Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Quelli che non sono, Napoli, Eredi di Mosca, 1750
 a cura di Ferdinando De Rosa
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO III
 
 SCENA I
 
 RIDOLFO, ed AURELIA.
 
 RIDOLFO
 Adunque, la Germana
 Tanto ardì, palesando al Zio l’inganno?
 AURELIA
 Io mi vidi in un stato
1300Di disperar! E posso dirti, o caro,
 Che in un sol punto, mille
 Effetti in me produsse il caso strano.
 RIDOLFO
 Io resto fuor di me!
 AURELIA
                                       Gelai, sudai,
 (Si finga) dubitai
1305Di non esser più tua: dovendo al nodo
 Abborrito dispormi.
 RIDOLFO
                                        Un tal funesto
 Giorno, per me non venga!
 Ma oimè, verrà pur troppo
 Permetti, o cara, un sfogo
1310Ad un fedele amante. Il Zio non fora
 Tanto felice. Ippolito sia quello.
 AURELIA
 Ah! che dici!
 RIDOLFO
                           Ed il giorno a me fatale,
 Funesto mi sarà per tal Rivale.
 AURELIA
 (Ben ti apponesti. In grande
1315Error vivi, o Ridolfo. Io te sol’amo.)
 RIDOLFO
 Voglia così la sorte.
 AURELIA
                                      Sol tu devi
 Riparare il periglio,
 Che al nostro amor sovrasta.
 RIDOLFO
                                                      Per Camilla
 Farò tutto il possibile, che taccia.
1320Ma poi
 AURELIA
                 Non dubitar. In me ti fida,
 Sarò al tuo Amor costante.
 RIDOLFO
 Lo spero. In te confido. Il cor mi dice,
 Che non mi puoi ingannar! Nel tuo bel volto,
 Difficil parmi un tradimento accolto. (Parte.)
 
 SCENA II
 
 AURELIA, indi PASCASIO.
 
 AURELIA
1325Quanto t’inganni. Io solo
 Mi struggo per Ippolito. Mi spiace
 Che il mio Destin tiranno,
 Vuol, ch’io palpiti ognora: se non posso
 Stringermi a lui, com’io vorrei. O Amore,
1330Abbi pietà d’un travagliato core.
 PASCASIO
 Di che si lagna lei?
 AURELIA
 Di quella crudeltade,
 Che per me sola serbi in quel tuo petto.
 (Ahi debbo, per mio male,
1335Suscitare in costui un finto affetto!)
 PASCASIO
 Nzomma, v’avite puosto
 Ncapo, quanta cca ddinto nce ne state,
 De pigliareme proprio a bbessecate!
 AURELIA
 Io non so cosa dite. Io per voi spasimo,
1340Peno, ed ardo, enon trovo
 Pietade al mio martir. Sono ridotta
 A segno, che non dormo, o pur se dormo,
 Con interrotti sogni, e idee funeste,
 Qual cattivel d’Amore
1345Mi tormenta, e mi pone avanti gli occhi,
 Pria quel bel volto, e poi l’ingrato core.
 PASCASIO
 Bravo! viva la nnorchia!
 AURELIA
                                              (Non lo crede.)
 E pur questo, un gran male
 Non sarebbe per me; giacché svegliata
1350Tuo rigore a soffrir sono avezzata.
 PASCASIO
 Canchero!
 AURELIA
                      Il mio tormento
 (Ahi troppo duro, e barbaro tormento!)
 È che alle volte io sogno di vederti
 In braccio alla felice mia Rivale,
1355Languir per lei d’amore;
 Lassa! oh Dio! questo duol per me è il maggiore.
 PASCASIO
 Ah ppoverella! te dispiace?
 AURELIA
                                                    O quanto.
 (Quanto sei sciocco!) ed alle volte io sogno
 Che a me prodigo siete
1360Di mille affettuose paroline,
 Oh che piacer! Io quasi vengo meno!
 PASCASIO
 Ma è ssuonno?
 AURELIA
                              È sonno.
 PASCASIO
                                                Affè, ch’è no gran suonno!
 E sto suonno, è no suonno, che ccapaceta,
 (Mmalosca, mme lo ssonno,
1365Ca mme lasso cchiù ppeo de funa fraceta.)
 AURELIA
 Voi mi burlate.
 PASCASIO
                               E ssecoteja deaschece!
 AURELIA
 Come volete. L’interrotta idea
 Passa più oltre, ed alle volte io sogno,
 Vedervi a me vicino,
1370Or regalarmi il core, or disprezzarmi.
 Mi scuoto: e quinci parmi,
 Esser entro una selva oscura ombrosa
 PASCASIO
 Auh, che bbrutta cosa!...
 AURELIA
 Tra fiere belve, ed intralciati sassi.
1375E quivi a lenti passi,
 Vi veggo a me venir stanco, anelante,
 A chiedermi soccorso;
 E di sudor tutto bagnato, e molle,
 Tutto asperso di sangue,
1380Per man di un traditor, trafitto a morte,
 Vi veggo, oh Dio! spirare,
 (Senza sapere il come)
 La bell’alma, chiamandomi per nome.
 PASCASIO
 Mo’ nce jammo guastanno;
1385Chisto è no bbrutto suonno.
 Ed è tutto contrario de lo primmo;
 Sto ssuonno no mme sona, levarimmo.
 AURELIA
 Sospendo il dir. Ma posso dir, che quando
 Poi mi sveglio, distinguere so appena,
1390Se vera, o falsa sia
 L’imagine sognata, acerba, e ria.
 
    Tra l’orror, che il cor m’ingombra,
 Parmi, o Dio! vedere un’ombra,
 Che mi chiede ognor pietà.
1395   Io mi scuoto: e te rimiro,
 Reso spirto, ombra vagante;
 Vo’ gridar; ma in un istante,
 Copre i lumi un fosco vel.
 
 Questa è la dura serie,
1400Signor, de sonni miei.
 Ci pensi, e al suo dover rifletta lei. (Entra.)
 
 SCENA III
 
 PASCASIO, CAMILLA, e VIOLANTE.
 
 CAMILLA
 Signor Zio: giacché solo
 Ella si trova, adesso parmi il tempo
 Di favellarle a fermo.
 PASCASIO
                                         E tt’aje trovato
1405Proprio no bello tiempo?
 VIOLANTE
                                                Ma qual tempo
 Più migliore di questo?
 PASCASIO
                                              Non è ccosa.
 Nne parlammo a cca n’autro paro d’anne.
 CAMILLA
 Ma l’affar, non permette
 Dilazion più lunga.
 
 SCENA IV
 
 RIDOLFO, ed IPPOLITO da due separate parti e detti.
 
 RIDOLFO
1410Signor Zio. La Germana
 Molto s’inganna: e ciò che dir vi vuole
 È un ritrovato.
 IPPOLITO
                              In grande
 Error, vive, Signor, vostra Nipote,
 E creda a me, che son suo servo.
 VIOLANTE
                                                             (Cieli!
1415Ci può dare di più!)
 CAMILLA
                                        Barbaro, indegno,
 Germano traditore,
 Tanto ardite? sì poco
 Ai tu il mio onor: ai tu il dovere a cuore!
 RIDOLFO
 Camilla: ti dovrebbe
1420Bastar, che un tuo fratello
 Di te cura si prenda.
 PASCASIO
 È ppazza, e bba ncarrozza,
 E a mme, mme vo’ zucare;
 Bommespere, ca io aggio che ffare. (Va per partire.)
 VIOLANTE
1425Ah si fermi, e la senta.
 Voi siete, oimè, tradito;
 CAMILLA
                                              E quanti sono
 In questa casa: tutti a danno vostro
 Congiurano.
 IPPOLITO
                          Io non so che dite entrambe!
 Mille sognate idee, Signor Barone,
1430Pensan queste svelarvi.
 PASCASIO
                                             Ma la sgarrano!
 Io saccio: e ttu lo ssaje
 Addo’ sta vernia, sta pe ghì a pparare.
 CAMILLA
 Signor Zio
 PASCASIO
                       Bommespere
 T’aggio ditto: ca jo aggio che ffare.
 VIOLANTE
1435Ma senta
 PASCASIO
                    Non accorre,
 Aggio ditto Bommespere.
 CAMILLA
 Lei vedrà
 PASCASIO
                     No mme sona!
 Bommespere a osseria!
 VIOLANTE
 Ma perché non sentirla?
 PASCASIO
                                               Azzò nne schiatte.
1440Bommespere.
 CAMILLA
                             Si tratta
 D’un punto del mio onor.
 PASCASIO
                                                 Io nce renunzio.
 VIOLANTE
 Ch’è più vostro, che suo.
 PASCASIO
                                               Poco mme mporta.
 Volite no Bommespere.
 CAMILLA
 Ma come
 PASCASIO
                    Ma, m’avite
1445Rotte se’ corde, e mmeza!
 Aggio ditto Bommespere
 Cchiù de duciento vote,
 E dderraggio bommespere nzi’ a craje!
 Ve potarria vastare;
1450E no cchiù: no mme state cchiù a ffrusciare!
 
    No mmoglio no sentirete,
 Crepa: che buo’ da me! (A Camilla.)
 Tu puo’ morì de subbeto;
 Ch’annore hà fatto a tte! (A Violante.)
1455Gnorsì, songo nfadù
 Nfaduso, nfadusone!
 Tu che bbonora vuo’?
                                          Vi’ comme stanno fresche,
 Le ssi Maddamme meje!
 Vi’ quanta mmescapesche!
1460Lei m’hà zucato; e leje
 Frusciato m’hà il calzone,
 A quanto cchiù se pò. (Entra.)
 
 SCENA V
 
 CAMILLA, VIOLANTE, che immediatamente partirà IPPOLITO, RIDOLFO.
 
 CAMILLA
 Che strano umore, e stravagante, oh Dio!
 Tutto dunque congiura a danno mio.
 VIOLANTE
1465Ma è tempo omai, cugina,
 Che ti scuoti; E poiché Ridolfo, e ’l Zio,
 Per troppo Amor son stolti;
 Armati da te sola di furore, (Entra furiosa.)
 Ed a quest’empio, strappa l’empio core.
 RIDOLFO
1470(O rimprovero acerbo!)
 IPPOLITO
 (Al rimedio! s’aduli.) Ma Camilla,
 E ti par tempo questo
 Di svelare un Arcan, che può in un tratto
 Render tutti infelici. Il tuo Germano,
1475Con prudenza si è opposto,
 Per non far, che trabbocchi
 Sopra di noi la nostra frode ordita;
 Chi sa, il tempo
 CAMILLA
                                (Oimè lassa!) Ah crudo, ah ingrato!
 E come sia possibile, che tanto
1480Possi tu dir. (Perdona
 Ridolfo il mio trascorso! (Ed è possibile,
 Che dopo avermi, ah Cieli!
 Sì vilmente tradita, abbi tu volto
 Di parlarmi in tal guisa?
 IPPOLITO
1485Come? perché? Camilla,
 Mio ben
 CAMILLA
                   Io ben conosco;
 Che cerchi d’adescarmi
 IPPOLITO
                                              Ah no! t’inganni,
 Il mio cor son confuso! (Ahi quanto è duro
 Ingannar una donna, e Donna amante!)
 RIDOLFO
1490(Più non posso soffrir quel cor spergiuro!)
 Parto per vendicarmi in breve istante. (Entra.)
 CAMILLA
 Tu ti confondi? E come, ingrato, oh Dio!
 D’un’alma a te sì fida,
 Puoi tu porre in non cale
1495Il dover? Ben di selce in petto serbi
 Un duro cor! oh Dio! o Dio! rientra
 In te stesso una volta, e a mali miei,
 Reca il compenso, che a ragion tu dei.
 IPPOLITO
 E qual? se, lasso! in altri io non lo trovo;
1500E mi è un tal nome in tutto ignoto, e nuovo.
 
    Io sono un misero,
 Che su la sponda
 Di legno fragile,
 Di già fra l’onda,
1505Sono in pericolo
 Di naufragar.
    Soccorso chiedermi
 In tale stato,
 Follia d’un Animo,
1510Quasi insensato,
 La tua può credersi,
 Si può chiamar. (Entra.)
 
 SCENA VI
 
 CAMILLA sola.
 
 CAMILLA
 Ove son? che mi accadde? In quale stato
 Misera, io son ridotta? ogni dovere
1515Vuol, ch’io abborra quest’empio!
 Amor, Genio, e se dirlo a me pur lice,
 Anche un punto d’Onore, ad inseguirlo
 Mi astringono. Io vorrei
 Con la raggione unirmi. Ma conosco
1520Non poterlo! Oimè, sono
 Confusa; e non so dove
 Piegarmi. Giacché, lassa! Amor, Dovere,
 Genio, ed Onor, fanno nell’Alma mia,
 Una Guerra crudele, acerba, e ria.
 
1525   Tra mille varj affetti,
 Sento aggitarmi il core.
 Vorrei fuggire Amore,
 Vorrei odiar l’ingrato;
 Ma oimè, l’oggetto amato.
1530Come odiar non so.
    Son troppo in noi ristretti
 I voli del potere.
 Un Genio lusinghiere,
 Mai sempre li guidò. (Entra.)
 
 SCENA VII
 
 GIULIA, fingendo parlar dentro con Aurelia, indi MARCONE .
 
 GIULIA
1535Lei si vesta. Io li parlo
 Con aura di Patrona. È necessario,
 Che ciò si facci cattara! m’ha detto
 Il tutto già Marcone. Lei si finga
 Di esser l’Esecutor testamentario
1540Del Barone Pascuccio,
 Azzò pozza restare
 Sto bbestia de Barone comm’a cciuccio!
 Vatte a bbestire O amato servo
 MARCONE
                                                           O il canchero,
 Che te stencina. Vuoje
1545Tu guastà lo ffelato? Pe nzi’ all’utemo
 Chiammame Zio.
 GIULIA
                                   Hà lei ragion. Ma cattara!
 L’allegrezza me fa sbertecellare,
 In pensar che costui,
 Giusto comme a na mmummia ha da restare.
 MARCONE
1550L’avarrisse creduto?
 GIULIA
                                        Il ver Barone
 È mmuorto Nfranza addonca?
 MARCONE
 È mmuorto, ed arcemuorto; no mpostore
 È cchisto senza dubbio;
 Io v’aggio fatto leggere
1555Lo Testamiento.
 GIULIA
                                 Io creo, che certamente
 Mo’ Donn’Aurelia è scioveta?
 MARCONE
 Si commann’osseria.
 GIULIA
                                         Il tuo Patrone
 Se porrà guadejà?
 MARCONE
                                    Tanto bbellissemo.
 GIULIA
 Ma Camilla fa comm’a speretata.
 MARCONE
1560Chesto a nnuje no nce mporta. Io voglio ì dinto
 A confertà l’amica.
 GIULIA
 Sarrà bbello vedere Donn’Aurelia
 Venì cca da Dottore Bolognese!
 MARCONE
 Saje ca nc’hà na gran chelleta,
1565E nce parla co ggrazia a cchillo muodo.
 GIULIA
 Ll’avè sentuto a Romma
 De continuo commedie a l’impronto;
 E ll’avè prattecato
 Co cchelle Bolognese, che ttu saje,
1570L’è stato de grann’utele.
 MARCONE
 È lo vero. Si vene
 Lo Barone; trattienelo: e si accorre
 Accommenza a ghiettà qua verbo nchiazza.
 GIULIA
 Sarrà ppiso lo mio.
 MARCONE
1575Parlale fora diente.
 Tu aje jodizio. Schiavo.
 GIULIA
                                             Addio.
 MARCONE
                                                            Oh siente.
 
    Nche nnante te vene,
 Accommenzale a ddi’:
 Trafano, Pacchiano,
1580Sta cosa se fa?
 Si n’iere Barone,
 Pe cquale raggione,
 Mm’aje fatta da sposa
 Venire nzi’ cca!
1585Ca ntanto vengh’io,
 E ffaccio n’aggrisso,
 L’afferro, l’abbisso,
 E a cauce, e schiaffune,
 Co annicchie, e mmascune,
1590Lo caccio da cca.
    Aje ntiso, sta attiento,
 Fa comme a na Fera;
 Sto bbirbo alleviento,
 De chessa manera,
1595Se deve trattà. (Entra.)
 
 SCENA VIII
 
 GIULIA, ed indi PASCASIO.
 
 GIULIA
 Aggio ntiso, aggio ntiso. Uh veccotillo!
 E bbienetenne Amico,
 Ca te voglio ammollà cchiù de na fico!
 PASCASIO
 O lei è qua?
 GIULIA
                         Qua stongo;
1600E stongo stincinata,
 Che farrei cose, cattara!
 De fa strasecolare nzi’ a le mmummie.
 PASCASIO
 Se lei l’ave co mmeco,
 S’esplichi, e li darraggio sfazione.
 GIULIA
1605Che sfazione! A quel che m’è socciesso,
 Nce vole no pistone,
 No coltello, na spata, e nzi’ a no spito,
 Na varra e che so io.
 Cattara! fa pietate il caso mio!
 PASCASIO
1610Ma con chi voi l’avete?
 GIULIA
 Ll’aggio con lui, che sete
 N’impostore, no guitto, no briccone,
 No Barone falsario,
 No birbo, un pezzentone, un timmirario. (Lo incalza.)
 PASCASIO
1615(Mmalora! )
 GIULIA
                          Ti credevi,
 Che non si avean le tue bbricconarie,
 Da scoprire una volta. Lode a Marte,
 A Giove, e agl’altri Dei. Il testamento,
 Cattara! con quest’occhi aggio leggiuto.
 PASCASIO
1620Qua Testamiento?
 GIULIA
                                     Quello, che tu sai.
 Ed hai cercato, cattara!
 Non ostante, che sei quello che sei,
 Di volerti sposar con me che sono
 Gentildonna, e Romana. Nata, cattara,
1625All’Aura Trionfal del Campidoglio.
 O ardir, che non hà pari, o strano orgoglio.
 PASCASIO
 Lei che dice se sa?
 GIULIA
 Adesso qui verrà l’Esecutore
 Del Testamento, cattara!
1630Il Dottor Bolognese E bbeccotello!
 PASCASIO
 Bonora!
 GIULIA
                  A cchisto cca aje da dà cunto,
 Birbante strafalario,
 Di tutto quanto l’Asso ereditario.
 
 SCENA IX
 
 AURELIA da Dottor Bolognese, e li sudetti.
 
 AURELIA
 
    Oh msiersi, aqù la và;
1635Cospettaz! la và aqù!
 Il Dottour Figaz’, Cagnaz’,
 Sà la Lit’, là Glos’, i Test’;
 L’Exception’ l’apposizion’,
 El Prorog’; e tutt’el rest’;
1640Sà la Lez’ ben scrutinar.
 
 Ma sangue d’una Anquila fatt’a rost!
 Vu’ m’avì squinternà cun tanta ciacer.
 PASCASIO
 Nè chisto è lo Dottore?
 GIULIA
 Appunto.
 PASCASIO
                     A lo pparlare
1645Na trocciola mme pare.
 AURELIA
                                             Hò intes’el tutt’;
 An uccorr’alter. Bas la man. Uh guach! (Vedendo Pascasio.)
 PASCASIO
 Che l’è afferrato?
 AURELIA
                                   Al volt’,
 Al parlar’, al trattar’,
 Al andar’, al vestir’, al caminar’,
1650Da i scfun’, a le calz’,
 Da le calz’, a i calzun’,
 Da i calzun’, a la vest’,
 Da la vest’al mustaz’,
 Dal mustaz’al caplaz’: uu’Sgnor Baron’;
1655Am parì un bel toc’de mascalzon’.
 GIULIA
 (O la brava sferrata!)
 PASCASIO
                                          Io Signor mio
 AURELIA
 Tasì, che me an poss’
 Sentir parlar in lungh! brevis oratio;
 Disse un dì Msier Pitagora.
 PASCASIO
1660Io n’aggio ditto manco na parola.
 AURELIA
 S’am’vulì ciacciarar, parlà nlaconico.
 Paucis verbis, la veda.
 GIULIA
 Appunto.
 PASCASIO
                     Signor mio
 AURELIA
 Ma sangue d’una Anguila fatt’a rost’,
1665Vu’ si un sumaron’ chmod’al voster
 An m’avì salutà!
 GIULIA
                                 Lo compatesca,
 Ch’è bbizio. Pe no niente
 Sta col cappello in testa anche con donne.
 AURELIA
 Cun Donn! Oh che sproposit’, la Donna
1670De Primavera è un fiour.
 PASCASIO
 Lo ssaccio.
 AURELIA
                       Ch’al se cerca da per tutt’
 Al se cerca per spass’!
 Se cerca per umor’!
 Se cerca per favor’!
1675Se cerca per ajut’!
 Se cerca per offesa!
 Se cerca per difesa!
 Se cerca per caprizi!
 Se cerca per consej!
1680Per piaser! per negozj! per bisogni!
 Per castigh! per lit! per grazia ancora.
 PASCASIO
 No cchiù, no cchiù bbonora!
 AURELIA
 E ti toc’ de pultron’, scelerataz’,
 Ten te livv’a uderla al tò caplaz’!
 GIULIA
1685Hà ragione.
 PASCASIO
                         (Ora vi’ addo’ so’ mmattuto!
 Mo’ nne votto li vische de lo feudo;
 E cquanno lo truffaje;
 Chisto è Dottore, o ciarlatano!) Nzomma;
 Bologna fa sti bbelle zzerre zzerre?
 AURELIA
1690Ma sangue d’una Anquila fatt’a rost,
 Am parì, de vin most’
 Un buttaz’, che bolle, pà,pà, pà, pà!
 PASCASIO
 Ma sangue d’una meuza a la scapece,
 Lei mi pare na trocciola sferrata,
1695Che ffa ttà, ttà, ttà, ttà.
 Venimmo a lo busillo.
 GIULIA
 Sì, si venga al busello.
 PASCASIO
 Lei, che bbole da me?
 AURELIA
                                           Che adess’, adess’
 La vaga, illicò, statim,
1700Subitò, procul dubio, da sta Gà.
 PASCASIO
 Perché? (cca nce vo’ anemo! )
 AURELIA
 Perché? vu si’ un ladr’, un birbanton’,
 Un Baron falz’, un toc de marmotton’,
 Un toc’ de stivalon’,
1705Un toc’ de mascalzon’
 GIULIA
 E tutto chello, che fenesce in On’.
 PASCASIO
 Oscia vole abburlà! Io so’ Barone,
 Non songo Marmottone,
 Non songo Mascauzone,
1710Né mme ne vogli’ì affatto mio Patrone,
 E si fenesco, non fenesco in One.
 AURELIA
 Oh sangue d’una Anguila fatt’a rost!
 Aqsì al Dottour Figaz’
 Se repond! cospetaz’! adess’ de fretta
1715Vo’ andar in Tribunal: e ’l Testament’
 Produr del fu Baron Pascuz’ ch’è mort
 PASCASIO
 Va fa chello, che bbuoje.
 AURELIA
 Et subit coram Judice,
 Et Judice criminali,
1720A te farò zitar ad relaxandam
 L’Eredità a me, ch’esegutor’
 Son del defont’, adess’ adess’, cospet’,
 Cospettaz’, cospetton!
 T’hà da uder quel che sa far al Dottour!
 PASCASIO
1725Mme schiaffarraje de barba
 Addo’ non pò lo Sole.
 (Oh maro me!)
 GIULIA
                               Chesto co tte nce vole.
 AURELIA
 
    A mè, che son Dottour,
 A me de barb’, a me!
1730Saltà m’è zà! umor!
 Arma virumque cano;
 L’Eneide, l’Achilleide,
 Virzili, Omer, Lucano,
 La Prosa, i Vers’, la Rima,
1735La Fisica, la Loziga,
 E la Materia Prima,
 At’vuì contr’irritar.
    Ma se per sort’, an poss’
 Far quant’ m’hò post’in Test:
1740Cu ’l Codiz’el Dizest’,
 Dal Pudestà vo’ andar;
 A fin, ch’ille sedente,
 Curia pro Tribunali;
 In contumacia absente,
1745Al t’abbia a cundanar! (Entra furioso.)
 
 SCENA X
 
 GIULIA, e PASCASIO.
 
 GIULIA
 Che te pare va buono?
 PASCASIO
 Non pò ire cchiù meglio.
 GIULIA
                                               E queste ingiurie,
 Te faje di’ nnante a mme! o Terra aggliuttete!
 PASCASIO
 Ma che aggio da fa?
 GIULIA
1750Straggi, aggrissi, fracassi, ire di Popoli,
 Tempeste, e Agrumi simili.
 PASCASIO
 Farò tutto. Però è necessario,
 Ch’io vi parli un po’ dentro a solo, a solo.
 (Si mpatto so Segnore! )
1755Jammo.
 GIULIA
                   Son pronta. Io t’obbedesco a volo. (Entrano.)
 
 SCENA XI
 
 CAMILLA, con stile in mano, in atto di ferirsi, IPPOLITO, che la trattiene, ed indi RIDOLFO, che li toglie lo stile.
 
 CAMILLA
 Ah! lasciami spergiuro!
 Lasciami almen morir. Poicché il vederti
 In braccio alla Rivale,
 È per me il maggior d’ogn’aspro male.
 IPPOLITO
1760No, Camilla: ti ferma. La tua morte
 Io non bramo. Sol voglio
 RIDOLFO
 T’arresta! a me quel ferro.
 Io debbo vendicarti, ed opportuno
 Questi è il tempo. (Li strappa lo stile, e lo butta.)
 CAMILLA
                                     (Oimè lassa!)
 RIDOLFO
                                                                Il vilipeso
1765Onor della Germana; l’Amor mio
 Voglion vendetta. A noi (Snuda la spada.)
 CAMILLA
                                              (Cieli Soccorso! )
 IPPOLITO
 Tu pagherai il fio del tuo trascorso. (Snuda anch’ei la spada, ma vengono impediti di duellare dalle genti, che immediatamente usciranno.)
 
 SCENA ULTIMA
 
 MARCONE, con spada in mano, che si frapone in mezzo, AURELIA in spolverino, VIOLANTE, GIULIA, indi PASCASIO, con un’Alabarda in mano.
 
 MARCONE
 Che ccos’è cca? benaggia craje; fermate.
 AURELIA
 Che rumori!
 VIOLANTE
                          Uh Tapina!
 GIULIA
                                                 Che nc’è lloco?
 PASCASIO
1770Che d’è ss’aggrisso cca! nullo se mova,
 O lo strippo. (Impugnando l’Alabarda.)
 VIOLANTE
                          Cugina
 AURELIA
 Ah ferma Ippolito
 CAMILLA
 Ridolfo, per pietà.
 RIDOLFO
                                    A miglior tempo
 Ne rivedremo.
 IPPOLITO
                              Io sempre sarò pronto.
 CAMILLA
1775Adaggio. Ah mi ascoltate.
 Ippolito, Tu vedi
 Un ostinato Amore a che ti hà spinto!
 Col mio Germano, all’armi sei venuto.
 Egli il suo onore, e ’l mio, e più il suo amore
1780Difenderà all’estremo. Ah se la morte
 D’un di voi, dovrà porre
 Fine alla vostra lite,
 Supplite con la mia. Strappami il core,
 Che son contenta.
 GIULIA
                                   (Chisto è bbero ammore!)
 AURELIA
1785(Mi sento intenerir!)
 VIOLANTE
                                         (Che mai dirà?)
 AURELIA
 (Pensa l’un; l’altra piagne! or’io vo’ farla
 Da generosa!) Ippolito
 Che pensi? Il tuo dovere
 Di te meglio io conosco. Al primo Amore
1790Ritorna. Io ti dispenso
 Da qualunque promessa, e giuramento.
 CAMILLA
 (Me felice, che sento?)
 PASCASIO
 Viva la Cammarera! se n’è asciuta
 Pe la maglia scosuta!
 MARCONE
1795Zitto tu.
 GIULIA
                  No mparlà faccia di scoglio.
 IPPOLITO
 Giacché tanto tu vuoi: io tanto voglio.
 Camilla, Anima mia. Dammi la destra,
 Ch’io ti son servo, e sposo.
 CAMILLA
 Eccola.
 AURELIA
                Ed io la mano
1800Darò di sposa a chi dirammi il Zio
 Allor che sarò in Roma.
 RIDOLFO
                                             Altro non bramo.
 (Per ora non è poco avermi tolto
 Un Rival sì patente.) Ti ricorda
 Però mio ben
 AURELIA
                            Ridolfo: in Roma, il Zio
1805Di me dispone, io dissi.
 PASCASIO
                                              Quanto va
 Ca lei vorrà sposà la Cammarera?
 RIDOLFO
 Ah, ah.
 PASCASIO
                 Meglio sarria
 E se sposasse lei la mia Signora.
 AURELIA
 Taci, che tu non sai quello che dici;
1810Io sono la Padrona: ell’è mia serva.
 MARCONE
 Ed io no le so’ Zio, ma so’ ccreato
 De chisso mio Patrone.
 PASCASIO
 Ed io no nso’ Barone.
 IPPOLITO
 Appunto.
 PASCASIO
                     Or io ve cedo
1815Ogne ccosa co ggusto, ca me vasta
 Ca no nso’ stato sulo a ffare mbroglie.
 AURELIA
 Ed io vo’, che tu resti
 Anche contento. Giulia dà a costui
 La man di sposa.
 GIULIA
                                  Eccola.
 PASCASIO
                                                 Na grazia
1820Vorria da lor Segnure.
 IPPOLITO
 Di’ pur.
 AURELIA
                  Parla.
 RIDOLFO
                               Favella.
 PASCASIO
                                                Si venesse
 Chillo Dottore Trocciola,
 No lo facite affatto cca trasire,
 Ca me farria no parpeto venire.
 AURELIA
1825Vuoi vederlo?
 PASCASIO
                             Gnarnò.
 AURELIA
                                               Eccolo: io sono
 Ancor nelle sue vesti.
 PASCASIO
                                         Uh benagg’oje.
 Nzomma vuje site chille, che non site?
 IPPOLITO
 Cioè, meglio dirai;
 Siamo quelli, che sempre al Mondo fummo;
 MARCONE
1830Ma sto fummo, n’è ffummo, che ffa male.
 PASCASIO
 Anze è no fummo necessario, e bbuono.
 IPPOLITO
 Appunto.
 TUTTI
 E viva: QUELLI CHE NON SONO
 IPPOLITO - AURELIA - CAMILLA - RIDOLFO - VIOLANTE
 
 Viva Amor, che i nostri cori
1835Hà ricolmi di diletto,
 Di contento, e di piacer.
 
 GIULIA - PASCASIO - MARCONE
 
 Oh cche ggusto, e cche ddocezza!
 Chesta sì, ch’è ccontentezza!
 
 TUTTI
 
 Andiamo ora a goder.
 
 
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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