Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 Il Riccardo, [Napoli], A spese di Nicola de Biase, [1743]
 a cura di Loredana Amico
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA I
 
 FLAMINIA, ROSAURA, ed ALFONSO, che spasseggiano, e cantano, e NINA che scopa un Viale.
 
 FLAMINIA - ROSAURA - ALFONSO
 
    Quando sorge splendente l’Aurora
 Ogni Fiore si vede brillar;
 
    E scherzando con voce canora
 Fan sentirsi gli uccelli cantar.
 
 NINA
5E biva veramente.
 FLAMINIA
 Deh Nina à noi t’appressa.
 NINA
 Sò llesta, eccome ccà. Che commannate?
 FLAMINIA
 Canta un poco tu ancora.
 NINA
 Nò nne saccio Segnora.
 ROSAURA
10Via.
 ALFONZO
           Non ti far pregare.
 NINA
 Ma, ch’aggio da cantà?
 FLAMINIA
                                            Scegli à tua voglia
 Una Canzon frà tante
 Che tù ne sai, e cantala.
 NINA
 Fegliu’, pigliame ccà chillo tammurro. (suona il tamburro, e poi pensa.)
 FLAMINIA
15Che pensi Nina?
 NINA
                                  Penso, ca nsi’ à mmone
 Vuje avite cantato accossì bello;
 Io mo pozzo arrevà...
 FLAMINIA
                                         Non più: Comincia.
 NINA
 Mo comme meglio saccio
 Canto na Canzocella.
20Si no ve piace, e buje tornatemella.
 
    No juorno mme credea de pazzeare,
 E ncignaje locca locca à ffà l’ammore
 Ma comm’à pazza me pose à strellare
 Quanno mme ntese frezzejà lo core.
 
25   E  frezziare e bà:
 Fà l’ammore è na pazzia,
 Ma è pazzia, ch’ognuno l’à.
 
 ROSAURA - ALFONZO
 Ah, ah, ah, ah;
 FLAMINIA
                              Viva Nina, e viva il primo
 Ch’il cantare inventò: più bel diletto,
30Ch’udire un dolce canto
 Il mondo in se non à.
 NINA
                                         Viva mill’anne
 La Segnora (io porzì de cante, e suone
 Maje no mme saziarria.)
 ALFONZO
                                                Non può negarsi
 Che il canto è cosa vaga: un gran piacere
35A me però non reca.
 ROSAURA
                                        A me dà noja
 Quando troppo l’ascolto.
 NINA
                                               (Li mal genie
 Sempe nce so à lo Munno.)
 FLAMINIA
 Quanto stupir mi fate! E in che s’impiega
 La vostra mente, il vostro genio?
 ALFONZO
                                                             Io godo.
40Dell’amato mio bene   (accenna Rosaura.)
 Mirando il bel sembiante,
 E godrei rimirarlo in ogni istante.
 NINA
 (Lo compiatesco a chesto.)
 FLAMINIA
 E tu Rosaura?
 ROSAURA
                             Anch’io (accenna Alfonso.)
45Godo mirando ogn’or l’idolo mio
 (Ahi che non godo appieno.)
 NINA
 Mo mmo ve sposarrite,
 E aggiate voglia pò de ve merare,
 E de ve contemprare.
 FLAMINIA
50Quant’opra amor! Se Fabio il Padre mio
 Mi dasse un poco più di libertate
 Impararei più cose.
 ROSAURA
 Troppo rigido egl’è: quì solitaria
 Ti trattiene è già un lustro,
55E se non fusse Alfonzo
 Confidente di Fabio, io tua Comare,
 Nostre Case quì presso, io credo al certo
 Sola, qual priggioniera
 Quì ti vedresti.
 FLAMINIA
                               Ah me infelice!
 NINA
                                                             (Auh sciorte!
60E Nina poverella,
 Che mmale à fatto, ch’accossì nzerrata
 Ave da stà: Si fosse vivo patremo,
 Non sarria chesto.)
 FLAMINIA
                                      Or via
 Pensiamo à divertirci:
65Voi l’un dell’altra amanti
 Già siete: io bramerei vedervi un poco
 Amoreggiar.
 ALFONZO
                          Si appaghi
 L’innocente suo genio.
 NINA
 Sì si provita vosta.
 ALFONZO
70Per te lanquisco ò bella. (à Rosaura.)
 NINA
 Scurisso tè!
 ROSAURA
                         Per te son tutta foco. (ad Alfonzo.)
 NINA
 Arrasso sia!
 ROSAURA
                         (Il ver non è.)
 ALFONZO
 Tu m’ài ferito à morte. (à Rosaura.)
 NINA
 Un chesto non sia maje.
 ROSAURA
75Il cor tu mi rubasti (ad Alfonzo.)
 (Ah non t’amo.)
 FLAMINIA
                                Tacete.
 Non più bugie: languisci, e nel tuo volto (ad Alfonzo.)
 Vivi scorgo i colori. Tutta foco (a Rosaura.)
 Tu sei, né a te vicina
80Il calore io ne sento, (ad Alfonzo.)
 Tu sei ferito à morte, e canti, e scherzi,
 Tu senza cor, respiri, (à Rosaura.)
 E favelli.
 ALFONZO
                    Deh senti
 Flaminia mia: Non langue
85Non bruggia un amator, non è ferito,
 Non gli è rubato il core,
 Ma la strana dolcezza
 Che si pruova in amore, in tali forme
 Solo esprimer si può.
 NINA
                                          (Che bella cosa!
90Uh che sarria, e fosse
 Nnammorata io porzì.)
 FLAMINIA
                                             Felici adunque
 Rosaura, Alfonzo, e quanti
 Godono il bel piacer d’essere amanti.
 
    Anch’io languir vorrei,
95Vorrei bruggiare anch’io;
 Piagato il petto mio,
 Dal sen non curerei
 Mi si rubbasse il Cor.
 
    Giammai sì bel diletto
100Nell’alma io non provai,
 Né dir sentii giammai
 Fosse sì dolce amor.
 
 NINA
 Orsù spassatevella
 Vuoje à chiacchiarejare,
105Ca io vogl’ì à fenire de scopare. (entra scopando.)
 
 SCENA II
 
 ROSAURA, ed ALFONSO.
 
 ROSAURA
 Mi fà stupir Flaminia
 Con tanta sua semplicitade: oh quanto
 Godrei vederla sospirar d’amore.
 ALFONZO
 Forse or or ciò vedrai.
110A momenti quì attendo
 Riccardo il caro amico.
 ROSAURA
 (Ah, ch’in udir tal nome
 Tutta avvampar mi sento.)
 Quel Riccardo tu dici,
115Che così spesso teco
 Vidi passar per la vicina strada?
 ALFONZO
 Appunto: Ei di Flaminia
 Da più tempo invaghito, à Fabio in moglie
 La chiedè per mio mezzo:
120Escluso io ne rimasi,
 Come avvenne à tant’altri,
 Che l’han richiesta à lui.
 ROSAURA
 Che mai pretende Fabio?
 ALFONZO
                                                 Egli affidato
 Che sua Figlia Flaminia
125È semplice così, con trattenerla
 Quì solinga già spera
 Sfugir di maritarla, ed usurparsi
 I cinque mila scudi,
 Ch’à Flaminia lasciati
130Furo in dote dall’Avo,
 Che anni sono morì.
 ROSAURA
                                        Di quanti mali
 E cagion l’interesse!
 ALFONZO
 Ma il suo disegno iniquo
 Effetto non avrà.
 ROSAURA
                                  Già mi dicesti...
 ALFONZO
135Ascolta, o mia Rosaura
 Più caro il concertato
 Frà me, e Riccardo: ei sarà qui a momenti
 Come à te dissi: il suo servo Ciccone,
 Ch’è molto accorto, fingerassi un Nobile
140Errante Cavaliero
 Col nome di Don Cello,
 E lui suo Cameriero,
 Con il nome d’Elmiro:
 Ambi ignoti quì sono,
145Solingo e’l luogo, è Fabio solo, e timido;
 Puol riuscire à Ciccon coll’alteriggia
 Indurlo à tutto: colla dolce voce,
 Ed arte del cantar, potrà Riccardo
 Farmi caro a Flaminia, e oprarne in modo,
150Che li dia fe di sposa.
 ROSAURA
 In ver sarà da ridere
 Questa finsion.
 ALFONZO
                               Da piangere
 Sarà per Fabio.
 ROSAURA
                               (E per Rosaura.)
 ALFONZO
                                                                Un poco
 Parliam dei nostri affari: or dimmi , o bella
155Avesti altra notizia
 Del tuo german, ch’è lungi?
 L’avremo in brieve qui?
 ROSAURA
                                               (Di qual mestizia
 Tal domanda mi colma.) Altra novella.
 Del mio german, non giunse a me sol quella,
160Che da più dì ti palesai. Deh Alfonzo
 Più qui non trattenerti.
 ALFONZO
                                             E perche?
 ROSAURA
                                                                  Temo,
 Che mia Zia dal balcone omai mi vegga
 Parlar con voi da solo à sola.
 ALFONZO
                                                     Eh troppo
 Timida sei, tua Zia ben sà, che sposi
165Sarem frà giorni, il tutto
 E pronto già, s’attende sol, che torni
 Da Genua il tuo Germano,
 Che sarà forse in via
 ROSAURA
                                        (Così non fusse.)
 ALFONZO
 Ma per maggior tua pace
170Va da te qualche istante
 Lungi il piè non il core: Idolo mio
 A rivederci in brieve.
 ROSAURA
                                          Alfonzo addio.
 
 SCENA III
 
 ROSAURA.
 
 ROSAURA
 Da più tempo sospiro
 Per amor di costui sempre bramando
175Quel dì, che d’Imeneo nel dolce nodo
 Fossi unita con lui: presso ora il veggo,
 E comincia à spiacermi, e in me già sento,
 Che l’unirmi ad Alfonzo è mio tormento.
 Penso che qui fra poco
180Riccardo ne verrà, Riccardo, ah quello
 Ch’è troppo vago agl’occhi miei: già preda
 Del suo bel volto, oh Dio!
 Geme frà duri affanni il petto mio.
 
    Tutta mi sento accendere,
185Il core in sen mi palpita,
 Confusa l’alma mia
 Pace trovar non sà:
 
    A quel martir, ch’io provo
 Consuolo, oh Dio! Non trovo
190Né alla mia pena ria
 Posso sperar pietà.
 
 SCENA IV
 
 NINA, e FABIO vestito per uscire.
 
 NINA
 Ma chesta non è bita,
 Che po’ durà...
 FABIO
                              Stà zitto
 Lassame ascì, ch’è tardo,
195No mme mpazzire cchiù.
 NINA
                                                Ve parlo chiaro
 Segnore: io nò mme fido
 De campare accossì, pecche mme sento
 Tanto ammalenconuta, che mo schiatto.
 FABIO
 Ancora non è n’anno, che da Napole
200Ccà sì benuta, e t’allamiente tanto;
 Sapesse, che te manca?
 NINA
                                             Che mme manca?
 FABIO
 Tu magne, vive, duorme
 Quanno te piace, non fatiche, vieste
 Da Segnora.
 NINA
                          E che serve? tutto chesto
205Justo comme non fosse.
 Si magno, ò vevo nò lo leggeresco,
 Stò à lo lietto, e non dormo; lo sta nnozio
 Cchiù m’ammojna: lo bestire è llotano,
 Quanno cca non nce vede manco ll’aria,
210Ne ascimmo, ne trasimmo.
 FABIO
 Fegliò vuò che te dica:
 Tu vaje ascenno da lo ssemmenato.
 NINA
 Ma sì non pozzo cchiù.
 FABIO
                                            Tu che borrisse
 Nzomma: dimmello via.
 NINA
215Vuje mo nò lo ssapite, che borria?
 FABIO
 E che pozzo sapè.
 NINA
                                   Ca ve lo ddico,
 Faccio tanto na facce rossa rossa
 Senza frutto.
 FABIO
                           Via sù tu pe nsi’  à mmone
 Si’ stata facce tosta, e presentosa,
220E mmo che d’è, vuo’ fare la scornosa?
 NINA
 Ma pe nsi’ à mmò so stata peccerella,
 E mmo mme vao facenno grossecella.
 FABIO
 Tanto cchiù dillo cchiaro, che t’accorre.
 NINA
 Sentite: io mo vorria
225Vedè agente: co cchisto
 Fare na chiacchiarella,
 Co cchillo na pazzia, e co cchill’autro
 Fa no poco l’ammo...
 FABIO
                                        Malantrinella
 Dì ca vuoje fà la birbia.
 NINA
230Che birbeja, vorria fare
 Chello, che ffanno ll’aote.
 FABIO
                                                E ttù co mmico
 Non puoje chiacchiareare,
 Pazzià, fà l’ammore
 NINA
 Co buje, che sserve?
 FABIO
                                        Comme?
235Tu mò già saje lo bene, che te voglio.
 NINA
 E che mme ll’aggio à ffriere ssò bene.
 FABIO
 Io ccà n’aggio nesciuno
 De li mieje, pecché fratemo
 Cchiù granne, era nzorato,
240Quann’io pe schierchiaria
 Mme facette assegnà la porzejone
 De le rrobbe ch’avevamo,
 E benette ccà à Romma
 A nzorareme io puro,
245E da tant’anne ancora
 Stò desgustato co la casa mia:
 Mo songo già duj’anne
 Ch’aggio perza moglierema:
 Non aggio figlie mascole, so’ giovene,
250De rrobe stongo commeto, pe fforza
 Mm’aggio à tornà à nzorà.
 NINA
                                                  Che mporta à mmene,
 Ca ve nzorate, ò none?
 FABIO
 Che mporta à tte! non potarria saglireme
 Na sboria, e peglià à ttene pe mmogliere?
 NINA
255Via, che decite
 FABIO
                              Zitto loccarella:
 Che fusse tune la primma creata,
 Che lo patrone se ll’ave sposata.
 
    Na figliolella
 Ch’è bone, e bella,
260Si mbe, ch’è povera,
 E nasce gnobele,
 Non s’ave maje
 Da sconfedà.
 
    Mo pe lo Munno
265Nce so’ ciert’uommene,
 Che poco pensano
 A dote, ò nasceta,
 Quanno la mutria
 A genio và. (nel partire s’incontra con Alfonzo.)
 
 SCENA V
 
 ALFONZO, e detti.
 
 ALFONZO
270Signor Fabio, è quì fuori
 Un nobil Cavaliero,
 Che brama favellare
 FABIO
 Che bo’ da fatte mieje ssò Caaliero.
 Chi sarrà cchisso?
 ALFONZO
                                    Io no’l conosco affatto:
275Straniero egli sarà.
 FABIO
 Non mancarrà qua llotano.
 NINA
 (Oh bene mio vedimmo agente.)
 FABIO
                                                              Jammolo
 A recevere. Nina
 Va saglietenne ncoppa. (via Fabio con Alfonzo.)
 NINA
280Gnorsì, mo saglio. Si sarraggio locca;
 Mo quanto m’annasconno reto à st’arvole,
 E mmè voglio vedè lo fatto mio.
 Lo Segnore se crede
 Direme na gran cosa,
285Ca mme vole sposa,
 E non sape, ca isso si tenesse
 Denare ciento vote
 Cchiù de chille, che ttene,
 No mme lo pegliarria:
290Sarria pazza, vorria
 Peccejarme li juorne
 Co chella facce d’Uorco.
 Io schitto stò colereca
 Quanno penzo, ch’à Napole tant’aote
295Scialano à pazzeare, e milordejano,
 E schitto io sbentorata
 M’aggio à bedè ccà dinto carcerata:
 
    Bene mio potesse jre
 Io porzì co tubba, e sfarzo,
300Co bentaglio, e co li guante,
 Tutta Niee, e stralleccata,
 Co no bello guardanfante,
 Che pegliasse mezza strata,
 Co na scuffia à la frostera,
305E facesse: eh: sciollà.
 
    E chi sà, si carche ghiuorno
 Ll’avarraggio stà fortuna,
 Che de mmidea a carcheduna
 Aggio ll’uocchie da fa ascire,
310E la facce a ffà sciccà. (si pone in disparte.)
 
 SCENA VI
 
 CICCONE da Cavaliero, RICCARDO da suo Cameriero, e Servidori di comparsa. ALFONSO, FABIO, e NINA in disparte.
 
 CICCONE
 Oje sio Patro’
 RICCARDO
                            Ciccone taci, e finché (piano frà loro.)
 Dura l’inganno, chiamami
 Elmiro, e dì, ch’io son tuo Cameriero,
 E bada al concertato
 CICCONE
315Lassate fare a mmene.
 RICCARDO
 Signor, comanda, ch’entri (con voce alta.)
 Tutta la Corte, ò quì l’attenda?
 CICCONE
                                                          Trasano
 Parte dentro con me, parte si stiano
 A la porta, e non facciano
320Trasì, né ascire alcuno senza mio ordene. (passeggia con gravità.)
 RICCARDO
 Sarà servita in tutto
 Vostra Eccellenza.
 FABIO
 (Oh che taluorno è chisto!)
 NINA
 Bene mio, ca vedimmo nquanno nquanno
325Melorde a sto Ciardino, e tutte duje
 Sò belle sà.
 RICCARDO
                        Deh Alfonso, è tempo
 ALFONZO
                                                                 Adesso,
 Signor come vi piace
 Questo Giardino? (à Ciccone.)
 CICCONE
                                     Mi gusteggia assaje:
 Penzo di trattenereme
330Quattro giorni costì, pe spasseggiareme
 Quì tutto il giorno una mascella dritta
 NINA
 Lo bolesse lo Cielo.
 FABIO
 Decitele, che scusa, pecché tengo (piano a Riccardo.)
 Femmene ncasa
 RICCARDO
                                 E qual soggezione
335Potrà ricever mai dal mio Padrone?
 FABIO
 Oh bravo!...
 ALFONZO
                         Signor Fabio
 Che inciviltade è questa?
 FABIO
 Oh quanta Judece.
 RICCARDO
                                     Ciccone a tè. (piano à Ciccone facendoli segno che s’adiri.)
 CICCONE
 Che dice cotestui?
 RICCARDO
340Che l’Eccellenza vostra
 Gli dà soggezzione.
 CICCONE
                                      Olà crejate, (due servidori vanno per battere Fabio, ed Alfonzo gli trattiene.)
  Addo’ sete, mollate
 Quattro sarde a colui.
 NINA
 Uh s’è nfommato già.
 RICCARDO
                                          Signor, di grazia
345Si plachi.
 ALFONZO
                     Il Signor Fabio
 Sol volse dir, non esser casa questa
 Capace d’un Signore
 Della qualità vostra
 CICCONE
                                      Ah, state, state. (alli servitori, quali si ritirano.)
 Noi Caaliere arrante
350Non ghiammo co sti punte.
 FABIO
                                                    (Mannà craje!)
 Io dico
 CICCONE
                Che? che dite? (con voce alta, e di mala ciera.)
 FABIO
                                             Niente niente.
 (Vedite lo dejavolo!)
 NINA
 Uh lo Segnore e comme se la sente!
 CICCONE
 Olà mio Cammariero.
 RICCARDO
355Che comanda Eccellenza?
 CICCONE
 Non te partì da ccà; via jammoncenne. (a Fabio e s’avvia verso il Casino piano ad Alfonzo.)
 FABIO
 addo’ vo’ j’?
 ALFONZO
                         Dove, Signor, s’è lecito?
 CICCONE
 Vo’ andar vedendo un poco
 Questo Casino.
 FABIO
                               (Vide la mmalora!)
 RICCARDO
360Non ti scordar di trattenerlo. (piano frà loro.)
 CICCONE
                                                        Saccio.
 NINA
 Voglio j’ à dì lo tutto a la Segnora.
 FABIO
 Si Arfonso.
 ALFONZO
                        Che comanda?
 FABIO
 Dille, che non è cosa
 ALFONZO
 Ah per amor del Cielo
365Taci, che quello non s’acccorga
 CICCONE
                                                         Io sento
 Costui mormorejà, che dice mai?
 ALFONZO
 Che l’Eccellenza sua l’onora assai.
 CICCONE
 Oh bravo, bravo! Il nome vostro? (à Fabio con gravità.)
 FABIO
                                                               Fabio.
 CICCONE
 Fabio stà allegramente: tu lo saje,
370Ca co st’accasjone puoje vantarete
 Avè d’ogge nnananze
 Pe protettore, e ammico tujo Don Cello:
 Sciala; chi contra a ttene (vuò stà bello!)
 ALFONZO
 Grand’onore!
 FABIO
                            Non serve
375Io non voglio
 CICCONE
                           Che ccosa?
 Eh eh n’avè dell’aseno,
 Ca s’io m’infado, abboscarraje na ntosa.
 
    T’afferro tutto nziemmo,
 Te scotolejo accossì;
380Poscia na botta ncapo
 Zuffe t’aje da sentì;
 E a buonnecchiù le scoppole,
 Caoce, morfiente, e puneja
 Tu vedarraje scioccà.
 
385   Lei resti perzovaso,
 Ca mosca avante al naso
 No mme farò passà. (via portandosi Fabio per mano.)
 
 SCENA VII
 
 ALFONZO, e RICCARDO.
 
 ALFONZO
 L’intrapresa finsione, Amico io spero
 Esito avrà felice.
 RICCARDO
                                 Io temo, Alfonzo,
390Non sia d’intoppo il genio di Flaminia,
 Sincome à me dicesti,
 Troppo semplice, e strano.
 ALFONZO
 Non dubitare è Donna, ed è Rosaura
 La mia futura sposa
395(Che per sorte si trova
 Oggi in casa di Fabio)
 Stretta sua Confidente,
 Questa informai del tutto,
 Acciò possa occorrendo
 RICCARDO
                                             Or fora il tempo
400Di parlare à Flaminia. Ordine io diedi
 Al mio servo Ciccone,
 Che con qualche pretesto
 Lungi di quì, quanto più può, trattenga
 Il sospettoso Fabio.
 ALFONZO
405Per la secreta porta
 Dunque entrerò, ritroverò Flaminia
 T’è propizia la sorte, eccola appunto.
 RICCARDO
 Ahi!, che beltà
 
 SCENA VIII
 
 FLAMINIA e detti.
 
 FLAMINIA
                              Nina saper mi fece,
 Ch’entrava in casa un Nobil Cavaliero;
410Io curiosa, in sala
 Ero uscita, a vederlo: appena entrato
 Rigido il Genitore
 Segno mi fé, che tosto
 Di là partissi Chi è colui che parla
415Con Alfonzo, e mi guarda.
 RICCARDO
 Già s’accorse di noi.
 ALFONZO
                                       Animo.
 RICCARDO
                                                       Oh quanto
 Timore ò in sen!
 ALFONZO
                                 Sciogli la lingua al canto.
 RICCARDO
 
                                                                               L’usignuol cantando geme,
 Ma poi trova la Compagna,
 E dà pace al suo dolor.
 
 FLAMINIA
420Viva. Che dolce canto!
 ALFONZO
 Oh Flaminia quì sei?
 FLAMINIA
                                          Signor Alfonzo,
 Sapere io bramerei chi sia costui,
 Che sì dolce cantò.
 RICCARDO
                                     Son’io Romano
 Signora, e Cameriero
425Son di quel Cavaliero,
 Ch’in vostra Casa entrò.
 FLAMINIA
                                              (Quanto è gentile!)
 Il vostro nome?
 RICCARDO
                                Elmiro.
 FLAMINIA
 Elmiro, à quel che intesi,
 Di musica è Maestro.
 RICCARDO
430È sua bontà. (Flaminia s’avvicina à Riccardo, e discorrono secreto.)
 ALFONZO
                           Discorrono à lor voglia,
 Ch’io quì da voi non lunge
 Attento osserverò se Fabio giunge.
 
    Dell’erbe, de’ fiori
 Godete a gli odori.
435Benigna la sorte (à Riccardo.)
 Secondi il tuo amor.
 
    Ridete, scherzate
 Con gioja, e diletto.
 Gli spiega del petto (à Riccardo.)
440La pena, l’ardor.
 
 SCENA IX
 
 RICCARDO, e FLAMINIA.
 
 RICCARDO
 Signora, a quel che parmi, ella di canto
 È vaga assai.
 FLAMINIA
                           Sì, ne son vaga tanto,
 Che spiegarlo io non sò.
 RICCARDO
                                              Perché racchiusa
 Quì ne stà, quando in Roma
445Potrebbe aver continuo
 Un tal divertimento?
 FLAMINIA
                                         E che far posso;
 Sì vuole il Genitore.
 RICCARDO
 Ma questa è tirannia. Da un conoscente
 Del signor Fabio, ò inteso dir, che molti
450V’àn richiesta in isposa;
 E ch’egli escluse tutti; uno frà questi,
 Che più d’ogn’altro v’ama, e di ricchezze,
 E di nascita a Fabio
 Punto non cede, spinto
455Da un violento amor, per mezzo mio
 Spiega a voi stessa, ò bella, il suo desio.
 FLAMINIA
 Qual nome egli hà?
 RICCARDO
                                      Riccardo.
 FLAMINIA
 È sì vago, e gentile
 Come tu sei?
 RICCARDO
                           M’è somigliante in tutto
460(Quanto semplice ell’è: Riccardo ardire:)
 Se l gradisce in isposo, io mi confido
 Quì condurlo a momenti.
 FLAMINIA
 Sposo? Nò.
 RICCARDO
                        (Sorte avversa!)
 FLAMINIA
                                                        (Il gradirei
 Quanno fusse lui stesso, e come quello
465Nobile, e ricco.) Elmiro, il Genitore
 Poco tardar potrà, mi parto addio.
 RICCARDO
 Ah dimmi almen, se può sperar Riccardo.
 FLAMINIA
 Se sarà così vago
 Come tu sei... forsei... chi sà... mirando
470Il tuo gentil sembiante
 Gran desio sento in me di farmi amante
 
    Tu mi guardi, ed io ti guardo,
 E già sento un dolce ardore,
 Che dagli occhi giunge al Core.
475E m’induce a sospirar.
 
    Và nascendo nel mio petto.
 Un martir; che dà diletto,
 Un piacer, che fa penar.
 
 SCENA X
 
 RICCARDO.
 
 RICCARDO
 Mi fù presago il Core: ecco l’intoppo
480Che poc’anzi io previdi: ella dimostra
 Qualche genio con me, d’esser mia sposa
 Poi la crudel mi niega. Ah dimmi Amore
 Sarà Flaminia mia,
 O rimarrò nel mio pensier deluso?
485L’incominciata impresa
 Lasciar, ò seguir deggio? Io son confuso.
 
    Nocchier, ch’in alto Mare
 Vede da lungi il turbine,
 Ode già il vento fremere,
490Teme del flutto infido,
 Pur di tornare al lido
 Risolversi non sà.
 
    In alto mar d’Amore
 Si trova già il mio core,
495Di naufragare ei teme,
 Ma lusinghiera speme
 Coraggio ogn’or gli dà.
 
 SCENA ULTIMA
 
 NINA, e poi CICCONE, e FABIO.
 
 NINA
 Oh bene mio che risa ah ,ah, ah.
 Io n’aggio avuto maje
500Mmita mia tanto sfizio
 Quant’ogge: è n’atto proprio de Commedeja
 Vedè sto Caaliero
 Comme lo fà crepare a lo Segnore:
 A boluto vedere
505Tutto quanto nce stà dinto a sta Casa.
 E no poco, che vede,
 Ca lo Segnore stà de mala grazia,
 E nne lo vo’ vottare,
 Co strille, e ngiurie te lo fà agghiajare.
510Veccole ccà mo esceno.
 CICCONE
 Fabio, lo bell’ommore
 No lo fare co mme, ca niente niente,
 Che tù favelli sparo,
 Ti faccio dar trecento vorpelate.
 FABIO
515Non Segnore, scosate,
 Ch’è nnatorale mio parlà accossine.
 (Crepammo, e zitto.)
 NINA
                                         (È proprio aggrazeiato.) (guardando Ciccone.)
 CICCONE
 Chi è cotella ragaazza?
 FABIO
 È crejata de casa.
520Và trasetenne priesto. (à Nina.)
 NINA
 Collecienzeja vosta.
 CICCONE
 Nò, sta lecienzia nò la darrò maje:
 Non si parta da qui. (potta de craje
 Bella mutria!)
 NINA
                             Mme stongo, gia ch’è cchesto.
525(Quanto jeva trovanno.)
 FABIO
 (Se nc’è accordata subbeto.)
 CICCONE
 Fatte cchiù ccà a lo llustro
 Ca lloco non te veo. (accosta Nina vicino à sé.)
 FABIO
 (Chisto è n’ato diavolo cchiù ppeo!)
 NINA
530(Janca me che bregogna!)
 Cchiù mm’aggio d’accostà?
 FABIO
                                                    Va trasetenne. (à Nina.)
 Le crejate è bregogna
 Sta nnanze a li Patrune.
 NINA
                                              Già ch’è cchesto... (in atto di partire.)
 CICCONE
 Ragazza non t’ammovere, (trattenendo Nina.)
535E si tù parle cchiù, quanta schiaffone (à Fabio.)
 T’aje da sentì.
 FABIO
                             (Chi mme l’avesse ditto!)
 NINA
 (Uh comm’è proprio bello!)
 FABIO
 (Vi comme se lo squatra la moccosa.)
 CICCONE
 (E propio na cosella scannarosa.) (guardando Nina.)
540Fabio.
 FABIO
               Segnore.
 CICCONE
                                  Io bramarebbe un quanco
 Trascorrer con costei da solo a solo.
 NINA
 (Uh maramè!)
 FABIO
                              (Chesta mo si è cchiù caoda!)
 CICCONE
 La Civiltà vorrebbe,
 O che t’allontanassi
 FABIO
                                      Chesto ficca
 CICCONE
545Cos’è stò questo ficca? (con voce alta, e mala ciera.)
 O stassi come nu morto a ssò pontone,
 Né parli, né si friccechi. (spingendolo in disparte.)
 FABIO
 (Uh che mmeoza aggio fatta, uh che prommone!)
 NINA
 (Chisto nce vo’ co cchillo pesta: io nc’aggio
550No gusto propio pazzo,
 Ca lo piglia de filo, e à da sta zitto.)
 FABIO
 (Addove so’ mmattuio oje mmarditto!)
 CICCONE
 Orsù, la primma cosa,
 Comme te chiamme?
 NINA
                                          Nina
555Crejata vosta.
 CICCONE
                            Che creata mia:
 La Patrona assoluta
 È lei di questo core.
 FABIO
 (Che freoma!)
 NINA
                              A mme decite?
 CICCONE
                                                            A ttene: sappi,
 Ch’io già brugio pe tte d’ardente ammore.
 NINA
560Mme volite abburlare?...
 CICCONE
 E tridece, io sto cotto, ed arcicotto
 Pe ssà bella faccella.
 FABIO
 (Non pozzo cchiù.) Ma patron mio sta
 Vernia (facendosi avanti.)
 CICCONE
                 Eh guitto, bricconaccio:
565Che buò, che con un punio te scafaccio. (lo spinge nuovamente in disparte.)
 FABIO
 (Mm’aggio da vedè fà lo bell’ommore
 Dinto a la casa mia,
 E mme ll’aggio a zocà.)
 NINA
                                             (Che bello spasso!)
 CICCONE
 Cara, che mi risponni (à Nina.)
570Alla cosa del cotto?
 NINA
                                     Mme sto zitto.
 CICCONE
 E perche?
 NINA
                      Pecché saccio ch’abburlate,
 E po mme piglio scuorno.
 CICCONE
 N’è niente nò. (Bonora! sta picciotta
 M’à ncappato a dderitto.) Nina mia
575Vorrei co ttico ammoreggiare un poco.
 NINA
 E che so’ para vosta?
 CICCONE
                                         Sient’a mmene:
 (Aoto non pozzo dirle) pazzejammo
 Schitto pe divertì lo mal’ommore.
 Via facimmo l’ammore.
 FABIO
580Eh non ssaccio (come sopra.)
 CICCONE
                               Oje chiafeo. (a Fabio.)
 Tu sì la gioja mia: (a Nina.)
 Respunne, e io che songo?
 NINA
 Nò nc’è remmedio l’aggio da respondere. (a Fabio.)
 FABIO
 Securo, la crianza sempe è bona. (a Nina.)
585(Eh mmalora quernuta!)
 CICCONE
 Respunne via. (a Nina.)
 NINA
                              Tu si’ lo bello mio.
 CICCONE
 Tu lo core.
 NINA
                      Tu l’arma.
 Pe crejanza io responno. (piano a Fabio.)
 FABIO
 Gnorsine pe crejanza. (Uh uh che ffrate!)
 CICCONE
590Ah. Sospira tu puro.
 NINA
 Ah.
 FABIO
          Oje senz’aoto
 Mme l’aggio da jocà la lebbertate.
 CICCONE
 
 Fatella nzuccarata
 Mo mme te magnarria.
 
 NINA
 
595Scompite, via, via,
 Che tanto coffejare?
 
 FABIO
 
 (Mme sento già crepare.)
 
 CICCONE
 
 Dico addavero affè.
 
 NINA
 
 Bosciardo: leva le’.
 
 CICCONE
 
600Nennella aggrazejata,
 Parla: vuoje bene a mme?
 
 NINA
 
 Gnorzì, so’ tutta toja,
 Moro penzanno a tte.
 
 FABIO
 
 Se scompe, o nò ssà joja. (come sopra.)
 
 CICCONE
 
605Non te vuo’ stà cchiu zitto.
 
 NINA
 
 Segno’ n’avite ditto, (a Fabio.)
 Ca la crejanza è bona
 
 FABIO
 
 Attienne mia patrona,
 Ca mbe sacc’io che ffà.
 
 CICCONE
 
610Videlo comme stà. (a Nina accenna Fabio.)
 
 NINA
 
 (Che rrisa! ah ah ah.)
 
 FABIO
 
 Ch’arraggia nzanetà!
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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