; e puro
705Assaie cchiù Cantarinole nce stanno
 Sà quanta nn’aggio ntese!
 Denare.
 SIMONE
                  Ah ah.
 SCARTAFFIO
                                 Vonn’essere. (entra.)
 SIMONE
                                                           Sicuro
 Ma sà ch’arsura nc’è pe lo paese.
 
 SCENA III
 
 GIBERTO e SIMONE.
 
 GIBERTO
 Come và facilmente
710In colera!
 SIMONE
                     Gnorsì, ma pò n’è niente.
 GIBERTO
 E la disgratia mia.
 SIMONE
                                     Pecché?
 GIBERTO
                                                      Voleva
 Di mie fatighe in conto...
 SIMONE
 Vuoie denare?
 GIBERTO
                              Per l’appunto.
 SIMONE
                                                          So’ leste
 Craie te le ddà.
 GIBERTO
                               Mi burla.
 SIMONE
                                                   (Ncoppa a cecere.)
715Pe piscraie pò non potarrà mancare.
 Me dispiace, ca mo
 Tornarrimmo da capo n’ata vota
 Che nne volive fare
 De consurtarlo a fà lo libbro Tosco?
 GIBERTO
720E perché? non v’è dubbio
 Che un poco più d’incommodo v’avrete
 Ma ne ricaverete
 Gloria maggior.
 SIMONE
                                So’ chiacchiere:
 A ssi triate, ammico, vonno ridere,
725E tanno stanno attiente a la commedia
 Quanno vedeno ascire
 Lo buffo, co na smorfia,
 Co no smocco, no lazzaro
 De seggettaro, e le senteno dire
730Quà pparola mmescata co la Museca;
 Ma a lo filo dell’opera,
 A na scena de forza
 Non ce teneno mente,
 Quanto strillà le siente:
735Oh che piccio, vattenne fusse accisa,
 Ca mo me faie annozzare
 Chello poco de risa
 Che m’aggio fatta.
 GIBERTO
                                    Ma non può negare,
 Ch’è un scrivere più nobile
740Per la Musica.
 SIMONE
                             È bero
 E io me sforzeraggio
 De mpizzarence ll’una, e ll’autra cosa;
 Ussia mperrò non s’ha da addottorare
 Ncoppa dell’arie, come
745Quase da tutte mo se sole fare,
 Che no scompeno maie, perzò s’attedia
 L’udienza, e co raggione
 Dice, ch’è troppo longa la commedia.
 
    Ncegnarrà no ritornello
750Zuco Zuco, Zuco Zù
 Dura n’ora l’aria po,
 Ncegna, e siente no a à.
 Ooo oo oo.
 Ooo no scompe cchiù
755Torna, lebbreca, che d’è
 Ce volite nfracetà.
 
    Quacche bota, chi la canta
 N’have sciato, e ntra li diente
 Se la dice, se la sente
760Isso sulo, e tu, pe quanta
 Note haie scritte, tanta cancare
 Ll’haie pe forza da mannà.
 
 SCENA IV
 
 GIBERTO poi D. CICCIO.
 
 GIBERTO
 Come ben si discolpa; ma non dice,
 Ch’è vizio del poeta
765L’esser eterno ne recitativi,
 E che ciò, per l’appunto, è quel che offende
 L’orecchio di chi ascolta, e tediosa
 Più di quella saria, l’opera rende:
 Ma vien D. Ciccio.
 D. CICCIO
                                    (Ecco colui, che toglie
770All’amor mio Leonora,
 Per quanto ella mi disse
 Poc’anzi, sincerianci) oh come in tempo
 Signor Giberto io lo riveggo, voglio
 Sentire in un mio dubio il suo parere
775Sediamci.
 GIBERTO
                      Come vuol. (sedono.)
 D. CICCIO
                                             Riamato Amante,
 Se da rivale ardito, in un istante
 Toglier si vede il caro ben, di cui
 L’acquisto di più tempo
 Opera fù, che tanti
780Affanni li costò tanti sospiri,
 Che risolver dovrà?
 (Posso celar appena i miei martiri.)
 GIBERTO
 (Di me si parla, or lo schiarisco.) senta:
 Se di quest’infelice
785Poss’io in persona, tutti i sforzi miei,
 Per far tornar l’amante
 Al primo amor farei.
 D. CICCIO
 Ma se riuscisser vani,
 Ne fossero valevoli
790A riaccenderla già estinta face,
 Che fareste?
 GIBERTO
                          Io per me mi darei pace.
 D. CICCIO
 Bel consiglio! ma un altro
 Ch’abbia più senzitivo in petto il core
 Vorria vendetta a tutto costo.
 GIBERTO
                                                       E giusto
795La vendetta maggiore,
 Che di quella infedel prender potria,
 L’appigliarsi saria
 Ad un novello amore.
 D. CICCIO
 Non altra? e quell’ardito
800Restar dovria impunito?
 GIBERTO
 Di qual colpa sia reo?
 D. CICCIO
 Vi par poco delitto (s’alza in collera.)
 L’usurpare l’altrui?
 Tanto più se ll’amante abbandonato
805Si vantasse costui d’esser amico:
 Dov’è la convenienza,
 Il riguardo dovuto
 A un Nome così sagro?
 Qual legge, qual raggion v’è che nol vieti?
 GIBERTO
810Indarno s’affatica
 Signor D. Ciccio mio:
 Amore non conosce
 Convenienza, ò riguardi.
 E la raggion di lui
815Di qualunque altra legge, e assai più antica.
 
    Nel Regno d’amore
 Chi brama godere
 Del proprio piacere
 Sol Legge si fà.
 
820   Chi serba nel petto
 Rispetto,
 O timore
 A’ un core
 Nel seno,
825Ch’amare non sà.
 
 SCENA V
 
 D. CICCIO poi VOLPINO.
 
 D. CICCIO
 Ve’ che orgoglio! credea,
 Che per darmi tormento,
 Meco infinta si fosse Leonora
 D’amar costui, ma sento
830Del suo parlar, che pur troppo è vero.
 VOLPINO
 Ora la servo (Oh il gatto. (da dentro.)
 A i ripieghi.)
 D. CICCIO
                           Volpino?
 VOLPINO
                                              Mio Signore
 (M’ha visto.)
 D. CICCIO
                           Chi è costui?
 VOLPINO
                                                     Quel forastiero
 Che venne a visitar...
 D. CICCIO
                                         Chi? quel ardito,
835Che usurparmi volea
 Di Leonora l’amor?
 VOLPINO
                                      State in errore:
 Egli colla Signora
 Parlò più tosto a favor vostro.
 D. CICCIO
                                                       Menti.
 VOLPINO
 Nollo credere adesso
840Signor D. Silvio favorisca (attenta.) (piano ad Aurelia.)
 
 SCENA VI
 
 AURELIA, e detti.
 
 VOLPINO
 Dica Vusignoria
 Le parti non pigliò del mio padrone
 Colla Signora Leonora?
 AURELIA
                                             Certo.
 VOLPINO
 E pur ei non mi crede, e vuoi ch’io menta
845Per forza.
 D. CICCIO
                     E qual ragione
 V’indusse ad usar meco
 Tanta parzialità!
 AURELIA
                                 Genio, e dovere.
 VOLPINO
 (A poco a poco glie le dà da bere.)
 D. CICCIO
 Spiegatevi.
 AURELIA
                        Il promisi
850All’infelice Aurelia
 Che per vostra caggione...
 VOLPINO
                                                 Sì Signore
 Ei si trovò presente al caso amaro
 Di quella poveretta.
 D. CICCIO
                                       E perché mai
 Al crudo suo destin non dar riparo!
 AURELIA
855Perché essa stessa mel vietò, sentii
 Da una mia villa, a cui fà specchio il Tebro
 Il lamentevol suon di sue querele,
 V’accorsi, se n’avvidde,
 E si gridò: t’arresta,
860O chiunque tu sia, che a me crudele
 Coll’usarmi pietà, mostrarti vuoi,
 Più tosto, che vietarla, affrettar puoi,
 A un sol passo, che dai, la morte mia.
 VOLPINO
 (Viva Vussignoria.)
 AURELIA
865Stupido io resto, ella soggiunge: Io moro
 Per amor, nota sia
 La mia sventura al nuovo giorno, accoglia
 Gl’ultimi miei respiri, a lui che adoro
 Infido ancor (se mai ti porta il cefo
870Ov’egli alberga (recali fedele,
 E se godendo in braccio
 A un più gradito laccio
 Il troverai, nollo chiamar crudele,
 Nel disturbar, di’ che contenta io sono
875Del suo goder, che lieta
 Per lui vado a morir, e gli perdono.
 D. CICCIO
 (M’intenerisce.)
 AURELIA
                                 Indi del sen traendo
 Infocato un sospir, guardommi, e tacque,
 Poi col tuo nome in bocca
880Molle di pianto si lanciò nell’acque.
 
    A spettacol sì funesto
 Quel restassi afflitto, e mesto
 Figurartelo potrai,
 Se non hai
885Di sasso il cor.
 
    Gridar volli, e darle vita,
 Ma dal duol l’alma sopita
 Tolse al labro, al cor al piede
 Voce spirito, e vigor.
 
 SCENA VII
 
 VOLPINO e D. CICCIO.
 
 VOLPINO
890Oh poverella, e chi non piangerebbe
 Sentendo un caso sì spietato, e rio?
 Uh uh Padrone mio
 Uh uh voi non piangete!
 A raggion quel Signore
895Di sa’... sa’...sasso propio il core havete
 Uh uh (piange.)
 D. CICCIO
                Cessa deh Cessa
 Co rimproveri tuoi
 D’accrescer Nuova forza a quel dolore,
 Che per più tormentarmi,
900Questo leggiero sfogo ancor mi vieta,
 Tutto applicato a lacerarmi il Core.
 
    Tengo due serpi in seno
 Rimorso, e pentimento
 Sento.
905Una voce al core,
 Che m’empie di spavento
 Mi chiama traditor.
 
    Vedo la pallid’ombra
 Del mio tradito amore
910Che ’l petto, e ’l cor m’ingombra
 D’affanno, e di terror.
 
 SCENA VIII
 
 VOLPINO solo.
 
 VOLPINO
 Pare, che gl’abbia fatto
 Qualche poco di senso
 Ma quanto durerà questo dolore
915Sin tanto, che l’amata Leonora
 Seco ritorna, a favellar d’amore:
 Un sospiretto, un vezzo, un occhiatella
 Che gli dia questa, più non pensa a quella
 Egli morta la crede,
920Ed al paese mio si suol dire,
 Che il cor non duol quel, or l’occhio non vede
 Dovea scoprirsi la Signora Aurelia,
 Quando gli vidde intenerito il core,
 E farsi veder viva,
925Che co’ morti non hà commercio amore.
 
    Amore e bambino
 E vecchia la morte
 Fà brutta figura
 Gli mette paura
930Fuggire lo fà.
 
    Nemici giurati
 Son morte, ed amore
 Sol questi nel core
 De giovani annida
935La vita a noi toglie
 La fiera omicida,
 Ei vita ci dà.
 
 SCENA IX
 
 SCARTAFFIO SIMONE, e GIBERTO.
 
 SCARTAFFIO
 Addonca s’aggiustata!
 SIMONE
 Aggio pigliato sso temperamento
940De fà dare parte eguale.
 GIBERTO
 La sventurata è di buon cuore, ma
 V’è chi la sovverte.
 SCARTAFFIO
 Comme sarebbe a dicere.
 GIBERTO
                                                 D. Ciccio
 Le pone in capo quest’alture.
 SCARTAFFIO
                                                       Nè!
945Lo si D. Ciccio è stato!
 GIBERTO
 Ma mi tenga segreta.
 SCARTAFFIO
                                         N’accorr’autro
 Nante, che passa oie chisso è vottato.
 GIBERTO
 (Così servo al mio amore e a Leonora.)
 SCARTAFFIO
 Vecco la Romanella
950Vi comme è aggrazeiata!
 
 SCENA X
 
 NUCCETTA, e detti.
 
 SCARTAFFIO
 Vienetenne Nuccetta.
 NUCCETTA
 In che debbo servirla!
 SCARTAFFIO
 Quanno nce faie sentire n’arietta!
 NUCCETTA
 Quando comanda.
 SCARTAFFIO
                                    Dilla mo.
 NUCCETTA
                                                       Son pronta.
 SCARTAFFIO
955Aggarbata, lo cimmaro?
 NUCCETTA
                                              Non serve
 Che la canto all’impiedi, e coll’azzione.
 SCARTAFFIO
 Lassate.
 NUCCETTA
                  Diceva Pimpinone
 In un certo intermezo,
 Che si faceva in Roma alla Servetta:
960Amata Dorilletta
 Tu sei la luccioletta
 Che col fuoco... col fuoco... oh memorione
 Mi s’è di già scordato il paragone
 Basta, mi sento frangere,
965Notte e dì a te pensando,
 Altro non fò, che sospirare, e piangere
 Essa gli rispondeva:
 Mio Pimpinon diletto,
 Per te son diventata
970Peggio d’un scaldaletto
 Tant’è il fuoco ch’io chiudo entro del sen,
 Che se tu non mi porgi refrigerio
 Già mi sento morir, già vengo meno.
 
    Vedi quello stoppino,
975Che dentro al Lucernino
 Già manca, langue, e more,
 Ei grida a tutte l’ore
 Olio per carità.
 
    Quello, nol sai? son io
980L’olio tu sei ben mio,
 Se tardi la lucerna
 Presto si smorzerà.
 
 SCENA XI
 
 SCARTAFFIO GIBERTO e SIMONE.
 
 SCARTAFFIO
 Bravo! addo’ vaje? comme se ll’ha filata?
 Che ve pare? n’è propio aggraziata?
 SIMONE
985Gran spirito!
 GIBERTO
                           E pur questo per l’appunto
 È quel che mi spaventa.
 SCARTAFFIO
 Pecché?
 GIBERTO
                  Perché per quanto
 L’esperienza insegna!
 Queste che tanto spirito
990In Camera dimostrano,
 Per l’ordinario ingannano
 E quando stanno sopra a quelle tavole,
 Che chi le prova sol sa come scottano
 Spirto, grazia, prontezza tutto perdono.
 SCARTAFFIO
995Haje fenuto?
 GIBERTO
                           Le dissi
 Quel tanto, che il mio zelo
 Mi suggerì.
 SCARTAFFIO
                        Eh ba a cancaro
 Vide che caca dubie
 Ch’avisse quacche vrenzola,
1000Che fosse mpigno tujo?
 GIBERTO
                                              Non già, ma solo
 Per il suo ben parli.
 SCARTAFFIO
                                       Me nne conzolo:
 Ma chessa io voglio, chessa, e me la joco
 Con quanta Cantarinole nce stanno,
 Si no ngarra, è mio schitto lo malanno.
 GIBERTO
1005Ella è il Padrone.
 SCARTAFFIO
                                  Accossì credarria
 E faccio tutto co la vorza mia
 A proposeto vene la sia Lisa
 Mo ce lo ddico jatevenne.
 SIMONE - GIBERTO
                                                 Schiavo.
 
 SCENA XII
 
 ELISA e SCARTAFFIO.
 
 SCARTAFFIO
 Sia Lisa staje cchiù ncollera co mmico.
 ELISA
1010Non ci son stata mai ussignoria
 Si era senza ragione meco alterata.
 SCARTAFFIO
 Che nce faje Sore mia
 Aggio tant’ate cose pe la capo
 Besogna compatireme, si sferro
1015Lassateme strillà ca pò n’è niente
 Ora dimme na cosa
 Io ntutte le manere
 Voglio fa recetare
 La Cammarera toja, tu te contiente?
 ELISA
1020Quando la poveretta
 V’abbia l’utile suo.
 SCARTAFFIO
                                     Pe chesso ntanto
 Crid’a me no la faccia allamentare
 Si sapisse Sia Li’ so’ disperato.
 ELISA
 Burla!
 SCARTAFFIO
               Dico addavero!
1025Ussia saccia, si essa
 Receta co sso spireto, che mosta
 Nitto nfatto la faccio Mpressariessa
 N’ata cosa Sia Li’.
 ELISA
 Dica.
 SCARTAFFIO
             Ma tu te nfade.
 ELISA
                                           Non Signore.
 SCARTAFFIO
1030Chillo spuzza bellizze, cacciacore
 Di D. Cicco pecché tutto lo juorno
 Te lo tiene attaccato a la onnella
 Levatillo da tuorno.
 ELISA
 La causa!
 SCARTAFFIO
                     La sacc’io.
 ELISA
1035Ussignoria mi scusi
 Non sono usata a far male creanze,
 Egli mi favorisce
 Con un riguardo tal, con tal modestia,
 Che sarei un incivile
1040Quando in foggia simile
 Contracambiassi il suo servir.
 SCARTAFFIO
                                                         Ma io
 Te lo cerco mpiacere.
 ELISA
 Mi commandi tutto altro
 E gli farò vedere
1045Com’io sappia ubedirla.
 SCARTAFFIO
 Mò è chillo cunto: Si nce vene isso
 Io non ce venarraggio.
 ELISA
                                           E a me che importa?
 SCARTAFFIO
 Fà cunto, che pe forza
 N’avisse da vottare uno de nuje,
1050A quale de li duje
 Darrisse la cartella?
 ELISA
 In concorrenza del Signor D. Ciccio
 La mala sorte toccarebbe a lei.
 SCARTAFFIO
 A me ne?
 ELISA
                     Certamente.
 SCARTAFFIO
1055Oh ssa resposta è troppo mpertenente.
 
    Oh vide che mmalora
 Mpara Scartaffio mpara,
 Mo ch’int’a la tonnara
 Li tunne aggio portate
1060Fora Delfino fora
 M’aggio da sentì di’.
 
    Ma chessa non è cosa
 De farte maraviglia
 Ntr’aggente vertolosa
1065Se pratteca accossì.
 
 SCENA XIII
 
 LEONORA ed AURELIA.
 
 LEONORA
 Dunque D. Ciccio a quest’Aurelia in Roma
 Giurò fede di sposo?
 AURELIA
                                         Certamente
 Ed il giorno presente
 Forse non passarà
1070Che ella qui giungerà
 La fé tradita a rinfacciarli.
 LEONORA
                                                  Oh Dio
 Dunque restar degg’io
 Vilipesa così?
 AURELIA
                            Per questo appunto
 Se pur non t’è discara
1075L’offerta del mio cor, volea...
 LEONORA
                                                      Ma dimmi
 M’ami tu Silvio, o mi deludi?
 AURELIA
                                                        Ah cara
 Amo, quanto amar possa un fido core
 Cui nel più vivo impresse
 La bella imago del suo bene amore.
 LEONORA
1080Ma che di me t’accese,
 Così repente!
 AURELIA
                            Ne’ begl’occhi tuoi
 Io vedo sfavillar un sì bel foco
 Che m’arde, e mi consuma a poco a poco
 
    Quell’amorosa face,
1085Che ne’ tuoi lumi splende;
 Quella m’alletta, e piace.
 E sol m’accende
 Il cor.
 
    Intorno a te m’aggiro,
1090Per te sol vivo, e spiro
 Fiamma adorata, e bella
 Per me favella
 Amor.
 
 SCENA XIV
 
 LEONORA poi D. CICCIO.
 
 LEONORA
 Sì sì lasciar voglio
1095Pria, ch’esso m’abbandoni
 Quell’infedel ma... oh Dio
 Ch’egli s’appressa amore
 Non mi tradir, costanza offeso core
 Così mesto D. Ciccio! ah sì t’intendo
1100E a chiare note in volto
 Ti leggo il tradimento.
 D. CICCIO
                                           Io non comprendo
 Sensi sì oscuri, o mia...
 LEONORA
                                             Taci infedele
 Non proferir col labro mentitore
 Il nome mio.
 D. CICCIO
                           Qual novità!
 LEONORA
                                                    Dovuti
1105Sono ad Aurelia, al tuo primiero amore,
 Titoli così dolci.
 D. CICCIO
                                (Al chi gliel’ disse
 Il servo mi tradì) fin ch’ella visse...
 LEONORA
 T’accheta, vive ancora
 Nell’ingrato tuo cor la fiamma antica.
 D. CICCIO
1110Ma chi l’accese non è più...
 LEONORA
                                                   Si serba
 Sopra gl’effetti tuoi tutto l’impero,
 E all’amor mio ti toglie.
 D. CICCIO
                                              Ah non è vero
 Aurelia e mo...
 LEONORA
                              Non più crudel così
 Così ti fai diletto
1115D’ingannar chi ti crede?
 Chi libero ti cede
 Del suo cor del suo affetto
 Tutto il dominio? Ah misera Leonora
 A qual passo sei giunta
1120Vedi, che ti tradisce, e l’ami ancora.
 D. CICCIO
 Ah che fedel son io
 Credilo a me, mia bella
 Credilo al pianto mio
 Figlio della mia fé.
 LEONORA
 
1125No che non sei più mio
 A me t’invola, e penza
 Penza, che non son io
 Quella, che piace a te.
 
 LEONORA - D. CICCIO
 
 A che morir mi sento
1130Pace non v’è per me.
 
 D. CICCIO
 
 Fiero destin crudele.
 
 LEONORA
 
 Barbaro, ingiusto amore.
 
 D. CICCIO
 
 S’io sono a lei fedele.
 
 LEONORA
 
 S’ei sol quest’alma adora.
 
 LEONORA - D. CICCIO
 
1135Perché del tuo rigore
 Scopo mi fai perché?
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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