Opera Buffa  Napoli 1797 - 1750
  
  
 I travestimenti amorosi, Napoli, Nicola di Biase, 1740
 a cura di Nicola Ruotolo
 
 
 
paratesto ATTO PRIMO ATTO SECONDO ATTO TERZO Apparato
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA I
 
 Campagna con due Casini.
 
 ELISA in abito Maschile da Soldato, sola, seduta sopra un poggiuolo.
 
 ELISA
 
 Larve meste, che cinte di duolo
 Mi girate continuo d’intorno,
 O più meco non fate soggiorno;
 O punite voi l’empio per me.
 
5Ecco, mercé del mio tradito amore,
 Resa donzella errante
 In abito diverso
 Dal proprio sesso, qui volse le piante,
 Per vendicar il ricevuto oltraggio
10Dal Giovine infedele,
 Che mi tradì, dopo promesse tante
 D’amor, di fedeltade.
 Dell’estinto fratello il nome prendo,
 L’infido troverò; e suo mal grado,
15Sarò non poco intoppo
 Al suo novello amor. L’agio mi presta
 La morte del mio Padre, la cui cura
 Stretta finor mi tenne: or quello estinto,
 E in libertà tornata,
20Voglio ancora esentarmi da coloro,
 Che, sotto il zelo di tutela, vogliono
 La mia roba usurpar. Ma se non erro,
 Veggio l’empio Flaminio,
 Con una Donna seco!
25Chi sa, se quella sia la mia rivale?
 Oh che tumulto fan nell’alma mia
 Amor, sdegno, vendetta, e gelosia!
 
 SCENA II
 
 FLAMINIO, GINEVRA, ed ELISA non osservata.
 
 FLAMINIO
 Ginevra, e sarà vero,
 Che di funesto duolo
30Tu copra il bel seren di quei begli occhi,
 Onde Amore inventò quel caro dardo,
 Pe cui soavemente agghiaccio, ed ardo?
 ELISA
 (Misera! ben mi apposi!)
 GINEVRA
                                                 Oddio! Flaminio,
 Come vuoi, ch’io sia lieta? Tu non vedi,
35Che a viver son costretta
 In questi villarecci indegni alberghi
 Con un Padre stravolto, e forsennato,
 Il qual pensa a tutt’altro,
 Che a collocarmi?
 FLAMINIO
                                   Il so: pur se tu m’ami
40Di quell’amor così sincero, e fido,
 Che mi giurasti: spero
 Te liber d’affanno, e me d’impaccio.
 ELISA
 (Ah traditore! e ’l sento, e non l’uccido!)
 GINEVRA
 Tu sai, ch’io son Ginevra
 ELISA
45(Ginevra! era costei
 Per quanto, che intesi
 Di Lelio mio fratello amante amata.)
 GINEVRA
 Se ti promisi amore,
 Se fede ti giurai,
50Amorosa, e fedel sempre mi avrai.
 ELISA
 (Ah! si avanzano troppo; ardire: il primo
 Lampo baleni della mia vendetta.)
 FLAMINIO
 Oh cari accenti!
 GINEVRA
                                Oh dolce pena!
 ELISA
                                                              Oh Bella,
 Oh rara coppia invero!
55E convengono entrambi
 Di malvaggi costumi,
 Come ben si convien l’erba col fiore:
 Se copre l’uno, e l’altra il suo difetto
 Con danno altrui sotto cortese aspetto.
 FLAMINIO
60Qual’ardir?
 GINEVRA
                         Qual baldanza?
 ELISA
                                                       Io son soldato,
 Ed alla militar or vi favello:
 Costui d’Elisa amante,
 A cui già giurò fede, or la tradisce.
 FLAMINIO
 (Oimè! scoverto son!)
 GINEVRA
                                           Che sento! Infido
65Di tanta colpa reo, tenti usurpare
 Di Genevra l’ amor, per farlo forse
 De’ tradimenti tuoi schernito oggetto!
 Che s’io di nuovo affetto
 Accesi il cor: n’ebbi ragion disciolse;
70Morte i primi nodi,
 Com’or libera, e sciolta,
 Fuggo i tuoi falsi amori, e l’empie frodi.
 ELISA
 Ascoltasti Ginevra, o scelerato?
 Senti omai in che guisa
75Suole contro di te sfogarti Elisa:
 
    Crudel, tiranno, ingrato,
 Così mancar di fé?
 Dove si vide, oddio,
 Di te più spietato,
80Che rendi all’amor mio
 Si barbara mercé!
    Da te le Tigri Ircane
 Ebber la crudeltà:
 Ebbero l’onde insane
85L’infedeltà da te.
 
 SCENA III
 
 FLAMINIO.
 
 FLAMINIO
 Io mi veggo sì oppresso
 Da improviso martir, che non discerno
 S’è tenebre, o pur giorno:
 O questi Elisa fu, che ad agirarmi
90Sen venne, e variò sesso, e sembiante!
 O pure in quest’istante
 Una furia spietata,
 A porre in iscompiglio
 Ogni mia pace, ogni diletto mio,
95Venuta è a me dal Regno dell’oblio.
 
    Villanel, che vicin sente
 Sibilar crudel un angue,
 Se li gela tutto il sangue,
 E comincia a palpitar.
100   Così, oddio, mesto, e dolente
 Trema in sen dubioso il core
 Per le vene ricercar!
 
 SCENA IV
 
 FIORINA cantando, e PANCRAZIO mezzo spogliato, che osserva da sopra le logge del suo Casino.
 
 FIORINA
 Non v’è più bella cosa, che l’amare,
 Quando l’innamorato ti vuol bene,
105Le dolcezze d’amore son più care,
 S’egli è un bel giovanetto, e pria a tene.
 PANCRAZIO
 Llà llà, llà llà, llà llà; Canta Fiorina,
 Ch’io da qui sono: e sarà bella invero
 Tu colà giù cantando,
110Io da qua su sonando
 Tu sarai l’Euridice, ed io l’Orfeo.
 FIORINA
 O a tempo quel stravolto di Pancrazio
 Costui è mezzo matto, e se talora
 Sta in sentimento, qualche volta suole
115Esser pazzo solenne.
 PANCRAZIO
 Fiorina, tu non canti, ed ha mezz’ora,
 Ch’io sono colle dita: o questa è bella!
 Vuoi che venga a sonarti colassù?
 FIORINA
 Si stia, ch’io canto.
 PANCRAZIO
                                     Or bene, canta su.
 FIORINA
120Allora, sì che non temi provare
 L’aspro martir dell’amorose pene
 PANCRAZIO
 Oh cara, e viva, e brava!
 FIORINA
 Questo rispetto l’imparai tra fiori,
 Chi è brutto, e vecchio mai non s’innamori
 PANCRAZIO
125Questa parmi canzona di dispetto
 È contro me: ragazza (scendendo giù.)
 Tu l’hai sgarrata, io sono
 Giovane, bello, e vago,
 Salto, snello, e leggiero com’un daino,
130Guardami pur: ho portamento, ho brio,
 Grazia, volto, e sveltezza,
 Amore, ardir, valore, e gentilezza.
 E non si burla intende?
 FIORINA
 Questi son de’ strambottoli
135Che imparai da me’ mamma.
 PANCRAZIO
                                                         Ma te’ mamma
 T’ave imparato delle brutte cose.
 FIORINA
 (Ci ho dato co costui, ma sarà meglio
 Ch’io Parta.) (vuol partire, e Pancrazio se n’avvede, e l’arresta.)
 PANCRAZIO
                            Ferma.
 FIORINA
                                            Oh che volete?
 PANCRAZIO
                                                                         Nulla.
 Andate andate: uh che vergogna, oimè!
140Andate per la strada
 Così mezzo spogliato,
 Voglio andarmi a vestirmi.
 FIORINA
                                                    E fate bene.
 PANCRAZIO
 Tu dici, che fo bene,
 Perché vuoi, che men vada, affinché poi
145Tu possi cinguettar sola soletta,
 Ah furbetta, furbetta.
 FIORINA
 Oh questa po poi no.
 PANCRAZIO
 Oh questo po poi sì.
 E ch’io vorrei vorrei
150Se non men vado, me la fa costei. (finge partire, e poi si rivolge a mirarla.)
 FIORINA
 Signor Pancrazio, vedo,
 Che la mi mira?
 PANCRAZIO
                                 Io ti rimiro, e
 Ti mi rimpappi, Fiorinetta mia.
 FIORINA
 Pover’a me, mi brulla.
 PANCRAZIO
155Eh ch’io non brullo mica;
 Anzi vo’ far davvero.
 FIORINA
 E che?
 PANCRAZIO
                Vuoi, che la dica?
 FIORINA
                                                  Dica pure.
 PANCRAZIO
 Io voglio essere il tuo servo, e am
 FIORINA
                                                              Che? che?
 PANCRAZIO
 Il tuo servo, e am e am
 FIORINA
160E am che cosa? parli. O quanto è matto.
 PANCRAZIO
 Lo dico vé?
 FIORINA
                        Eh via, tirate avante.
 PANCRAZIO
 Son tuo servo e amante.
 FIORINA
 Di chi? di chi?
 PANCRAZIO
                              Di nessun, di nessuno.
 (Non c’è modo).
 FIORINA
                                 (Non sa quel, che si dire).
 PANCRAZIO
165Non so quel, che mi fare).
 FIORINA
 (Cala cala, Nibbiaccio).
 PANCRAZIO
 (Mi arrischio, o no? seguo a parlare, o taccio?)
 
    Son cotto, e sono amante
 D’un vago, e bel sembiante;
170E se saperlo vuoi,
 Fisa quegli occhi tuoi
 Dentro quest’occhi miei,
 E vederai, che lei
 È quella signornò.
175Tu sai mi spiego (oddio
 Confuso già son’io,
 E favellar non so).
    Mia cara Fiorinetta,
 Leggiadra, e vezzosetta,
180Non è più tempo adesso,
 Discorreremo appresso,
 E allor mi spiegherò.
 
 SCENA V
 
 FIORINA, e poi BECO contadino.
 
 FIORINA
 Che dolcissimo intingolo! Oh guardate
 S’io ci avea dato dentro:
185Penza lo strambo a fare
 Le sue pazzie, né penza
 Dar marito alla figlia: sebben quella
 Non perciò monda nespole;
 S’è data all’arrabbiata a far l’amore
190Con un certo Dottore,
 Che qui sta a villeggiar; Io servo loro
 Di Mezzana amorosa.
 Io son cortese: e tutti di mia razza
 Furon cortesi a tutti. Intanto ancora
195Non compare il mio Beco,
 Che da quindeci giorni andò in Firenze,
 E non è ritornato: uh taci, ed eccolo,
 Che qui torna penzolo, e piano piano,
 Vo finger di gridar all’Ortolano:
 
200   Chi vuol l’Ortolanella?
 Chiami, ch’io sono qua:
 Porto la nipitella,
 Il cavol novellin,
 Minuta l’insalata,
205Il fior di ramerin,
 Borrana, e barbatella.
 E salvia ancor vi stà.
    Chi vuol l’Ortolanella?
 Chiami, ch’io sono qua. (Beco, ch’è uscito un poco prima, con allegrezza ripiglia).
 
 BECO
 
210   Chi vuole l’Ortolano?
 Ragazze, eccolo qua.
 Ho il radichin Romano;
 Persemol per l’odor,
 I broccoli, e spinaci,
215E il cetriolo ancor,
 Carote, e petaciano,
 E torsi in quantità.
    Chi vuole l’Ortolano?
 Ragazze, eccolo qua.
 
 FIORINA
220Oh Beco!
 BECO
                    Oh mia Fiorina,
 Sii tu la bentrovata.
 FIORINA
 Tu sii il ben tornato,
 Bechino mio.
 BECO
                            Oh sai,
 Che ’l Padron m’ha lasciato
225Tutore della figlia?
 FIORINA
                                     Io me n’allegro,
 S’egli è la veritade.
 BECO
                                      Sicurissimo,
 E porto il Testamento
 Meco per farlo leggere
 Dal Notajo di Villa, o da qualch’altro.
230Addio dunque.
 FIORINA
                               Io men vado: ma vo’ prima
 Saper, se m’ami ancora?
 BECO
                                                Io t’amo
 FIORINA
                                                                  E giura.
 BECO
 Per Diana Stella.
 FIORINA
                                  Orsù questo mi basta,
 Così si fa all’amore,
 Senza dir tante smorfie, e gioja, e core
235Com’usano di fare i Milordini
 Affettati, bugiardi, e malandrini.
 
    Tra Villani l’usanza è più bella,
 Vagheggiando con questa, e con quella,
 Chiede il Damo: Tu m’ami sì, o no?
240   Se pietosa li dice di sì,
 Presto presto si sposano lì.
 Se crudele li dice di no
 Zitto zitto la lascia, e sen va.
 
 SCENA VI
 
 BECO, e poi PANCRAZIO vestito.
 
 BECO
 Questa Fiorina è bella, e mi vuol bene,
245Sta a vedere, ch’all’ultimo
 La prenderò per me’ mogliera: oh via
 Poi ne favellaremo. Intanto parmi
 Mill’anni di parlare
 Al sere della Villa,
250E saper sto negozio, ch’al vedere
 M’ha posto in confusione
 Davver davvero, Viene
 Qui ser Pancrazio: questo Cittadino
 Consigliar mi potria, s’egli non fusse
255Più stravolto, che buono.
 Ma viene alla mia volta
 Bisogna, che lo schivi:
 Andiam pei fatti nostri. (vuol partire.)
 PANCRAZIO
 Oh quel Beco, o quel Beco, o quella bestia.
 BECO
260A me?
 PANCRAZIO
                A te; mi vedi,
 Parti, e non mi saluti,
 Lo sai, che questo è caso di duello?
 BECO
 Ser Pancrazio, bel bello,
 Voi volete scherzare,
265Ed io ho assai che fare.
 PANCRAZIO
                                             E che?
 BECO
                                                            Ho bisogno
 D’uno, che mi consigli
 D’un negozio scabbioso, che mi avviene.
 PANCRAZIO
 Dillo a me, ch’io son buono
 A consigliar tutto il Collegio intero
270Di Salamanca.
 BECO
                              Certo: ma
 PANCRAZIO
                                                   Che ma?
 Tu sai, che ho mente quadra.
 BECO
                                                       E cervel tondo.
 PANCRAZIO
 Oh! che son matto io!
 BECO
                                          Chi dice questo?
 PANCRAZIO
 Parla, di’, che ti occorre.
 Passiamo un poco il tempo.
 BECO
275Or via diciamlo: voi saper dovete
 Ch’è morto il me’ Padrone
 Baloardo Archibusi.
 PANCRAZIO
 Baloardo Archibusi! Ah ah ah ah
 Odoardo Aretusi vuoi tu dire?
280Chi è il matto adesso tu, o io?
 BECO
                                                        Son’io
 Questa volta al vedere?
 PANCRAZIO
 Tutti ne abbiam del pazzo tronco un ramo,
 E perciò siegui, stavi ad Odoardo.
 BECO
 Appunto.
 PANCRAZIO
                     Era mio amico,
285E quella è la sua casa da la mia
 Poco lontana.
 BECO
                           Ebbe due figli.
 PANCRAZIO
                                                        Un maschio,
 Chiamato Lelio, che morì alla guerra,
 Ed una donna
 BECO
                             Ch’è chiamata Elisa
 Di costei fui lasciato
290Tutor.
 PANCRAZIO
               Tutore, chi?
 BECO
 Me.
 PANCRAZIO
           Te?
 BECO
                     Me, me, quest’omo
 Ch’è qua
 PANCRAZIO
                    Va via, che sei matto, mattissimo.
 Vedete bel Tutore!
 BECO
 Hò meco il testamento, e parla chiaro.
 PANCRAZIO
295Mostra un poco di grazia.
 BECO
 Eccolo. (li dà il testamento, e Pancrazio lo volge un po’ confusamente, e poi dice.)
 PANCRAZIO
                 Oh che scrittaccio!
 È pien di scarabocci. (dopo aver letto dice rivolto a Beco.)
 Mi consolo, oh voi siete
 Nato vestito, Signor Beco mio.
300Fuora, fuora il Villano.
 BECO
                                            Oh che son io?
 PANCRAZIO
 Un gentiluomo, un Signorone, e tutto
 Quel che volete, e potrete arricchire
 Con quest’eredità, Signor Tutore.
 Ma per chiarirsi meglio è necessario.
305Parlar con un Dottore ma non parmi
 Decenza, che vegnate in cotest’abito
 Sete Tutor d’eredità sì ricca,
 Bisogna, che vestiate ancor da tale.
 BECO
 Ma io non ho vestito altro che questo.
 PANCRAZIO
310Io donerovvi un’abito de’ miei,
 Signor Beco carissimo;
 E poi andrem dal ser Dottor Flaminio
 Uniti (egli è mestieri,
 Che m’oblighi il Villan, so li miei fini.)
 BECO
315(Bisogna ch’io secondi questo strambo,
 Se vuol donarmi un’abito).
 PANCRAZIO
                                                    Passate,
 Signor essecutor Testamentario.
 BECO
 E la passi pur voi.
 PANCRAZIO
 Ma questo è un complimento necessario.
 
320Tocca a voi, de’ si compiaccia;
 Favorisca: oh questa taccia
 Non sia mai, ch’io porterò.
 
 BECO
 
 Via non più, ch’io passerò. (entra.)
 
 PANCRAZIO
 
 Ve’ a che sciocco contadino
325Dona il Ciel tal bocconcino,
 Quasi arrabbio in verità! (entra. Appresso.)
 
 SCENA VII
 
 LELIO con abito da Donna, e GINEVRA.
 
 LELIO
 Talché, amata, Ginevra,
 Dopo un intero lustro
 Di nostra lontananza, pure al fine
330Ti vedo, e ragiono?
 GINEVRA
 Ah Lelio (oh Dio, che pena
 Senta il mio core in questi
 Orribili momenti!)
 LELIO
                                      Tu ti arresti
 Confusa, e non rispondi?
 GINEVRA
335(Mi giovi simular:) Ah Lelio mio
 Che cangiamento è questo? E in qual maniera
 Mi comparisci avante?
 LELIO
 Mi avvinse in queste spoglie
 L’alto poter d’un ingegnoso amore,
340Per poterti parlar sicuramente,
 Deludendo in tal modo,
 I livid’occhi altrui, e il matto Padre.
 GINEVRA
 Come pensi chiamarti se taluno
 Chiede di contezza?
 LELIO
345Dirò, che sono Elisa
 La mia stessa germana,
 L’essere ignota quella
 In queste parti, e in libertà rimasta
 Per la vicina morte
350Del Genitore, aperse
 L’adito al mio disegno.
 Or tu, che dici?
 GINEVRA
                               Anima mia, dipendo
 Da cenni tuoi, (Ahi ch’il mio core il Fato
 Vuole affatto infelice, e disperato!)
 
355   Le più bell’alme amanti
 Mai non unì la sorte,
 E non si vidde mai
 Più bella fedeltà.
 (Il cor vacilla in seno,
360Son presso al disperar!)
    Due cor così costanti,
 Sì nobili ritorte
 Amore avvinse, e Amore
 Mai non discioglierà.
365(Già l’anima vien meno,
 Mi manca il respirar!)
 
 SCENA VIII
 
 LELIO.
 
 LELIO
 Sembra, che la speranza
 Mi voglia dar qualche sollievo al core,
 Che fino a questo giorno
370Bersaglio fu di tirannia d’Amore.
 Con augurio più lieto
 Par che l’alma gioisca, e in sen mi dice,
 Lelio più non temer, sarai felice.
 
    Spira un aura lusinghiera,
375Che di calma, è messaggiera,
 E vicina già la sponda,
 Tace l’onda, e ride il Mar.
    Lieto Amor mi addita il porto,
 E ripieno di conforto
380Cessa il cor di sospirar.
 
 SCENA IX
 
 FLAMINIO, PANCRAZIO, e BECO vestito nobilmente.
 
 FLAMINIO
 Dunque è morto d’Elisa il Genitore,
 E voi sete Tutore?
 BECO
 Messer sì.
 PANCRAZIO
                      Messer si! Sciocco, sciocchissimo.
 Illustrissimo sì
385Si dice.
 BECO
                 Sì illustrissimo.
 PANCRAZIO
 Sì illustrissimo! Scusi.
 La vostra dottoragine (a Flaminio.)
 La costui pecoragine.
 FLAMINIO
 (Eh compatir si vuol, sì sì l’umore.)
 BECO
390S’io nol sapessi, so quel che farei.
 PANCRAZIO
 Orsù Signor Flaminio,
 Ci dia il suo consiglio
 Di quel che s’ha da fare.
 FLAMINIO
                                               Egli bisogna
 Di spedire il Preambolo,
395E poi far l’Inventario
 Di quel che v’è nell’asse ereditario.
 PANCRAZIO
 In tutti gli atti si dovranno fare
 Voi ci regolarete.
 FLAMINIO
 La servirò di cuore.
 BECO
400Dunque non ci vuol’altro.
 Io ghe resto ubricato,
 PANCRAZIO
 Io ghe resto obbligato! Animolone!
 Io vi resto obbligato,
 BECO
 Io vi resto obbligato. (s’inchina sconciamente.)
 PANCRAZIO
                                         Taci, taci.
 BECO
 
405   A me taci? non vedete,
 Che non son più contadino?
 Ho il Collare, il Peruccone,
 Vesto ancor di panno fino,
 Pure i guanti porto meco,
410Son chiamato il Signor Beco,
 E camino ritto ritto
 Con sossiego, e gravità.
    Co pettone! che credete?
 Il mio uffizio non sapete,
415Son Tutore, e Curatore
 Commissario, essecutore
 D’una ricca eredità (parte.)
 
 FLAMINIO
 (Questo Tutor mi sembra molto sciocco,
 Onde s’egli a me viene, volentieri
420Assisterlo vogl’io
 Pe i fini miei) Signor Pancrazio, addio.
 PANCRAZIO
 Addio Signor Dottor. Questo villano
 È goffo insieme, e tristo:
 Ma comunque egli siasi,
425Io gli fo le carezze
 Per rendermelo amico. Ho aperto gl’occhi
 Alla eredità grande,
 Che Elisa tiene. Io penso
 Di prenderla in isposa
430Con il mezzo di Beco: egli si tratta
 Cinquantamila scudi.
 Prometto a Beco mari, e monti: basta
 Io so quel che mi fare. Ecco Fiorina
 Mi sento amor che amor? sento i danari,
435Che mi chiaman da qui.
 Ceda la Contadina,
 E vinca nel mio sen la Cittadina.
 
 SCENA X
 
 FIORINA, e PANCRAZIO.
 
 FIORINA
 (È qui quel matto di Messer Pancrazio
 Vo’ divertirmi un poco.)
 PANCRAZIO
440(Si accosta; statti duro ve’, Pancrazio.)
 FIORINA
 Signor Pancrazio bello
 So quanto ei mi onorò, pur troppo intesi,
 Ma finsi per ischerso:
 Or vengo tutt’amore a lei davante,
445E l’accento per mio Padrone, e amante.
 PANCRAZIO
 Io? di te amante? oh caspita! (con sdegno.)
 Tanto ardir! tanto ardire una Villana?
 Una vil contadina aver baldanza
 Di dirmi nel mustaccio
450Volermi per amante, e di pretendere
 Far all’amor con meco?
 Va a chi meriti tu, va trova Beco.
 FIORINA
 (Qual smetamorfia è questa?
 Ma che mi meraviglio di tal fatto,
455Non so forse ch’è matto!)
 
 SCENA XI
 
 BECO, e i già detti.
 
 BECO
 Alla fé, ch’io ho fatto
 Un gran salto in un tratto:
 Così son diventato
 Senza punto avvedermi gentiluomo!
460Ma ecco qui Fiorina:
 Cotesta contadina
 Mi dà un po’ di fastidio, che non posso.
 Or che son Gentiluomo esser suo amante:
 Ma se viemmi a parlare,
465Io so, come li devo ripricare.
 FIORINA
 Ma non è quegli Beco,
 Come così vestito, e bene in ordine.
 O che fa egli Maschere!
 Per dispetto del Vecchio innanzi a lui
470Ci voglio amoreggiare.
 PANCRAZIO
                                            (Va verso Beco) (osservando che Fiorina va verso Beco.)
 BECO
 (Già si accosta, sta saldo,
 Sei Gentiluomo ve’).
 FIORINA
                                         Buongiorno Beco.
 BECO
 Non vedi tu, ch’io sono
 Ingentilominito? Non più Beco.
475Son’io, mi chiamo adesso il Signor Beco.
 FIORINA
 Oh che vuol dir sta smorfia?
 Tu non sei, come me vil contadino?
 BECO
 Lei sgarra, Monna mestola:
 Non son più come te, son Cittadino.
 PANCRAZIO
480(Sta a vedere, che Beco
 Con questa Tutoria perde il cervello.
 FIORINA
 Sia, come tu ti voglia;
 Intanto o Contadino, o Cittadino,
 Tu sei il me carino, il me sposino.
 BECO
485Ragazza, la bisogna, che ti pigli
 Un contadin tuo pari, m’intend’ella?
 Ch’un Tutor come me, un Commissario,
 Ed un essecutor testamentario
 Prenda una Villanella! oibò oibò.
490Io di cotesto amor te ne ringrazio,
 E se vuoi un cittadin va al ser Pancrazio.
 FIORINA
 Oimè! Che m’intravien, prendete esempio
 Donne da me; vedete,
 Che vi trattan così, chi più credete.
 PANCRAZIO
495(Uh povera ragazza!)
 BECO
 (Cattivella Fiorina!)
 FIORINA
 (Dileggiato mio core!)
 Uh che vergogna
 A TRE
 (O maledetto amore!)
 PANCRAZIO
 
500(Ho timor di non restare
 Come il can vicino il mare,
 Ch’ha lasciato il vero uccello
 Per seguir l’ombra di quello,
 Ed ansando, smaniando,
505Corre, e vien di qua, e di là.)
 
 BECO
 
 (Sta a veder, che mi succede,
 Come in sogno alcun si vede,
 Fatto ricco tutto un tratto,
 Poi si sveglia, e resta matto,
510Che pezzente, più dolente
 Si ritrova in povertà.)
 
 FIORINA
 
 (Son restata, come resta
 Il cavretto alla foresta,
 Che si trova colà fuore
515Senza mamma, né pastore,
 E belando, saltellando,
 Dove corre egli non sa).
 
 PANCRAZIO
 
 (Già m’avvedo piano piano.)
 
 BECO
 
 (Vo scorgendo a mano a mano.)
 
 FIORINA
 
520(Vo sentendomi alla mano.)
 
 A TRE
 
 (Che il mio caso tal sarà.)
 
 PANCRAZIO
 
 (Come sciocco Cagnolino
 Con tre dita di nasino
 Finalmente io resterò.)
 
 BECO
 
525(Qual sognante animalone,
 Come sciocco babbione
 Alla villa io tornerò.)
 
 FIORINA
 
 (Come semplice cavretto
 Senza latte, né ricetto
530Son restata appunto io mo’.)
 
 
 
 
 

 

 

Trimestrale elettronico 2016-1

Ultimo aggiornamento: 4 gennaio 2016

 

Valid XHTML 1.0 Transitional