Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Quelli che non sono, Napoli, Eredi di Mosca, 1750
 a cura di Ferdinando De Rosa
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO I
 
 SCENA I
 
 Anticamera, con Giardino in piano; adorno di Colonne, Fontane, Statue, e Fiori di varie sorti.
 MARCONE servo, sotto il nome di D. MUZIO, PASCASIO, creduto da tutti il Baron Pascuccio, uno fumando, l’altro leggendo una nota, ambi seduti, IPPOLITO in piedi, ed AURELIA da finta Cameriera.
 
 MARCONE
 
 Sio Barone mio Patrone,
 Non occorre a replicar.
 
 IPPOLITO
 
 Signor mio riveritissimo,
 Si può lei capacitar. (A Pascasio.)
 
 AURELIA
 
5Patron caro, e amabilissimo,
 Questa scritta hà da firmar. (Al detto.)
 
 PASCASIO
 
 Nzomma, io l’aggio da tenere
 Lo Vracciero, e lo Boffone,
 Quando va pe la Cetà? (Leggendo la nota.)
 
 MARCONE
 
10Tanto bello.
 
 IPPOLITO
 
                         E a chi vuol’ella,
 Non dovrà impedir l’ingresso.
 
 PASCASIO
 
 Comme co’?
 
 AURELIA
 
                          Per patto espresso,
 Stipular ciò si dovrà.
 
 PASCASIO
 
 Chesta cosa no mme sona;
15N’aggio voglia de crepà.
 
 MARCONE
 
 La Nipote
 
 AURELIA
 
                      La Patrona
 
 IPPOLITO
 
 Lei per moglie non avrà.
 
 PASCASIO
 Ma Signor mio, ve pare,
 Che sto patto sia patto sostenibbole?
 MARCONE
20Perché?
 IPPOLITO
                  Per qual cagion?
 AURELIA
                                                  Chi lo divieta?
 PASCASIO
 Li quatto de lo muolo. Io pe nzi’ a ttanto
 Ch’aggio a ppagà li debbete feudale,
 E avè lo feudo rustico pe ddote,
 Quanno da cca a cient’anne
25Il Signor Zio Don Muzio
 N’auzarrà li scarpune, so’ contento.
 IPPOLITO
 Bene.
 PASCASIO
              E affatto non repreco: sto patto
 Avimmo ntra nuje fatto.
 MARCONE
 E nce songo le llettere
 IPPOLITO
30Mediante le quali,
 Ultimaste i sponsali
 Di Donna Aurelia in Roma.
 PASCASIO
                                                    Sì ssegnore.
 AURELIA
 Senza ne pur conoscervi di vista.
 MARCONE
 Appunto.
 IPPOLITO
                     Io ben lo so.
 PASCASIO
                                             E ppe nzi’ a ttanto,
35Che bboglia la Signora
 Vostra Nipote, e mia futura sposa,
 Tenè ncasa duciento
 Pagge, Laccheje, Vajasse, Cammarere,
 Muzzi, Volanti, Scigne, Pappagalli,
40Civette, ed altre bestie salvaggine,
 No mme mporta na jota. Ma
 AURELIA
                                                      Che ma?
 PASCASIO
 Ma che bboglia tenè, pe patto espresso,
 Sempe ncasa na vateca
 De mille vuocchie de mafare;
45Questo è un caso di chiappo!
 Ed io, Signor mio caro,
 Non so’ usato a gghiocare a pparo sparo.
 MARCONE
 Oh! s’è accossì: potrà guastà le nnozze,
 Primmo, che bbenga cca la mia Nipote.
 PASCASIO
50Le nnozze?
 IPPOLITO
                        (Il Ciel lo voglia.)
 AURELIA
                                                          (In questa guisa,
 Tu mio sposo saresti, amato Ippolito.)
 PASCASIO
 Le nnozze !
 MARCONE
                        E rretto trammite
 Vi tornerò il denaro, che vi devo.
 IPPOLITO
 Qualora non gli piace
55Il modo del trattare de la sposa,
 Questa mi par la strada la più breve.
 AURELIA
 Appunto.
 PASCASIO
                     No nzegnore; starrà a ppasto
 Co mme la sposa: e li jente veniente,
 Manco nce passarranno da cca rente.
 IPPOLITO
60Che, che? Lei sa, che parla a lo sproposito
 Senza saper, che dica? In ogni conto
 Questi dovran venire in casa vostra,
 Ancor che ne crepiate;
 E mi par che vogliate
65Provar del mio furore,
 Giustamente adirato,
 L’odio, lo sdegno, e fin l’estremo Fato.
 PASCASIO
 No nzegnore.
 MARCONE
                           (St’asciuta
 Hà valuto un trasoro!
70Ma sientete chess’autra,
 Che le voglio fa io!) Ah Patron mio,
 Che te cride trattà co qua’ bberrillo!
 Saje tu, ch’io so’ Don Muzio spaccatruono,
 Che ffaccio a ccortellate co la morte,
75O soppune, ch’io sia qua’ binnegnostra,
 Che pparle de sto muodo de Nepotema?
 PASCASIO
 Io! no nzegnore!
 IPPOLITO
                                 (Bravo il mio Marcone.)
 AURELIA
 (Sostiene a meraviglia di mio Zio,
 Le spacca cantonate.) (Ad Ippolito.)
 MARCONE
80Saje tu, ca io so’ Ommo,
 Che cco la spata, e senza....
 IPPOLITO
                                                   E col bastone.
 MARCONE
 Appunto. E col bastone.
 Co ppenna, e ccalamaro,
 Co ccarta, e senza carta
 AURELIA
                                             E coll’inghiostro.
 MARCONE
85E coll’inghiostro ancora,
 So’ ccapace provarete,
 Ca si’ adderitto n’aseno?
 PASCASIO
 Chesto se sa. (Con ironia.)
 MARCONE
                            E ca songo certi tali
 Corteggiatori, e cetera,
90Necessarj alle donne per ben vivere;
 Altrimente potrebbero le scure
 Morì d’Ippocontria.
 AURELIA
 Di questo non vi è dubio.
 MARCONE
 Lo ssiente Pascaddozio? de ste ccose
95Chesta cca nn’è la Masta, e regge Catreta.
 PASCASIO
 Accossì è senz’autro. (Con ironìa come sopra.)
 IPPOLITO
 Che forse non è vero?
 PASCASIO
                                          È ndubbetato.
 (Vide che freoma, ch’aggio!)
 AURELIA
 Ma s’è così. Lei sappia, Padron caro
 PASCASIO
100Che? porzì osseria,
 Ha da parlare?
 AURELIA
                               O certo.
 Io son colla Padrona
 Un’istessa Persona. (anzi son’essa.)
 E più che lei non pensa,
105Hò che dire, e parlare in questo caso.
 MARCONE
 O certamente. Essa
 È la principalissima al negozio.
 PASCASIO
 Nè?
 IPPOLITO
            Senza dubio.
 PASCASIO
                                      E ddonca, già ch’è cchesso,
 Lei parli nzi’ a pescraje.
 AURELIA
110Parlerò: ma non creda, che sien baje.
 
    Senta lei, colla Padrona,
 Lasci ogn’ombra di difetto.
 Non li mostri troppo affetto;
 Ma però, non stia svogliato!
115Stiali accanto: ma in un stato
 Di non farla ristuccar!
 Pochi cenni, men parole,
 Se la vuole innamorar.
    Fidi poi il tutto in lei,
120Oro, argento, e quanto tiene;
 Con chi va, e con chi viene,
 Sia galante nel donar.
 Spenda, spanda, e più con quei
 Che la stanno a corteggiar. (Entra.)
 
 PASCASIO
 
125   Chisto tasto no mme sona,
 Io ci voglio un po’ pensar. (Entra.)
 
 SCENA II
 
 IPPOLITO, e MARCONE.
 
 MARCONE
 Bravo, bravo; la cosa
 Mme pare, che rriesca. Donna Aurelia
 Se porta squesetissema.
130Vorrà essere bella, e curiosa,
 Vedè Ciulla venire cca da sposa.
 IPPOLITO
 Ma che pro! se la sorte, amato servo,
 Mi porta a disperar. La frode ordita
 Avrà fine, col fin de la mia vita.
 MARCONE
135E comme?
 IPPOLITO
                       Aurelia, ed io
 Qui in casa del Baron siam conosciuti.
 MARCONE
 E da chi?
 IPPOLITO
                     Da Camilla, e da Ridolfo,
 Nipoti del Barone.
 MARCONE
                                     Na cosella
 De niente!
 IPPOLITO
                       E quanto amante
140È di me la Camilla;
 Altretanto il Germano, Aurelia adora,
 Per mio duolo infinito.
 MARCONE
 Un po’ di salza pe piglià appetito.
 IPPOLITO
 Io mai creduto avrei,
145Che questi, che conobbi
 In Roma (ah conosciuti non gli avessi!)
 Qui in casa del Baron trovar dovessi.
 MARCONE
 Ora uscia non se spanta: ca si a bbuje
 Premme che Donn’Aurelia
150Non sia de lo Barone, a lo Nepote
 Ll’hà da premmere puro.
 IPPOLITO
 E Camilla?
 MARCONE
                        Camilla, pe rriguardo
 De lo Frate avarrà da stare zitto.
 IPPOLITO
 Anzi temo l’opposto. Ella pur troppo
155Di me vive invaghita: e in forte pegno
 Del suo Amor spasimante,
 Diemmi quanto può dar onesta amante.
 MARCONE
 Lo ssaccio; e pe sta causa
 La puorte addove vuoje.
160Fa vedè, ca pe essa muore, e spanteche,
 E tienela ncampana.
 IPPOLITO
                                        E Aurelia, o Dio!
 Che dirà l’Idol mio?
 MARCONE
                                        Le parlarraggio,
 E cchello che ccommene le dirraggio.
 IPPOLITO
 E che? Lasso! in pensare.
165Che potrebbe sdegnarsi,
 (E sdegnarsi a ragion) Per duolo io fremo,
 Sudo, gelo, arrossisco, avvampo, e tremo.
 
    Come ne lacci stretto
 Paventa il Priggioniero
170Del fato, ognor severo,
 Che impallidir lo fa.
    Così con rio dispetto,
 Tra l’aspre mie catene;
 Io temo dal mio bene
175L’equal fatalità. (Entra.)
 
 SCENA III
 
 MARCONE, che immediatamente si ritira, indi CAMILLA, e RIDOLFO.
 
 MARCONE
 Ah, poveriello! nn’aggio
 Proprio compasseone
 Ma veccote Camilla co lo Frate!
 Abbesogna co cchiste cca portare
180La cosa co ddestrezza, e co ghiodizio;
 Jammo a dire lo ttutto a Donna Aurelia. (Entra.)
 CAMILLA
 Ah! per pietà de mali miei, Ridolfo,
 Di mia vita, ripara
 L’imminente periglio; se d’Ippolito
185Io sposa non sarò, sarò di morte.
 RIDOLFO
 I mali tuoi, Germana,
 Da miei non van divisi. Io dell’ingrata
 Aurelia, scoprirò l’occulta frode.
 Ella, a me diede in Roma
190Fede di sposa: or qui da Cameriera
 Finge esser’altra. Ed io, che mi suppongo;
 Che ciò tenda a deluder nostro Zio,
 Per non rendersi sua,
 Perciò taccio; altrimenti
 CAMILLA
195Ma ciò nulla rilieva al caso mio;
 Sai tu, ch’ella ama Ippolito,
 Il mio dolce nemico,
 Che lei seguendo in compagnia del servo,
 Finto ad arte suo Zio, qui si è condotto?
 RIDOLFO
200Lo so.
 CAMILLA
              Ah lo spergiuro,
 Sebben par, che non abbia in lei più speme,
 Pur la siegue. E fin’anche in mia presenza,
 (Oh inudita baldanza!)
 Viene a far pompa della sua incostanza!
 RIDOLFO
205Sì, ma che pro? Del mio furor, di facile
 Sarà scopo: e la fé, che un dì ti diede,
 Attender ti dovrà; né sia, che il Zio
 A me tolga il mio ben! Tra lacci avvolto,
 Saprei Basta Si attenda de la finta
210Aurelia la venuta;
 Vedrai che far saprò.
 CAMILLA
                                         Lassa, ch’io temo
 RIDOLFO
 No, no: l’esito attendi,
 E a non temer dal tuo Germano apprendi.
 
    D’Amor son varie
215Le rie vicende;
 Spesso chi struggesi
 Quando si accende:
 Tra breve spazio
 Passa a gioir.
220   Tu, che fra palpiti,
 Gemi, e sospiri;
 E per un barbaro
 Piangi, e t’adiri,
 Sei quasi al termine
225D’ogni martir. (Entra.)
 
 SCENA IV
 
 VIOLANTE, e detta, che resta pensierosa.
 
 VIOLANTE
 Cugina: un non so che di duolo impresso
 Io veggo nel tuo volto!
 CAMILLA
 Ahi cara Violante; e come, oh Dio!
 Non sai de casi miei
230La dura serie?
 VIOLANTE
                              Sì, la so.
 CAMILLA
                                                Ben dunque
 Nuovo non è nel volto mio.
 VIOLANTE
                                                   Sì, nuovo;
 E forse, e senza forse
 Fuor di ragion.
 CAMILLA
                               E come?
 VIOLANTE
                                                 Se la sorte,
 Già benigna, ti arride.
 CAMILLA
                                            Ed in qual modo?
 VIOLANTE
235Il caro ben, che tanto desiasti
 È qui pur giunto.
 CAMILLA
                                   Ahi lassa!
 Ma d’altri amante.
 VIOLANTE
                                     E che perciò! Ben puoi
 Trarlo a te con preghiere.
 Ei ti amò, tu l’amasti.
 CAMILLA
240Ma ora
 VIOLANTE
                 Eh tanto basti. Io solo misera,
 Da che qui venni: in Roma
 Lasciai ogni speranza.
 CAMILLA
 Mi è noto.
 VIOLANTE
                      Né del caro
 Mio sposo (che ben sposo posso dirlo,
245Perché promesso a me dal Padre mio
 Pria di morir) ebbi più nuova; e pure
 CAMILLA
 E pur che?
 VIOLANTE
                       De la sorte,
 Di cui son scherzo, e gioco
 Sotto quest’empio Zio,
250Mi rido, e ’l mio martir spargo di oblio.
 CAMILLA
 Tu ben dici. Io sarei
 Se fussi nel tuo caso
 Meno infelice.
 VIOLANTE
                             E pure
 Son maggiori vieppiù le mie sventure.
 
255   Trattar l’amato oggetto,
 Se ben ingrato ei sia,
 Non è, non è diletto,
 Ma è un raggio di piacer.
    La sola lontananza
260È un’aspra pena ria,
 Che toglie ogni speranza,
 Che affanna ogni pensier. (Entra.)
 
 CAMILLA
 Ah! non dici tu bene;
 Il sospirar da lungi
265È meno affanno a un core,
 Che aver vicino, e amar un traditore. (Entra.)
 
 SCENA V
 
 PASCASIO, leggendo la stessa nota, indi MARCONE.
 
 PASCASIO
 
 Che pprecepizio!
 Che mmalejuorno!
 Che bbelli patte!
270Che bbrutto cuorno!
 Mo’ uno vene,
 Mo’ ll’autro va!
 
 MARCONE
 Qua siam noi.
 PASCASIO
                             Signor Zio, al suo comanno.
 MARCONE
 Lei va parlando solo, come uno stotico,
275E sta stonato più del Conte Orlanno.
 PASCASIO
 Gnarnò; jeva leggenno
 Meglio sta nota.
 MARCONE
                                E ben, che hà risoluto?
 PASCASIO
 D’approvare ogne ccosa,
 Fora, che il patto de li trase, e jesce.
 MARCONE
280O ccattara, sta cosa mi rincresce!
 Io adesso, appunto mo’, aggio mannato
 A ppiglià mia Nipote da la casa
 Addove l’hò lasciata; e al confidente,
 Che qua la portarrà, io ll’aggio ditto,
285Che dicesse, che il tutto
 Ave lei approvato, e sottoscritto.
 PASCASIO
 Avite fatto male.
 MARCONE
                                 A ppotta d’oje!
 Questo è n’incontro fatto
 Alla Nipote, e al Zio! È un vituperio!
290Ed io si schierchio faccio no streverio.
 PASCASIO
 Che streverio! Lo ttutto
 Se pò fa co lo bbuono.
 MARCONE
 No nc’è bbuono, né mmale;
 Lo ssaje, ca si’ adderitto n’anemale.
 PASCASIO
295Ma sta cosa, mme pare,
 Ch’è na cosa da fareme crepare.
 MARCONE
 Che buo’ crepà ste bbrache! Va cammina
 Un po’ il mondo, e vedrai, che quel, ch’io dico
 Sta in viridi observantia: ed è un statuto,
300Che per comun quiete è stato fatto
 De chi se nzora, e da ciascuno è stato
 Corretto, recevuto, ed abbracciato.
 
    Siente a me, si tu vuo’ stare
 Co Mogliereta cojeto,
305Nzò che bbole falle fare:
 Ca si no riesce nfieto
 Ntra de vuje lo prattecà!
 Si la vide ca se spassa,
 Fa zimeo, pont’e passa,
310No le dà soggezzione,
 Statte sempe a no pontone,
 Fa lo locco, e non parlà.
    A la casa no nce stare,
 Jesce, spassate, e cammina;
315Quanno viene po la sera,
 Non venire co lliquera:
 Pensa sulo a la cucina,
 Spienne, e attienne a lo mmagnà. (Entra.)
 
 SCENA VI
 
 PASCASIO.
 
 PASCASIO
 Non è ttrista ssa regola,
320E ppe ncottà no povero Barone;
 No la potea fa meglio Cicerone.
 Ma viene cca Pascasio; descorrimmola
 Ntra de nuje. Tu me pare,
 Che si’ ghiuto trovanno co lo spruoccolo
325De nquietarete. E comme? Eccolo cca.
 Te poteva abbastà d’avè truffato
 No feudo sano sano,
 Co esserte fegnuto
 Lo Barone Pascuccio muorto nfranza;
330Che nne volive fare de ntricarete
 Co sto mmalora nigro,
 Pe sposà la Nepote! Aje fatto male;
 Saccie cierto, ca chessa,
 O t’ha da fa jettà da no barcone,
335O morì gniettecuto a no pontone. (Va per entrare.)
 
 SCENA VII
 
 RIDOLFO, AURELIA, CAMILLA, VIOLANTE, e detto indi MARCONE .
 
 RIDOLFO
 Allegrezza, allegrezza!
 Signor Zio ritornate,
 La sposa di già sale,
 Con un Popolo immenso per le scale.
 AURELIA
340Mi rallegro con voi Signor Barone.
 La mia Padrona è giunta
 Tutta gaja, e fastosa,
 Vestita d’una moda assai famosa.
 CAMILLA
 Anch’io vengo qui a fare i convenevoli
345Con voi, Signor, come Nipote, e serva.
 PASCASIO
 Bene. (E sso ttre, che bbanno de conserva!)
 VIOLANTE
 Ed ancor’io con voi vo’ rallegrarmi
 Signor Zio Che cos’è, lei sta distratto?
 PASCASIO
 Non Segnora. (E cco cchesta songo quatto!)
350Ma che songo sti suone? (Si sente intuonare una marcia da varj strumenti.)
 AURELIA
                                                È la Padrona,
 Che all’uso Pariggino,
 Vien saltando, e ballando,
 A ritrovar voi sposo suo carino.
 PASCASIO
 (Ora vide che bbernia!) E cchella gente?
 AURELIA
355È gente di corteggio.
 PASCASIO
 (Buono! nuje jammo cca da malo mpeggio!)
 MARCONE
 Addove si’, Pacchiano,
 Viestete, e bba a ncontrare mo’ la sposa,
 Ca te stace aspettanno, e sta nfadosa.
 PASCASIO
360Gnorsì Potta Aje ragione
 Damme tu da vestì
 MARCONE
                                      (Ch’animalone!) (Entra.)
 
 SCENA VIII
 
 GIULIA, Cameriera d’Aurelia, da sposa, vestita con caricatura, servita di braccio da IPPOLITO, e da MARCONE, con persone di corteggio, e diversi sonatori d’istrumenti da fiato, che mentre accompagneranno una marcia, ella posta in figura di ballare, canterà la seguente strofetta, ed intanto frettolosamente PASCASIO si vestirà, ajutato da un servo.
 
 GIULIA
 
 Vo a sposarmi, cantando, abballanno;
 Ma se mai lo sposo, è geloso,
 Io prometto di farlo crepar.
365Llara llà, llara llà, llara llà.
 
 Olà, chi è qua? Lo sposo è morto cesso,
 Che non si rompe il collo,
 E non viene a incontrarmi,
 Di sposo i dolci affetti a tributarmi.
 PASCASIO
370(Oh che mmalo prencipio!)
 IPPOLITO
 (Vedi, è quegli il Barone.) (A Giulia.)
 CAMILLA
 (Cieli! L’ingrato,
 Mi guarda, e non si scuote!) (A Ridolfo sotto voce.)
 RIDOLFO
 (Taci Camilla.) (Anche sotto voce.)
 GIULIA
                               Oimè! Che smostro è questo!
375Che viso da strigone!
 Oh che brutta figura! Aglie, e ffragaglie;
 Fattura, che non vaglie.
 MARCONE
                                             (Bravo Ciulla!)
 GIULIA
 Che veste a l’interlice,
 È questa, che tu porti!
380Sei tu Barone, o porco?
 Leva le’! in vederti io mi scontorco!
 IPPOLITO
 (Viva.)
 PASCASIO
                 (Jammo squesite!)
 AURELIA
                                                      Animo, e core;
 Accostatevi a lei. (A Pascasio.)
 CAMILLA
                                 (Vorrei, Ridolfo,
 Di quell’empio spergiuro)
 RIDOLFO
385(Taci: di non conoscerlo
 Fingi Camilla.)
 CAMILLA
                               (Oh Dio!) (Tra di loro.)
 MARCONE
 Via fatte sotta, ca nce sto cca io.
 Che d’è, staje alloccuto? (A Pascasio.)
 PASCASIO
                                              So’ restato
 A sta vista ncantato!
 AURELIA
390A voi dunque
 PASCASIO
                            Signora
 Io songo lo Barone
 Lo Barone Il Baron Quello, lo quale
 Lo quale sì lo quale
 È diventato un un
 GIULIA
                                    Un animale.
 PASCASIO
395Appunto. (Si pone in disparte.)
 VIOLANTE
                     (Sono entrambi curiosi
 Questi novelli sposi!)
 GIULIA
 Ma che modo incivile è questo, cattara!
 Viene a parlarmi col cappello in testa!
 Che stammo a lo Mantracchio!
400O forse crede, cattara!
 Che Donn’Aurelia sia qua’ ppettolella,
 Lei mi par, che non abbia cellevrella!
 IPPOLITO
 (Bravo Giulia!)
 MARCONE
                               No, veda, mia Nipote,
 Lo Barone, co Donne,
405Non troppo hà pratticato;
 E perciò nel mirarti
 Giusto come un Chiafeo restò incantato.
 VIOLANTE
 (Non dice mal.)
 AURELIA
                                Signora,
 Il nostro Baroncino
410Sa di creanza più del Galateo;
 Ma perché il Damerino,
 Mai fece a’ giorni suoi,
 Perciò innocentemente
 Per un Zotico passa, e un Uom da niente.
 CAMILLA
415(Quanto sa dir!)
 GIULIA
                                 Tant’è. Dunque sediamo;
 Qua lei, qua voi, llà il Zio, e ’l Si Barone
 Si spasserà co i servi a quel pontone.
 PASCASIO
 Perché? Io so’ lo sposo
 GIULIA
 Lo sposo ha da dar luogo agli ascoltanti.
420Cattara! Qua bisogna fa venire
 Schitto pe bboi no Calateo a pposta.
 AURELIA
 Tant’è, segga in disparte.
 RIDOLFO
                                                Avete il torto.
 CAMILLA
 Il torto certamente, Signor Zio.
 IPPOLITO
 Il torto, Padron caro.
 VIOLANTE
425Il torto senza dubio.
 PASCASIO
                                       E no mme state
 A zucà, ca volite cannonate!
 Che ttuorto, e stuorto! Io so’ lo sposo, e boglio
 Sedè accant’a la sposa.
 Jatevenne a mmalora;
430Via sfrattate da cca mo’ tutte fora.
 GIULIA
 Numi! Che modo rustico,
 Lazzaresco, birbante è questo mai!
 Sa lei con chi discorre?
 Sa lei, ch’io son capace,
435Pezzo di catapezzo, animalone,
 De farete sonare lo ccottone.
 PASCASIO
 A mme?
 GIULIA
                   Sì a tte.
 MARCONE
                                    (Bravissema!)
 GIULIA
 Sì a tte! Ma lassa! Oh Dei !
 Pe l’arraggia mi sento già nel core
440Venire un anticore!
 Già un fosco error di morte,
 Me n’abbìa pe le pporte; e un rio martello;
 Mi batte, e mi ribatte un chiovo in seno;
 Già quasi vengo meno Oimè vacilla,
445Sotto del Guardinfante
 L’addolorato piede, e stanco, e lasso
 Dalla Cuna alla Tromba è un breve passo.
 AURELIA
 (Oh buona!)
 MARCONE
                          (Ottimo Ciulla! ave tenuta
 La lezzione a mmente;
450E biva veramente.)
 IPPOLITO
 (A te siegui.) (Sotto voce a Giulia.)
 GIULIA
                            Già un’ombra
 Nera, e longa, m’ingombra,
 Per la valla del cor quest’agra vita;
 Misera, chi mi aita?
455Chi mi soccorre, oh Dio!
 Ciascun face zimeo al caso mio!
 Ma no, voglio vendetta;
 Miei fidi a voi s’aspetta il vendicarmi,
 Giudici sian tra voi la sorte, e l’armi:
 
460   Fate che a lava il sangue
 Corra per sino al Molo;
 Presto si scresti a volo
 Questo Baron spizeca
 Ma ogn’un seca molleca,
465Col capo mi sta a far?
    Povera Armida oppressa,
 La tua beltà già langue;
 Si nullo cchiù pe essa
 Se vace a ffa scannar! (Entra.)
 
 MARCONE
470Compatisca si è ppoco sio Barone!
 IPPOLITO
 Io sieguo Donna Aurelia.
 VIOLANTE
                                                (Io quel spergiuro.)
 AURELIA
 Io la Padrona.
 RIDOLFO
                             (Ed io l’amato bene.)
 CAMILLA
 (Io qui resto in disparte.)
 Mi dia licenza. (Finge entrare, e si trattene.)
 PASCASIO
                               Oh madmoisel la tene.
475E buje che d’è non ghiate.
 Via acqua, viento, e ffuria de vrecciate. (Entrano i sonatori sonando la marcia.)
 
 SCENA IX
 
 PASCASIO, MARCONE, e CAMILLA in disparte.
 
 PASCASIO
 E biva! affè la cosa
 Non pò ire cchiù mmeglio, che te pare?
 Se so’ tutte mpezzate; ed io da fora
480Songo restato comm’a ccatenaccio.
 MARCONE
 No mporta, lassa fare.
 PASCASIO
 Che ccosa? Io voglio ì appriesso,
 E bboglio fa streverie: sta joja
 Hà da rescire nsieto!
485O so’ sposo, o so’ Cuorno a lo ddereto.
 MARCONE
 Ferma cca, ferma cca, ca non commene;
 Che buo’ essere acciso!
 PASCASIO
                                             (Oh maro mene!)
 
    Sbalestrato, nzallanuto!
 So’ mbrogliato, so’ storduto!
490Io vorria mo’ jastemmà,
 Quando maje pe mme parlaje,
 De volereme nzorà!
    Tu non vuoje, ch’io trasa dinto,
 Ecco cca, io t’obbedesco.
495(Potta d’oje! si no mpazzesco.
 È fortuna chesta cca!) (Entra.)
 
 MARCONE
 Ah, ah! comm’è Messere!
 Jammole appriesso. Io voglio
 Farelo ì mpazzìa Uh te, Camilla!
500Ed ave ntiso tutto!
 Chesta mme fa tremmà de quarche butto. (Entra.)
 
 SCENA X
 
 CAMILLA.
 
 CAMILLA
 Misera, che ascoltai?
 Son remasta di gelo: e appena, ahi lassa!
 Posso, non che seguir l’infido amante
505Volger altrove i passi. Ahi duro fato!
 Ve’ se l’empio si scuote, o se la mia
 Fortunata Rivale, alcun ribrezzo
 Sente di me: sì certa è dell’Amore
 Del malvaggio, pur troppo, oh Dio, propenso
510A tradirmi. Ahi che fo? sorte, che penso?
 
    Oppresso il mio pensiero,
 Dal fulminar del Fato,
 Del barbaro spietato,
 Vendetta mai farà.
515   Ei mi tradisce, e altiero
 Nel suo fallir s’avanza;
 Cieli! la sua incostanza
 Già vacillar mi fa! (Entra.)
 
 SCENA XI
 
 PASCASIO, e MARCONE, che riedono in scena, indi IPPOLITO.
 
 MARCONE
 Ma lei sarrà ddiaschece!
 PASCASIO
                                               N’accorre!
520Aggio penzato meglio,
 Io voglio trasì dinto, e nn’esca n’urzo.
 MARCONE
 Ma non so se la sposa stace commeta
 Di farti entrare adesso. (chella appena
 Sta nformata de chello ch’hà da fare.)
525Trattenimmonce cca.
 PASCASIO
                                         No mme frusciare. (Va per entrare.)
 IPPOLITO
 Ferma tu, dove vai? di questa soglia
 Son’io Custode. Donna Aurelia impone,
 Che tu non entri.
 MARCONE
                                  (Oh bbona!)
 PASCASIO
 Comme a la casa mia
 IPPOLITO
                                          La casa vostra,
530Pria d’impalmar Madama, sarà altrove
 Vada lei felicissimo.
 PASCASIO
 (Chesta è cchiù bbella.)
 MARCONE
                                              Aje tuorto
 PASCASIO
                                                                   Nè? benissimo!
 E lei si resta cca?
 MARCONE
                                  Senza alcun dubbio.
 PASCASIO
 E lei porzì?
 IPPOLITO
                        Oh che domanda è questa!
 PASCASIO
535E ghiatevenne a ppesta,
 Ca m’avite zucato! chisto caso,
 È no caso de forca: ed io nne voglio
 Vedè chello, che nn’eje.
 MARCONE
 E vuoglio, e vuoglio. (Va per entrar con furia, ed Ippolito lo trattiene con la spada.)
 
 SCENA XII
 
 GIULIA, AURELIA, e detti.
 
 GIULIA
540Che strilli; olà, che schiasso
 Si fa qua? mi volete, arrasso sia,
 Fa venire un discenzo?
 PASCASIO
 (Mo’ vo’ essere bbella! )
 IPPOLITO
                                              Mia Signora,
 Questo vostro incivil rustico Sposo
545N’è forte causa.
 GIULIA
                               E cche bbolea?
 IPPOLITO
                                                            Per forza
 Entrar da voi contro il divieto.
 GIULIA
                                                         O cattara!
 Avrà perzo il cervello il caro Sposo,
 O sarrà na gran bbestia.
 AURELIA
                                               Oimè tapina!
 Voi non sapete affatto
550Che sia dover.
 PASCASIO
                             Che ffuorze so’ lo primmo!
 MARCONE
 E bba ca si’ na bbestia.
 GIULIA
                                             Questo caso,.
 È un caso da duello.
 AURELIA
 Via, via, che siete strambo di cervello!
 PASCASIO
 (Mo’ accommensa chess’autra! Mme lo ssonno
555Ca esco de valestra.)
 MARCONE
                                        Il caso è duro;
 PASCASIO
 Uscia lo pò ammollà.
 MARCONE
                                         Si’ n’animale,
 E bbaje trovanno cierto,
 Ch’io te rompa la noce de lo cuollo.
 Respunne a ttuono, e n’abburlammo.
 GIULIA
                                                                      Adaggio
560Dicea Messer Biaggio. Signor Zio
 Lo compatisco. Il povero Barone
 L’arte di bene amar non sape ancora.
 IPPOLITO
 Bisogna addottrinarlo.
 PASCASIO
                                            E bba a mmalora
 Sio Cacace tu puro!
 AURELIA
                                      No, bisogna
565Addottrinarlo in ogni conto! ed io
 Ve ne priego, Signora,
 Caldamente in suo nome.
 PASCASIO
                                                 Obbrecatissemo
 De st’addottrinamiento,
 (Me lo ssonno ca schierchio,
570E nne faccio cadè n’appartamiento?)
 MARCONE
 Tu dici bene assai. Vanci Nipote,
 Dalle na lezzioncella de le ttoje.
 GIULIA
 Lo bboglio far.
 AURELIA
                              Siate benedetta,
 L’imprattichisca un poco.
 MARCONE
                                                 Ll’aje gran obbreco
575A sta fegliola: te vo’ proprio bbene.
 PASCASIO
 Se vede.
 GIULIA
                   Signor Zio,
 Acciò il Si Barone
 Possa imparà co ggusto, e co pprofitto
 Ll’arte di starsi zitto nel trattare;
580Necessario è che bbeda
 Chello, ch’ave da fare.
 MARCONE
                                           Oh sicurissimo.
 GIULIA
 Fegna addonca di essermi lei Sposo; (A Marcone.)
 E voi, mio car, fingete il Cicisbeo. (A Ippolito.)
 IPPOLITO
 Sì, sì.
 PASCASIO
              (Vide ssa vernia
585Addo’ hà da ì a pparà!)
 GIULIA
 Lei meco qui farrà lo spanticato. (A Ippolito.)
 Voi starete in campana. (A Marcone.)
 Io farraggio, e dirraggio
 Chello, che cchiù mme piace;
590Lei goderà. (A Ippolito) E voi starete in pace. (A Marcone.)
 MARCONE
 Ottimo!
 IPPOLITO
                  Dice bene!
 MARCONE
                                        Da sua pari!
 PASCASIO
 (Ll’anno approvato già li tre Boccaccie!)
 (Jammoncenne a mmalora.)
 GIULIA
 O cattara! volete
595Annarvene, e perché?
 PASCASIO
                                           Pe non ccrepare.
 GIULIA
 Questa al certo mi pare
 N’inciviltà! si seda, e osservi, cattara,
 Caro, ed amabil Sposo,
 Comm’hà da fa, pe n’essere nzistoso.
 AURELIA
600Si seda.
 PASCASIO
                  Non Segnora.
 Stongo buono accossì.
 GIULIA
                                          E sseda, cattara!
 Ste ccose non se mparano
 A la llerta fojenno.
 PASCASIO
                                    Hà uscia raggione !
 MARCONE
 Seda, seda Barone.
 PASCASIO
                                      Mme so’ seduto.
 GIULIA
605A noi. Ma faten’uso
 Di questo, che imparate quann’occorre.
 PASCASIO
 Nce se ntenne. (Uh diaschece, si sferro,
 Nne voglio fa cadè proprio na Torre.)
 GIULIA
 
 Prendi, o caro. (Con profonde riverenze li dà un fiore.)
 
 IPPOLITO
 
                               Anima mia.
610Questo vago, amabil fiore;
 È per me un Trofeo di Amore;
 Che superbo mi farà. (Con riverenza come sopra.)
 
 GIULIA
 
    Mio Signor, che dice uscia!
 Lei mi vuol confonder troppo:
615Già il mio cor, già di galoppo,
 Presso a lei correndo va.
 
 MARCONE
 
    Io mme stongo a sto pontone
 Zitto, e mmutto, e ffaccio il sasco!
 No nce vedo, no nc’ammasco,
620Bella cosa è non parlà! (Tra se solo senza guardar niuno.)
 
 AURELIA
 
    Veda lei Signor Barone,
 Così deve esser lo Sposo;
 Non fa niente lo geloso, (Additandoli Marcone.)
 Nulla sente, e cheto sta.
 
 PASCASIO
 
625   Oh mmalora so’ crepato.
 Vi’ che mmuodo hanno trovato
 Chiste cca pe mme ngottà! (Alzandosi con impeto.)
 
 GIULIA
 
 Cos’hà lei, già fa le sue?
 
 PASCASIO
 
 Non Signora.
 
 GIULIA
 
                           Sì Signore.
630Via pe ffarelo crepare,
 Jammo dinto a ppasseà. (Ad Ippolito.)
 
 IPPOLITO
 
 Come vuol, con sua licenza. (A Pascasio.)
 
 GIULIA
 
 Sposo addio. (Con profonde riverenze.)
 
 MARCONE - AURELIA
 
                            Oh ch’avvenenza!
 Tra lo sdegno, e tra l’amore,
635Vi è una somma civiltà!
 
 PASCASIO
 
 Nc’è no cancaro
 
 IPPOLITO - GIULIA
 
                                Signore
 Siete un matto in verità! (Entrano facendoli riverenze.)
 
 PASCASIO
 
 Benagg’oje! sti bbriccune
 Mme repassano! Addo’ site,
640Muzze, Pagge, cca bbenite,
 No pistone, no cannone,
 Priesto mo’ portate cca. (A Servidori entro la scena.)
 
 AURELIA
 
 Che far vuole?
 
 MARCONE
 
                              Che vuol fare?
 
 PASCASIO
 
 Ve ne voglio messeare.
 
 AURELIA
 
645Ah si plachi
 
 MARCONE
 
                         Via Barone
 
 PASCASIO
 
 Curre cca co sto pistone, (Al servo, che uscirà con un pistone.)
 Mena nfrotta dinto llà.
 
 AURELIA
 
 Me tapina!...
 
 MARCONE
 
                           Fuss’acciso
 
 PASCASIO
 
 Chisto è scarreco. E tu mpiso (Batte il servo, & urtandolo lo fa cadere.)
650Accossì bbiene a sparà!
 
 MARCONE - AURELIA
 
    Poveriello,
 Lo cerviello!
 L’accommenza già a sbotà!
    Tapinello,
655Meschinello!
 Io del servo hò gran pietà. (Entrano.)
 
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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