Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 La simpatia del sangue, Napoli, A spese di Nicola di Biase, 1737
 a cura di Paologiovanni Maione
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO II
 
 SCENA I
 
 DON PETRONIO solo.
 
 PETRONIO
 Povera la mia Sposa,
 È via per miracolo;
 Quela bestia focosa
 E chi la può domare? alla scordata
575Dubito, che non faci la frittata;
 O ben, voglio vedere a tutta fretta,
 Di cavarne una razza,
 E poi venga Don Titta, e che l’ammazza.
 
 SCENA II
 
 CHECCHINO, e detto.
 
 CHECCHINO
 Signor, giunse un volante
580Con questo piego.
 PETRONIO
                                    Altri, che pieghi, e lettere
 Mi giran per la testa. (apre il foglio.)
 Senza firma! leggiam. Olà va via.
 CHECCHINO
 Come comanda (io qui farò la spia).
 PETRONIO
 Avete preso moglie’
585Buon pro mi facci, che principio è questo!
 Io me ne fo con voi la condoglienza’.
 Idest me ne consolo, vorrà dire!
 Perché non sarà vostra,
 Ma del vostro nipote,
590Che finge avere a male il matrimonio,
 Per togliervi il sospetto,
 Ch’ei sia patron ancora del vostro letto’.
 Oimé, che sento! io credo più di questo!
 Eugenia con tal patto
595V’ha preso per marito’
 Gran patto affé, in questo matrimonio,
 Mi faranno servir da testimonio.
 Verranno poscia i Capuani amanti’
 Vengano pur, Padroni tutti quanti,
600Io li darò la Sposa,
 Che se la portan via,
 Che non la voglio più.
 Questa è pazzia,
 Ch’avete fatta, ed io, che son parente,
605Ed amo il vostro onore,
 Mi sento consumar per il dolore’.
 O Parente onorato!
 O Dottor svergognato! O moglie! o cancaro!
 Olà?
 CHECCHINO
             Signor.
 PETRONIO
                             Chiamate Casimiro.
 CHECCHINO
610Pronto obedisco.
 PETRONIO
                                 A lui voglio svelare,
 Che ne la voglio in Capua rimandare.
 
 O che pena è il prender moglie,
 Già m’assaltano le doglie,
 Già comincio a sospirar.
 
 SCENA III
 
 CASIMIRO, e detto.
 
 CASIMIRO
615Eccomi a vostri cenni;
 Ma vi vedo agitato.
 PETRONIO
 Il matrimonio m’ave assassinato.
 CASIMIRO
 (Già la lettera mia venne ad effetto.)
 PETRONIO
 Tu sai, che ci è concorso nel mio letto?
620E la mia moglie, come res nullius
 Primo occupanti concedatur?
 CASIMIRO
                                                        Come?
 Io non intendo.
 PETRONIO
                               Eugenia è giovanetta,
 Titta mi va rompendo li calzoni,
 E v’è tra loro illecito contratto,
625D’accettarmi col patto,
 Ch’essi saranno i sposi, ed io sarei
 Il vero promotor de’ torti miei.
 CASIMIRO
 Ma come ciò sapete?
 PETRONIO
 Certi buoni parenti
630Han liquidato il fatto, e m’han soggionto,
 Ch’ella tiene un catalogo
 Di mille cicisbei.
 CASIMIRO
 Ciò non si niega, ma che importa a lei?
 Ma ditemi, a qual fine ella fra tanti
635Suoi Giovanetti amanti
 Per Sposo un vecchio accoglie?
 PETRONIO
 Taci, ch’io le rifiuto per mia moglie,
 E quando ella ave tanti Marcantonii.
 Dico de nullitate matrimonii.
 
 SCENA IV
 
 CHECCHINO, poi NINA, e li detti, ed altri lacchei, con regali.
 
 CHECCHINO
640Llustrissimo, il Conte Farfallone
 Si rallegra del vostro matrimonio,
 Pregando la Signora,
 Che accetti questa pezza di broccato.
 PETRONIO
 Favori, che mi fa, resto obligato.
 NINA
645Signore, lo Marchese Baldinotti
 Co ossoria se conzola, ed a la zita
 Le manna chisto nobele presiento.
 PETRONIO
 Mille grazie al Signor del complimento
 (Cominciam troppo presto col Marchese.)
 CASIMIRO
650Manda il Signor Don Cesare.
 PETRONIO
                                                       Obligato
 Al Signore Avvocato.
 O che furie di doni!
 Quando si vidder mai tanti regali!
 Nina, conservi lei questi presenti.
 NINA
655Mo’ Segnore.
 PETRONIO
                           O che furia di Clienti!
 CHECCHINO
 (Voglio avvisar del tutto la Padrona.) (entra.)
 CASIMIRO
 Alcuni Gentiluomini
 Voglion venir servendo la Signora.
 PETRONIO
 Dite, che sta impedita,
660Mandateli in buonora,
 O farò una querela criminale,
 Contro queste persone,
 De usurpata jurisditione.
 
    Non ho moglie, non ho sposa,
665Il contratto è già annullato
 Juris ordine servato,
 Che concorso di Clienti
 Ha la nuova Dottoressa!
 Non è carne per miei denti,
670Né mi piace
 La moderna libertà.
    Non voglio esser corteggiato
 Da milordi, e cicisbei.
 Più regali! Vada lei (viene un’altro regalo.)
675Moglie bella! brutta cosa,
 T’incorona in verità.
 
 SCENA V
 
 CASIMIRO, poi EUGENIA, e CHECCHINO.
 
 CASIMIRO
 Se dura questo sdegno,
 Spero, ch’Eugenia sia
 In Capua di ritorno, e almen per poco
680Lusingata godrà l’anima mia.
 CHECCHINO
 Eccolo, egli del tutto anche sta inteso.
 EUGENIA
 Casimiro, di chi deggio lagnarmi?
 Della pietà con cui t’accolsi, ingrato,
 O della crudeltà con cui mi tratti?
 CASIMIRO
685Eugenia cara, almen dar luogo puoi
 A un’Amante, che spieghi i sensi suoi.
 EUGENIA
 E che dirai? Saprai tu lusingarmi,
 Dopo avermi tradito?
 E puoi dir, che non m’ami, amante ardito?
690Puoi negar, che col tuo pazzo consiglio
 Le frenesie fomenti
 D’uno Sposo impazzito, e me tormenti!
 CHECCHINO
 (Troppo alta sta la mano!)
 CASIMIRO
                                                  Eugenia mia,
 Io finsi amare Flavia,
695Per torre ogni sospetto,
 Che passasse fra noi sì grande affetto;
 Io finsi il foglio, e consigliai lo sposo,
 Acciò fatto geloso
 Ti ricusasse, ed io
700Di tal sospetto, fra gli molti eccessi,
 A farti mia, qualche speranza avessi.
 CHECCHINO
 (La pensò ben.)
 EUGENIA
                                Che sento!
 Chi udì mai più confuso insano cuore!
 Questo tuo Casimiro è odio, o amore?
705È odio, e tua mi vuoi?
 È amore, e tanto svergognar mi puoi?
 M’odj, e dici d’amarmi?
 M’ami, e puoi oltraggiarmi? ah dissonesto,
 E ch’altro modo d’odiarmi è questo?
 CHECCHINO
710(E va fa ben.)
 CASIMIRO
                            Io
 EUGENIA
                                   Tu un indegno sei,
 Parti dagl’occhi miei no senti, quando
 Saprai, ch’il rio dolore
 M’abbia tolta la vita, all’or Deh parti
 M’è pena, alma infedel, anche il mirarti.
 CASIMIRO
 
715   Parto sì, ma nel tuo petto
 Lascio ancora un dolce affetto,
 Che mi dice: la tua bella
 Ad amar ti tornerà.
    Spesso il Ciel con volto irato
720Va destando al mar procella,
 Ma piovendo sovra il prato
 Fiori, ed erbe avviverà.
 
 SCENA VI
 
 EUGENIA, e CHECCHINO.
 
 CHECCHINO
 Mi commove a pietà.
 EUGENIA
                                         Va di’, che resti.
 CHECCHINO
 Volo
 EUGENIA
            Deh senti parta ferma (oh Dio!)
725Tu sei confuso, misero cor mio!
 CHECCHINO
 Vado a fermarlo?
 EUGENIA
                                   Vanne sì, e digli:
 Ch’io sono Eugenia ancor, digli, che l’amo,
 E che vederlo un’altra volta bramo.
 CHECCHINO
 Sarà servita, e a quel che scorgo, invano
730L’ira in voi piglia piede;
 Perché molto vi piace il Ganimede.
 
 SCENA VII
 
 EUGENIA, e DON TITTA.
 
 TITTA
 Appunto gioja bella ntra le belle
 In traccia andò di lui, sappia pur lei,
 Ca si mancano a zio chiancarelle,
735Toto coelo diverzo, e tutto ammore,
 Don Titta t’aggranfò, saccia mio numme,
 Ca io son pur Dottore,
 Ma non di quelli tali,
 Che scopatori son de’ Tribunali;
740So fare stanze a ttommola,
 Provisioni a ccofane,
 e quanno chiacchiareo
 In qualsivoglia Corte, luogo, e Foro,
 Ti fo sentire un campanello d’oro.
 
 SCENA VIII
 
 DON PETRONIO, e LUIGI da parte, e poi avanti, e detti.
 
 PETRONIO
745Fatto è il decreto oh cancaro!
 Senza prenderne l’informazione.
 Vedilo qui oculari inspectione.
 LUIGI
 Resto di gelo!
 TITTA
                            Io saccio, ca chi tacit,
 Consentire videbitur,
750Come leggete un giorno alli Statuti,
 Onde me ne consolo,
 Ca faremo tra noi il vis, & volo.
 PETRONIO
 (Crescit oratio!)
 TITTA
                                 Ma addo’ è lo corrivo?
 E ca so’ a Gnorezio
755Uno furto amoroso;
 E in me ritrovi più garbo di sposo.
 PETRONIO
 (Lascia, che più m’accerti.) (a Luigi.)
 TITTA
 E poi sappiate,
 Ca essenno lei na rosa moscatella,
760Ed io no giesummino catalogno,
 Già ti puoi smacenare,
 Che bell’Eredi abbiam da evacuare.
 PETRONIO
 Da evacuare!
 TITTA
                           (Oh che puozz’esse acciso!)
 PETRONIO
 Infame, ignoranton, di questa ingiuria
765Me ne saprò gravare in Magna Curia.
 PETRONIO
 Ussia, non vo’ annollà lo matremmoneo?
 PETRONIO
 Voglio annullarlo, sì.
 TITTA
                                        E che ve mporta,
 Si ego jure congrui, vel sivé
 Hærede ab intestato
770De sta Segnora fo l’innamorato?
 PETRONIO
 Taci, sciocco.
 EUGENIA
                           Deh senti.
 PETRONIO
 Habe tibi res tuas
 Tel dico colla formola
 Del Testo; or de’ Dottori
775Vado a consulta, e fatto
 Contradittorio coram
 Qualche Illustre Spettabile di questi,
 N’uscirà certamente la sentenza,
 Secondo la dottrina dell’Autori:
780Fiat divisio tori. (via.)
 TITTA
 Ma si n’è proprio toro nverbo, e n’opera,
 Buono, ca isso stisso se lo ddice.
 LUIGI
 De’ dissonori miei,
 Barbara donna, la caggion tu sei,
785E se il sangue, che a me ti rende cara,
 Non mi frenasse, dell’offeso onore,
 Vendicar mi saprei.
 EUGENIA
 Spezzati, o Cuore! (piange.)
 LUIGI
 
    Tre fieri tiranni
790Fan guerra al mio petto,
 Il sangue mi dice:
 Deh placa il rigore;
 Risponde l’onore
 Vendetta farò;
795Ripiglia l’affetto:
 Deh fingi per me.
    Sì torbidi affanni
 Con chi sfogherò!
 Con te, traditrice,
800Indegna, con te.
 
 SCENA IX
 
 EUGENIA, e DON TITTA.
 
 TITTA
 Oh lo fratiello vuosto è uscito bene
 A limine judicii, nnante a mene
 A diretenne tanta!
 Se vede, ca è chiafeo,
805E non sa quanto costa il Calateo.
 EUGENIA
 Ah se mai regna in te pietade alcuna,
 Porgimi un ferro.
 TITTA
                                   Ossia vo’ pazzeare!
 EUGENIA
 Toglimi almen di vita.
 TITTA
                                           Ossia, che dice?
 EUGENIA
 Si niega anche la morte a un’infelice.
 TITTA
810Pe ffa schiattare a ttutte,
 Facciamo fra di noi, sbrannente Stella,
 Uniuntur pignatella.
 EUGENIA
 Questa tua frenesia
 Più mi commove a sdegno,
815Lasciami nel mio pianto, e parti indegno.
 TITTA
 Ma quanno io pe tte
 EUGENIA
                                        Parti, t’hò detto.
 TITTA
 Ma siente
 EUGENIA
                      Hò detto parti.
 TITTA
                                                   Io so’ na bestia,
 Che do confiette a ppuorce.
 Ma te ne pentarraje,
820D’avè sprezzate chiste bell’annure,
 De sto Dottor dell’utriusque jure. (entra.)
 EUGENIA
 Ah che fra tante pene, onde io sospiro,
 Tu la maggiore sei, tu Casimiro.
 
    Donne, se mai d’amore
825Ancor non sospirate,
 Deh non v’innamorate,
 Che mostro più crudele
 Dell’uomo non si dà.
    L’essere ad uom fedele
830È gran pazzia d’un Cuore;
 Donne se mai v’amate,
 Deh non v’innamorate
 D’instabile beltà.
 
 SCENA X
 
 FLAVIA, e NINA.
 
 NINA
 Chi ve l’hà ditto?
 FLAVIA
                                  Eugenia.
 NINA
                                                     E ussignoria
835A chella musso astritto date creddeto?
 N’avite ntiso, ca de nnammorate
 N’ave na quantetà sta zompafuosse,
 Io credo mo’, che a lo Sio Casimirro
 Puro averrà appezzate l’uocchie ncuollo,
840E azzò vuje l’odeate,
 V’hà ditto sta buscia;
 Sta Sperciasepe a mme no la farria.
 FLAVIA
 Dunque, che deggio fare?
 NINA
 Terà nnante, e fa pace;
845E po date addo’ tene, e priesto, e tristo
 Ussia se faccia mettere l’aniello;
 C’addo’ se vo’ trovà n’auto cchiù bello?
 FLAVIA
 E se per quel, ch’ho detto,
 Ei sta meco sdegnato?
 NINA
                                           E buje decitelo:
850Ca pe lo ttroppo ammore
 L’avite fatta chella ngiureata;
 Ma non state mpenziero,
 Ca l’ommo da dereto
 Fa lo ppotta, e mannaggia contra a nuje;
855Ma da nante è buscia,
 Va a mmonte la soperbea, e l’arbascia;
 Ca nuje co dduje verrizze,
 Duje squase, e lacremelle
 Nterra facimmo ì Turre, e Ccastelle.
 
860   Nuje femmene tenimmo
 Na bella potestà,
 Lanzetta non avimmo,
 E l’uommene nzagnammo,
 Mazzate no le dammo,
865E le ffacimmo chiagnere,
 Sbattenno, sosteranno
 Nuje le facimmo dire:
 Lo core, ah! che dolore?
 Oddio! pietà! Pietà!
870   Li Ricche mpezzentimmo,
 Li savie l’allocchimmo,
 Li Guappe l’ammanzimmo;
 Che cchiù bolimmo fa?
 
 SCENA XI
 
 FLAVIA, poi CASIMIRO, e CHECCHINO.
 
 FLAVIA
 Troppo dura impresa
875Tu mi cimenti, o Amore
 Ma vien colui, che m’hà rapito il core!
 CASIMIRO
 Mi son legge i suoi cenni, io resto.
 CHECCHINO
                                                                Credo,
 Che partirem per oggi;
 Perché le cose van di male in peggio.
 FLAVIA
880Casimiro, so ben, che andrai fastoso,
 Di vedermiti avante;
 Ma questa è gloria sol del tuo sembiante.
 CASIMIRO
 Flavia, non m’annojar, parto se vuoi.
 FLAVIA
 Ah superbo, se avevi ad ingannarmi,
885Perché tuo ben chiamarmi?
 Perché del foco mio
 A bruggiar ti portasti?
 CASIMIRO
 Fingere mi convenne, e ciò ti basti.
 FLAVIA
 Dunque, invan mio ti bramo?
890Dunque non m’ami tu?
 CASIMIRO
                                              No, che non t’amo.
 FLAVIA
 
    Ingannator, perché
 Amor giurasti a me,
 Se avevi da tradirmi,
 Ingrato Amante?
895   Perché d’amor ferirmi
 Co vaghi lumi tuoi,
 S’esser dovevi poi
 Così incostante?
 
 SCENA XII
 
 CASIMIRO, e CHECCHINO, poi DON PETRONIO.
 
 CHECCHINO
 Troppo libera è questa nel parlare.
 CASIMIRO
900Perché troppo occiecata è nell’amare.
 Intanto tu ad Eugenia potrai dire,
 Se intesi mai la tua beltà tradire.
 CHECCHINO
 Gliel dirò, che vi par?... Vien Don Petronio!
 Sentiam, che cosa dice.
 PETRONIO
905Che consulte, e Dottori io vo cercando,
 Eugenia vuol Don Titta? se lo sposi,
 Nulla m’importa; a queste mie pupille
 Non mancheranno mille donne, e mille.
 CASIMIRO
 Lei parla da suo pari.
 CHECCHINO
910Da quel Dottor qual’è.
 (Il caso fa a proposito per te.) (a Casimiro.)
 PETRONIO
 Dunque sia vostra cura
 Licenziare Eugenia, ed il fratello,
 E se ne vada dalla casa mia
915Insiem con essi lor sua Signoria.
 CASIMIRO
 So quanto mi conviene.
 (A miei disegni corrisponde amore.) (entra.)
 CHECCHINO
 Povero Casimiro!
 Ha perso una gran carica d’onore. (entra.)
 
 SCENA XIII
 
 DON PETRONIO, e NINA.
 
 NINA
920Vuje state cca! che ccosa avite fatto?
 PETRONIO
 Abbiam sciolto il contratto.
 NINA
 (Mo’ sarria tiempo de m’approfettare,
 Nce lo boglio scartare)
 Segnore, si da vero
925Lo matremmoneo è sciuoveto,
 Nce sta na pollanchella
 Che spireta pe buje, la poverella.
 PETRONIO
 Il matrimonio è sciolto, e te ne porta
 (Quod non credo) rimedio di gravame
930La malvagia, l’infame,
 Spuma d’impertinenza,
 Io li farò assaggiar la penitenza.
 NINA
 E nce vorria
 PETRONIO
                          Veniamo al quid rei,
 Questa, che per me avvampa,
935È bella?
 NINA
                  Bella no, ma aggrazeata.
 Arresemeglia a mme.
 PETRONIO
                                          Se a te somiglia,
 Sarà una bella figlia.
 NINA
 Se io fosse bella, comme dice Uscia,
 Mpretennenzea da mo’ mme mettarria.
 PETRONIO
940Se tu sei bella, Don Petronio il sa,
 Che stando accanto a te passamo avanti.
 NINA
 (Nce lo faccio cadè.)
 PETRONIO
                                       Mi dica un poco
 L’età della ragazza?
 NINA
                                      Ha l’anne mieje.
 PETRONIO
 Sta nel punto matura.
 NINA
                                           È schetta, schetta.
 PETRONIO
945Bravo!
 NINA
                È nzemprecella.
 PETRONIO
 Meglior.
 NINA
                   Anze, Segno’, e na loccarella.
 PETRONIO
 Meglissimo.
 NINA
                          E sa fare cchiù de mille
 Ciance, verrizze, vuroccole, e squasille.
 PETRONIO
 O dulcis Amor!
 NINA
                               Niente no nce mette,
950E ve dice: Vattenne cacciottiello,
 Ca tu primmo m’allicche, e po me muzzeche,
 Mme faje la bua, e moro,
 E quanno zonco motta (arrazzozia)
 Tomme a mme no nne fa cchiù mamma mia.
 PETRONIO
955Non più, non più! che balzimi son questi!
 O avessi sempre amato,
 Il tempo, che ho perduto sopra i Testi.
 NINA
 Sbarea sempe pe buje,
 E dice: che sarria,
960Si Ammore nc’acchioppasse a ttutte duje.
 PETRONIO
 Non più figliuola mia,
 Tu m’hai scompagginato.
 Fuggiam Scilla, e Cariddi abbiam ncontrato.
 NINA
 Via, che bolite fare?
 PETRONIO
965Andiamo su a sposarla.
 NINA
                                             Jate chiano,
 Ca la quaglia sta cca.
 PETRONIO
                                        Dove? Non parli?
 NINA
 (Uh la vreogna!)
 PETRONIO
                                 Nina.
 NINA
 (Fegnimmo) ajemmè! lo core! aju to aju to (cade in braccio a Don Petronio.)
 PETRONIO
 Nina, Nina. Non sente! oh l’odorino
970Ov’è? l’hò perso! ve, che bel visino!
 NINA
 Addove sto!
 PETRONIO
                         Riviene!
 NINA
                                           Senza core,
 Pe tte sento st’affanno, e sto dolore.
 
 Comme schioppa into a sto core.
 
 PETRONIO
 
 Cara, lasciami sentire.
 
 NINA
 
975Viene, e siente lo rommore.
 
 PETRONIO
 
 Sì, ch’è ver pupille amate. (Don Petronio s’accosta al petto di Nina.)
 
 NINA
 
 So’ craune, ch’allommate,
 Ave Ammore mpiett’a mme.
 
 PETRONIO
 
 Gran fracasso sento in petto!
 
 NINA
 
980Mo’, lassateme sentire.
 
 PETRONIO
 
 Vieni, e senti, o mio diletto.
 
 NINA
 
 Sì è lo vero, maramene! (Nina s’accosta al petto di Don Petronio.)
 Sto fracasso che sarrà!
 
 PETRONIO
 
 Tutto il sangue nelle vene
985Bolle, e in moto se ne sta.
 Ah ch’il core.
 
 NINA
 
                           A l’arma
 
 PETRONIO
 
                                             Oh Dio!
 
 NINA
 
                                                              Oddio!
 
 PETRONIO
 
 Salta, e sguizza or qua, or là.
 
 NINA
 
 Tutta nfummo se ne va.
 
 SCENA XIV
 
 EUGENIA, FLAVIA, e DON TITTA.
 
 EUGENIA
 Non posso più soffrir, Flavia, o mi lascia
990O qui m’uccido.
 FLAVIA
                                Tu non partirai.
 TITTA
 Ma io non te lo ddisse, ca sto viecchio
 S’avea da fa geluso?
 E Ussia decea: Così, così lo voglio;
 Mo’ de che t’allamiente?
 EUGENIA
                                               Io sol mi doglio
995Dell’avversa fortuna,
 Che mi perseguitò fin dalla cuna.
 Come? lascio la Patria,
 E vengo condannata,
 A sposarmi un cadavero spirante,
1000E in tal guisa s’accoglie
 La nuova Sposa, e prima d’esser moglie,
 Vedova si dichiara, e rifiutata?
 E vuoi, ch’io soffra, di vederlo ancora?
 No, si torni alla Patria, e poi si mora.
 TITTA
1005Bella, no la piglià tant’auto a ccuollo,
 E giacché Gnorezio
 Canoscere non sape ste bellizze,
 Vecco no sostetuto
 EUGENIA
                                    E questo è peggio.
 FLAVIA
 Tu patisci al cervello a quel, che veggio.
 TITTA
1010A lo core, a lo core Ussia vo’ dire.
 EUGENIA
 Flavia, lasciami pur, ch’io vo’ morire.
 TITTA
 
    Del tuo Sposo, se io sono l’erede,
 Una vota, che isso te cede,
 O bellezza a me spetti de jure,
1015E compulsus, vigore præture
 Il possesso ne prenno da mo’.
    Se ne formo na stanza dal Giudice,
 E mi faccio spedire il preambolo
 L’immictatur mi spetta, sì, o no?
 
 SCENA XV
 
 EUGENIA, e FLAVIA.
 
 EUGENIA
1020E soffribil ti sembra il mio tormento?
 FLAVIA
 Eugenia, in un momento,
 Per opra mia, s’accheterà lo Sposo,
 E tornerà al tuo core
 La contrastata pace, ed il riposo,
1025Purché pietà dell’amor mio ti muova;
 Rendiam così placato
 Io lo Sposo al tuo cor, tu al mio l’amato.
 EUGENIA
 (Cieli, come passo io da pena in pena!)
 Dunque deggio adoprarmi
1030Con Casimiro, affinché t’ami?
 FLAVIA
                                                         Giusto.
 EUGENIA
 (Sorte! questo mancava a tormentarmi!)
 Flavia, adoprati pur, che l’onor mio
 Non resti offeso, ch’io
 Forse farò, ch’il tuo misero cuore
1035Giunga a goder (sai, che mentisco Amore!)
 FLAVIA
 Vado, e questa speranza,
 Che in petto sol m’avanza,
 Mi lusinga a goder, chi m’innamora;
 Giacché amar devo a mio dispetto ancora.
 
 SCENA XVI
 
 EUGENIA, poi CASIMIRO, LUIGI, e CHECCHINO.
 
 EUGENIA
1040Flavia, vivi ingannata,
 Che speranza può dar chi è disperata.
 LUIGI
 Qui ci va dell’onore; o Don Petronio
 Hà da sposare Eugenia,
 O cadrà morto.
 CASIMIRO
                               Udite a me, partiamo.
 LUIGI
1045Ch’io parta, senza farne la vendetta!
 Nol consente l’onore.
 CHECCHINO
 Udite a Casimiro;
 Più bella, più gentile, e manierosa,
 Dove si può trovar della Signora?
1050E non mancano Sposi in Capua ancora.
 EUGENIA
 A qual partito è giunta
 La disgrazia d’Eugenia,
 Che rifiuto diviene ancor d’un vecchio!
 CHECCHINO
 Animo, Padroncina,
1055Egli perde la sorte,
 Di poter vezzeggiar volto sì bello,
 E a voi non manca un Cicisbeo novello.
 LUIGI
 Risolsi, o Casimiro.
 CASIMIRO
                                      E che?
 LUIGI
                                                     Eugenia,
 Pria, che tramonti il Sole
1060Del Dottor sarà Sposa
 CASIMIRO
                                          Ah ferma; e come?
 LUIGI
 A lui voglio far chiara
 Di costei l’innocenza,
 Non vo’ consiglio, e in tanto
 Supplisca all’error suo, la mia prudenza.
 
1065   Saprei ben vendicarmi,
 Ma l’armi onor mi toglie: (a Casimiro.)
 Dà pace alle tue doglie. (ad Eugenia.)
 (A tanto mi condanna
 Il ben che adoro.)
1070   Cedere deggio, oh Dio!
 A i moti del cor mio,
 (Se per beltà tiranna
 Io peno, e moro.)
 
 EUGENIA
 Ti sieguo
 CASIMIRO
                    E dove, o bella?
 EUGENIA
1075Dove mi guida la mia cruda stella.
 
 SCENA XVII
 
 CASIMIRO, e CHECCHINO.
 
 CASIMIRO
 Misero cor, perché tu ti confondi?
 Perché palpiti in petto, e perché temi?
 Ah che ne’ mali estremi
 Violenza s’adopra, e non lentezza;
1080Tu col mentito foglio
 Di questo mal sei la caggione, e poi
 Perché ti turbi, e intorbidar mi vuoi?
 Ah ch’io deliro! e forse
 Il mio dolor non cessa,
1085Se quella mano istessa,
 Che porger bramo alla beltà, ch’adoro,
 Il nuovo Sposo non uccide ah folle!
 Ne’ dubbj tuoi più peni, e più t’ascondi,
 Misero cor, perché tu ti confondi?
 
1090   Tuona il Cielo, e freme il Mare,
 Ma poi sorge amica stella;
 E sereno il Cielo appare,
 E tranquillo il Mar si fa.
    Sol la torbida procella
1095Del mio cor non è incostante,
 Sol per te mio core amante
 Calma mai non si vedrà!
 
 SCENA XVIII
 
 CHECCHINO solo.
 
 CHECCHINO
 Povero Casimiro
 Vedendolo cotanto spasimato,
1100Mi vien voglia, di far l’innamorato,
 E forsi troverei più d’una donna,
 Che di questo visino
 Sentisse qualche pena, e mi dicesse:
 Che bravo Ragazzino!
1105Quanto, quanto godrei,
 D’avere accanto un Cicisbeo sì bello!
 Ei sembra un’Amorino,
 Nato a dare alle femine martello.
 
    Se avessi una Ragazza,
1110Che mi dicesse: Addio
 Col labro graziosetto,
 Io li direi: Ben mio,
 Farei lo spasimato,
 Darei un sospiretto,
1115Saprei con i corteggi
 La bella innamorar.
    Imitarei in piazza
 I Cicisbei novelli
 Col dolce sorrisetto,
1120E sempre impolverato
 Coll’occhio mio furbetto,
 Vorrei per i capelli
 L’amata incatenar.
 
 SCENA XIX
 
 DON PETRONIO, e NINA.
 
 PETRONIO
 Abbi pazienza, Nina cara mia,
1125Flavia, e Luigi m’hanno
 Applettato sin qua, di far la pace.
 NINA
 Vide lo Si Reggente,
 Che mme vo’ schiaffà ncanna,
 Ca si lo gusto vuosto no nce steva,
1130Mo’ la Sia Eugenia st’uosso s’agliotteva.
 PETRONIO
 Figliola mia non piangere,
 Ch’io son di cuore tenero.
 NINA
 Tiennero, comm’a tturzo de carcioffola.
 PETRONIO
 Le liti, e le contese finirebbero,
1135Se sposar mi potessi, e questa, e quella.
 NINA
 (Mme nc’era ncannaruta io poverella.)
 PETRONIO
 Sentimi, io sono stato indovinato,
 Di prendere due mogli,
 Alle seconde voti, mia gradita,
1140Te farò preferita.
 NINA
 Aspetta aseno mio la paglia nova.
 PETRONIO
 Ma
 NINA
          Ma, che ccosa? io vorria mo’ ll’ova,
 E non craje la gallina.
 PETRONIO
 Parla sommissa voce,
1145Che se ci sente Eugenia
 NINA
                                              Lassa sentere,
 Anze mo’ propio nce lo boglio ì a dicere,
 Ca ossia a me primmo ha data la parola.
 PETRONIO
 Ove vai? vien qua Senti figliola.
 NINA
 O che mannaggia, chi ve venne pane;
1150M’avite avuto a rompere no vraccio.
 PETRONIO
 O come sei madama tenerina.
 NINA
 Sì, ca tengo lo cuoreo de tonnina,
 Comme l’avite vuje core de cano,
 De sto muodo se tratta,
1155M’alluogge into a lo pietto,
 E po tutta a na botta, tocca, sfratta.
 PETRONIO
 Non piangere, t’ho detto.
 NINA
 Ste lareme, che ghietto
 Si n’anno forza d’ammollì sto core,
1160Mme pò scosà ossoria,
 Ca na quaglia te stampo nvecaria.
 PETRONIO
 Questo è un’altro diavolo!
 NINA
 E p’arrevà a lo quateno,
 Poco, e niente mme mporta,
1165Si nce nfrasco pe mmiezo na buscia.
 PETRONIO
 Ora veda ossoria, che sfacciataggine!
 Ti tenevo per semplice figliuola,
 E tu di trame, e inganni puoi dar scuola.
 NINA
 Ma vuje
 PETRONIO
                   Taci, sfacciata.
 NINA
                                                Ih che demmoneo!
1170Vi’ ca strillo, e mme faccio testemmoneo.
 PETRONIO
 Ti riputo per pazza,
 E ti faccio a vedere,
 S’è più la tua malizia, o il mio sapere.
 
 SCENA ULTIMA
 
 DON TITTA, e detti.
 
 TITTA
 Se pò sapè ch’avite?
1175Da n’ora, e mmeza che facite n’arte,
 E ddoje chiacchiere ncarte
 Dinto a lo studio manco pozzo mettere,
 Chesta è na frosciaria!
 NINA
 Don Titta caro, de la causa mia
1180Singhe Jodece tu.
 PETRONIO
                                   Questa Ragazza
 Da poco tempo è pazza, e in consequenza
 Dev’esser Mastro Giorgio
 Giudice competente.
 TITTA
 Or questo sì, che non m’importa niente,
1185Che se l’Anniversario se ne grava,
 Trasmitteremo l’atti.
 Intanto va parlanno,
 Perché il decreto ti farò volanno.
 NINA
 Lo Segnore
 PETRONIO
                        Che cosa?
 TITTA
                                             Taci, o adesso
1190Ti menco sul mostaccio il campanello;
 O son Giudice, o pur conciatinello.
 NINA
 Pozzo parlà?
 TITTA
                          Parlate.
 NINA
                                           E mo’ che ffaje?
 TITTA
 Mme metto ngravetate;
 Perché cotesto offizio,
1195Leggi Messer Fabrizio
 De sostentationibus,
 Decisione tertia, capo quinnece,
 Saraca de decoribus,
 Parafraco settanta,
1200Capo trenta, Capitolo quaranta,
 Lege Melia, Capozio de Politeca
 Juris facti, remediis opportunis
 NINA
 Che remmedio, e sporfune
 TITTA
 E infin Cornelio a tergo al testicciolo
1205Discorre chiaramente nel digesto.
 Lei ch’è Dottore intende. (a Don Petronio.)
 Dica il resto. (a Nina.)
 NINA
                           E battenne a dielleca tu puro,
 Ca mme vuo’ repassare, ed io staria,
 Pe lengua nninto Ma Signor Don Cuosemo
1210Io sarraggio fegliola,
 De farme mantenere la parola. (entra.)
 TITTA
 
 Chella, che d’ave?
 
 PETRONIO
 
                                    Io che ne so.
 
 TITTA
 
 Ossia l’avesse
 
 PETRONIO
 
                            L’avessi, che?
 
 TITTA
 
 Pe no spassetto, che saccio io mo’
 
 PETRONIO
 
1215Corpo di Bacco! spassetto a me!
 Io son l’idea della sodezza,
 Del buon costume, e civiltà.
 
 TITTA
 
 Ma chella llà
 
 PETRONIO
 
                          Ma quella è pazza. (Nina ritorna fuori.)
 
 NINA
 
 Lo pazzo è ussia, che n’ora a separa
1220Ste cellevrelle non sanno sta.
 Mo’ tutt’ammore co la Sia Eugenea
 Po la desprezza, e afferra a mme,
 Po lassa a mmene, e torna a chella;
 N’aragatella non fa accossì.
 
 PETRONIO
 
1225Questa ragazza, che vuol da me?
 
 TITTA
 
 Ossignoria lo ppò sapè.
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

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